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La Conferenza di Consenso Nazionale sulla Robotica per la Neuroriabilitazione
RIABILITAZIONE Paolo Boldrini (SIMFER), Donatella Bonaiuti (SIMFER), Stefano Mazzoleni (SIRN), Federico Posteraro (SIRN)
LE CONCLUSIONI DI TRE ANNI DI LAVORO MULTIDISCIPLINARE
La prima Conferenza Nazionale di Consenso (Cicerone) sull’utilizzo dei robot e dispositivi elettromeccanici per la riabilitazione delle persone con disabilità di origine neurologica si è conclusa alla fine del 2021 offrendo vari elementi di riflessione sull’utilizzo di tali dispositivi sulla base delle evidenze esistenti in letteratura che siano di indicazione all’uso per tutti quelli che svolgono un’attività clinica e riabilitativa, per i pazienti, ma anche per i programmatori sanitari, i progettisti e tutti coloro che hanno un interesse di tipo professionale in questo ambito.
Innanzitutto, per la prima volta è stata proposta una classificazione esaustiva dei dispositivi messi sul mercato, al fine di descriverne le caratteristiche costruttive e di funzionamento e di orientare la selezione sulla base del progetto riabilitativo di ogni paziente e quindi anche del bisogno da parte degli utilizzatori, anche orientando, con un linguaggio comune, la ricerca in questo campo.
I dispositivi disponibili sul mercato sono stati scrupolosamente classificati in base alle loro caratteristiche strutturali e funzionali, per aiutare a scegliere quelli ottimali per il percorso di riabilitazione di ciascun paziente con danno neurologico.
In seguito all’analisi effettuata con rigore metodologico della letteratura scientifica ad oggi esistente, le indicazioni emerse in conclusione alla Conferenza di Consenso hanno messo in evidenza che in generale il training (addestramento) riabilitativo con dispositivi robotici è raccomandabile in molti quadri di disabilità di origine neurologica.
La premessa fondamentale del documento finale della Conferenza di Consenso sta nel valore prioritario della centralità dell’essere umano e dell’attenzione da porre affinché venga evitata qualsiasi delega indiscriminata alla tecnologia e, anzi, che venga promosso il suo utilizzo perché la relazione medico/professionista sanitario - paziente divenga più efficiente, precisa, rapida e anche meno costosa. È noto che l’intensità e la ripetitività dell’esercizio sono fattori determinanti della riabilitazione utili al recupero motorio e quindi la robotica garantisce un trattamento intensivo che convenzionalmente spesso non è riproducibile e offre inoltre la possibilità di monitorare i progressi ottenuti tramite la registrazione di numerosi parametri relativi al movimento e all’interazione con il robot, e di rendere possibile la progressione del training.
Princìpi e finalità della Conferenza di Consenso sulla Robotica nella riabilitazione a seguito di un danno neurologico
- Pone come prioritaria la centralità dell’essere umano - Dispone il trattamento intensivo secondo intensità e ripetitività dell’esercizio non altrimenti riproducibili - Consente il monitoraggio dei progressi - Stabilisce la necessità di dispositivi adatti ad ogni singolo paziente, per realizzare un programma riabilitativo personalizzato
Il documento finale della Conferenza, tuttavia, sottolinea che il trattamento assistito da robot deve essere effettuato “in aggiunta” a quello convenzionale. Nella maggior parte dei casi non è ancora possibile dedurre dalla letteratura scientifica la “posologia” ideale di questi trattamenti riabilitativi (come ad esempio intensità, frequenza e durata complessiva del trattamento) per ogni tipologia di paziente. Viene tuttavia ripetuto più volte che per ogni paziente, per ogni disabilità, occorre un dispositivo “adatto”, con maggiore o minore assistenza per il movimento, con un programma di lavoro riabilitativo individualizzato. Nell’adulto, il trattamento con dispositivi robotici è indicato nella maggior parte delle condizioni disabilitanti di origine neurologica. Tutto ciò è sostenuto anche da numerose Linee Guida internazionali, in particolare per la cura dell’ictus. Per l’arto superiore, viene indicato l’utilizzo del robot in tutte le patologie neurologiche per ottenere un migliore controllo motorio, per incrementare la forza, la funzionalità globale e quindi l’autonomia. Anche in questo caso non vi è ancora uniformità nella “posologia” del training, ma tuttavia vi è un accordo unanime che la terapia assistita dal robot deve essere orientata a un obiettivo riabilitativo specifico e personalizzata in base alle necessità del momento del paziente nella fase evolutiva della disabilità in cui si trova, e deve essere offerta sempre in aggiunta al trattamento convenzionale motorio-cognitivo.
