Il Pesce 2-2017

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IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO

PERIODICO DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67

N. 2/2017



pr�t ˆ manger Ostriche, cozze, cannelli, vongole...





Anno XXXIV N. 2 • Aprile 2017

IL PESCE «Da’ un pesce a un uomo ed egli avrà un pasto; insegnagli ad allevarlo e avrà il nutrimento per tutta la vita»

Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

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Direzione – Redazione Amministrazione Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.ilpesce-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 741 del 30-12-1983

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Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi

Tariffe abbonamenti Annuale (6 numeri): Italia € 40,00 Estero € 50,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910

Fotografia Luigi Credi Comitato di redazione Franco Ferrari – Manrico Murzi – Clara Scaglioni Consulenti scientifici Dr. Gaetano Arcarese – Prof. Giorgio Giorgetti – Dr. Lucia Liddo Dr. Francesco Paesanti – Dr. Gino Ravagnan – Prof. Remigio Rossi Dr. Marco Saroglia – Dr. Aldo Tasselli Collaboratori scientifici Prof. Corrado Barberis – Dr. Alessandro De Maddalena Dr. Maurizio Dell’Agnello – Prof. Fabrizio Ferrari – Dr. Claudio Ghittino Dr. Gianluigi Negroni – Dr. Paola Pierelli – Prof. Guido Razzoli Dr. Antonio Trincanato Collaboratori scientifici esteri Prof. R. Billard (Francia) – Dr. S. Sarig (Israele) Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CS5.5. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CS5.1.

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IL PESCE

Anno XXXIV N. 2 • Aprile 2017

In questo numero: Immagini

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Il pesce nel mondo

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Attualità

Proposte regole più semplici per i piccoli rivenditori

Il pesce in rete

Social fish

Elena Benedetti

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Acquacoltura

Acquaponica, una nuova frontiera Troticoltura Sarentino, dove natura e affumicatura…

Riccardo Lagorio

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Vallicoltura

A gestire una valle da pesca non si improvvisa, si impara

Gian Omar Bison

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Specie ittiche

L’anguilla

Josette Baverez Blanco 32

Aziende

La rivoluzione della shelf-life Gli artigiani del mare, una realtà lagunare certificata

Elena Benedetti 34 Luca del Grammastro 40

Info alle imprese

Contributi a fondo perduto

Speciale Irlanda

Il pesce in gaelico

Osservatorio internazionale Il mercato delle aragoste nel 2016

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44 Elena Benedetti

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Roberto Villa

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Associazioni

Il settore ittico chiama, Federpesca c’è

Pesca

Pesce piccolo, pesce sano

Josette Baverez Blanco 60

Tendenze

Pesce: dal mare una fonte sana di proteine Le cotolette di pesce

Nunzia Mancardi

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Mercati

Le farine di pesce attraversano un momento di difficoltà

Roberto Villa

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Il pesce in tavola

L’insalata di mare Perché solo in scatola?

Nunzia Manicardi Giorgia Fieni

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Prodotti tipici

Stoccafisso e farine “vive” in un mulino d’altri tempi

Massimiliano Rella

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Locali di gusto

Albufera, storia d’amore, di mare e di tapas a Milano Livello1, pescheria con chef

Luciana Squadrilli

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Rassegne

Pitti Taste n. 12, cresce il salone del gusto e del lifestyle

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Eventi

Slow Fish: la rete siamo noi! Fish & Chef, sei tappe gourmand sulle sponde del Benaco

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La pagina scientifica

Hamburger di pesce e contaminazioni alimentari: uno studio sperimentale Blu squalo

Luciano Boffo 110 et al. Alessandro De Maddalena 118

Sicurezza alimentare

Pubblicazione sul NSIS dei dati inerenti il richiamo di alimenti non conformi

Marco Cappelli

Tecnologie

Industria 4.0 anche per le aziende del settore ittico Cubetti, stick, petali, francobolli oppure fette intere… con Holac si può fare!

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Libri

Il piacere della tavola

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L’acquaponica, ancora poco conosciuta in Europa, utilizza i cataboliti prodotti dai pesci allevati in impianti a ricircolo per alimentare la coltivazione idroponica di ortaggi. Da tre anni l’azienda Eurovix Spa sta partecipando, unica italiana, a un progetto europeo che studia proprio questa nuova tecnologia. INAPRO (Innovative Aquaponics for Professional Application) è il nome del progetto e il prof. Pierlorenzo Brignoli, responsabile scientifico di Eurovix Spa, ce lo spiega nel dettaglio nell’articolo a pagina 20.

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Saporite, croccanti all’esterno e morbide dentro, digeribilissime, leggere, le cotolette di pesce (anche sotto forma di bastoncini per ingolosire i più piccoli) non hanno niente da invidiare alle “colleghe” di carne finora più accreditate. Anzi! L’approfondimento di Nunzia Manicardi a pagina 66.

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IL PESCE NEL MONDO

Galles (UK) È recentissima la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale europea del conferimento dell’Indicazione Geografica Protetta al West Wales Coracle Caught Salmon PGI, appartenente alla classe “1.7. Pesci, molluschi, crostacei freschi e prodotti derivati”. Si tratta di un salmone gallese con il quale l’Europa raggiunge quota 1.364 IG (Indicazioni Geografiche) Food, delle quali 614 DOP, 695 IGP e 55 STG. Con il West Wales Coracle Caught Salmon si identifica un pesce della specie Salmo salar, catturato utilizzando l’antico metodo tradizionale di pesca in Galles con il cosiddetto coracle, una piccola e leggera imbarcazione monoposto dalla forma tondeggiante. Il peso di questo salmone, dalla forma allungata, varia da 1 kg ad un massimo di 15 kg. Si presenta di colore argentato, con il dorso blu scuro e la presenza di macchie nere che si trovano prevalentemente sopra la linea laterale, nonostante la pinna caudale di solito sia senza macchie. All’assaggio la carne del West Wales Coracle Caught Salmon, dal caratteristico colore tra il rosa e il rosso, ha un sapore particolarmente dolce, è compatta e possiede un elevato contenuto di proteine. L’odore tipico del pesce fresco viene descritto dai pescatori come simile a quello dell’anguria. La zona di pesca è nell’area dei fiumi Tywi, Taf e Teifi (in alto, un pescatore gallese di salmoni con il tradizionale coracle; photo © Pinterest; fonte: EU-DG Agri).

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Europa Secondo quanto pubblicato da EUFOMA, l’Osservatorio europeo del mercato della pesca e dell’acquacoltura, gli introiti del settore in Europa nel corso del 2016 sono aumentati, anche se con un ridotto volume di pesce catturato. Si sono registrati incrementi delle vendite in Danimarca, Francia, Lituania, Portogallo e Regno Unito. In Francia il prezzo dell’astice norvegese, con 17,06 €/kg, ha raggiunto i massimi livelli nel mese di dicembre 2016. Sempre nel 2016, le vendite più alte di merluzzo si sono registrate in Danimarca e le più basse in Lettonia. Il prezzo della sogliola è stato caratterizzato da una marcata variabilità in Belgio, Francia, Italia e Portogallo, passando da 9,24 €/kg (in Portogallo) a 11,40 €/kg sul mercato francese. Il pesce gatto ha registrato prezzi bassi in UK, Danimarca e Francia e alti in Belgio. Nel corso del 2016 le catture di piccoli pelagici sulle coste della Croazia hanno raggiunto le 62.520 tonnellate, vale a dire il 3% in meno rispetto al 2015. L’acciuga, con 8.281 tonnellate (-52%), è stata la seconda maggiore specie pescata, e la sardina bianca ha raggiunto le 54.230 tonnellate (+6%). Sempre secondo EUFOMA, la Polonia mantiene il primato tra i maggiori trasformatori di prodotti ittici in UE, con circa 250 stabilimenti. La maggior parte del prodotto viene esportato sui mercati europei, incluse aringhe affumicate, in scatola e piatti pronti. Ciò nonostante il mercato polacco interno resta uno dei più fragili con un consumo di 13 kg pro capite per anno. Per quanto concerne le ostriche, nel 2015 la produzione ha ammontato a quasi 110.000 tonnellate in Europa. La Francia, che conta oltre 3.000 allevamenti, è il principale produttore. Il mercato dell’ostrica ha dimostrato una sostanziale stabilità, nonostante stiamo aumentando in modo considerevole le esportazioni verso i mercati esteri, primo fra tutti quello cinese (in alto, sardine appena pescate scaricate al porto, photo © ChantalS – Fotolia; fonte: EUFOMA).

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ATTUALITÀ

Proposte regole più semplici per i piccoli rivenditori L’EFSA ha proposto un sistema semplificato per la gestione della sicurezza alimentare nelle piccole imprese di vendita al dettaglio, come le pescherie L’EFSA ha proposto un sistema semplificato per la gestione della sicurezza alimentare nelle piccole imprese di vendita al dettaglio. Il sistema comprende linee guida sulle modalità per individuare i più importanti rischi biologici, chimici e fisici in ogni fase del processo di produzione degli alimenti, le attività o prassi che incrementano la probabilità di pericoli nonché le opportune misure di controllo. Un insieme di

ostacoli gestionali, organizzativi e tecnici vuol dire che molti piccoli rivenditori hanno difficoltà a rispettare gli attuali requisiti dei sistemi di gestione della sicurezza alimentare (SGSA). In particolare l’applicazione di piani, spesso complessi, di analisi dei pericoli e dei punti critici di controllo (HACCP) può andare al di là delle possibilità di esercizi in grado di impiegare solo un ridotto numero di addetti.

Per contribuire a risolvere questo problema, l’EFSA ha sviluppato un semplice SGSA per cinque tipi di piccole imprese alimentari (una macelleria, un negozio di generi alimentari, una panetteria, una pescheria e una gelateria) che è facile da capire e attuare. Il nuovo approccio utilizza diagrammi di flusso per sintetizzare le fasi della produzione, un questionario di accompagnamento, e semplici tabelle che guidano i rivenditori attraverso

Gli esperti di EFSA raccomandano che macellerie, negozi di alimentari, panetterie, pescherie e gelaterie applichino l’approccio semplificato, in quanto aiuterebbe a superare molti dei problemi incontrati da altre piccole imprese alimentari quando cercano di attuare sistemi efficaci di gestione della sicurezza alimentare (photo © Christophe Fouquin).

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Questo approccio più semplice, che la Commissione europea ha chiesto di sviluppare, renderebbe più facile per gli operatori individuare i pericoli e intraprendere azioni per contrastarle. Si tratta di una risposta concreta ad un problema noto di cui potrebbero avvantaggiarsi parimenti consumatori e imprese del settore alimentare

il processo di gestione della sicurezza alimentare, dall’individuazione dei pericoli fino alle misure di controllo. «Alcuni aspetti dell’attuale normativa in materia d’igiene alimentare possono essere di difficile attuazione per le piccole imprese, in particolare quando le risorse siano esigue o le professionalità carenti» ha affermato MARTA HUGAS, responsabile dell’Unità “Pericoli biologici e contaminanti” di EFSA. «Questo approccio più semplice, che la Commissione europea ci ha chiesto di sviluppare, renderebbe più facile per tali operatori individuare i pericoli e intraprendere azioni per contrastarle. Si tratta di una risposta concreta ad un problema noto di cui potrebbero avvantaggiarsi ugualmente consumatori e imprese del settore alimentare». Il sistema semplificato vuol dire, ad esempio, che i rivenditori non sono tenuti ad avere una conoscenza dettagliata di pericoli specifici. Devono solo essere consapevoli che i pericoli biologici, chimici e fisici o

gli allergeni possono essere presenti e che un’inosservanza delle attività di controllo essenziali — come la corretta refrigerazione o la separazione dei prodotti crudi da quelli cotti — potrebbe aumentare l’esposizione dei consumatori a pericoli. Il classico approccio di classificazione dei pericoli in ordine di priorità, che è solitamente richiesto prima di decidere quali misure di controllo attuare, è stato eliminato. Gli esperti del gruppo scientifico sui pericoli biologici che hanno sviluppato il parere scientifico raccomandano che macellerie, negozi di alimentari, panetterie, pescherie e gelaterie applichino l’approccio semplificato, che, aggiungono, aiuterebbe a superare molti dei problemi incontrati da altre piccole imprese alimentari quando cercano di attuare sistemi efficaci di gestione della sicurezza alimentare. Una sua più estesa applicazione nell’industria alimentare andrebbe dunque presa in considerazione. >> Link: www.efsa.europa.eu

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Società Agricola Moceniga Pesca s.s. di Alessandra Siviero & C. Via Dell’Artigianato 20/22 45010 Rosolina (RO) C.F. e Part. Iva IT 01082120294 tel. 0426-343252 0426-270034 fax. 0426-340265 virtual fax 0426047500 Centro Depurazione e Spedizione Molluschi IT X3W6T CE Web: www.moceniga.it

Viale Marconi 68 - Rosolina (RO) - Fax 0426 047500 - 0426 664990 Web: www.almeca.it - E-mail: almeca2007@libero.it


IL PESCE IN RETE

Social di Elena

1. L’acquacoltura europea su YouTube EAS – EUROPEAN AQUACULTURE SOCIETY promuove le attività di acquacoltura e il loro sviluppo in ambito scientifico, commerciale e governativo. L’evento di punta che EAS sta organizzando per l’anno in corso è Aquaculture Europe 2017, che si svolgerà a Dubrovnik (Croazia) dal 17 al 20 ottobre. Oltre al portale web nel quale l’ente veicola informazioni e notizie di settore, segnaliamo anche il canale YouTube, accessibile al link www.youtube.com/ user/euraquaculture, che ospita interviste ad allevatori di tutta Europa. Una bella vetrina per dare visibilità alle tante ed eterogenee realtà dell’allevamento ittico presenti nell’UE (in basso, un giovane allevatore scozzese di salmoni; photo © scottishsalmon.co.uk).

2. Instagram per informare L’azienda ittica RIVAMAR di Taglio di Po (RO) è presente sul web e sui vari canali social con contenuti mirati. Particolarmente interessante è la loro pagina Instagram, accessibile al link www.instagram.com/riva_mar, nella quale, tra una foto e l’altra, si inseriscono illustrazioni che danno informazioni sul mondo ittico.

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fish Benedetti

4. Che pesce sono? Te lo dice una App

3. Street seafood con Pescepane Segnaliamo www.pescepane.it, il sito web di PESCEPANE, il primo street seafood itinerante (o, come scrivono sulla loro Apecar, eat-inerante) a Firenze e provincia. Un’idea di business che unisce la passione della tradizione per il cibo di mare italiano alla rivisitazione dei piatti più gustosi di street food del mondo e del fish & chips.

Acquisti di prodotti ittici più semplici e sicuri grazie all’App “Che pesce sono?”. L’applicazione, disponibile gratuitamente su Play store e App store e utilizzabile su tutti i dispositivi portatili, è stata ideata dalla FEDERCOOPESCA-CONFCOOPERATIVE con il contributo del MIPAAF, per aiutare i consumatori a districarsi tra le offerte di pesci, molluschi e crostacei attraverso una selezione di oltre trenta specie, individuate tra quelle più diffuse nei mercati italiani e nella Grande Distribuzione; inoltre, sempre con questa App si hanno a portata di smartphone indicazioni sulla stagionalità, sulla denominazione scientifica e commerciale, taglia minima commercializzabile, metodi di pesca e qualità nutrizionali.

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ACQUACOLTURA

Acquaponica, una nuova frontiera Tra la coltivazione di ortaggi in serra e l’allevamento di pesce in impianti a ricircolo, l’Unione Europea studia la tecnologia con il progetto INAPRO Eurovix Spa è un’azienda italiana, in attività dal 1989, leader nel settore delle biotecnologie applicate al risanamento ambientale. Da oltre 17 anni sviluppa, produce ed applica tecnologie biologiche utilizzabili in acquacoltura. Da tre anni sta partecipando, unica italiana, ad un ambizioso progetto europeo che intende studiare una nuova tecnologia per la produzione di ortaggi in serra idroponica alimentata dai nutrienti prodotti dai pesci allevati in circuito chiuso. Il progetto si chiama INAPRO – Innovative Aquaponics for Professional Application ed

è nato per sviluppare un modello di acquaponica applicabile nelle zone rurali ed urbane in Europa e nel mondo con approcci innovativi finalizzati al risparmio energetico e idrico in linea con le recenti strategie dell’UE nell’ambito del programma Horizon 2020. Al progetto stanno lavorando 18 partner da sei Paesi europei più l’Università Agraria di Pechino. Abbiamo chiesto al prof. PIERLORENZO BRIGNOLI, responsabile scientifico di Eurovix Spa, di spiegarci nel dettaglio in cosa consiste il progetto INAPRO.

Prof. Brignoli, cos’è l’acquaponica? «L’acquaponica è una tecnologia, ancora non sufficientemente conosciuta in Europa, che utilizza i cataboliti prodotti dai pesci allevati in impianti a ricircolo (Recirculation Aquaculture System) per alimentare la coltivazione idroponica di ortaggi». Perché è poco conosciuta? «Perché è una tecnologia ancora “instabile” non ancora standardizzata e con soluzioni tecniche non sempre economiche; il progetto INAPRO si propone di superare

Il modello di acquaponica INAPRO.

