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IL Museo delle Anime del Purgatorio
di Sabrina Tocchio
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Dietro la sua monumentale bellezza Roma nasconde le tracce di centinaia di storie, che si possono rivivere guardando con occhio diverso chiese, monumenti e palazzi. Le strade e gli edifici celano curiosità e tracce di vicende che spesso neppure i romani conoscono. E anche fra le decine e decine di Musei di Roma, segnalati da tutte le guide, ce ne sono alcuni che pochi conoscono. Forse perché hanno a che fare con la morte, come il Museo delle Anime del Purgatorio. Si trova adiacente alla sacrestia della chiesa che erge sul Lungotevere Prati, prima del Palazzaccio (il Palazzo di Giustizia), uno dei pochi edifici in stile neogotico della Capitale: la Chiesa del Sacro Cuore del Suffragio, quello che i romani chiamano il “Duomo in miniatura”. È una piccola chiesa in cemento armato costruita alla fine del secolo scorso dall’architetto Giuseppe Gualandi, commissionata dal missionario francese Victor Jouët per ospitare l’Associazione del Sacro Cuore di Gesù per le anime del Purgatorio, da lui fondata, su un grande terreno edificabile di sua proprietà.
Questa associazione era nata proprio con l’intento di pregare per quelle anime che si erano manifestate, a detta del missionario e di altri testimoni, nelle circostanze drammatiche di un terribile incendio che il 15 settembre 1897 distrusse completamente la piccola cappella dedicata alla Vergine del Rosario mentre era sottoposta a restauro. A incendio spento i soccorritori nel valutare i danni scorsero in uno dei pilastri rimasti in piedi una strana ombra impressa sulla pietra, raffigurante la testa di un uomo. Altre figure emersero sui muri delle macerie, compresa l’immagine di un volto ghignante, subito attributo a Satana, esattamente sopra all’Altare Maggiore, punto in cui si erano levate le fiamme più alte.
Il missionario Jouët, impressionato dall’accaduto, spiegò che quelle ombre non erano altro che le anime del purgatorio. Infatti, secondo un’antica tradizione, le anime in transito dall’inferno possono manifestarsi sulla terra lasciando impronte infuocate su vestiti, stoffe, libri, muri, ecc.
Il missionario cominciò così una paziente opera di catalogazione di questi fenomeni trovati su diverse superfici come legno, breviari, tavolette in tela. Costruì cosi, nell’anno 1900, il Museo delle Anime del Purgatorio, che ancora oggi è conservato e che risulta particolarmente suggestivo e impressionate per chi varca la soglia della Chiesa sul Lungotevere.
Al piccolo Museo si accede dalla porticina della sacrestia. Il materiale è contenuto in alcune teche e armadi. Peccato che gli oggetti siano diminuiti col passare del tempo perché considerati spurii (illegittimi, bastardi) diciamo “non attendibili” dalla Chiesa che preferiva mantenere una certa distanza da alcuni di questi fenomeni.
Che cosa espone questo Museo?
Di ogni impronta di fuoco lasciata dalle anime del purgatorio e di ciascuna traccia, viene raccontata la storia.
La raccolta proviene da ricerche fatte in diverse parti d’Europa come nella diocesi di Metz nel nord est della Francia, dove ad una damigella della parrocchia di Ellingen apparve il corpo della suocera morta trent’anni prima, lasciando un’impronta di fuoco sulle pagine di un libro sacro esposto proprio nel Museo. La testimonianza allegata racconta che la defunta appariva in costume tipico del paese e scendeva le scale del granaio gemendo e guardando con tristezza la nuora. La poveretta chiese consiglio al parroco e decise di rivolgere la parola alla defunta che rispose dichiarando la sua identità.
Un altro reperto inquietante fu quello della camicia di Giuseppe Leleux
de Mons, dove sulla manica della sua camicia apparve l’impronta della bruciatura di una mano, lasciata il 21 giugno del 1789 nella cittadina belga di Wodecq-Mos. Secondo il racconto di Giuseppe quella notte gli apparve la madre morta ventisette anni prima, dopo undici notti consecutive che aveva rumori di ogni tipo in casa.
Un reperto italiano, anzi romano, tra quelli esposti al Museo delle anime del Purgatorio è il cappotto militare appartenente ad una sentinella italiana, che una notte del 1932 era di guardia alle tombe del Pantheon. Secondo le testimonianze gli apparve il fantasma di Re Umberto I, assassinato il 29 luglio del 1900. Il fantasma gli posò una mano di fuoco sulla spalla, confidandogli un messaggio per suo figlio, Vittorio Emanuele III.
Troviamo poi l’impronta di un dito lasciato da suor Maria di San Luigi Gonzaga, la notte del 5 giugno 1894. Secondo le testimonianze conservate negli archivi del monastero di Santa Chiara del bambino Gesù di Bastia, in provincia di Perugia, la suora era morta la mattina stessa dopo parecchie settimane di malattia. La notte apparve ad una consorella perfettamente
Non meno inquietanti sono le impronte lasciate su una tavoletta di legno insieme a un segno di croce e poi su una manica di una tonaca di Isabella Fornari, badessa delle Clarisse a Todi. Il 1 novembre del 1731 le apparve padre Panzini, il defunto abate di Mantova, per lasciarle il segno del suo passaggio. Tutte queste impronte sono ancora oggi visibili, raccolte e catalogate da padre Isodoro Gazale della Congregazione del Santissimo Crocifisso, che era stato confessore della badessa.
riconoscibile dicendo di trovarsi in Purgatorio dove sarebbe dovuta rimanere per altri venti giorni per espiare le sue colpe. Chiese delle preghiere e per lasciare una testimonianza della sua apparizione lasciò l’impronta del suo dito indice sulla federa del cuscino promettendo di tornare, cosa che fece venti giorno dopo per ringraziare.
Insieme ai reperti delle bruciature il Museo contiene altre curiosità, come le dieci fotografie che testimoniano la vicenda di una tale signora Von Zasmuch, che insieme al marito viveva in un castello ad Olmutz in Moravia. Dopo la morte, iniziò ad apparire spesso nella cucina del castello, con indosso lo stesso abito con cui era stata sepolta, terrorizzando il povero cuoco. Rimaneva in silenzio davanti a lui con le mani distese, finché un giorno il cuoco esasperato la colpì insultandola con delle molle di ferro del camino per scacciare quel fantasma. Ma ella reagì con violenza scuotendo il cuoco così pesantemente che quello morì dopo tre giorni. Successivamente lo stesso fantasma apparve alla sorella che era in convento, raccontandole le sofferenze nel luogo in cui si trovava, in Purgatorio, e impresse la mano sulla superficie del suo tavolino in modo che rimanesse incisa come vero carbone lasciando addirittura ben visibile le innervature e le vene.
Il Museo delle Anime del Purgatorio è decisamente un luogo singolare, probabilmente unico al mondo per chi sogna di poter entrare in comunicazione con i morti. Se alcuni episodi raccontati possono essere discutibili rimane sempre un fascino misterioso e un sottile collegamento con il mondo dell’aldilà.
Edgar Allan Poe
Bibliografia Fabrizio Falconi – I fantasmi di Roma, Newton Compton, Roma, 2010