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Intervista a Olimpia Maidachini, la "Pimpaccia
Intervista a Olimpia Maildachini La pimpaccia
di Sabrina Turco
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Quando il sole si congeda dalla Città Eterna , è l’attimo che spinge lo sguardo oltre il cuore... difficile descriverne i colori, le sue forme, le nuvole e le luci che giocano a rincorrersi nel cielo di una Roma che, all’ombra del Cupolone, è da sempre il palcoscenico di storie dal fascino lontano e misterioso. La Città Eterna, con i suoi segreti custoditi tra le pieghe dei suoi vicoli, è il teatro di questa intervista che porterò per sempre con me. Dopo tanti anni di lavoro, sento di essere emozionata all’idea di incontrare Donna Olimpia. Ladra, perversa e arida sono solo alcuni degli aggettivi che le sono stati attribuiti... per me una donna! Indipendente, tenace e di un’intelligenza superiore che ha saputo tessere, per almeno un decennio, perfino le sorti della Chiesa e non solo. Oggi potrebbe rappresentare il ritratto di una figura femminile che riesce ad arrivare in cima guadagnandosi il rispetto del mondo maschile facendo leva sul quel cromosoma ipsilon che alcune di noi tengono nascosto quel tanto da non spaventare chi ama sottovalutarci. Adoro passeggiare lungo Ponte Sisto al tramonto lasciando che il Ponentino di rugantiniana memoria, mi carezzi lievemente il viso scompigliandomi i capelli. Mentre i miei pensieri giocano a rincorrersi vedo arrivare da lontano una carrozza nera che sembra quasi volare sui sampietrini. Si apre lo sportello ed eccola Donna Olimpia. Il suo viso è nascosto da un leggero tulle nero e dall’oscurità dell’interno della carrozza, ma dal tono della sua voce avverto il suo sorriso... Diretta proprio come mi sarei aspettata mi dice: « Non vi nascondo che l’essere intervistata, poter finalmente raccontare la mia storia, mi lusinga molto»
«Prima di incontrarvi ho letto la vostra storia, e ne sono rimasta affascinata, prima di voi ho avuto il privilegio di incontrare anche Beatrice Cenci. Iniziamo dal principio, vi ho vista arrivare con una scia di fuoco come se stesse fuggendo da qualcosa ma ci arriveremo più tardi spero. Ho letto molto su di voi e una delle cose che mi ha colpita è al tenacia che vi contraddistingue da sempre fin da quando, appena, adolescente vi descrivevano già piuttosto ambiziosa, vi riconoscente in questo ritratto?».
«Dovete sapere che ero destinata al convento a causa della monacazione forzata. A quei tempi era difficile poter scegliere il proprio destino. I genitori avevano progetti per le figlie femmine prima ancora che nascessero e in alcuni casi decidevano per il convento. Oggi le ragazze non si rendono conto che la fortuna più grande che hanno è poter costruire la propria strada, scegliere di progettare gli studi, il futuro, l’uomo da amare… certo in alcuni casi si fa ancora fatica, ma mi creda se le dico che era tutta un’altra storia».
Nel frattempo salgo in carrozza dove aleggia un profumo di ciclamino, i romani attribuivano a questi fiori poteri magici, come allontanare i malefici, portare fortuna e alimentare l’amore di chi si desidera, forse, mi viene da pensare che sia per tutti questi motivi messi insieme che se ne circonda, non essendo stata un personaggio troppo amato.. Donna Olimpia mi risveglia dai miei pensieri posando la mano sulla mia mentre la carrozza si mangia la strada e, superato Ponte Sisto capisco che stiamo andando verso Palazzo Pamphili, il tempo sembra essere sospeso in una Roma che dopo averne viste tante, ora deve affrontare anche una pandemia. Vuota e silenziosa è immersa in un’atmosfera surreale. Siamo arrivati in una Piazza Navona deserta come mai prima, entriamo a Palazzo...tutto è rimasto come allora ... Donna Olimpia preferisce la luce fioca della candela mentre mi invita a sedermi davanti a lei per proseguire nel suo racconto. Cerco di riprendere il filo della conversazione e le chiedo:
«Ho letto che per sfuggire al convento avete fatto arrestare il precettore accusandolo di molestie sessuali...».