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Il prof. Pierlorenzo Brignoli, responsabile scientifico di Eurovix Spa. questi ostacoli per arrivare ad uno o più modelli applicabili in diversi contesti». Può essere una delle tecnologie del futuro? «Le potenzialità sono molto alte, si tratta solo di trovare dei protocolli gestionali facilmente comprensibili ed applicabili sia dagli allevatori di pesci che dai coltivatori di ortaggi». I partner del progetto sembrano molto qualificati… «Il progetto ha riunito 18 realtà scientifiche e produttive di eccellenza nell’acquacoltura e nell’agricoltura in Europa ed in Cina come l’Università di Wageningen in Olanda o l’Istituto IGB di Berlino ed ancora l’Istituto di Ricerche Marine Havforskningsinstituttet in Norvegia e la China Agriculture University solo per citarne alcune». Come entra Eurovix in questo gruppo di lavoro? «Eurovix ha dimostrato in questi anni di essere tra le migliori aziende di biotecnologie in Europa e tra le prime del mondo perché ha studiato ed applicato sul campo, negli allevamenti ittici ed in scala reale una tecnologia concettualmente semplice, economica ed ecocompatibile in grado di portare benefici anche in termini economici agli acquacoltori di tutto il mondo. Abbiamo lavorato in Asia, negli USA, in America Latina e in Africa con la stessa efficienza».

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Che cosa è la biotecnologia Eurovix? «È una tecnologia ecocompatibile che utilizza bio-promotori per ripristinare, ottimizzare ed accelerare i processi di autodepurazione degli ecosistemi acquatici: cicli dell’azoto e del fosforo, stabilizzazione e mineralizzazione della sostanza organica nel sedimento. Spesso è considerata una B.A.T. perché è l’unica applicabile in ambienti complessi (acque correnti) o molto estesi (laghi e lagune di vaste dimensioni) a costi contenuti e senza creare impatto nel sito e nelle aree vicine. Per essere applicata non necessita di strutture particolari e non utilizza energia». Che cosa sono i bio-promotori? «Sono miscele complesse di microrganismi selezionati in natura, enzimi, estratti vegetali e catalizzatori minerali che, una volta rilasciati nell’ecosistema o nelle vasche di allevamento, si attivano ed iniziano a lavorare per combattere i fenomeni di eutrofizzazione, per abbassare la concentrazione di azoto e fosforo con conseguente riduzione del rischio di crescita abnorme delle alghe, per mineralizzare e stabilizzare la sostanza organica nel sedimento (aumentando così la disponibilità di ossigeno). In concreto, i bio-promotori abbassano il livello di stress degli organismi acquatici allevati migliorando le prestazioni zootecniche, abbassando i costi di produzione ed aumentando la qualità del prodotto». Che cosa contengono i bio-promotori? «I microrganismi utilizzati nelle miscele sono quelli consentiti dalle leggi internazionali (non patogeni e privi di rischi per l’uomo, gli animali e l’ecosistema), non sono geneticamente modificati e sono in grado di agire in modo altamente efficiente sulle sostanze biodegradabili. Tutti i bio-promotori sono stati sottoposti a vari test di tossicità e sono stati dichiarati non pericolosi per l’ambiente e le persone che ne vengono a contatto. Sono stati utilizzati in numerosi siti di alto valore ambientale e naturalistico (parchi, aree Ramsar, ecc…) dopo aver superato l’esame delle commissioni scientifiche».

Quale è il ruolo di Eurovix nel progetto INAPRO? «Il cuore degli impianti di acquaponica è il bio-filtro, che consente la vita e la crescita dei pesci nell’area di acquacoltura e mette a disposizione dei vegetali i nutrienti necessari nell’area di idroponica; i due cicli devono lavorare sincronizzati ed in sinergia, non sempre questo è facile; i bio-promotori, intervenendo direttamente sull’efficienza del bio-filtro, facilitano questo lavoro sincrono. Eurovix ha lavorato per sviluppare un prodotto che si adattasse alle esigenze del sistema indipendentemente dalle condizioni colturali e di allevamento, basti pensare che gli impianti demo sono collocati in aree climaticamente differenti ad esempio in Spagna o in Germania, in Belgio ed in Cina. Il bio-promotore realizzato potrà essere utilizzato facilmente anche negli allevamenti ittici a ricircolo». Perché un giovane imprenditore dovrebbe investire nell’acquaponica? «Perché è una tecnologia che consente di recuperare aree industriali dismesse, senza consumare altro suolo. Perché consente di produrre alimento sano, buono ed ecocompatibile anche in zone urbane. Perché si sta dimostrando una tecnologia del futuro». Perché un allevatore dovrebbe utilizzare la biotecnologia Eurovix nel proprio allevamento? «Perché si è dimostrata una tecnologia molto efficiente, facile da utilizzare e con costi contenuti. Quanti avrebbero scommesso, trent’anni fa, sull’utilizzo dell’ossigeno liquido in acquacoltura? La biotecnologia sta percorrendo lo stesso cammino e, sono sicuro, si confermerà come una delle tecnologie del futuro». Eurovix Spa Viale Enrico Mattei 17 24060 Entratico (BG) Telefono: 030 7750570 Fax: 030 725361 Web: www.eurovix.it

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Cordoglio per la prematura scomparsa del dottor Alfredo Mengoli Esprimiamo profonda tristezza per la scomparsa a soli 60 anni del dott. Alfredo Mengoli, dirigente veterinario della Azienda USL di Bologna e autore di numerosi articoli pubblicati su questa nostra Rivista. Il dottor Mengoli era un professionista stimato dai colleghi che ne riconoscevano la grande competenza professionale unita a gentilezza e disponibilitĂ . Oltre all’incarico nella pubblica amministrazione, Alfredo Mengoli aveva svolto diverse attivitĂ di docenza: presso il Centro ricerche marine di Cesenatico, l’UniversitĂ degli studi di Milano nell’ambito della scuola di specializzazione in “Allevamento, igiene, patologia delle specie acquatiche e controllo dei prodotti derivatiâ€?, presso l’UniversitĂ degli studi di Padova, l’UniversitĂ di Bologna – FacoltĂ di Veterinaria Polo di Cesena, presso l’Ordine Veterinari di Catanzaro a Soverato (CZ), l’Agenzia regionale LAORE Sardegna Cagliari, la FacoltĂ di veterinaria di Bari, presso il servizio veterinario dell’ASL di Lecce e della ASL di Grosseto, presso la FacoltĂ di veterinaria di Napoli e, naturalmente, nell’ambito dell’ASL di Bologna. Dal 2008 collaborava con la FacoltĂ di Veterinaria dell’UniversitĂ di Udine per l’insegnamento di “Legislazione e ispezione dei prodotti itticiâ€? nell’ambito della scuola di specializzazione in “Allevamento, patologie e controllo dei prodotti acquatici e loro derivatiâ€?. Dal 2011 collaborava anche con la FacoltĂ di Veterinaria dell’UniversitĂ di Camerino nell’ambito della specializzazione in “Allevamento, patologie e controllo dei prodotti acquatici e loro derivatiâ€? insegnando “Legislazione e ispezione dei prodotti itticiâ€?. La Redazione di IL PESCE si unisce al dolore che ha colpito la sua famiglia, gli amici e quanti lo conoscevano per la scomparsa improvvisa e prematura di questo veterinario apprezzato nel mondo ittico.

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Troticoltura Sarentino, dove natura e affumicatura trovano armonia e equilibrio Fritz Unterkalmsteiner, maestro intagliatore, tiene viva la tradizione d’allevamento dei pesci d’acqua dolce e li affumica con le essenze più adatte di Riccardo Lagorio

FRITZ UNTERKALMSTEINER è uno degli intagliatori di legno artigiani più rappresentativi dell’arco alpino. Piatti, cavallini a dondolo, lampade lavorate al tornio prendono la strada degli atelier europei e delle dimore signorili dell’Alto Adige e non solo. Ma è grazie a questo magister con-

temporaneo che si conserva nella Val Sarentino anche la tradizione dell’allevamento di pesci d’acqua dolce. L’acqua che scorre lungo il torrente Talvera viene captata e indirizzata verso le vasche della troticoltura. Da una decina d’anni: non esistono miscelatori d’ossigeno

poiché le acque, dalla temperatura sempre di poco superiore ai 5 °C, possiedono una quantità di ossigeno sufficiente alla crescita dei pesci. «La temperatura naturale dell’acqua è l’elemento fondamentale per una crescita lenta dei pesci. Noi aspettiamo 4 anni per avere pesci

Fritz Unterkalmsteiner. Tra le specie che vivono nella troticoltura di Unterkalmsteiner nella Val Sarentino ci sono l’iridea, la fario e il salmerino, che vengono cucinate alla griglia o con una speciale affumicatura, con diverse essenze. 24

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A sinistra: la coda puntinata di rosso di una trota iridea. A destra: il ristorante dell’allevamento. adeguati alla vendita, ovvero pari alla lunghezza di un piatto. Peraltro il pesce consuma ogni giorno in cibo l’1% del peso corporeo», dice Unterkalmsteiner. Dati alla mano, dimostra che una trota raggiunge i 300 grammi di peso a 4 anni di età, quando è costata 1 euro all’anno per il solo mangime. «Quindi se si vuole mantenere redditizio il lavoro, bisogna che io venda la mia trota a circa 10 euro». Un costo ben al di sopra di quello medio per un prodotto simile. Certo questi pesci possiedono una polpa particolarmente soda, frutto dell’humus che si trova nel torrente Talvera e della quantità di insetti di cui i pesci si cibano. «In ogni vasca vivono tra i 100 e i 200 kg di pesce, quantità ideale per mantenere un ecosistema dove gli insetti proliferano ma vengono nel contempo cacciati dai pesci», spiega. Un’applicazione pratica dove la natura trova un proprio equilibrio. Anche per questo la troticoltura di Unterkalmsteiner è qualcosa in più di un allevamento di pesce. Tra le specie che vivono nella troticoltura l’iridea, la fario e il salmerino. La trota iridea, introdotta dal Nord America a fine Ottocento, ha di fatto sostituito la popolazione indigena di marmorata, anche a causa dell’aggressività dei maschi. La sua crescita in queste acque non è altrettanto facile quanto per la fario. Una popolazione naturalizzata nel lago e nel torrente di Valdurna IL PESCE, 2/17

presenta la parte terminale della coda puntinata di rosso: questa possiede una polpa dalle fibre fini, simile al salmerino, assai prelibata. «È presente in minime quantità nelle vasche, ma chi è ben esperto, con un pizzico di fortuna, riesce a procurarsela. Quello che io mi prefiggo è potere mantenere questa popolazione a rischio di estinzione». Le vasche sono infatti aperte anche alla pesca sportiva. Tuttavia, il luogo è conosciuto più come ritrovo dove potersi concedere un piatto a base di pesce d’acqua dolce appena pescato: sia esso salmerino o trota alla griglia, accompagnato da cose semplici come verdure o insalata. Un’alternativa che di per sé accresce la pur buona ristorazione locale. Meta ideale per famiglie: mentre gli adulti pescano, i più piccoli possono divertirsi nel parco. Ma alla semplice preparazione alla griglia si aggiunge il pesce affumicato. L’esperienza nel mondo del legno ha permesso a Unterkalmsteiner di distinguere le essenze che meglio di altre sono adatte per ottenere un’affumicatura ideale. Sono buoni i legni privi di resina come il faggio, il melo, il pero o il ciliegio ma gli ultimi tre sono abbastanza rari. «Pertanto, anche osservando i carpentieri che conoscono come i falegnami i segreti del legno e, avendo constatato che l’ontano non rilascia scintille, l’ho provato. In questo modo ho ottenuto i risultati migliori».

Unterkalmsteiner lascia il pesce per una notte in acqua e sale, lo passa in acqua dolce, lo asciuga e lo affida a un leggero fumo, riposto a un metro e mezzo da terra in una cassetta. Per il salmerino, dal gusto della polpa molto delicata, l’essenza che viene utilizzata è la betulla. Questa conferisce un vago sapore di castagna alla polpa del pesce. «Ma più il fumo è caldo e più il colore è intenso, con un gusto robusto. Tuttavia, il colore non deve risultare eccessivamente cupo. Sarebbe un segnale che la polpa ha perduto la propria fragranza e si è alterata». Giochi di equilibri che si sintetizzano in un risultato bilanciato e armonioso. Per tutti coloro che amano cucinare il pesce a casa c’è la possibilità di acquistare pesce sempre freschissimo, pescato su commissione. O, in alternativa, affidarsi alla prelibatezza dei filetti affumicati, alle trote e salmerini affumicati interi e conservati sottovuoto. Ma solo di venerdì. Perché da queste parti regnano ancora profonde tradizioni. Quella dei cibi di magro è quasi un obbligo al quale non si rinuncia. Specie di fronte alle vette delle Alpi Retiche. Riccardo Lagorio Troticoltura Sarentino Stetto 35 – Val Sarentino (BZ) Telefono: 339 2984729 E-mail: info@sarner-forellenzucht.it Web: www.sarner-forellenzucht.it 25


VALLICOLTURA

Azienda Marina Averto – Valle AMA, Campagna Lupia (VE)

A gestire una valle da pesca non si improvvisa, si impara di Gian Omar Bison

GUALTIERO RANZANI, milanese residente in Veneto che ha sempre lavorato nel commercio e nel marketing, ha imparato con la moglie Anna a gestire una valle da pesca accompagnato da passione ed entusiasmo. Valle AMA - Azienda Marina Averto è sita a sud della laguna di Venezia, nel comune di Campagna Lupia, ed era di proprietà del suocero mancato qualche anno fa. Insiste nel compendio di Valle Averto, dove occupa, con i suoi 295 ettari, quasi il 60% dell’intera superficie; il rimanente è occupato da altri quattro proprietari. «La

cosa ci ha appassionato così tanto da investirci tempo e risorse personali, con l’obiettivo futuro di raggiungere il pareggio del bilancio grazie al rilancio dell’acquacoltura a regime estensivo per un allevamento di specie ittiche di qualità. La nostra valle è dichiarata “oasi”, unica tra tutte le valli della laguna veneta, pertanto sulla nostra proprietà non si caccia». L’allevamento estensivo di specie ittiche diverse, con abitudini alimentari diverse, viene definito più semplicemente come “policoltura”. Un sistema, questo, che, secondo Ranzani,

«permette un migliore sfruttamento energetico delle risorse trofiche e un miglioramento della produttività del sistema; infatti, gli animali che alleviamo nel grande lago salato di 265 ettari trovano in abbondanza quanto serve e quanto basta per la loro diversa alimentazione. In definitiva una catena alimentare completa. L’orata, ad esempio, trova conchiglie e molluschi in grande quantità; il cefalo (cinque i tipi di cefalo allevati) si nutre di ogni tipo di invertebrato bentonico ed anche di materiale organico con la vegetazione autoctona; il branzino

Valle AMA, acronimo di Azienda Marina Averto, è situata a metà strada tra Venezia e Chioggia, nel compendio lagunare denominato Valle Averto.

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Valle AMA è strutturata con la classica ed originale dotazione delle valli da pesca. Il 90% dell’area è occupato dal “grande lago”, depressione naturale d’acqua salmastra. (o spigola) si nutre di invertebrati di vario genere come crostacei, molluschi e naturalmente di tanto pesce». Il pesce Valle AMA è certificato “bio” dal 2013, quando hanno raggiunto la certificazione di “prodotto biologico” autorizzato MIPAAF IT BIO 005 – W012. I controlli sono attivi e monitorati dalla D&D Consulting, che ha provveduto ad installare nel “colauro” e nel grande

lago apparecchiature alimentate da energia solare che provvedono a controllare, oltre a dati su inquinanti, anche i dati relativi alla salinità, ossigeno e temperatura delle acque. «Non ci è mai stata segnalata una non conformità», precisa Ranzani. «L’area così monitorata — continua — è diventata per nostra volontà una vera nursery, dove possono vivere e crescere spigole, orate, boseghe,

lotregani, volpine, caustelli e non ultima l’anguilla». Ogni valle dispone di peschiere di sverno. Quelle di Valle AMA coprono una superficie di oltre 7,5 ettari, completamente protette con reti contro i predatori, quali i noti cormorani e gabbiani reali. Tra gli investimenti aziendali vi sono i due nuovi monolocali destinati ad alloggio del capovalle e del suo vice e il rifacimento e ampliamento della

La laguna di Venezia è unica al mondo per quegli immensi tesori di storia che custodisce. Situata tra la foce del fiume Sile a NE e la foce del Brenta a SO, è la più vasta laguna del Mediterraneo. È costituita da terre emerse a periodica sommersione per effetto delle maree e specchi d’acqua poco profondi, solcati da canali naturali e artificiali. L’intera area lagunare, oltre ai centri abitati ricchi di patrimonio storico e architettonico unico al mondo, costituisce l’habitat di un elevatissimo numero di specie naturali e vegetali. Nell’ambito di queste aree si è particolarmente sviluppata e caratterizzata una forma particolare di arte della vallicoltura, cioè una particolare forma di acquacoltura estensiva del tutto peculiare ed esclusiva delle “valli da pesca”. Sotto la denominazione di “valle” si celano in pratica ambienti naturali modificati dall’uomo nel tempo e che di fatto fanno parte integrante del paesaggio naturale costiero; sono infatti inquadrabili, a pieno titolo, nei concetti più ampi del paesaggio agrario italiano quale paesaggio costruito. Qui la peculiare forma di allevamento e pesca e la conseguente “vallicoltura” che ne deriva hanno assunto un ruolo positivo del tutto particolare, utilizzando e adattando le caratteristiche fisico-morfologico-ambientali della zone umide salmastre litoranee adriatiche, integrate con l’istinto migratorio di alcune specie eurialine di pesci, concorrendo anche a salvare, conservare e in parte modificare parte delle zone umide costiere, avviando nuove tecniche di gestione, garantendone la sopravvivenza per secoli.

