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L'intervista...Maurizio Bianucci
Un artista a 360°
di Elena Castiglione e Sabrina Tocchio
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Attore di cinema, teatro, fiction televisive, spot pubblicitari, cantante, doppiatore, insegnante di recitazione. Vincitore nel 2019 del Premio Attore in carriera al Vincenzo Crocitti International Awards, dedicato agli attori emergenti talentuosi. Tanta gavetta, tanta umiltà ... e tanto talento!
Bianucci nasce nel cuore di Roma nel 1969 a Testaccio, dove cresce e ancora oggi orgogliosamente vive.
Il suo primo lavoro nel cinema è del 1990 per un piccolo ruolo nel Serial TV di Italia Uno, “Quelli del College” regia di Castellano e Moccia. In seguito alcuni anni dedicati esclusivamente alla musica, studiando canto con Caio Bascerano e Patrizia Troiani e esibendosi nei teatri e nei live club come cantautore e chitarrista.
Frequenta poi la Scuola Internazionale di Teatro “Circo a Vapore” di Roma diretta da E. G. Lavallée e la Scuola di recitazione “La Ribalte” di Enzo Garinei, poi un Seminario sul Metodo Strasberg con Dominic De Fazio dell'Actor Studio e gli Studi di Commedia dell’arte. Infine approda agli Studi di teatro al DAMS di ROMA TRE. Dal 2000 al 2008 ha condotto molti laboratori teatrali riservati agli adolescenti e ai ragazzi con disabilità.
Maurizio Bianucci lo trovate in molti spot pubblicitari e in film e serie TV di successo.
CINEMA E FICTION TELEVISIVE
Il ritorno di Grosjean (2014), corto, regia di F. Longo: Fuorigioco (2015): con Toni Garrani, regia di C. Benso, selezionato per il David di Donatello; Suburra - La Serie (2017): dove interpreta il Consigliere Gramini; Aldo Moro - Il Professore (2018), regia F. Miccichè; L'Aquila - Grandi Speranze (2019), regia di M. Risi; L'Amore a Domicilio (2019), con Miriam Leone, regia di E. Corapi; La Compagnia del Cigno, RAI 1 (2019); I dolori del giovane narcos, corto, (del 2018, uscito nel 2021), di A. D'Emilio.
TEATRO
La Scoperta de l’America, musiche di M. Bianucci – regia P. Bonini, 2001; Attore… per quel po’ che si guadagna, Varietà di e con M. Bianucci, 2003; Storia di Beatrice regia R. Petrone, 2003; Memorie regia F. Giuffrè con J. Steffan, tratto da Lo Zoo di Vetro, 2006; Emigranti regia C. Benso, 2008- 2009; Ti hanno portato via all’alba, regia F. Giuffrè, 2010.
Gli abbiamo chiesto una piccola intervista e lui con molta simpatia ha accettato.
Ciao Maurizio e grazie per la tua cortese disponibilità. Come è nata la tua passione per il teatro?
Da adolescente nel mio Rione c’erano solo due poli per la nostra socializzazione. Da un lato la strada con le piazze di S.M. Liberatrice e P.zza Testaccio, dove in quel periodo c’era il mercato rionale che di pomeriggio, a banchi chiusi, diventava zona rossa, oppure il Teatro Clemson dove si facevano corsi di teatro e musica. Avevo già mostrato passione per la recitazione da piccolissimo, quindi per me fu facile scegliere la seconda strada. Da li è nato tutto.
In una tua intervista dici di ricordare come maggiore soddisfazione nella tua vita, l’insegnamento di teatro a ragazzi e in particolare a ragazzi con disabilità, perché?
Di certo, mentre insegnavo recitazione agli adolescenti e poi anche ai ragazzi con disabilità, ho rivissuto quello che gli insegnanti fecero con me proprio al teatro Clemson. Le parti si erano invertite ed era il momento di dare, dopo aver tanto ricevuto. Ma in più, mi sono accorto durante quei dieci anni di insegnamento che con i ragazzi si vive una seconda vita, ed in particolare con i giovani con disabilità. Ho trovato il mio lavoro su loro ancora più utile e ne sentivo la grande responsabilità. Loro ti danno mille!!! Gli occhi dei loro genitori, dopo i saggi, erano pieni di emozione mentre mi ringraziavano per ciò che avevo fatto per i loro figli. E poi te la dico tutta: io dopo aver dato le indicazioni e le tracce o input all’attore, per la ricerca del personaggio da interpretare, lascio sempre spazio all’ iniziativa artistica personale. Le loro soluzioni recitative spesso mi spiazzavano. Io non le avrei sapute trovare! Questi ragazzi conservano un istinto geniale. Loro sono sempre grandi attori!
Sappiamo tutti che la pandemia ha tolto tanto nella nostra vita anche a livello psicologico, ma un danno enorme lo ha fatto a spettacoli e teatro. Adesso secondo te è cambiato il pubblico? O meglio voi attori pensate di dover dare altro, qualcosa in più?