Le indicazioni sono più chiare nel caso del training per il recupero del cammino nell’adulto, ove maggiore è la letteratura scientifica specifica: il trattamento assistito da robot, in particolare nel paziente con esiti di ictus, è utile per il recupero del cammino, soprattutto se nelle fasi precoci e nelle disabilità più gravi: ben dieci differenti Linee Guida internazionali sulla cura dell’ictus lo sottolineano.
Le persone con esiti di ictus e compromissione del cammino traggono maggior beneficio dal trattamento con dispositivi robotici quanto peggiore è il loro deficit funzionale e i risultati sono tanto migliori quando il training assistito da robot si avvale anche di altre tecnologie contemporaneamente, quali la realtà virtuale, la stimolazione transcranica, l’elettrostimolazione funzionale. Allo stesso modo è una buona opportunità, ma con minore forza e uniformità di conclusioni, il trattamento assistito da robot: a) nella malattia di Parkinson, ove agisce soprattutto sull’equilibrio, sulle caratteristiche del cammino, ma anche nei fenomeni di freezing (“congelamento”, sensazione di
“piede incollato”); b)nella Sclerosi Multipla, dove i lavori riportano oltre a un miglioramento della deambulazione, anche un misurabile miglioramento dell’autonomia e della qualità di vita.
In tutte queste condizioni neurodegenerative disabilitanti, purtroppo frequenti, viene sottolineato quanto l’utilizzo dei dispositivi robotici vada sempre considerato come integrazione del trattamento riabilitativo convenzionale, ma debba essere offerto soprattutto ai pazienti più gravemente compromessi. Ovviamente si raccomanda l’utilizzo dei dispositivi robotici soprattutto nei casi in cui non siano a disposizione approcci riabilitativi convenzionali che garantiscano pari intensità di trattamento.
Lo stesso vale anche per le persone con esiti di traumi midollari. In questo caso il mercato si è diversificato da anni con sistemi anche dinamici, ovvero non su treadmill (tapis roulant) offrendo, per le persone con lesioni complete, dei dispositivi assistivi, soprattutto per il cammino, e non riabilitativi, ma ugualmente utili per il miglior funzionamento anche non solo motorio (apparato respiratorio, cardiovascolare, sfinterico, osseo, ecc.).
Anche per l’età evolutiva, i risultati della Conferenza Nazionale di Consenso orientano per l’utilità della riabilitazione assistita da robot, anche se non ancora con evidenze forti, ma supportate dal parere degli esperti, e sottolineano che i risultati sono promettenti anche senza la necessità di cicli prolungati delle sedute (1-2 mesi complessivi), mettendo in rilievo che il potenziale feedback sensomotorio e cognitivo garantito da questi dispositivi può essere personalizzato e aumentare gli effetti sul compito e sull’apprendimento motorio del bambino. Ovviamente, soprattutto per l’età evolutiva, l’utilizzo è condizionato dalle capacità attentive, dai deficit cognitivi e anche sensoriali visivi del
bambino.
I dispositivi robotici presentano un elevato grado di sicurezza, ma devono sottostare alla regolamentazione per i dispositivi medici della Comunità Europea.
Le conclusioni della Conferenza Nazionale di Consenso Cicerone, che si basano su analisi della letteratura che dovranno essere continuamente aggiornate, evidenziano che al momento non sono ancora stati validati protocolli standard, né formule organizzative per i migliori risultati, ma indicazioni via via più forti per la riabilitazione in ambito neurologico. Alcune evidenze di efficacia sono già emerse e incoraggiano in generale l’utilizzo di questa tecnologia.
Purtroppo, sono emerse alcune lacune che dovranno guidare i prossimi studi della ricerca scientifica e tecnologica, soprattutto sulla “posologia” del trattamento per ogni tipologia di paziente, ovvero sul dispositivo più adatto ad ogni quadro disabilitante, sulla frequenza delle sessioni, la durata dell’intero trattamento e gli endpoint (obiettivi).