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La vallicoltura a regime estensivo è una delle più antiche forme di allevamento, risalente addirittura al XI secolo. In Valle AMA si opera nel completo e assoluto rispetto della natura. struttura adibita ad officina e deposito. E poi sono in previsione, a primavera, i lavori di ristrutturazione della nuova “pescheria”, più ampia e comoda per meglio svolgere l’attività di movimentazione del pescato, incassettamento e invio ai mercati di riferimento. Valle AMA, agli immobili sopra citati, aggiunge cavane, magazzini, e dispone del casone di caccia, con torre di avvistamento e casone

di pesca. «Quest’ultimo — sottolinea Ranzani — è un ex “dogado” della Repubblica Serenissima di Venezia, oggi semi-diroccato. Conosciutissimo, con annessa cavana, questa sì già ristrutturata, si trova sul canale Cornio dal quale, direttamente, si può raggiungere Venezia in trenta minuti. Allo studio la sua ricostruzione, a cui partecipa anche la Soprintendenza alle belle arti, che ha approvato il

progetto affidato all’architetto LUDOCECCATO e all’ingegnere ANDREA TRAMONTE. Il progetto si basa sulla realizzazione di una location per meeting nazionali ed internazionali, congressi, eventi, ecc… proprio per la posizione strategica in cui è locato». Ma torniamo all’allevamento. «A noi interessa mantenere, incrementare e migliorare l’allevamento estensivo con l’aumento delle seVICA

L’Azienda Marina Averto, meglio conosciuta come Valle AMA, è costituita da una porzione peri-lagunare comprendente specchi acquei, zone di barene, velme, canali, ghebi e peschiere delimitati da argini, e comunicante con la restante laguna e col mare attraverso apposite aperture con paratie denominate chiaviche. Vi si trovano peschiere di sverno, un casone da pesca e da caccia con annessi rustici e i manufatti classici di allevamento-pesca in valle quali: colauro, lavoriero, chiaviche, fosse e gorghi. L’ampio specchio d’acqua salmastra si estende per 265 ettari ed ha una profondità media di 85-95 cm.Tutti i canali interni sommersi confluiscono poi nel canale principale, lo sbregavalle, che collega i pascoli vallivi con il bacino di raccolta (il colauro). Il bacino di raccolta rappresenta il fulcro dell’azienda: qui in autunno viene convogliato tutto il pesce per essere selezionato e raccolto, utilizzando un sistema di sbarramenti a griglia, detti lavorieri. Manufatti a forma di doppio cuneo con la base rivolta alla valle e il vertice verso la laguna. Nei pressi del colauro si trovano solitamente le peschiere, tipico assetto morfologico del territorio lagunare caratterizzato da un sistema di canali profondi dai 180 cm ai 400 cm, disposti a pettine e intervallati da appezzamenti denominati mazzuoli. Le peschiere, orientate in modo da essere protette contro i venti dominanti di bora e scirocco, vengono utilizzate per la stabulazione invernale del pesce che non ha ancora raggiunto in autunno la taglia commerciale e che, per sopravvivere ad eventuali gelate, necessita di acque profonde.

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di salvaguardia. E poi ci sono gli interventi sui due canali sotterranei principali detti “sbregavalle”». Potenziare l’allevamento si diceva, ma come? «Potenzialmente — conclude Ranzani — per ogni metro cubo di volume potrebbero convivere 5 animali. Avendo potenzialità economiche adeguate potrei sviluppare gradatamente importanti incrementi di produzione anche senza arrivare ad una illogica saturazione del volume disponibile. Diciamo che si potrebbe pensare ad una crescita controllata portando gli attuali 350 quintali annui all’immediato traguardo di 1.000 quintali, pari a circa 0,08 animali per metro cubo di acqua». Gian Omar Bison Azienda Marina Averto Srl Antico e certificato allevamento di pesce certificato biologico Via Pignara 12 30010 Campagna Lupia (VE) E-mail: info@aziendamarinaaverto.com valleama.averto@gmail.com Web: www.aziendamarinaaverto.com

LB Comunicazione

Nell‘acquacoltura a regime estensivo vengono allevate nello stesso ambiente più specie, con abitudini alimentari diverse, definita “policoltura”. Questo permette un migliore sfruttamento energetico delle risorse trofiche e un miglioramento della produttività del sistema. Il nostro pesce cresce e diventa adulto in acque saline, pulite, monitorate e controllate

mine programmate. Già questo — evidenzia Ranzani — insieme alle opere di manutenzione ordinaria e straordinaria, ci carica di costi più che impegnativi». L’ossigenazione dell’enorme volume acqueo lacustre è garantita dalla circolazione dell’acqua per opera anche del vento. La circolazione della massa si ottiene con la realizzazione di canali sommersi e soprattutto dal “canale circondario”, di dimensioni variabili in larghezza e per una lunghezza che, nel caso di Valle AMA, è di 8 km. «Anche la manutenzione del “perimetro arginale” non è cosa da poco; deve essere sempre monitorato e gli interventi sono continui e onerosi. Gli argini del grande lago salato — continua Ranzani — sono continuamente erosi dal vento di bora che stagionalmente spira da nord-est, per cui sono necessari onerosissimi interventi con pontoni ed escavatori per il ripristino. Le barene a volte sono insufficienti a garantire protezione agli argini perché pure loro necessitano di continue opere

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SPECIE ITTICHE

L’anguilla Conosciamo meglio questa specie splendida e misteriosa, con una vita incredibile, pescata praticamente a tutte le latitudini, dall’Islanda al Senegal di Josette Baverez Blanco

Allevata in vasche già dai Greci e anche dai Romani, l’anguilla (Anguilla anguilla) è un pesce marino di profondità che trascorre il periodo di crescita in acque dolci e salmastre. Durante lo sviluppo, le anguille prendono il nome di anguille gialle: hanno gli occhi piuttosto piccoli e il muso abbastanza largo. Il dorso è bruno-grigio, i fianchi sono colore giallo limone chiaro, mentre il corpo è piuttosto molle al tatto. Le pinne dorsale e anale sono lunghe e confluiscono sulla caudale, mentre non ha pinne ventrali; quelle pettorali sono piccole e arrotondate. Ha mandibole all’infuori, denti piccoli e conici sistemati in bande, e si nutre essen-

zialmente di pesci piccoli, di gamberi, rane, molluschi bivalvi, chiocciole, vermi; pare gradisca particolarmente le uova di pesce. Le anguille che si nutrono di pesci piuttosto grandi, catturate con l’amo, sono definite “a fronte larga”, diversamente da quelle “a muso stretto” che si nutrono di piccoli animali. L’anguilla ha abitudini notturne e passa la maggior parte del suo tempo, durante il giorno, nascosta sotto il pantano, radici e sassi, in vere e proprie tane. Dato che cerca il cibo di notte, ha un olfatto incredibile. La crescita è lenta: passati dieci anni, molte femmine cominciano a trasformarsi da gialle in argentate e in autunno avvertono un forte

stimolo all’emigrazione, mentre gli esemplari maschi rimangono quasi inerti nel pantano per tutto l’inverno. La pelle si fa scura sul dorso e argentata sul ventre. Subentra allora l’importanza di essere una specie quasi anfibia, il che le permette di rimanere molto tempo fuori dall’acqua purché l’ambiente sia umido. L’istinto di riproduzione è così forte che anche le anguille cresciute nei laghi o negli stagni sentono il bisogno di lasciare questi luoghi per raggiungere, sempre di notte e preferibilmente con la pioggia, qualche fiume, attraversando grandi spazi erbosi. Definita “migratrice catadroma”, l’anguilla femmina lascia

Il nome anguilla deriva dal latino anguis, serpente: fin dall’antichità si credeva che mangiare anguilla rappresentasse un modo per allontanare il male, simboleggiato spesso proprio da un serpente, e propiziarsi un felice anno nuovo.

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l’Europa e le acque dolci o salmastre per dirigersi verso l’Oceano Atlantico dove deporrà le uova nel Mare dei Sargassi. Per affrontare una tale avventura, subisce mutazioni fisiologiche: la dimensione degli occhi aumenta mentre si riduce l’apparato digerente. L’anguilla perde allora ogni desiderio per il cibo e il corpo diventa resistente al tatto. Le larve schiuse da poco, a forma di foglie, si rimettono in viaggio verso le acque di origine della madre impiegando circa tre anni per raggiungere l’Europa attraverso lo stretto di Gibilterra. Questi esemplari giovanili, sottili e trasparenti, sono chiamati “ceche”. Al ritorno, non essendo ancora fatta la distinzione sessuale, la natura trattiene sulle coste o vicino agli estuari gli esemplari maschili, mentre le femmine risalgono nelle acque interne dove per anni godranno della tranquillità. In questa fase “tropica” non faranno altro che cibarsi e ingrassare prima di essere di nuovo prese dalla frenesia sessuale all’età matura e ripartire verso il Mare dei Sargassi. Se però si impedisce all’anguilla di migrare in mare, si prolunga il suo stadio “giallo” ed essa può anche raggiungere i 50 anni di età, cosa impensabile per gli esemplari che si riproducono in mare e che subito dopo muoiono. Si è scoperto di recente il mistero della capacità di adattamento dell’anguilla che ritroviamo in acque dolci o salate e a varie altitudini, persino in montagna: è corredata di cellule specializzate dette “ionociti” sui filamenti archi branchiali, che sono degli adattatori alle variazioni di salinità e di temperature. La pesca delle anguille si fa con reti a strascico, con bilance, con l’amo, con fiocine e nasse. L’anguilla è un pesce pregiato, dalla carne soda e grassa. I maschi diventano sessualmente adulti tra gli 8 e i 10 anni e possono raggiungere una lunghezza di 50 cm; le femmine invece diventano adulte nell’età compresa tra i 12 e i 15 anni e arrivano anche a un metro e mezzo di lunghezza pesando persino 6 kg. Sono proprio queste ultime (capitoni) che vengono servite, come vuole la tradizione, nel pranzo di magro della Vigilia di Natale. Non è gradita a tutti però, in

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Sophia Loren nel film di Mario Soldati “La donna del fiume”. parte perché serpentiforme, e quindi suscita repulsione in molte persone, e in parte perché pesce troppo grasso. L’anguilla ha infatti un contenuto di grasso assai rilevante (costituisce il 25% del suo peso e per 100 grammi di parte edibile si assorbono 30 kcal!), notevolmente superiore a quello di qualsiasi altro pesce. Il grasso è stratificato sotto la pelle: per questo motivo va spellata, a meno che non debba essere arrostita sulla griglia o allo spiedo. In tal caso il grasso, al calore della brace, fonde e cola, mentre la pelle diventa croccante. L’anguilla marinata e quella affumicata sono oramai entrate nelle abitudini alimentari del nostro paese e vengono preparate anche industrialmente. Ma ogni regione della nostra penisola, nella gastronomia locale, prende in considerazione questo pesce. Abbiamo così le “ceche” alla pisana, l’anguilla alla comacchiese

e quella alla lombarda, quella in umido alla napoletana e, sempre in umido, alla piacentina. Sono tutte preparazioni che valorizzano questo pesce, con cotture abbastanza semplici ma con una loro tradizione. Se si trovano anguille in tutti laghi grandi e piccoli della Lombardia e anche nei fiumi locali, non solo nel Nord Italia, dobbiamo dare il primato della produzione di anguille alle lagune venete, a Comacchio e al lago di Bolsena. Nel Grossetano, ogni anno viene celebrata a settembre durante la Sagra del Capitone. Ma perché è tradizione mangiare il capitone la Vigilia o a fine anno? Per gli antichi, la rassomiglianza con il serpente permetteva di pensare che mangiando il capitone si poteva allontanare il Male, sottometterlo. Era ed è tuttora un modo di propiziarsi un nuovo anno felice e sereno. Josette Baverez Blanco

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AZIENDE

La rivoluzione della shelf-life La cozza castrense di Marevivo ora ha una durata garantita di 10 giorni. Grazie alle condizioni naturali di allevamento e agli investimenti che il Gruppo salentino ha realizzato per trasformare il concetto di filiera corta in realtà di Elena Benedetti

Lungimiranza e filiera corta sono, in poche parole, la filosofia di Marevivo, Gruppo salentino che è azienda ittica, ristorazione e vendita di prodotti ittici al dettaglio. Dal 1992 a oggi si contano 25 anni, nel corso dei quali tre generazioni della FAMIGLIA CIULLO hanno lavorato, insieme a personale fidelizzato, per mettere in piedi un sistema corto che collega il loro pesce (allevato e pescato) al consumatore finale. La buona acqua del Salento Marevivo è insieme skill imprenditoriale, focus mirato sugli investimenti e capacità di attingere a risorse naturali uniche, nel pieno rispetto dell’ambiente. Non a caso ci troviamo in Salento, una zona nella quale la mitilicoltura beneficia della buona qualità dell’acqua del mare. Quell’acqua capace di influire sulla produttività e sulla qualità del prodotto. Grazie alle specificità idrogeomorfologiche e all’habitat dei suoi vivai offshore nella Baia di Castro, in provincia di Lecce, il Gruppo

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produce una cozza particolare, detta appunto cozza castrense. Lungo questo tratto di costa ci sono ben 34 citri, sorgenti carsiche sottomarine di acqua dolce che determinano la speciale composizione nutritiva, la caratteristica salinità e la temperatura dell’ambiente marino nel quale le cozze si nutrono naturalmente ed esclusivamente di quel fitoplancton che nella baia abbonda. Nella struttura di Marevivo a Castro oggi è presente un impianto di depurazione dei molluschi, un impianto per la trasformazioni dei prodotti della pesca freschi e un deposito frigorifero per i prodotti della pesca, oltre all’area preposta alla vendita, sia all’ingrosso che al dettaglio. Per far fronte alle richieste provenienti da mercati al di fuori della Puglia, il Gruppo ha investito in un grande e moderno impianto di allevamento e depurazione, ideale anche per l’ampliamento della gamma dei prodotti offerti, operativo dal 2013 con un sistema di depurazione a raggi UV,

un ozonizzatore e un sistema di filtri meccanici e biologici. Le caratteristiche della cozza castrense «La cozza castrense viene allevata nei vivai in long line di Marevivo, in reste collocate a una profondità di 6 metri su filari galleggianti» mi dice la DOTT.SSA MARIA ADA MARZANO, medico veterinario, dottore di ricerca e specialista del settore di Marevivo. Le acque giocano un ruolo fondamentale nell’apportare unicità a questo prodotto che cresce naturalmente. I molluschi vengono opportunamente selezionati e quindi reimmersi nei vivai della Baia per il finissaggio, tutto l’anno, garantendo una carnosità di prodotto che non varia nel corso delle stagioni. Ma quali sono le caratteristiche di questo mollusco all’assaggio? «Sicuramente un profumo delicato di iodio, che la cozza conserva anche in fase di cottura; c’è poi una caratteristica salinità con un retrogusto inaspet-

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In alto: la cozza castrense di Marevivo viene filtrata nella baia di Castro, attraversata da correnti calde e fredde che si mischiano tra loro; le proprietĂ organolettiche tipiche delle acque pure e trasparenti di questo mare attribuiscono alle cozze un gusto unico, fresco, impareggiabile. In basso: Baia di Castro, particolare. IL PESCE, 2/17

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Una veduta aerea della Baia di Castro nella quale Marevivo, a suo tempo, scelse di installare gli impianti long line. A questo tratto di mare del Salento sono state assegnate le 5 Vele da Legambiente e la Bandiera Blu da FEE (Foundation for Environmental Education).

Marevivo propone la Castrense in due opzioni di confezionamento. Nel rispetto dei concetti di trasparenza, tracciabilità e qualità del prodotto tutte le confezioni riportano in etichetta generalità, provenienza e marchio di identificazione comunitario. Le procedure di confezionamento garantiscono ai clienti che la Castrense, in retino e in vaschetta, mantenga ben sigillate le sue valve per far sì che il liquido vitale trattenuto all’interno le faccia giungere a destinazione ancora vive.

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Vincenzo e Antonio Ciullo.