Il pubblico, nel bene e nel male, non credo sia cambiato e noi attori neanche. La cosa che sta succedendo ora è che, avendo vissuto un paio d’anni di restrizioni sociali, nel cinema e nel teatro addirittura di fermo totale dell’attività, c’è una gran voglia di ripartire e di fare tanto. Magari sull’onda di questo entusiasmo usciranno cose nuove e molto interessanti nel prossimo futuro.
Parliamo della tua origine e di tradizioni. Tu sei nato a Roma, dove in particolare?
Sono nato a Testaccio dove ancora vivo e dove ho vissuto sempre con tutta la famiglia. Mia madre era di Trastevere e mio padre di Testaccio, umilissime condizioni e famiglie molto numerose. Insomma tipiche famiglie romane. Ora Testaccio è da circa dieci anni un Rione abitato non solo dai vecchi residenti che son riusciti a restare lì, ma anche da molti attori che si fregiano di questa appartenenza. A me però diverte dire “Io ce so’ nato, voi ce sete venuti!”. Amo molto le tradizioni della mia città e cerco in qualche maniera di tenerle vive. Amo i poeti romaneschi, le canzoni romanesche e qualche volta mi sono dilettato nello scriverle. Ho portato in scena quel poema meraviglioso che è La Scoperta De L’America del poeta romanesco Pascarella. L’ho fatto diventare un one man show, un monologo intervallato di canzoni scritte da me. Sul mio canale YouTube potrete trovare il teaser.
Aveva o ha qualcuno nella sua famiglia che cucina o cucinava?
Anche nel cibo mi piace la cucina romanesca di cui sono goloso e mi diverte cucinare quei piatti che tanti anni fa mi venivano preparati in famiglia e che ovviamente da ragazzino, guarda la sorte, non amavo affatto!! Mia madre, come tutte le madri di quella generazione, era la cuoca ufficiale, ma anche mio padre si difendeva bene. Infatti quando mia madre è venuta a mancare, lui ha preso le redini culinarie. La sua maniera di cucinare era fantasiosa. O sapeva perfettamente cosa cucinare, magari dopo aver letto decine di ricette su libri che ancora conservo, oppure apriva il frigorifero e inventava. Gli riusciva sempre tutto bene. Ho imparato tanto, ma i suoi piatti ancora non riesco a farli come li preparava lui.
Abbiamo visto sulla tua pagina Instragram che stavi cucinando un classico della cucina romana, la trippa! La ricetta è di famiglia?
La ricetta è romana come sapete bene, quindi in famiglia la si faceva spesso e in maniera tradizionale.
Cosa ne pensi della cucina tradizionale vs la cucina gourmet?
Mi piacciono entrambe, ma se proprio devo esprimere una preferenza, sinceramente, la cucina tradizionale, anche con modifiche sulle ricette originali e contaminazioni, è la mia preferita. È interessante che si pensi a delle ricette fantasiose, con accostamenti imprevedibili ed elaborazioni complesse, lo trovo importante affinché la cucina non sia solo il luogo del dovere e della necessità, ma per me la tradizionale resta al primo posto e vi dico il mio personale perché. Con il gourmet soddisfi, attraverso il gusto, principalmente la mente e gli occhi, c’è fantasia, è un colpo d’estro d’artista, è un’opera d’arte alle volte, è precisione ed equilibrio. Bellissimo guardare un loro piatto e saper come è composto e quanto lungo e duro lavoro c’è dietro. Stimolante assaggiare le loro invenzioni. Invece la cucina tradizionale ha in sé tutto quello che ho descritto sopra per quella gourmet (anche per fare un’ottima coda alla vaccinara ci vogliono quattro ore di lenta cottura e ingredienti misurati), ma in più soddisfa anche gli stomaci più difficili e soprattutto si porta dietro millenni di storia.
Più trattorie o cucina fusion?
Credo che questa definizione, racchiuda un concetto molto relativo e che nel tempo ha modificato il significato. La contaminazione interculturale che è espressa dal temine fusion non mi dispiace affatto ed ho assaggiato qualche volta dei buoni piatti fusion. Ma al di là di ogni definizione, da cucina tradizionale a fusion, gourmet e chissà quale altra in futuro, la cosa determinate è che sia una materia prima di qualità e che il cibo sia cucinato bene.
Un piatto di famiglia che ti ricorda casa?
Sono costretto a ripetermi, la trippa! Ma poi la coda alla vaccinara, le zuppe di legumi e i carciofi alla romana. Intendiamoci io mangio bene pure in altre regioni d’Italia e i loro piatti tipici sono davvero buonissimi. In Italia la tradizione culinaria è fra le migliori al mondo, per la sua grande varietà di ingredienti e di varianti di uno stesso piatto, ma se la vostra rivista si chiama Lazio Gourmand mi limito a raccontarvi il mio rapporto col cibo laziale, anzi romano.
Tu sei un fan di Lazio Gourmand, cosa che e a noi fa un gran piacere. Ma come sei approdato da noi?