«Beh, vede io non ero proprio nata per la vita monastica che mi andava piuttosto stretta – si direbbe oggi – e avevo altri progetti per me... la mia intenzione era contrarre matrimonio con un ricco proprietario terriero, anche se più grande di me, così escogitai questo stratagemma di cui non vado fiera tanto che più tardi, negli anni trovai il modo di risarcire il padre spirituale che avevo accusato. Ero ambiziosa e il mio primo marito rispondeva, in quel momento, alle mie ambizioni e alla voglia di emancipazione che per quei tempi doveva passare, purtroppo, necessariamente attraverso un matrimonio di interesse».
«Donna Olimpia, le posso assicurare che fino al secolo scorso e, in alcuni casi anche ai giorni nostri, questo genere di rapporti esistono ancora e non sono certo da considerarsi una conquista , ma posso immaginare quanto sia stato difficile emergere in una società patriarcale per una donna con le sue qualità».
«Lui è morto dopo tre anni e io ne avevo appena venti, a causa di un’epidemia che trascinò via anche il resto della mia famiglia. A quel punto ero davvero rimasta da sola contro il mondo e soprattutto ero disperata».
«E dunque cosa accadde? Vorrei conoscere la sua versione».
«Ero ricca, ma non titolata. E ambivo ad arrivare a Roma perché sapevo che per una giovane donna come me sarebbe stata il trampolino di lancio per accedere a un gradino superiore nella scala della società. Quando accadde non riesco a descriverle la gioia che provai! Finalmente potevo godere dello sfarzo di splendidi palazzi di proprietà della famiglia del marchese che sarebbe diventato mio marito! Ci tengo a sottolineare – lo scriva per favore – a chi mi accusava di essere avida, che la famiglia Pamphili a quei tempi aveva dei grossi problemi finanziari e il denaro ereditato dal mio primo marito fu indispensabile».
«Bene, ma dopo la morte del suo secondo marito, Pamphilio Pamphili, si è trovata di nuovo vedova, anche se cognata del nuovo papa, Innocenzo X, alias Giovanbattista Pamphili!».
«So quello che si vociferava su di noi, ma mi creda non è stato per niente facile».
«Non eravate ben voluta. Una donna così intraprendente che si fa strada da sola, in un mondo dove i posti di potere sono, per lo più, in mano ad un’oligarchia maschile dà fastidio, diciamolo. Sembra un po’ lo specchio dei nostri tempi. Pensi che ad oggi sono pochissime le donne che riescono ad entrare nelle cosiddette stanze dei bottoni, o che arrivano a rivestire ruoli importanti e chiave nel mondo politico, finanziario, diplomatico. Nonostante le lotte del passato dobbiamo ancora farci strada sgomitando, lavorare e studiare il doppio degli uomini, pur avendo capacità diplomatiche, organizzative e manageriali di gran lunga migliori di qualsiasi altro collega uomo! E in alcuni casi c’è chi prende la sua stessa strada: sposa un uomo potente così da prendere qualche scorciatoia che riesca ad aprire prima qualche porta».
«Già, è proprio così, non piacevo neanche al popolo, ma grazie alla mia posizione sociale potevo fare a meno di preoccuparmene. Non le nascondo che avrei sperato di essere ricordata non come una donna che oggi chiamereste arrivista, ma per l’importante e decisiva attività di relazioni diplomatiche che ero riuscita a tessere».
«Le cronache ricordano ancora le predicazioni che organizzava proprio
nel palazzo dove ci troviamo ora con la splendida cornice di piazza Navona. Si narra che diventarono una vera e propria occasione mondana».
«Sì fu proprio così che andò. Ero ricercata da tutti i nobili della città. Qualcuno diceva che si veniva alle mie prediche come si andasse a teatro, pensi un po’... eppure so che il popolo non mi amava e la Corte Romana mi usava per le mie capacità di tessere relazioni, appunto».