La storia di questo Gruppo La storia di Marevivo risale al lontano giugno 1992, quando a Castro venne aperto un impianto di depurazione di molluschi eduli lamellibranchi. L’impianto era costituito da 6 vasche in vetroresina all’interno delle quali venivano posti i molluschi per essere depurati. Prelevata dal mare per mezzo di una presa che attingeva oltre i 500 metri dalla costa, l’acqua entrava nelle vasche di depurazione dopo aver attraversato una lampada a raggi UV, necessaria per rimuovere eventuali microorganismi patogeni. All’inizio dell’attività le vasche avevano una capacità depurativa di 60 quintali per cui, con il passar del tempo, si rese necessario aumentare la quantità di prodotto depurato. Venne così inserito un nuovo impianto a circuito chiuso con 57 bins nel quale l’acqua entrava dopo essere stata depurata da un sistema di raggi UV insieme ad un ozonizzatore. La capacità depurativa passò dai 60 q a 230 q. L’azienda, nonostante l’aumentata mole di lavoro, ha sempre portato avanti la politica della vendita di un prodotto di qualità e,non ha mai rinunciato alla sua politica di prodotto incentrato sulla qualità garantita. Per questo è stata fatta un'attenta selezione dei fornitori passando da 412 a circa 15 fornitori. Parallelamente si è investito notevolmente sulla formazione del personale e sulle analisi interne chimico-fisico-microbiologiche. Le certificazioni All’interno del proprio impianto di molluschicoltura, Marevivo non impiega mangimi artificiali né ormoni della crescita. La sua attività di pesca rispetta i parametri delle acque salubri della Baia di Castro e del mare del Salento, nel rispetto dell’ecosistema del territorio. In questo modo Marevivo ha contribuito concretamente e attivamente a mantenere inalterata la qualità eccellente del mare della Marina di Castro, che per sette volte negli ultimi anni è stata premiata con la Bandiera Blu di FEE (Foundation for Environmental Education) e con le Cinque vele di Legambiente. Per l’utilizzo di tecniche di pesca a bassissimo impatto sull’ecosistema marino, Marevivo ha inoltre ricevuto il riconoscimento di Certificazione di prodotti da Pesca e Acquacoltura Sostenibile dall’associazione non governativa Friend of the Sea. Marevivo è un’azienda certificata ISO 9001. Marevivo Srl Prov.le Vignacastrisi-Castro 10/12 Zona P.I.P. – 73030 Castro (LE) Telefono: 0836 1955986 – E-mail: info@mondomarevivo.com Web: www.mondomarevivo.com/castrense – www.facebook.com/mondomarevivo – Canale Marevivo su YouTube

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Un’imbarcazione di Marevivo attrezzata per la pesca della cozza castrense. tatamente dolce e una consistenza soffice» sottolinea la Marzano. Una shelf-life raddoppiata Grazie alle condizioni naturali di allevamento e agli investimenti che il Gruppo salentino ha realizzato per trasformare il concetto di filiera corta in realtà, la Cozza castrense oggi è disponibile con una shelf-life che arriva a 10 giorni. «Si tratta di un risultato straordinario» mi racconta con soddisfazione VINCENZO CIULLO, titolare dell’azienda. «Nonostante il prodotto eccellente ci eravamo resi conto che con una durata di vita del prodotto a scaffale di 5-6 giorni non saremmo stati in grado di proporci su piazze diverse dal territorio locale o nazionale. Ci siamo così ostinati a trovare una soluzione e — grazie a investimenti e ricerche nel confezionamento svolti dall’area Ricerca & Sviluppo coordinata dalla nostra veterinaria dottoressa Marzano — abbiamo messo a punto un sistema che oggi garantisce al consumatore finale 10 giorni di shelf-life e questa è davvero

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una novità per il mercato nazionale» sottolinea. «Un risultato comprovato da numerosissime analisi, svolte anche sulle biotossine, dal laboratorio interno» come specifica la DOTT.SSA ANTONELLA COTRINO, biologa presente a Marevivo sin dagli esordi dell’azienda nel 1992, «quando la società era ancora una piccola realtà con un sistema di depurazione a circuito aperto. Oggi l’acqua è depurata con un sistema di filtri meccanici, biologici e raggi UV» sottolinea la Cotrino. «Depuriamo 50.000 kg di prodotto al giorno e su tutti i carichi vengono effettuate analisi di laboratorio». Filiera corta del Gruppo Marevivo «Nel Salento c’è una famiglia che da tre generazioni lavora nel mondo ittico e nella ristorazione per garantire al consumatore un prodotto sicuro e garantito da una filiera corta» sottolinea Vincenzo Ciullo, portavoce del Gruppo, che si articola in diverse realtà: 1. Marevivo Impianto depurazione; 2. Friggitorie Isola del Sole e Isola del Sole 365;

I molluschi vengono selezionati e reimmersi nei vivai della Baia di Castro per il finissaggio tutto l’anno, garantendo una carnosità che non varia nel corso delle stagioni

3. Panoramico Hotel 4 stelle con ristorante; 4. Marevivo Pescheria a Castro Marina; 5. Seacook ristorante nella Capitale. Una filiera corta per un network ampio e diversificato nelle attività, che testimonia il lavoro e l’esperienza di oltre 20 anni di attività dedicate al mare. Chissà cosa riusciranno a fare i Ciullo nei prossimi 20 anni! Elena Benedetti

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DALLA BAIA DI CASTRO UNA FRESCHEZZA GARANTITA 10* GIORNI

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MareVivo presenta la Cozza Castrense®, un importante traguardo frutto dell’esperienza ventennale nel campo della depurazione e allevamento dei mitili a filiera corta. Filtrata nella Baia di Castro, nei mari a sud est della penisola italiana, la Cozza Castrense®, offre la migliore percentuale di frutto disponibile tutto l’anno, assumendo tutte le caratteristiche di un territorio per gusto e qualità. Le acque della baia di Castro conferiscono alla Cozza Castrense® proprietà organolettiche tipiche delle acque pure e cristalline del mare del Salento in Puglia. Un processo che permette alla Cozza Castrense® di assumere preziosi sali minerali presenti nella baia grazie all’incontro tra sorgenti di acqua dolce e correnti di acqua marina.

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A Chioggia la Davimar lavora artigianalmente prodotti ittici freschi e congelati

Gli artigiani del mare, una realtà lagunare certificata di Luca del Grammastro

A sud della laguna di Venezia, oltre il Brenta e l’Adige, in un territorio contrassegnato da un intersecarsi di acqua e terra, nel 1999 inizia l’attività industriale della Davimar Srl, acronimo di Davide, attuale general manager, e il mare, dal quale provengono le più gustose prelibatezze della gastronomia locale. Da allora la famiglia Bonaldo ha fatto del commercio ittico — principalmente

di molluschi cefalopodi decapodi, ottopodi e di crostacei — la propria professione. Un’esperienza, questa, che rappresenta un patrimonio prezioso che coniuga il sapere alla funzionalità, nel segno di un unico principio d’azione che ha consentito alla Davimar di crescere fino a diventare una delle maggiori realtà della laguna veneta nella lavorazione di seppie e polpi. Una perfetta

integrazione di valori nel rispetto dell’ambiente e della tradizione chioggiotta, che più di ogni altra cosa diventa, in questo caso, sinonimo di qualità ed efficienza per una totale affidabilità aziendale. Tali risultati sono stati resi possibili grazie ad un clima di collaborazione costante di una grande équipe di professionisti, che lavorano insieme al fine di conseguire un obiettivo fatto di qualità e

Polpo (Octopus vulgaris). Insieme alla seppia, è uno dei prodotti di punta dell’azienda chioggiotta. Viene selezionato nelle migliori zone di pesca e lavorato con l’acqua della laguna depurata, seguendo la tradizione dei pescatori locali. Il momento cruciale di questo processo è rappresentato dall’arricciatura, che conferisce al prodotto una morbidezza e consistenza insuperabili.

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La lavorazione della Sepia officinalis.

La Seppia bianca (Sepia officinalis) Davimar è il prodotto di una lavorazione specifica del territorio di Chioggia.Il mollusco cefalopode viene lavato e lavorato con l’acqua salmastra della laguna depurata, le cui caratteristiche di composizione e salinità coincidono con quelle dell’ambiente naturale in cui vive la seppia. Questa particolare lavorazione autoctona del prodotto — completamente made in Italy e secondo la tradizione locale — ne garantisce da secoli l’eccellenza e il suo inserimento nell’Atlante dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali del Veneto. Frutto di questa lavorazione artigianale sono anche le uova di seppia, molto apprezzate nella cucina veneta.

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soddisfazione del cliente. Negli ultimi anni Davimar ha infatti raggiunto una dimensione tale che, nell’area in cui opera, può essere considerata una realtà di riferimento, anche grazie ad un team che persegue con identica passione la volontà di crescita e consolidamento dell’azienda. Coadiuvata da un management dinamico ed eclettico anche nell’area commerciale, la Davimar oggi è leader nel settore ittico della distribuzione e commercializzazione di prodotti congelati e scongelati, oltre essere già partner della GDO. La professionalità e la flessibilità ne contraddistinguono la capacità di acquistare, lavorare e proporre prodotti di alta qualità certificati IFS (International Food Standard), selezionati con cura sul luogo di produzione e acquistati direttamente in zone di cattura nelle quali le regole di pesca e protezione vengono rispettate. L’impegno continuo tra analisi di mercato ed innovazione, un servizio veloce e puntuale, uno staff coeso ed efficiente, la ricerca continua di nuove soluzioni per soddisfare al meglio

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I più recenti studi confermano i benefici di un consumo di pesce come elemento fondamentale della dieta. Il pesce garantisce un ottimo apporto di proteine e Omega-3, acidi grassi polinsaturi, importanti per la prevenzione di malattie cardiovascolari e dotati di proprietà anti-ossidanti che concorrono ad un’alimentazione equilibrata e salutare

la clientela ma, soprattutto, una materia prima eccellente ulteriormente arricchita dal “fattore locale”, sono il segreto dell’espansione commerciale della società. Artigiani del mare Davimar Srl si distingue per l’accurata e attenta tolettatura delle seppie (Sepia officinalis), per la rigenerazione dei polpi (Octopus vulgaris) e per l’utilizzo dell’acqua di laguna previa sua depurazione, filtrazione e controllo microbiologico; una particolarità che consente al cefalopode di conservare le proprie caratteristiche organolettiche. Le vendite sono integrate da crostacei: mazzancolle e scampi. Le moderne tecnologie di conservazione adottate sin dal momento della pesca in mare e i locali a temperatura controllata assicurano elevati standard qualitativi del prodotto. I prezzi sono derivati da un’attenta e corretta considerazione del rapporto fra costo di acquisto e costi accessori; tutto ciò, unitamente ai costanti controlli

sanitari e allo studio delle nuove tendenze e necessità di consumo, ha permesso alla società di operare in linea con le esigenze di un mercato sempre più severo. L’obiettivo resta comunque sempre quello di curare con grande attenzione, attraverso una meticolosa selezione dei fornitori e un attento rispetto delle normative comunitarie, tutte le produzioni ittiche distribuite, garantendo un’offerta appetibile e genuina. Dott. Luca del Grammastro Controllo Qualità e Sicurezza Alimentare

Davimar Srl Via Strada Statale Romea 516 30015 Chioggia (VE) Telefono: 041 4966818 Fax: 041 5543130 Web: www.davimar.net

IRAN DARYA CAVIAR Anche quest’anno per festeggiare assieme a Voi! Nella foto un regalo esclusivo: la luxury gift box. Consegna in 24h: Caviale iraniano Beluga, caviale Classic, Royal, Imperial, Special Reserve, storione sott’olio, uova di salmone.

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INFO ALLE IMPRESE

Contributi a fondo perduto Regione Marche – Finanziamenti a fondo perduto del 50% settore ittico Fondo Europeo Affari Marittimi e Pesca (FEAMP) 2014-2020 Bando Misura 5.69 “Trasformazione e commercializzazione dei prodotti ittici”

È operativo il bando per richiedere un contributo a fondo perduto del 50% per gli investimenti già realizzati dal primo gennaio 2016 e da realizzarsi entro marzo 2018 per: • acquisto, costruzione e ristrutturazione di fabbricati legati al progetto; • acquisto di terreni legati all’iniziativa per un costo non superiore al 10% dell’investimento; • acquisto di impianti e macchinari di lavorazione, confezionamento,

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refrigerazione, ecc…; • investimenti diretti al miglioramento dell’efficienza energetica ed ambientale, all’utilizzo di fonti di energia rinnovabile prodotta e reimpiegata in azienda; • spese per il miglioramento delle condizioni d’igiene e sanitarie e dei sistemi di produzione; • acquisto di hardware e software dedicati ai processi produttivi; • costi di formazione connessi all’apprendimento permanente;

• spese generali, spese tecniche, spese di progettazione, ecc…

Per informazioni FABO S.I. Srl Telefono: 0545 84488 Fax: 0545 84555 E-mail: info@fabosi.it Web: www.fabosi.it

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Cocci Luciano Srl - Via Maranello 1 - 47853 Coriano (RN) - Italy - Tel. 0541.658449 Fax 0541.657984 - email: cocci@cocci.it


Ricerca e selezione per Responsabile Tecnico di Produzione per impianto di trasformazione prodotti ittici freschi La risorsa avrà il compito di assicurare la gestione delle aree di trasformazione dei prodotti e dei magazzini per quanto concerne risorse umane, manutenzione impianti, materiali di confezionamento, controllo qualità. Dovrà supervisionare tempi e modalità di lavorazione del prodotto e assicurare che venga effettuata nel rispetto degli orari, dei costi, degli standard di qualità definiti con la direzione aziendale. Avrà inoltre la responsabilità del budget relativo ai costi operativi del reparto e della manutenzione degli impianti. Il candidato ideale è una persona che ha maturato una significativa esperienza in impianti di trasformazione di prodotti ittici e di gestione di magazzini commerciali. Si richiede predisposizione ai rapporti interpersonali, pragmatismo, spiccato senso di responsabilità, capacità di leadership e di coordinamento. L’azienda propone una retribuzione commisurata alle caratteristiche e all’esperienza del candidato che verrà scelto. La sede di lavoro è a Pachino (SR).

Ricerca e selezione per Responsabile del Controllo gestione Lo/a stagista, inserito/a nella Direzione Risorse Umane, supporterà il financial controller e si occuperà dell’implementazione delle attività di controllo gestione. I requisiti richiesti sono: laurea di secondo livello, conseguita con ottima votazione, spiccate capacità comunicative e relazionali, doti di analisi e di problem solving, creatività, orientamento e risultato e ottima conoscenza del pacchetto office (Word, Excel, Power Point). Lo stage avrà una durata di 6 mesi. La sede di lavoro è a Pachino (SR). L’orario di lavoro è dalle 9:00 alle 18:00.

Ricerca e selezione Responsabile della Contabilità industriale Lo/a stagista, inserito/a nella Direzione Risorse Umane, supporterà il financial controller in contabilità industriale. I requisiti richiesti sono: laurea di secondo livello, conseguita con ottima votazione, spiccate capacità comunicative e relazionali, doti di analisi e di problem solving, creatività, orientamento e risultato e ottima conoscenza del pacchetto office (Word, Excel, Power Point). Lo stage avrà una durata di 6 mesi. La sede di lavoro è a Pachino (SR). L’orario di lavoro è dalle 9:00 alle 18:00. •

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Si prega inviare il curriculum al seguente indirizzo: lavoro@acquaazzurra.it

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SPECIALE IRLANDA

Viaggio alla scoperta dell’industria ittica in Irlanda

Il pesce in gaelico di Elena Benedetti

L’Irlanda, da molti conosciuta anche come l’Isola di smeraldo, per i suoi colori inconfondibili, con i suoi 7.500 chilometri di costa oggi si conferma a pieno titolo uno dei Paesi più interessanti per l’offerta di prodotti derivati da pesca e acquacoltura. Grazie al clima temperato, alle abbondanti piogge e alle acque incontaminate dei suoi mari, quest’isola possiede un ecosistema ideale per l’allevamento di ostriche, mitili, salmoni, trote di mare e molto altro ancora, per non dimenticare le catture in mare con imbarcazioni, pescherecci e personale qualificato. Nonostante sia un Paese circondato dall’acqua, l’Irlanda è ben collegata al continente e ai mercati del Medio Oriente, dell’Asia e del Nord America. Da qui oggi partono casse di prodotti ittici freschissimi che in poche ore raggiungono clienti in

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tutto il mondo. Insieme allo staff di BORD BIA Milano siamo andati alla scoperta di alcune realtà eccellenti dell’industria ittica locale, tra allevamenti di salmoni, ostriche, ecc… Il ruolo del BIM L’Ente Irlandese della Pesca Marittima (BIM) ha il compito di tutelare e promuovere l’industria ittica del Paese, attraverso servizi di consulenza, assistenza, logistica e promozione, facendo da trait d’union tra le aziende fornitrici e i mercati di destinazione del prodotto. Acquacoltura Sulla base dei dati consultivi di fine 2015 dell’Annual Aquaculture Survey redatto dal BIM, l’acquacoltura ha registrato un incremento della produzione del 27%, superando le 40.000 tonnellate di prodotto, così

come in termini di valore (149 milioni di euro). I fattori principali a cui si deve questa crescita sono molteplici: da una parte sicuramente la ripresa nel comparto del salmone, dall’altra il consolidamento di altri settori ittici. Il settore dà lavoro a circa 1.800 addetti (per il 93% uomini) per quasi 300 aziende. Il sentiment del mercato è positivo e non mancano aperture dell’export verso i mercato asiatici, Cina in primis, che oggi esercitano una forte attrattiva commerciale. Sicuramente la tendenza a ricercare tecniche innovative di allevamento, lo sviluppo del mercato e la collaborazione tra aziende hanno favorito il consolidamento dell’industria dell’acquacoltura in Irlanda. Salmone L’allevamento di salmone a mare è cresciuto, passando da 10.000 a

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13.000 tonnellate, con un valore del prodotto che, se nel 2014 ammontava a 58 milioni di euro, a fine 2015 era pari a 90 milioni di euro. In Irlanda l’intera produzione di salmone ha raggiunto gli standard del biologico con un valore medio annuo di 6.850 euro per tonnellata di prodotto (6,85 €/kg). All’interno di questo comparto, che occupa circa 200 addetti diretti (oltre ad un’ottantina di occupati in ambito commerciale, tecnico, sommozzatori, ecc…), il valore dello stock prodotto sfiora i 95 milioni di euro. Da Donegal a Cork oggi sono operativi 32 siti di allevamento del salmone. Ostriche Questo è il comparto che assorbe più forza lavoro, con 1.200 addetti nel 2015, sia per l’ostrica del Pacifico che per altre specie. Nonostante questo mollusco bivalve sia allevato lungo

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tutto l’arco costiero del Paese, la maggiore concentrazione di attività di ostricoltura è lungo il tratto SudEst e Nord-Ovest. La produzione oggi si attesta intorno alle 9.000 tonnellate (per le ostriche del Pacifico) con una leggera flessione del valore del prodotto, causato da una maggiore richiesta di taglie commerciali più piccole e da un decremento dell’export verso il mercato francese. Per non dipendere più dall’export della Francia, che resta comunque il mercato principale di destinazione del prodotto (con un 76% dell’export), le aziende irlandesi hanno iniziato a differenziare il prodotto e a guardarsi intorno per aprire i flussi commerciali con altri Paesi. Cozze La mitilicoltura su fondale in Irlanda conta una produzione di 5.000 ton-

nellate all’anno, con una tendenza delle aziende ittiche ad accorparsi, in modo da avere un peso maggiore sul mercato. Gli allevamenti di questo tipo sono concentrati in tre baie: a Carlingford Lough, a Wexford Harbour ed a Castlemaine Harbour. La maggior parte delle cozze allevate su fondale marino è destinata al mercato olandese. La mitilicoltura praticata con il sistema dei pali fissi o su filari galleggianti è invece concentrata nel Sud-Ovest del Paese e, in misura inferiore, nel Nord-Ovest, con una produzione complessiva di oltre 10 mila tonnellate annue (+21% rispetto al 2014). Il prezzo basso delle cozze sul mercato europeo si è tradotto in un minor valore del prodotto che oscilla tra 700-750 euro per tonnellata. I principali destinatari sono Francia e Olanda.