Molto semplice, vi ho scovati tra i contatti di chi come me si diverte a partecipare a manifestazioni culinarie e sul vino. Poi leggendo i vostri post, la rivista online, e le ricette che ci sono dentro, mi sono accorto che siete brave davvero. Quindi seguo!
Ce la lasci una ricetta?
Farò di più. Ben due, ma descritte velocemente.
PUNTARELLE CON IL POLPO E LA SUA MAIONESE
Trattate le puntarelle alla romana e tagliatele di una lunghezza di circa 5 cm, lasciatele macerare per qualche ora in un contenitore con olio poco limone e aglio. Nel frattempo cuocete il polpo pulito, lessandolo fino a renderlo morbidissimo. Una volta cotto al punto che piace a voi, tagliatelo a pezzi di circa 2 cm, ma non gettate l’acqua di cottura. Prendete un Minipimer e versate nel suo contenitore l’acqua di cottura del polpo. Frullatela lentamente, aggiungendo olio di semi, versato piano e finissimo!!! Tutto questo fino a far montare l’acqua del polpo, ottenendo così una simil maionese. Prendete le vostre puntarelle, togliendole dal contenitore dove le avete macerate, mettetele insieme al polpo tagliato a pezzetti e alla sua maionese, in un altro contenitore. Girate il tutto per far insaporire. Ora il tocco estetico gourmet. Prendete un coppapasta non piccolo, tondo o quadrato, e versateci il polpo e puntarelle così conditi. Aggiungete ancora un po’ della sua maionese, se necessario. Togliete i coppapasta. Il gioco è fatto.
CALAMARI RIPIENI DI LENTICCHIE
Avete cucinato troppa lenticchia al pomodoro con pancetta? Insomma vi è avanzata da capodanno? Senza che rubo tempo per dirvi come la si deve cucinare, sappiate che è lo stesso procedimento della lenticchia con lo zampone, stessi ingredienti, ma senza di questo ovviamente. Insomma preparatela come se la doveste mangiare durante le feste natalizie. Pulite i calamari o totani, se vi piacciono di più, e tagliuzzate i loro tentacoli. Fate cuocere solo i tentacoli in padella alla cacciatora. Uniteci poi la lenticchia e fate insaporire il tutto, per un paio di minuti. Non aggiungete sale. A questo punto non farete altro che riempire i calamari, ben puliti dalla pelle, con il composto di lenticchia e tentacoli. Il calamaro deve risultare davvero pieno e la lenticchia ben pressata all’interno. Chiudete i calamari con uno stecchino e metteteli in forno con poco olio a 180 per 15 minuti circa, aggiungendo magari una spruzzata di vino. Serviteli così. Oppure tagliate a fette i vostri calamari e serviteli su un piatto ben disposti su una insalatina mista bella colorata. Successo assicurato.
E per quanto riguarda i vini? Due paroline… per conoscerci meglio!
Ci si conosce meglio solo dopo aver bevuto insieme. Potrei chiudere l’intervista così. Ma come faccio a nascondervi, visto che seguite i miei profili social, che sono soprattutto un appassionato di vini e a non parlarvene? Ho una predilezione per quelli francesi, bolle e fermi bianchi, lo confesso. Ma ovviamente il vino italiano è davvero molto competitivo. Lo sforzo che, credo da vent’anni, le aziende italiane produttrici di vino stanno facendo per alzare la qualità dei loro prodotti è notevole. E i risultati ci sono. È interessante, per esempio, la riscoperta dei vitigni autoctoni, alcuni di loro lasciati a dormire nei supermercati per molto tempo. Mi piace il verdicchio di Jesi e Matelica, a proposito di uve autoctone delle Marche, o il grechetto e la malvasia, che nel Lazio stanno ritornando in auge grazie alla alta qualità di produzione, che finalmente anche nella mia Regione comincia ad alzarsi. Il discorso è lungo, sul vino non si scherza. Pur non essendo un fanatico di vini naturali, ma lo sono dei vini fatti bene, bisogna ammettere che i così detti vini naturali italiani hanno aiutato molte piccole aziende a farsi conoscere e hanno rinnovato il mercato e il gusto dei bevitori, recuperando anche vecchi procedimenti di vinificazione e facendo esperimenti nuovi. Ho le mie aziende preferite, e ogni tanto vado nelle loro cantine e porto via qualche cassa di vino. A Roma ora, le enoteche di qualità sono davvero molte, grazie anche a quello che dicevo prima sulla produzione dei vini naturali.
Grazie Maurizio. Noi speriamo che presto ci "conosceremo meglio" davanti a un buon bicchiere di vino! Promessa per quanto riguarda le tue ricette. Ci sembrano adatte per un menu... diciamo natalizio o giù di lì... Mi sa che sul prossimo numero invernale troverai "Puntarelle e calamari alla Bianucci"!
Ai nostri lettori invece consigliamo di seguire Maurizio Bianucci sui suoi canali social, su YouTube e Spotify. Troverete un attore poliedrico, ironico, simpatico e soprattutto bravo! Cliccate qui sotto e sarete indirizzati sui suoi canali!
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