«Su di lei fiorirono pettegolezzi e invettive... questo non la infastidiva?».
«Non ci avevo mai pensato in questi termini, ma sapevo che mi avevano soprannominato Pimpaccia e Papessa per via del mio legame con mio cognato. Io stessa quando giravo l’angolo di piazza Navona mi fermavo a leggere i pensieri che lasciavano su di me al Pasquino, ma non me ne sono mai curata più di tanto. Venivo apostrofata Olim-pia, nunc ampia, un gioco di parole che in latino significa una volta religiosa mentre adesso empia. In sostanza una volta ero religiosa e corretta, poi divenni corrotta e peccatrice».
Appena terminata la frase scoppia in una risata fragorosa e trascinante mentre scopre finalmente il viso ora illuminato dalla luce leggera delle candele che rende l’atmosfera ancora più intima tra di noi facilitando il resto della conversazione che si tinge di complicità tipicamente femminile. Mi fermo a guardare la donna che ho davanti a me, imponente, dallo sguardo magnetico, le labbra sottili e taglienti come una pietra preziosa. Una donna che se non fosse per i suoi abiti e il suo modo di parlare potrebbe essere proprio una dei nostri giorni, che sa quello che vuole ed è decisa ad ottenerlo perché perfettamente cosciente delle sue qualità. Mi guarda ed io ricambio lo sguardo complice di chi ha ancora molto da dire. A leggere tra le pieghe del suo racconto riesco a cogliere momenti di una vita tormentata e a tratti di genuino dolore come per la perdita del suo unico figlio, un fardello troppo grande da portare per qualsiasi donna. Una donna e le stesse difficoltà che ciascuna di noi deve affrontare per farsi strada e inserirsi nel mondo, troppo spesso ostile, come quello che ha affrontato Donna Olimpia ai tempi della Corte Romana.
«Vorrei tornare al vostro rapporto con il papa , molti hanno pensato che voi foste amanti».
Prima di rispondere mi scruta, lo sguardo lascia intendere che si sta prendendo del tempo per mettere insieme quello che ha da dirmi.
«Vi rispondo che erano soltanto calunnie, non sono mai stata l’amante di mio cognato, anche se abbiamo trascorso quindici anni insieme. Su di me si è scritto molto, ma soltanto per screditarmi, per favore almeno voi non fatelo. Non dimenticate che i corridoi del Vaticano sono lastricati di veleni ancora oggi, un ambiente esclusivamente maschile dove ancora oggi volano coltelli, metaforicamente parlando. Abbiamo lasciato alla storia questa piazza meravigliosa con le testimonianze di Bernini e Borromini chi altri al mondo può vantarne di eguali?».
Peso le parole della prossima domanda e poi azzardo:
«Alla morte di Innocenzo X le cronache dell’epoca sostengono che siete fuggita con alcune casse colme di monete d’oro, com’è andata davvero?».
«Non sono fuggita! Come le ho detto sapevo di non essere ben voluta e che molti avrebbero voluto entrare in possesso delle mie ricchezze, in un modo o nell’altro, e che con la morte di mio cognato avrei perso tutto, per cui decisi di caricare le casse con quanto avevo messo insieme in una vita intera e decisi di allontanarmi da piazza Navona, semplicemente lasciandomela alle spalle. Sapevo che non l’avrei più rivista. Rimasi per un po’ in una delle proprietà dei Pamphili fino a quando Alessandro VII decise di esiliarmi a San Martino al Cimino, dove ho affrontato da sola la peste e dove riposano ancora le mie spoglie .
Mi invita ad affacciarmi su quella piazza Navona in cui Donna Olimpia visse da regina. Con una vena di tristezza e malinconia nella voce mi dice:
«Il mio palazzo, la mia piazza, certo oggi non ha più lo stesso aspetto, l’antico splendore».
Con la coda dell’occhio mi sembra di scorgere una lacrima che scende furtivamente lungo il suo viso, con un cenno della testa mi fa segno di andare…
«La carrozza mi aspetta!»