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Acquacoltura in Irlanda, un impegno con la qualità L’Irlanda è leader nella produzione di risorse ittiche d’allevamento secondo i dettami dell’acquacoltura biologica e il rispetto delle politiche ambientali incentrate sulla sostenibilità. A fronte di questo impegno sottoscritto da tutto il comparto, il BIM supporta l’intera industria attraverso progetti di sviluppo che sono monitorati da un ente certificatore esterno, accreditato al Sistema Qualità EN45011/ISO-65, presente negli allevamenti di salmone, cozze, trote e ostriche. I punti chiave del programma di sostenibilità in Irlanda sono i seguenti: • perseguimento di ecosistemi marini sostenibili; • analisi della densità e della qualità degli stock ittici; • rigidi parametri sull’impiego dei mangimi; • utilizzo di prodotti naturali; • un impegno a utilizzare energie alternative e rinnovabili; • focus sul riciclo, riuso e riadattamento. Non dimentichiamo infine che l’acquacoltura irlandese è certificata con i maggiori operatori europei come AB Bio Naturland e European Organic Standard. Numerose aziende ittiche del Paese sono inoltre parte attiva del programma Origin Green (www.origingreen.ie/it), lanciato ufficialmente nel 2012, con oltre 137.000 valutazioni completate fino ad oggi nelle aziende agricole dell’isola, e 527 aziende aderenti.

Allevamento di salmoni nella Baia di Bantry, nella contea di Cork, nel Sud-Ovest dell’Irlanda (photo © phildarby – Fotolia)

Altri prodotti Le restanti specie ittiche allevate in Irlanda sono l’abalone, i ricci di mare, le capesante, il pesce persico, le trote e le alghe. Queste ultime, in particolare, stanno dando parecchie soddisfazioni con una crescita quasi

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raddoppiata del prodotto che ha raggiunto le 70 tonnellate. Elena Benedetti Fonti • Bord Bia – Irish Food Board www.bordbia.ie • BIM, Irish Sea Fisheries Board

www.bim.ie • Irish Mussels www.irish-mussels.com Nota Alle pagine 48 e 49, la contea di Kerry (photo © magann – Fotolia).

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Atlanfish Connemara Seafoods Dungarvan Shellfish Emerald Mussels Errigal Bay Gallagher Bros (Fish Merchants)

7. Irish Fish Canners 8. Irish Seafood Producers Group (ISPG) 9. Keohane Seafoods 10. Killybegs Seafoods 11. Kush Shellfish 12. Norfish

13. 14. 15. 16. 17. 18. 19.

O’Cathain Iasc Premier Fish Rockabill Shellfish Sean Ward Fish Exports Shellfish de la Mer, Sofrimar The Irish Organic Salmon Co.


Blue lobster e brown crab, le specialità di Hannigan Fish Trading Nella prima tappa della nostra spedizione alla scoperta dell’industria ittica irlandese siamo andati a Burtonport, una cittadina situata nella costa nord occidentale del Donegal. Qui opera la società Hannigan Fish Trading. Ci accolgono EUGENE HANNIGAN, titolare e fondatore dell’azienda, e JIM WHITE, general manager. La specialità di quest’azienda, certificata Origin Green, è la commercializzazione di crostacei vivi di qualità, principalmente astice europeo (blue lobster) e granchio di mare (brown crab). Nelle otto vasche dell’impianto di Burtonport i crostacei vivi sostano in attesa della spedizione. I principali mercati di destinazione sono Francia, Germania, Italia, Svizzera e Austria. Che cosa rende la blue lobster irlandese così speciale? «È un prodotto completamente diverso — mi risponde Eugene Hannigan — sia per la consistenza della sua carne che per il sapore unico». Si tratta a tutti gli effetti di un astice che si differenzia da quello statunitense o canadese. «Tutti gli chef concordano nel dire che la blue lobster sia la migliore!» aggiunge con un pizzico di orgoglio Eugene Hannigan. L’azienda fa un fatturato di 7-8 milioni di euro e conta 16 dipendenti fissi oltre a una dozzina stagionali. Hannigan Fish Trading Killybegs County Donegal (Irlanda) Tel.: +353 (0) 74 974 1590 E-mail: Jimmy@LiveIrishShellfish.com Web: www.liveirishshellfish.com instagram.com/LiveIrishShellfish facebook.com/HanniganLiveIrishShellfish

Un astice europeo vivo appena pescato da una vasca di Hannigan Fish Trading, pronto per essere spedito.

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In alto: uno scorcio del mare di Burtonport, a pochi passi da Hannigan Fish Trading. Qui ci troviamo nella contea di Donegal, nella costa nord-occidentale dell’Irlanda, in una zona di rara bellezza caratterizzata da paesaggi mozzafiato, acque incontaminate e un ecosistema che preserva il proprio equilibrio grazie anche agli investimenti e alle politiche di sostenibilità perseguite dal Governo irlandese, come il progetto Origin Green. In basso: Eugene Hannigan, titolare e fondatore di Hannigan Fish Trading, e Jim White, general manager. L’azienda è specializzata nel commercio di crostacei vivi come l’astice europeo e il granchio di mare.Tra i mercati di destinazione c’è anche l’Italia.

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OSSERVATORIO INTERNAZIONALE

Il mercato delle aragoste nel 2016 Prezzo ai massimi dell’ultimo decennio negli Stati Uniti. Nell’UE continua la discussione sul possibile bando dell’aragosta americana viva di Roberto Villa

La diatriba scientifica tra l’Unione Europea e i produttori nordamericani Nel marzo del 2016, a seguito del ritrovamento di alcune decine di esemplari vivi nelle proprie acque

superficiali, la Svezia ha promosso una petizione all’Unione Europea affinché venga istituito un bando per l’importazione di aragoste giganti vive da Stati Uniti e Canada, per il timore che questa specie, nota anche

come astice atlantico (Homarus americanus), possa rimpiazzare l’aragosta indigena in breve tempo o costituire una fonte di malattie per la specie europea. Numerose sono state sinora le prese di posizione della co-

Le aragoste non sono tutte uguali: le migliori sono infatti quelle che vivono in mari ricchi di plancton e di alghe, un’alimentazione che porta ad una polpa tenera e delicata del crostaceo. Per esempio, le migliori aragoste del Mediterraneo si pescano nei mari del Nord della Sardegna. La loro pesca viene effettuata o con il metodo del tramaglio o con quello della nassa (photo © osmar01 – Fotolia).

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munità scientifica, con punti di vista diversificati sull’effettivo rischio di una tale evenienza. Sulla sponda atlantica emergono già posizioni agguerrite, addirittura viene ventilato il ricorso all’Organizzazione Mondiale del Commercio, mentre il Canada Lobster Council ha espresso forte disappunto ed ha richiesto l’avvio di negoziati con l’UE e con la Svezia. Il forum scientifico sulle specie invasive dell’Unione Europea ha confermato in settembre la validità della valutazione del rischio condotta dagli esperti svedesi. Nei primi sei mesi del 2016 l’Unione ha importato 8.600 tonnellate di aragoste in tutte le forme, incluse quelle vive, delle quali 2.600 dagli Stati Uniti, con un incremento del 19% rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente; uguale volume di 2.600 tonnellate è stato importato nel primo semestre dal Canada, in questo caso l’incremento è stato del 30% sul primo semestre del 2015. La stagione scarsa fa impennare i prezzi La stagione di pesca primaverile del 2016 sull’isola di Prince Edward (Canada) è stata piuttosto scarsa, con un volume di appena 10.700 tonnellate rispetto alle 12.100 della stagione precedente, tuttavia il buon prezzo ha consentito un aumento del valore a 148 milioni di dollari cana-

desi, corrispondenti a 114 milioni di dollari USA. Situazione simile nel Maine (USA), dove un calo del 50% delle quantità pescate rispetto all’anno prima ha fatto salire i prezzi a 6,50 dollari per libbra (pari a 14,3 USD/kg). Giova ricordare che i due paesi nordamericani sono i principali produttori mondiali, che hanno fatto segnare un notevole sviluppo del mercato: se nel 2007 avevano pescato 86.000 tonnellate, nel 2015 si è arrivati a circa 150.000 tonnellate. Secondo i dati diffusi dall’osservatorio GLOBEFISH della FAO, le importazioni a livello mondiale si sono attestate a 58.000 tonnellate nel primo semestre del 2016, in aumento del 3% sul corrispondente periodo del 2015. La Cina ha fatto un balzo del 26% sino a toccare la soglia delle 10.000 tonnellate, al contrario gli Stati Uniti hanno registrato un calo dell’11% per un volume di merce importata pari a 24.900 tonnellate, calo dovuto quasi unicamente alla riduzione delle esportazioni dal Canada. Negli Stati Uniti il prezzo della polpa di aragosta è andato crescendo costantemente nei primi due trimestri del 2016, per stabilizzarsi solamente in luglio. Il prezzo dell’aragosta è ai massimi dell’ultimo decennio e la domanda in continua crescita non accenna a farne calare il valore di scambio, sulla costa

orientale il prezzo al dettaglio in settembre dell’aragosta viva era compreso tra i 9 e gli 11 dollari per libbra, rispettivamente 19,8 e 24,2 USD/kg. Aragosta solo per ricchi? Non più, ora è anche da McDonald Sul fronte dei consumi, l’aragosta sta uscendo dalla nicchia per benestanti in cui era tradizionalmente relegata per divenire un cibo alla moda, specialmente nel Regno Unito ma anche negli Stati Uniti, dove i cuochi, nonostante il prezzo molto alto, non rinunciano ad inserire nel menù l’aragosta sebbene in qualche caso riducendone la quantità tra gli ingredienti. Nei menu dei ristoranti McDonald spopolano i lobster rolls introdotti nel 2015 mentre l’interesse dell’industria nello sviluppare piatti pronti a base di aragosta sarà un ulteriore elemento per tenere alti i costi di questo crostaceo nei prossimi anni nelle principali economie sviluppate. Il mercato cinese, che ha visto una vera e propria esplosione di consumi nel 2016 con prezzi in forte salita, potrebbe risentire del rallentamento della crescita economica prevista per il 2017 e per l’anno successivo, situazione che dovrebbe far diminuire tanto il prezzo sul mercato interno quanto i volumi delle importazioni dall’estero. Roberto Villa


ASSOCIAZIONI

Il settore ittico chiama, Federpesca c’è Le imprese della pesca italiane stanno vivendo una fase di forte destabilizzazione. Proprio quando il sistema stava mostrando un sostanziale bilanciamento degli indicatori economici aziendali (costi sotto controllo, prezzi di vendita in moderata crescita, ritorno al profitto), fattori esterni stanno determinando tra le imprese disorientamento, frustrazione e timore per il proprio futuro. “Principale fattore è l’incapacità di legiferare, a tutti i livelli, se non a scapito del settore — si legge in un comunicato stampa di FEDERPESCA, la Federazione nazionale delle imprese di pesca — un male che affligge tanto l’Unione Europea quanto il Parlamento italiano. I pochi interventi positivi risultano per lo più insufficienti

o parzialmente inadeguati, spesso per scarsità dei fondi stanziati, spesso perché adottati senza il necessario confronto con chi rappresenta il settore. I contributi forniti nelle audizioni del Parlamento europeo e del Parlamento italiano, così come le espressioni provenienti dal sistema di consultazione regionale, il MEDAC, riguardano ambiti marginali, ovvero quando attengono questioni più profonde, rimangono per lo più inascoltati perché infine prevalgono gli indirizzi della Politica Comune della Pesca e i regolamenti comunitari. Non per questo Federpesca — prosegue il comunicato — rinuncia al dovere di esprimere in ogni sede il proprio messaggio a tutela dei giusti diritti delle imprese rappresentate,

non per questo si sottrae al confronto con qualsiasi attore istituzionale. Al livello dell’esecutivo le cose non stanno meglio. Negli ultimi anni è mancato un confronto sufficiente sui principali interventi dei quali il nostro governo si è fatto portatore. Di qui, la richiesta più volte reiterata in tutte le sedi politiche o di contatto istituzionale: la pesca italiana non può essere governata se non con la partecipazione degli imprenditori al processo decisionale delle regole che li riguardino. Non si tratta, quindi, di ripristinare organismi soppressi, quali la Commissione Consultiva Centrale della Pesca o le Commissioni Consultive Locali, bensì di istituire Comitati di Gestione a livello nazionale e di

Costituita nel 1948 e da allora aderente a Confindustria, Federpesca associa, rappresenta e tutela gli armatori della pesca italiana e le imprese della filiera ittica presso la pubblica amministrazione, il Parlamento e l’Unione Europea.

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Luigi Giannini eletto presidente di Federpesca all’unanimità dall’assemblea dei soci Lo scorso 11 febbraio il dottor LUIGI GIANNINI (in foto) è stato eletto all’unanimità presidente della Federazione Nazionale delle Imprese di Pesca. L’assemblea generale degli associati alla Federazione, riuniti presso il Leonardo da Vinci Rome Airport Hotel di Fiumicino (RM), su designazione della giunta esecutiva, ha affidato la guida di Federpesca per i prossimi quattro anni a Luigi Giannini, che subentra così al dottor ANTONIO L A ROCCA , presidente uscente. Barese, 63 anni, laureato in Scienze Politiche e specializzato in Diritto internazionale, già vicepresidente e prima ancora direttore della Federazione, Giannini, intervenendo dopo la votazione, ha confermato il proprio impegno per il rilancio del settore. «La pesca italiana versa oggi in una condizione di marginalità inaccettabile per un Paese in cui l’economia marittima dovrebbe occupare un ruolo centrale. Considero con grande senso di responsabilità il mandato ricevuto oggi ed opererò concretamente per impedire che i danni causati dalla Politica Comune della Pesca, decisa a Bruxelles, possano pregiudicare l’aspirazione al recupero di competitività di un settore primario fortemente strategico».

singola GSA per dare voce a tutte le componenti del sistema (dagli imprenditori alla ricerca, alle OO.SS. dei lavoratori, alle amministrazioni, alle organizzazioni ambientaliste e dei consumatori, ecc…). I comitati di gestione rappresentano, laddove istituiti, il momento di condivisione dei valori della pesca responsabile e sostenibile, proprio utilizzando il canale della partecipazione al processo decisionale. L’unico presidio, moderno e in linea con quanto accade in realtà più evolute della nostra, per evitare di rincorrere continuamente decisioni sbagliate che riverberano direttamente sull’economia delle imprese. Un indirizzo peraltro in linea con il processo di regionalizzazione previsto dalla stessa riforma della Politica Comune della Pesca. Nell’iter di approvazione del “testo unificato in materia di pesca” (Atto Camera 338) richiameremo l’attenzione di tutti i gruppi politici per ottenere l’inserimento di una espressa previsione sull’istituzione e sul ruolo dei Comitati di Gestione. Solo per ripercorrere gli interventi malnati, recenti e meno, fonte di tanto disagio e malcontento.

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Un sistema sanzionatorio feroce, frutto della gestione superficiale e colpevole del governo italiano che nel 2012-2013 ha accettato l’imposizione della Commissione di inasprire le sanzioni per rimediare alla presunta insufficienza dei controlli. Oggi tutte le forze politiche, massimamente quelle che hanno votato la Legge n. 154/2016, vogliono correre ai ripari e proporne la modifica. Dimenticando che dovranno fare i conti con Bruxelles prima di cambiare una sola virgola di una norma che rappresenta la risposta scellerata ad un’accusa ingiusta. Federpesca interverrà in ogni sede per evitare la beffa dopo il danno, puntando comunque a rafforzare l’iniziativa del Parlamento europeo di un’armonizzazione tra i regimi sanzionatori di tutti gli Stati Membri UE. Ma gli effetti perversi del sistema sanzionatorio introdotto vanno oltre la sanzione diretta. Perché una somma di 9 punti di infrazione grave (lo sono quasi tutte) è sufficiente a far decadere l’impresa dal diritto all’indennità di fermo biologico (cui resta comunque obbligatoriamente tenuta) e dall’accesso a qualsiasi altra misura del Fondo Europeo per

le Attività marittime e la Pesca (FEAMP). Una sorta di pena accessoria, che può far male molto più della stessa sanzione pecuniaria. Poi l’ammortizzatore sociale nato con la Legge di Stabilità 2017 sulle ceneri della Cassa Integrazione Straordinaria in Deroga, il Fondo di Solidarietà per la Pesca (FOSPE), un sistema di integrazione al reddito serio e contribuito da imprese e lavoratori, che è purtroppo carente di una dotazione finanziaria adeguata per la fase di avvio. Tutto in salita, quindi, malgrado il 14 febbraio scorso sia stato approvato l’emendamento che rifinanzia per 17 milioni la coda della CIGS Pesca 2016 e, con indicibile impegno di Federpesca, la Direzione generale INPS abbia definitivamente portato a soluzione la corresponsione dell’indennità di fermo in favore dei proprietari e armatori (quotisti di società) imbarcati. Federpesca propone di utilizzare per almeno 1-2 anni le risorse del FEAMP per finanziare il fermo biologico anche per l’indennità spettante agli equipaggi e trasferire le disponibilità già stanziate (9 milioni per il 2017) ad incremento della dotazione FOSPE. A regime, l’utilizzo del FOSPE per

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la copertura dei periodi di inattività obbligatori (fermo biologico e fermo tecnico) e di quella accidentale ammonterebbe a circa 35 milioni/ anno. In occasione dell’avvio della trattativa per il rinnovo del CCNL della Pesca, Federpesca ha sottolineato alle OO.SS. controparte che la conclusione del contratto resta subordinata al superamento della situazione di stallo in atto sull’ammortizzatore sociale. Tuttora aperto anche il tema dell’assenza di qualsiasi grado di flessibilità sulle catture accidentali inferiori alla taglia minima realizzate con attrezzi da pesca perfettamente conformi alle prescrizioni normative. Un incrocio micidiale tra una norma demenziale e un sistema sanzionatorio quale quello recentemente introdotto. A farne le spese è l’impresa di pesca, responsabile di una sorta di colpa oggettiva, con impatti per caduta su tante famiglie incolpevoli della multispecificità del nostro mare. Federpesca ha invitato il Parlamento europeo, che ha in esame un progetto di regolamento di modifica delle misure tecniche della pesca, a introdurre una flessibilità del 10% di catture sotto taglia, per specie catturata, come limite alla non punibilità in fase di sbarco. Senza parlare dello stillicidio continuo che ha riguardato in particolare lo sgravio contributivo previsto dall’art. 6/bis delle Legge n. 30 del 27 febbraio 1988. Nell’arco di un quadriennio (2013-2016) per effetto della spending review, lo sgravio contributivo si è ridotto di ben 21,3 punti percentuali passando dal 70% all’attuale 48,7%. È necessario che il legislatore la smetta di usare come una slot machine questa legge, estremamente necessaria al settore e in particolare alla pesca costiera fissando normativamente un limite minimo invalicabile allo sgravio. E ancora, la situazione delle tabelle di armamento e il loro rapporto con i limiti di abilitazione e le norme sulla sicurezza del lavoro, che tuttora penalizzano inutilmente le imprese di pesca. Federpesca solleciterà ancora l’adozione di norme compatibili

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con il settore e l’organizzazione del lavoro a bordo delle navi da pesca, differenziandole da quelle previste per una porta-container o una nave da crociera! Si potrebbe andare avanti annoverando il bando sul fermo definitivo (esaurita l’istruttoria, sperimenteremo tutte le mine presenti nel percorso procedimentale), la gestione delle quote tonno e pesce spada (le assicurazioni fornite da ogni forza politica italiana superano la quota disponibile a livello mondiale), un sistema di controllo e report satellitare costoso e difettoso. Un elenco certamente incompleto, tante sono le questioni aperte e le mille difficoltà quotidiane di fare impresa in questo settore, alle quali i Comitati di Gestione porranno finalmente termine. Uno stato di cose, quello appena descritto, ultimamente sfociato in manifestazioni di piazza: uno sfogo comprensibile, che Federpesca ha valutato in ogni suo significato, non ostacolandole né deplorandole in alcun modo. Una manifestazione partecipata anche da imprenditori associati a Federpesca. Federpesca ha poi ritenuto di prendere parte con una propria delegazione all’iniziativa indetta dall’Alleanza delle Cooperative Italiane per il 9 marzo, con l’intento di cogliere la possibile condivisione del maggior numero di rappresentanze sulle questioni innanzi ripercorse. Federpesca conferma e rinnova il proprio impegno costante, da 70 anni a questa parte, a tutela delle imprese associate attraverso il ricorso — serio e professionalmente competente — ad ogni forma di intervento, di segno positivo e negativo, propria di un’organizzazione di imprenditori ispirati ai principi di legalità, sostenibilità e impegno sociale”.

>> Link: www.federpesca.it


PESCA

Pesce piccolo, pesce sano di Josette Baverez Blanco

Tale è stata l’affermazione, qualche anno fa, di uno dei maggiori esperti di acque marine in Italia, SILVIO GRECO. Presidente del Comitato di Slow Fish e consigliere nazionale di Slow Food, questo biologo di Vibo Valentia ha dedicato la vita alla protezione e alla ricerca ambientale. Ed è con rammarico che gli è toccato riconoscere che il suo mare, il Mediterraneo, è in pericolo per overfishing, ossia per pesca esagerata e spesso poco controllata. Secondo Greco, il problema nasce dal fatto che si affacciano su questo mare 22 Paesi, dei quali solo 8 fanno parte della UE. Solo questi, quindi, a modo loro aggiungiamo, rispettano le regole per una migliore gestione della pesca. Questa dovrebbe essere sospesa di sabato e domenica (fermo tecnico) e in certi periodi dell’anno legati alla riproduzione (fermo biologico). Gli altri Paesi non hanno né regole né controlli. La Commissione generale per la Pesca della FAO ha ben poco potere sanzionatorio, lasciando vigere in mare una res nullius, ossia niente regole! Tanto che persino i Giapponesi vengono

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a pescare il tonno rosso in modo del tutto lecito nel Mediterraneo: mantenendo la distanza di 12 miglia dalle coste si trovano infatti in acque internazionali. Un grosso problema è poi quello dell’inquinamento del nostro mare, causato in particolare dal traffico delle petroliere: basti sapere che nel Mediterraneo si riscontra la presenza di 38 mg di catrame pelagico per metro cubo contro i 0,3 mg nell’Oceano Indiano. Per questo è molto importante, se vogliamo mangiare pesci dei nostri mari, preferire quelli piccoli, che non fanno in tempo ad essere contaminati. Vario è bello Sono circa 400 le specie di pesci e molluschi, ma la scelta dei consumatori si focalizza sempre su una ventina di loro. La gente non ama il pesce con le spine quando in realtà è spesso più saporito, non vuole sfilettarlo… insomma si è persa la cultura del pesce e della sua varietà. Su questi aspetti bisognerebbe invece insistere, quindi far sì che i

consumatori imparino a preparare e cucinare le diverse specie ittiche, scegliendo spesso anche i frutti di mare che contengono molte proteine nobili e provengono da allevamenti iper controllati. Evitiamo di comprare solo tonno o pesce spada solo perché di facile cottura e consumo. Sono tantissime le specie da scoprire! Non dobbiamo nemmeno stupirci sul fatto che tanto pesce venga dall’estero. Dal 15 aprile a luglio di ogni anno, a seconda della specie, c’è infatti un blocco della pesca che riprende in autunno. Una quarantina di Paesi esporta allora in Italia per rifornire il mercato del pescato. Ogni anno vengono pescati circa 80 milioni di tonnellate di prodotti ittici e sono ben quasi 2 miliardi di persone che vivono esclusivamente della pesca. Per gli altri, il pesce è un complemento della dieta o solo un piacere del gusto. Dato che facciamo parte di quest’ultima categoria, cerchiamo di sviluppare la nostra curiosità per scoprire nuovi sapori, nuove consistenze e nuove ricette: più varietà fa bene a tutti.

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TENDENZE

Pesce: dal mare una fonte sana di proteine Sarà perché è una valida alternativa proteica alla carne. Sarà per le sue innumerevoli proprietà nutrizionali, a cominciare dalla presenza dei preziosi acidi grassi “buoni” Omega-3. Sarà perché sempre più spesso è disponibile in formati comodi e pronti. Sta di fatto che nel nostro Paese il consumo di pesce è in costante crescita: secondo dati FAO e ISTAT, ne consumiamo circa 25 kg a testa l’anno, due in più della media europea. «Nel settore ittico il consumatore è cambiato» commenta ALEX DOORGEEST, presidente di Agrofish Italia. «Nella realtà della GDO e del grossista, negli ultimi anni si è assistito, in particolare nel Nord

Italia, ad un’importante svolta nei consumi delle persone: un aumento sostanziale della richiesta di filetti e cibi pronti ready to cook a scapito del pesce intero. A ciò si aggiunge un consumatore diventato anche molto più esigente e attento a ciò che acquista: presta attenzione alle certificazioni (come “Friend of the Sea” e “MSC”) e al biologico. Prodotto trainante del settore rimane il gambero, nelle più varie sfaccettature, seguito da branzini, orate e salmone». Secondo le rilevazioni di COLDIRETTI IMPRESAPESCA, nei mari italiani si pescano circa 180.000 tonnellate l’anno di pesce con la flotta peschereccia italiana, che conta circa

13.000 imbarcazioni. Ma questi quantitativi non bastano a soddisfare la domanda e, infatti, nei primi undici mesi del 2016 l’associazione ha registrato anche un aumento del 3% nelle importazioni. L’Unione Europea è il principale mercato mondiale di prodotti di origine acquatica, ma oltre il 65% dei prodotti consumati viene importato, perché gli allevamenti ittici non riescono a compensare la minor produzione di pescato. Secondo i dati del MIPAAF, l’Italia si colloca al quarto posto in Europa per produzione acquicola dopo Spagna, Francia e Regno Unito e contribuisce per il 13% in volume

Nella realtà della GDO e del grossista, anche per quanto concerne il mercato italiano, negli ultimi anni si è assistito ad un’importante svolta nei consumi ovvero un aumento sostanziale della richiesta di filetti e cibi pronti a scapito del pesce intero (photo © Franck GALLEN / Pix Machine). 62

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all’acquacoltura europea. In particolare, concentra la sua produzione soprattutto sulla molluschicoltura ed è il principale paese produttore dell’Unione Europea di vongole veraci. L’Italia copre, inoltre, i due terzi della produzione di mitili e il 45% di quella di storioni. Il calo delle risorse ittiche è però un fenomeno diffuso ormai a livello mondiale e, oltre che con un crescente ricorso

all’allevamento, che viene affrontato anche con metodi di pesca sostenibili. «Incentriamo la proposta su specie ittiche che peschiamo nell’oceano Nord Atlantico con le nostre flotte di navi e ne controlliamo tutta la filiera produttiva e distributiva» spiega G IOVANNI C ARAGNANO , managing director di Royal Greenland Italia. «Royal Greenland è una delle più storiche aziende ittiche presente sul mercato mondiale e tenendo fede alla

nostra strategia oggi i nostri migliori prodotti nascono dal rispetto per la natura, l’attenzione verso i clienti e la garanzia della sicurezza alimentare per i consumatori». La prossima frontiera? Lo sbarco del biologico: una modalità che ancora stenta nell’ittico, nonostante le promettenti prospettive, e per la quale il MIPAAF ha finanziato diversi progetti. (Fonte: Fiera Milano)

Agroalimentare, falsi miti e nuove verità: IPSOS e Tuttofood mettono a confronto operatori e consumatori In un settore essenziale come l’agroalimentare, un sano confronto tra consumatori e operatori è importante per allineare le aspettative dei primi con le intenzioni dei secondi. Un passaggio ancora più fondamentale per una manifestazione di riferimento nel proprio settore, come Tuttofood, in programma a Fiera Milano da lunedì 8 a giovedì 11 maggio prossimi, che ha commissionato a IPSOS una ricerca per comprendere fino a che punto i trend individuati dagli operatori corrispondono ai desiderata dei consumatori, in modo da valorizzare al massimo il momento espositivo e sviluppare un’offerta più efficace. IPSOS ha sottoposto le stesse domande a un campione rappresentativo della popolazione italiana tra i 18 e i 65 anni e ad un campione di espositori e buyer di Tuttofood. È stato così possibile comparare le opinioni dei due target sui prossimi cinque anni del settore agroalimentare. Il quadro che emerge è di sostanziale accordo. Il biologico continuerà il suo boom: nella prima metà del 2016 ha fatto registrare un tasso di crescita del 20% a valore e il suo peso nella nostra spesa continua ad aumentare, passando in un solo anno dal 2,5% al 3,1% del valore del carrello. Un trend che sembra inarrestabile: il 39% dei consumatori indica proprio questa categoria come quella che aumenterà maggiormente il suo peso nei nostri carrelli nei prossimi 5 anni. Forte crescita in vista anche per i surgelati pronti al consumo, indicati dal 35% dei consumatori, e i surgelati pronti da cuocere (28%): il 51% dei consumatori indica almeno uno dei due, mettendo quindi i surgelati al centro del prossimo futuro. In crescita anche pasta (23%), prodotti a base di pesce (22%) e piatti pronti/sughi pronti (21%). Gli operatori concordano con queste ipotesi e vedono un futuro particolarmente importante per i surgelati pronti al consumo. Il paradigma di salute e benessere vale per tutti, anche per coloro che, per scelta o per obbligo, seguono delle diete specifiche, eliminando alcuni ingredienti. Proseguono infatti il loro trend positivo le vendite a valore dei prodotti senza glutine (+20,6%) e dei prodotti senza lattosio (+7,1%). I consumatori pensano che la vera innovazione alimentare sia nei prodotti per intolleranze e diete specifiche (38%), in forte crescita rispetto al passato. Ritroviamo l’innovazione anche con l’attenzione alle radici locali (indicata dal 28% dei consumatori), l’attenzione alla sostenibilità della filiera (28%), e l’utilizzo di etichette più esaustive (26%). Gli operatori concordano su queste evidenze, ma rispetto ai consumatori pongono maggiore enfasi sui nuovi formati dei prodotti come innovativi. Questa evidenza, unita alla maggiore attenzione per i surgelati pronti al consumo, evidenzia come gli operatori siano coscienti dell’importanza della “servitizzazione” nel settore alimentare: uno studio della dottoressa Guia Beatrice Pirotti (SDA Bocconi – Claudio Demattè Research Division) ha evidenziato come le aziende alimentari maggiormente orientate al servizio abbiano ottenuto migliori risultati economici negli ultimi 10 anni. Negli acquisti alimentari, l’attenzione nei prossimi cinque anni sarà sempre concentrata principalmente su due aspetti: prezzo, indicato dal 56% dei consumatori, e qualità, indicato dal 50%, con un consumatore su quattro che le indica entrambe. Molto importanti per i consumatori saranno anche le materie prime utilizzate (44%) e la fiducia verso il paese di provenienza (44%). Temi più direttamente legati alla sostenibilità non sono ancora driver importanti nelle scelte alimentari, anche se il 34% dei consumatori sostiene che l’attenzione alla sostenibilità della filiera aiuti a determinare la percezione di qualità dei prodotti. Tuttofood Milano World Food Exhibition 8-11 maggio 2017 >> Link: www.tuttofood.it

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MMenenÚÚ o u t o l e u t are nnel

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Cotte e mangiate

Le cotolette di pesce di Nunzia Manicardi

Fra pesce e carne è senz’altro quest’ultima che la fa da protagonista quando si cucinano le cotolette. Eppure anche il pesce, a questo scopo, sta incontrando sempre più favore sulle tavole italiane. Saporite, croccanti all’esterno e morbide dentro, digeribilissime, leggere, le cotolette di pesce non hanno niente da invidiare alle “colleghe” di carne finora più accreditate. Tra l’altro non si capisce perché non dovrebbero godere di uguale gradimento, se non altro per il grandissimo successo di cui hanno sempre goduto la frittura di pesce e, in tempi più

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recenti, i “bastoncini”. Costituiscono inoltre un espediente perfetto per far mangiare il pesce ai bambini, che non sempre lo gradiscono anche perché hanno paura delle spine, camuffandolo sotto la forma della cotoletta che, insieme con le palatine fritte, è unanimemente considerato il piatto che i piccoli e i piccolissimi amano di più (e non solo loro!). Bisogna naturalmente rispettare alcune regole basilari per un corretto regime dietetico: innanzitutto, trattandosi di fritto, non eccedere nel consumo e usare per friggere olio d’oliva (ma in questo caso non

quello extravergine perché, come leggiamo nel sito della FONDAZIONE VERONESI, “non essendo raffinato e quindi dotato di una scorta di acidi grassi liberi superiore, ha una quota di sostanze che lo rendono pregiato ma che ad alte temperature vengono degradate, assieme all’aroma che tende a svanire. Ecco perché, se non a basse temperature o in presenza di una bassa acidità — ma il pH non è indicato in etichetta —, il suo utilizzo nelle fritture non è consigliato”). Oppure usate l’olio di semi di arachidi che va altrettanto bene perché ha un’alta resistenza. Ricordarsi anche

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Guardiamo al futuro dei nostri mari

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Merluzzo, pesce persico, platessa, spigola, orata, pesce spada sono, sotto forma di filetti, le specie più adatte per questo piatto semplice e gustoso. Fritte o al forno, sono la preparazione ideale per riuscire a far mangiare il pesce ai bambini e conquistare il palato di chiunque. Per ottenere un risultato ottimale è bene lasciarle riposare in frigo per circa un’ora. Utile nel caso in cui si abbia poco tempo: una volta preparate si mantengono anche un paio di giorni

Panino con cotoletta di pesce (photo © www.caramelalafleurdesel.com). di friggere a una temperatura non inferiore ai 160 gradi e non superiore ai 180 (sarebbe bene dotarsi di un termometro da cucina). Comunque non è indispensabile friggere la cotoletta. Si può cucinarla anche al forno facendo bene attenzione a non cuocerla troppo per non farla asciugare e, quindi, seccare e indurire. Quest’ultimo metodo di cottura è senz’altro più indicato in quanto più salutare ma anche il fritto, se eseguito correttamente e non consumato troppo spesso, non è poi da demonizzare come invece si sta facendo ormai troppo spesso.

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Vediamo allora quali sono le specie che meglio si adattano ad essere trasformate in cotolette, sia fritte che al forno. Prima di tutto bisogna scegliere dei filetti. Filetti di pesce bianco come il merluzzo, il pesce persico, la platessa, l’orata e anche la spigola. Va benissimo pure il pesce spada. Si sgocciolano con cura i filetti in un colino e poi si passa all’impanatura, che può essere semplice (con il passaggio in farina, poi uova e poi ancora farina) o doppia (si ripetono i passaggi e la ricopertura, ovviamente, diventa molto più spessa e sostanziosa).

La farina è particolarmente indicata per il pesce, ma va bene anche il pangrattato oppure si può fare il primo passaggio nella farina e l’ultimo nel pangrattato. Per ottenere un risultato ottimale sarebbe bene lasciar riposare le cotolette impanate in frigorifero per circa un’ora. Utile pure nel caso in cui si abbia poco tempo a disposizione: una volta preparate, infatti, le cotolette si mantengono in frigorifero anche per un paio di giorni senza perdere il loro sapore. La panatura può essere arricchita con erbe aromatiche o con spezie

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Cotoletta di merluzzo. e odori vari. Per esempio, si possono unire al pangrattato, usando il mixer, pomodori secchi, prezzemolo (ben abbinabile con il pesce), uno spicchio d’aglio, del pepe. Ottima la panatura ai semi di sesamo o con i pinoli o, ancora, con farina di ceci, che rende la cotoletta più croccante. Una volta preparate le cotolette scaldate in una padella abbondante olio e portatelo ad una temperatura che, come già ricordato, non deve essere superiore ai 180 gradi. Immergetevi i filetti, avendo cura di non riempire troppo la padella per

non far diminuire eccessivamente la temperatura. Meglio friggere un po’ alla volta, ma evitando di aggiungere troppe volte olio fresco (o aggiungerne soltanto un po’) a quello già utilizzato per friggere: l’olio nuovo, mischiato con quello già utilizzato e in via di ossidazione, si ossida infatti a sua volta per semplice contatto. Friggete prima a fiamma alta per un paio di minuti e poi abbassate e continuate a cuocere per altri 2-3 minuti per ogni lato. Quando la superficie dell’impanatura risulterà ben dorata scolate

La panatura può essere arricchita con erbe aromatiche o con spezie e odori vari. Per esempio, si possono unire al pangrattato, usando il mixer, pomodori secchi, prezzemolo, uno spicchio d’aglio, del pepe. Ottima la panatura ai semi di sesamo o con i pinoli o, ancora, con farina di ceci, che rende la cotoletta più croccante

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i filetti e deponeteli su un piatto con carta da cucina premendoli leggermente per completare il più possibile l’eliminazione dell’olio. Benissimo anche la carta paglia, che un tempo era considerata la carta alimentare per eccellenza, usata da droghieri e fruttivendoli. Dotata di un alto potere assorbente veniva e tuttora viene utilizzata molto spesso per le fritture, sia come sottopiatto che piegata a mo’ di cono per contenere la frittura. Prima, però, assicuratevi che rispetti le normative vigenti in materia di usi alimentari. Regolate di sale (poco!) e servite accompagnando con insalata verde che è il contorno ideale di ogni frittura o anche con pomodori o altre verdure a piacere, preferibilmente fresche. La cotoletta al forno è sicuramente più leggera e meno calorica di quella fritta (ma bisogna anche tener conto di… quanto alta e nutriente è la vostra panatura!). Non dovendo friggere, anche la preparazione

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diventa molto più semplice. Basta ricoprire una teglia con un foglio di carta da forno e porci sopra i filetti panati. Irrorate il tutto con un po’ d’olio e successivamente infornate in forno già caldo a 200 °C per circa 20 minuti. È preferibile girare i filetti a metà cottura, facendo naturalmente attenzione a non romperli. Unico suggerimento per questa preparazione è, anche in questo caso, di non cuocere troppo il pesce perché diventerebbe eccessivamente asciutto. Si può alleggerire ulteriormente la cotoletta, anche per motivi di dieta e allergia, cuocendola al forno senza uova. In tal caso è opportuno allora arricchire la panatura con almeno un po’ di Parmigiano grattugiato e un ciuffetto di prezzemolo altrimenti risulterebbe piuttosto insignificante. Amalgamate l’insieme con un cucchiaio d’olio di oliva extravergine. Una volta deposte le cotolette nella teglia ricopritele ancora con un po’ di panatura perché, non essendoci

l’uovo, potrebbe non essersi attaccata bene. Un filo d’olio extravergine e poi via in forno pre-riscaldato a 180 °C per 20 minuti circa a seconda dello spessore del filetto di pesce. Se volete una panatura più croccante accendete anche il grill negli ultimi 5 minuti. Essendoci già il parmigiano non occorre aggiunta di sale. Abbiamo detto che anche il pesce spada è adatto all’impiego come cotoletta. Ne esiste inoltre una variante tradizionale, tipicamente siciliana: il “pesce spada alla palermitana”. In Sicilia l’impanatura è molto usata (basti pensare agli arancini o arancine che dir si voglia) e in dialetto si chiama a muddica, che letteralmente significa “la mollica”, cioè il pangrattato. Il pesce spada, a sua volta, è quasi sinonimo di Sicilia. L’abbinamento dà origine ad un piatto molto gustoso, in cui i tranci vengono impanati e cotti in una padella calda ma senza olio. La preparazione è semplicissima: immergete le fettine di pesce spada

in abbondante olio d’oliva extravergine e poi passatele nel pangrattato “addizionato” degli odori sopra descritti. Tutto qua. Assicuratevi che la panatura aderisca per bene, dopo di che mettetele nella padella già riscaldata per circa 4 minuti per lato (la durata dipende sempre dallo spessore). Per evitare che il pesce risulti asciutto si prepara un condimento con olio d’oliva extravergine, succo di limone, prezzemolo, origano, sale (superfluo), pepe e aglio e con questo si irrorano le fettine dopo averle impiattate. Viceversa, si può prima bagnare il pesce in questo condimento e successivamente panarlo. Pur nella sua essenzialità, e forse proprio per questo, sarà in ogni caso un trionfo di odori, sapori e profumi e un successo garantito per la vostra tavola. Nunzia Manicardi Nota A pagina 66, cotoletta di pesce (photo © alexkazachok – Fotolia).

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MERCATI

Le farine di pesce attraversano un momento di difficoltà I volumi di produzione sono i più bassi degli ultimi cinque anni eppure il prezzo ristagna di Roberto Villa

Catture in contrazione in Perù e Cile, tiene l’Islanda La produzione mondiale delle farine di pesce nel 2016 ha subito un vero e proprio tracollo, con una perdita del 50% circa rispetto all’anno precedente, alla quale hanno contribuito sia Perù e Cile, la cui produzione complessiva nella prima metà del 2016 è scesa a 310.000 tonnellate, vale a dire il 61% in meno rispetto al 2015, sia i paesi europei, sebbene con un declino meno marcato. Si tratta, secondo l’Osservatorio Globefish della FAO, dei volumi più bassi riscontrati negli ultimi cinque anni,

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con una situazione analoga per gli oli di pesce, i cui quantitativi sono scesi del 35%, a meno di 160.000 tonnellate nel periodo intercorso tra gennaio e giugno del 2016. Sul fronte sudamericano — uno dei principali poli mondiali di produzione — ha gettato scompiglio negli operatori di mercato la doppia decisione del Ministero della Pesca del Perù, il quale ha dapprima deciso di posticipare all’1 luglio l’inizio della prima stagione di pesca (che solitamente aveva inizio tra maggio e giugno), per poi decretarne la fine anticipata al 27 luglio, quando solo

metà della quota di 1,8 milioni di tonnellate era stata raggiunta. Si trattava, secondo gli esperti, di una quota azzardata, eccessivamente alta a guardare gli indici di riproduzione della biomassa, in base ai quali la stagione non avrebbe dovuto nemmeno essere avviata. Il 2016 ha chiuso un triennio molto parco sul fronte del pescato, per l’influenza negativa esercitata in maniera pressoché costante dal fenomeno de El Niño, tanto che la seconda stagione di pesca del 2014 fu addirittura soppressa, mentre la prima stagione del 2015 dovette comin-

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ciare in anticipo, anche se quell’anno consentì ai pescatori, nel complesso dell’annata, un discreto raccolto. Le esportazioni hanno fatto registrare cali assai considerevoli rispetto al 2014, con tassi di diminuzione che in Perù sono stati superiori al 57% per gli oli di pesce e pari al 42% per le farine di pesce; situazione non dissimile si è verificata per il vicino Cile. Gli analisti cominciano addirittura a dubitare circa la sostenibilità economica dell’intero sistema peruviano: laddove si ritiene che il complesso industriale abbia bisogno di almeno 4 milioni di tonnellate di pesce da lavorare per raggiungere il pareggio di bilancio, negli ultimi cinque anni solamente nel 2013 tale obiettivo è stato centrato. Domanda asiatica e nord-europea toniche non sostengono il prezzo Il principale mercato di sbocco della produzione di origine sudamericana è stata l’Asia. Le esportazioni peruviane sono andate per oltre il 70% in Cina e nel complesso l’Asia ha costi-

tuito più dei tre quarti delle esportazioni del paese andino; una quota significativa di prodotti finiti sono partiti anche dal Cile alla volta della sponda opposta del Pacifico. La Cina ha messo a segno un incremento del 44% rispetto al 2015, la domanda è raddoppiata in Vietnam e Tailandia a motivo principalmente dei consumi legati agli allevamenti di gamberetti. I paesi dell’Europa del Nord sono quelli ove tradizionalmente si concentra l’allevamento di specie ittiche carnivore: la Norvegia ha registrato una salita del 13% nelle importazioni di farine di pesce, che hanno visto come principale fornitore l’Islanda. Dal punto di vista dei prezzi, dopo una forte salita nella prima metà del 2016 causata dalla scarsità di prodotto sul mercato accompagnata dalla richiesta crescente da parte dei paesi asiatici, nella seconda metà dell’anno il prezzo è stato molto altalenante. Molte società sudamericane operanti nell’industria della trasformazione hanno subito pesanti contraccolpi fi-

nanziari per le esigue entrate dell’ultimo triennio, alcune delle più grandi e più indebitate si sono viste costrette a cedere contratti futuri a prezzi di realizzo per ripianare le perdite, con evidenti ripercussioni sul corso di mercato delle farine e degli oli di pesce; ciò spiega perché il prezzo è andato leggermente declinando nella seconda metà del 2016 piuttosto che salire al contrarsi dell’offerta. Nuovi poli produttivi crescono? In termini di prospettive, per sottrarsi agli effetti negativi de El Niño sulla produzione dei due paesi andini, il mercato si sta orientando a far crescere poli alternativi quali l’Irlanda e l’Islanda in Europa, diversi paesi dell’Africa occidentale e del Sud-Est dell’Asia: tale situazione, caldeggiata anche da investimenti cinesi nei paesi in via di sviluppo, potrebbe essere in grado di rilanciare la produzione annua di farine, che tra il 2000 e il 2016 è calata approssimativamente di 2,5 milioni di tonnellate. Roberto Villa


IL PESCE IN TAVOLA

Quando il mare diventa fantasia

L’insalata di mare di Nunzia Manicardi

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È ottima sia fredda che calda o tiepida e si presta a diverse combinazioni di ingredienti adatte sia come antipasto e contorno che come piatto unico Siamo abituati a consumarla soprattutto fredda e durante i mesi estivi, ma l’insalata di mare è gustosissima anche servita calda, nei mesi più freddi. D’altra parte è un piatto versatile per definizione: molluschi, crostacei e pesci possono essere abbinati ai più svariati ingredienti per dar vita ad una preparazione a sua volta versatile, nel senso che può essere proposta sia come antipasto e contorno che come primo piatto. In genere si utilizzano molluschi con conchiglia (cozze e vongole) e senza conchiglia (polipi e calamari) e crostacei (gamberi e gamberetti) che vengono bolliti o cotti al vapore e poi conditi con olio, sale, pepe, aceto o limone e, a piacere, con erbe aromatiche, tra cui, in particolare, il prezzemolo. Non di rado viene inserito pesce fresco. Ma abbiamo trovato ricette anche con salmone oppure con acciughe, sgombri, alici marinate, scampi, tonno, granchi, seppie, perfino capesante… Non c’è limite alla fantasia Non esistono regole precise: trattandosi di un’insalata, gli ingredienti variano in base all’inventiva di chi cucina e anche alla reperibilità dei prodotti e alla disponibilità del portafoglio. È un piatto che non stanca mai, proprio perché le combinazioni possono variare, per cui può essere sfruttato più volte e anche a distanza ravvicinata dall’ultima volta. Trasmette una sensazione di leggerezza e freschezza, anche perché di solito vengono inseriti ortaggi di stagione. Presenta inoltre il vantaggio di poter essere preparata e consumata immediatamente, ma anche di poter essere conservata in frigorifero per un paio di giorni (non

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di più, però). In tal caso è preferibile estrarla almeno mezz’oretta prima e lasciarla a temperatura ambiente prima di servirla, per ridare il giusto equilibrio ai sapori. Ricordatevi che i calamari vanno puliti bene, seguendo indicazioni ben precise. Se invece li comprate già puliti e tagliati ad anelli, lavateli sotto l’acqua fresca e poi semplicemente immergeteli in acqua leggermente salata e già in bollore, per non più di tre minuti, perché così restano consistenti ma morbidi; se li tenete più a lungo diventano gommosi e poi, per farli diventare commestibili, risulta necessario cuocerli a lungo finché, alla fine, purtroppo non risultano sfatti. Quindi attenzione alla cottura. Vanno poi scolati con il mestolo. Si possono impiegare anche i totani, considerati i “cugini poveri” dei calamari perché meno pregiati. La carne dei totani è di conseguenza meno morbida di quella dei calamari, per cui la cottura deve essere un po’ più lunga (ma non di troppo!). Ci si regola anche osservando sia la polpa, che deve assumere un aspetto opaco, che i tentacoli, che devono arricciarsi diventando di un bel colore rosa acceso (queste avvertenze valgono anche per la cottura dei calamari, ovviamente). La cottura del polipo richiede ancora più cura, a partire dal momento dell’acquisto. Il polipo dovrà avere un bel colore intenso e una consistenza soda e i tentacoli dovranno essere ben distesi. Inoltre verificate che le ventose siano in doppia fila (simmetrica nel maschio, asimmetrica nella femmina). Se c’è una sola fila di ventose non si tratta di polipi, ma di moscardini. C’è chi consiglia, prima di cucinare il polipo, di metterlo in frigorifero per una notte perché, essendo composto di acqua per l’80%, congelandosi si gonfierà e romperà le fibre. Lasciandolo poi scongelare a temperatura ambiente, le fibre si distenderanno favorendo anche la successiva cottura in modo ottimale. Cuocetelo in molta acqua bollente per circa una decina di minuti, poi spegnete il fuoco, chiudete con un coperchio e lasciatelo all’interno. Finirà di cuocere con calma e, quando l’acqua sarà ormai fredda, ve lo ritroverete tenero e con la pelle intatta.


La classica insalata di riso con tonno, legumi, verdure e uova. Non dimenticate che, se lessate carni e pesci immergendoli in acqua fredda, i succhi finiranno in gran parte nel liquido di cottura; se li immergete nell’acqua già in bollore, essi rimarranno all’interno. Nel caso di gamberi e gamberetti il consiglio invece è di spegnere subito il fuoco, non appena li avrete versati nel tegame! La loro polpa è infatti così tenera e delicata che non ha quasi bisogno di cottura. Anzi, cuocendola troppo, diventerebbe dura e stopposa. Spegnendo subito non si corre questo rischio. Poi, naturalmente, lasciate nel tegame (o nella pentola) finché la cottura non si completi piano piano. Fredda, calda o tiepida che sia… Gli ingredienti per l’insalata di mare possono essere sempre gli stessi. La differenza maggiore consiste nel fatto che essa contenga o no pasta (di formato corto), riso (anche di varietà esotiche, come il basmati o il riso rosso, oggi coltivato pure nella pianura padana), legumi (ottimi i ceci e i piselli), cereali (come il bulgur, un grano parzialmente cotto proveniente dalla Turchia, o il nostro antichissimo farro, che era

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l’alimento base del soldato romano), oppure patate (come nella semplice versione con il polipo, perfetta nella sua essenzialità condita con olio, sale, pepe, limone e prezzemolo). Abbiamo già detto che non c’è limite alla fantasia negli abbinamenti degli ingredienti, ma è chiaro che non potrete sbattere in un recipiente tutto quello che vi capita sottomano senza tener conto della risultanza di tanti sapori mescolati insieme. Il consiglio è quello di non eccedere: meglio pochi ma sicuri che tanti ma disordinati e, alla fine, irriconoscibili l’uno dall’altro, o, quel che sarebbe peggio, antagonisti fra di loro. Se infatti si trovano ricette con il pompelmo o l’avocado o le arance, non è detto che questi frutti si sposino alla perfezione con quello che avete già inserito benché vi attirino proprio per la loro eccentricità. Non è così scontato neanche che pesci freschi (per esempio, tonno o salmone) vadano d’accordo con i polipi soltanto perché sono tutte creature del mare. Ma, soprattutto ricordatevi che, se cucinate per altre persone, non è detto che tutti condividano il vostro gusto per la sperimen-

tazione ad ogni costo. Meglio allora la classica insalata a base di calamari, gamberetti, polipi, cozze, vongole con prezzemolo e limone, oltre ad olio, aceto, sale e pepe. Andrete sul sicuro, dopo esservi assicurati che ai commensali il pesce sia gradito (richiesta d’obbligo ormai anche nel caso delle carni). Se volete ingredienti inconsueti, vi suggeriamo di provare i cuori di palma tagliati a rondelle (con il tonno o il granchio), la papaia (con il granchio o l’aragosta), i fiori di cavolfiore, il sedano e le noci, l’ananas, finocchi e basilico, sottoli e sottaceti, carote insieme con sedano e aglio (alla siciliana), aragosta e radicchio di Chioggia… Per un’insalata alla giapponese tagliate calamari o seppie in striscioline sottilissime, aggiungete gamberi o gamberetti, filetti di pesce bianco sbollentati, molluschi, ostriche, fettine di polipo bollito e verdure fresche (pomodorini, rucola, cetriolo, sedano, alga wakame e carote) che potrete anche cuocere in un wok. Non deve mancare una salsa piccante. Insomma, ce n’è per tutti i gusti. Non resta che provare. Nunzia Manicardi

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Ricettiamo lo sgombro

Perché solo in scatola? di Giorgia Fieni

«Lo sgombro è un’alternativa sostenibile al tonno, sia fresco che sottolio. Come sempre è meglio non esagerare e concederselo di tanto in tanto». Ha ragione LISA CASALI, la quale sa benissimo che la maggior parte degli sgombri, sia lo Scomber scombrus (comune o maccarello o lacerto) sia lo Scomber japonicus (lanzardo), viene venduta in scatola, sottolio o in salamoia o con altri tipi di condimenti, in quanto non viene considerato un pesce pregiato, probabilmente per colpa del suo grasso, che si altera rapidamente. Invece è gustoso anche fresco, come testimonia ANTONIO SCALERA. «Gli sgombri da noi erano il pesce dei gabbiani,

perché i pescatori li consideravano scarti e li davano agli uccelli. Ma è un pesce ricco di sapore e mi piace dimostrare che, anche con un ingrediente povero, puoi fare un buon piatto». Per eliminarne il sapore “metallico” bastano 10 minuti di marinatura in sale e zucchero, per gustarlo crudo, oppure la cottura giusta. «Non so perché non piaccia a tutti» scrive GORDON RAMSAY. «È delizioso, economico e non è a rischio estinzione. Servito con una vinaigrette spagnola (zafferano, aceto di vino bianco, senape di Digione, olio extravergine, sale, pepe nero) poi sarà un successo assicurato». Noi ci fidiamo della parola di uno

chef pluristellato come lui. E di quella di FERRAN ADRIÀ, che però usa una vinaigrette al pomodoro, con peperoncini e capperi sottaceto. E di quella di BRUNO BARBIERI, che prepara con gli sgombri un tortino con ziti e verza. E di quella di MASSIMO GIAQUINTA, che li passa in olio e scaglie di mandorle e li serve con crema di zucchine. E di quella di MORENO CEDRONI, che cucina un’insalata fredda di penne, sgombro (condito con sale fino, zucchero, pepe bianco e marinato in olio extravergine e aceto balsamico) e burrata, con pomodorini. E di quella di DAVIDE OLDANI, che lo cuoce in olio di semi e lo serve con caciotta fresca e la sua celebre

Sgombri affumicati (photo © Sea Wave – Fotolia).

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L’uso dello sgombro si ritrova nella tradizione gastronomica turca, libanese, giapponese, così come in quella di diverse regioni italiane. Più in generale, ovunque si abbia l’abitudine di consumare molto pesce avendo la possibilità di abbinarlo con sapori e tecniche che possano esaltarne e, insieme, correggerne il gusto Sgombro con barbabietole e patate (photo © Karen Thomas photography.com).

cipolla rossa caramellata. E di quella di JAMIE OLIVER, che cucina i tacos con insalata di asparagi, zucchine, radicchio e lime, sgombro grigliato, avocado, panna acida. E di quella di GASTON ACURIO, col ceviche caldo con sgombri, mele, pere, radicchio, ravanelli, patate dolci e succo di mandarino. E di quella di INAKI AIZPITARTE, col suo amuse bouche di sgombro affogato in una crema di cavolo, caffè e limone confit. E di quella di ANDREA APREA, col waffle di sgombro. E di quella di PAOLO LOPRIORE, con lo sgombro all’oro, omaggio al risotto di GUALTIERO MARCHESI. E di quella di ALICE DELCOURT, con sgombro affumicato (con foglie di tè nero) su un couscous di frutta ed erbe, decorato con fiori. Quindi diciamo che noi cuochi provetti, alle prese con lo sgombro, abbiamo davanti due scelte: gustarlo come i pesci pregiati, dopo averne accuratamente tolte le lische, o usarlo come ingrediente, esattamente come i grandi chef appena citati. Per sentirne davvero il sapore consiglio la classica cottura alla

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griglia con erbe aromatiche, preceduta da una marinatura in succo di agrumi. In sashimi, con rafano nero e lamponi freschi. In tartare, con olio extravergine, rabarbaro, cetriolo, succo di limone, aceto di mele. In scapece, su una bruschetta con funghi, pomodorini, peperoncino. Nelle uova sode, mescolati con maionese e salsa Worcester. Coperto di zenzero fresco e affogato nel sakè. All’interno di pane toscano caldo, con senape. In carpione. Passato nel pangrattato al cerfoglio e fritto (si accompagna bene a patate, anch’esse fritte, e maionese al wasabi). Marinato con succo di limone e latte di cocco. In insalata con salsa di prezzemolo e zenzero. Quanto all’uso come ingrediente, lo sgombro può essere parte di una morbida crema (con formaggio fresco, senape, succo di limone, vino bianco, erba cipollina, capperi) da servire sui crostini per un appetizer più originale del solito salmone. Al forno: ripieno di panzanella e cosparso di couscous, oppure come un involtino che ospita pangrattato, buccia d’arancia, prezzemolo, ca-

ciocavallo, parmigiano, pistacchi e uvetta (ammollata e ben strizzata). In zuppa, con pomodorini e finocchietto. Nel ragù per le pappardelle, con olive nere, concentrato di pomodoro e vino bianco, oppure in quello per gli spaghetti, servito con confit di datterini, fiori di finocchio e olio alla cannella. Sulla polenta, in un sugo di piselli. L’uso dello sgombro in cucina non è d’altra parte una novità: si ritrova nella tradizione gastronomica di Turchia, Liberia, Libano, Giappone, ma anche in quella ligure (coi piselli), molisana (in salsa di acciughe, aglio, capperi, olive), calabra (in scapece alle melanzane) e ovunque si ha l’abitudine di consumare molto pesce e si ha la possibilità di abbinarlo con sapori e tecniche che possano esaltarlo e correggerne il gusto… D’altronde era anche protagonista del garum sociorum, il condimento preferito dai Romani, citato da PLINIO come una delle prelibatezze dell’epoca, e non stava certo in una scatola! Giorgia Fieni

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Frutto vivo della Terra


Un consumo regolare di pesce da parte di uomini e donne con diabete di tipo 2 si traduce in una netta riduzione dei nuovi casi di infarto miocardico Recenti conferme dell’opportunità di non far mancare mai, nei menu settimanali,almeno tre porzioni di pesci/molluschi/crostacei, vengono da uno studio svedese che ha coinvolto uomini e donne diabetici di tipo 2, tra i 45 e gli 84 anni.Tra i regolari consumatori di più di 3 porzioni a settimana di prodotti ittici, rispetto a chi mette in tavola il pesce solo 3 volte al mese, si riduce infatti in modo drastico il rischio di infarto miocardico; tra chi consuma pesce del Nord, si riduce significativamente il numero di nuovi casi (l’incidenza). La ricerca è stata condotta in Svezia su 2.225 uomini e donne con diabete di tipo 2, seguiti dal 1998 al 2012. Sono stati analizzati i consumi dei diversi prodotti ittici (pesci, crostacei, molluschi), ma anche i metodi di preparazione (frittura, griglia o altro) e la frequenza di consumo (fino a 3 volte/mese; circa 2 volte/ settimana; 2-3 volte/settimana; oltre 3 volte/settimana). L’analisi ha messo in luce che, tra i soggetti (uomini o donne) maggiori consumatori di prodotti ittici (più di 3 porzioni a settimana), il rischio di infarto miocardico era del 40% inferiore rispetto a chi non superava le 3 porzioni al mese. Per quanto riguarda invece il numero effettivo di nuovi casi di infarto miocardico, emerge un’associazione inversa con il consumo di aringhe e sgombri, di merluzzo (anche nella varietà nera, tipica dei mari più freddi) e di bastoncini di pesce, ma non con il consumo di salmone, pesce bianco, grigliate e crostacei. Nessuna associazione, positiva o negativa, è stata rilevata invece con il rischio o l’incidenza di ictus, per nessun prodotto ittico. Quali sono le proprietà del pesce che possono spiegare questi risultati? Gli autori citano il contenuto di Omega-3, ad azione anti-aritmica, antinfiammatoria e antitrombotica, di riequilibrio dei trigliceridi e antipertensiva; la presenza di vitamina D, cui è stato di recente attribuito un ruolo cardioprotettivo; il profilo proteico del pesce, che ha dimostrato di migliorare la sensibilità all’insulina e risulta inoltre ricco di taurina, arginina e glutammina, amminoacidi con valenza cardio-protettrice; infine va ricordato l’apporto di vitamine del gruppo B, iodio e selenio. Ultimo fattore citato, ma non per importanza: è accertato che i regolari consumatori di pesce seguono uno stile di vita complessivamente più salutare (fonte: www.nutrition-foundation.it).

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PRODOTTI TIPICI

Stoccafisso e farine “vive” in un mulino d’altri tempi L’antico Mulino di Bert è stato costruito a Codroipo nel 1450 ed è attivo ancora oggi. Dal 1792 appartiene alla famiglia Zoratto, mugnai e battitori di stoccafisso. Quest’ultimo, in particolare, viene trattato con una tecnica che ne migliora la tenuta in cottura e l’assimilazione dei condimenti una volta terminata la preparazione in cucina. Una produzione d’eccellenza ottenuta con un maglio di legno azionato dalla forza motrice dell’acqua di Massimiliano Rella

Pare uscito dalle fiabe: con la sua grande ruota di ferro battuto, i muri di pietra, il bosco sullo sfondo e un piccolo corso d’acqua che gli scorre accanto azionando le pale, ci richiama alla memoria quegli

antichi impianti indispensabili alle comunità contadine per rifornirsi di farine, polenta, cereali e per fare il pane. L’antico MULINO DI BERT, a Codroipo, nel medio Friuli in provincia

di Udine, è attivo e produttivo ancora oggi. Una sfida ai tempi moderni. Si trova a ridosso del Parco naturale delle Risorgive, una curiosa area naturalistica di 45 ettari, piacevole da visitare anche grazie ai percorsi

Il maglio di legno, azionato dalla forza motrice dell’acqua, appiattisce i merluzzi essiccati delle isole Lofoten, battendoli su una base di pietra ma lasciandoli interi e compatti (photo © Massimiliano Rella).

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In alto: le ruote del Mulino di Bert. In basso: produzione di farina nel Mulino di Bert. Il mulino accoglie i visitatori e, con l’annesso negozio, è aperto dal lunedì al sabato (photo © Massimiliano Rella).

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pedonali tra le acque affioranti. Inventariato dal Centro regionale di catalogazione e restauro dei beni culturali del Friuli Venezia Giulia, il Mulino di Bert è protetto come azienda storica. Si narra che fu costruito nel 1450 per volere di un tale signor Zorzi di Cotroipo, poi passato nei secoli in mani diverse. Il nome di Bert deriva da una famiglia di mugnai originaria di San Vidotto (oggi frazione di Camino al Tagliamento, UD) che lo gestiva nel 1674. Dal 1792 appartiene invece alla famiglia Zoratto, mugnai e battitori di stoccafisso, che all’epoca producevano per i conti Manin. Il mulino ha continuato a produrre ininterrottamente quando molti altri si sono fermati, caduti in rovina, mandati in pensione dai tempi moderni e trasformatisi in ruderi abbandonati. Il Mulino di Bert gira e rigira senza sosta la grande ruota del 1870 con i suoi 4,5 metri di diametro, assieme ad altre tre ruote più piccole e sempre antiche. L’acqua arriva da un canale artificiale, la Roggia di Sant’Odorico, realizzato nel Medioevo dai conti Cossio per deviare una parte d’acqua del fiume Tagliamento necessaria a produrre energia per attività produttive locali, infine riversandola nello Stella. Le macine sono in granito naturale, vecchie centinaia di anni. È stato aggiunto, però, nel 1945 un sistema di macine realizzato da tecnici ungheresi, con un laminatoio a quattro passaggi e una copia di macine con mola in sughero che servono a decorticare il farro. Negli anni sono state aggiunte anche tecnologie compensative per evitare discontinuità nell’approvvigionamento energetico. All’avanguardia è invece il confezionamento dei prodotti con procedure conformi alle normative comunitarie e nazionali. Gli unici battitori di stoccafisso in Italia Una lavorazione di eccellenza della famiglia Zoratto è quella dello stoccafisso, che viene trattato con una particolare tecnica di battitura che consiste in pesanti e ripetuti colpi di maglio, ben 150 al minuto.

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Il maglio di legno, azionato dalla forza motrice dell’acqua, appiattisce i merluzzi essiccati delle isole Lofoten, in Norvegia, battendoli su una base di pietra ma lasciandoli interi e compatti. È il calore provocato dal maglio che batte sullo stoccafisso a garantire che le fibre del pesce non si rompano, ma si “stirino”, così che la carne non si sgretoli all’apertura; un risultato non sempre scontato per i prodotti trattati con procedimenti industriali di pressatura. Quando lo stoccafisso battuto alla maniera del Mulino di Bert è immerso in acqua prima della cottura assorbe più liquido recuperando quasi tutto il volume originario. Il vantaggio è che il pesce tiene la cottura e assimila meglio i condimenti. Naturalmente, come per tutti i mulini, la produzione principale è quella di farina. Il mulino di Bert lavora cereali biologici e locali, di produttori selezionati. La farina di mais si ottiene dallo schiacciamento del chicco integro, conservando il germe e la crusca, quindi più profumata e saporita. La famiglia Zoratto produce alla vecchia maniera ben 14 tipi di farine, tra integrali per polenta, di grano duro per la panificazione e di grano tenero; oltre a 2 prodotti in chicchi, farro e orzo pilato, cioè privato soltanto degli involucri che uniscono i chicchi alla spiga. Entrambi richiedono un ammollo in acqua di 12 ore prima della cottura. Tra i frumenti utilizzati troviamo varietà come il Pannonikus, il Lukullus, il Ludwig, teneri e principalmente austriaci, e farri locali. Le farine del Mulino di Bert sono “vive”, naturali, prive di conservanti: da consumare in pochi giorni prima che producano le “farfalline”. In alternativa vanno chiuse in buste ermetiche e congelate. La produzione complessiva ammonta appena a 200 quintali l’anno. E sono vendute sfuse a un prezzo che varia da 1,90 €/kg a 3,60 €/kg. Massimiliano Rella Molino Zoratto Via Molini 70 33033 Codroipo (UD) Telefono: 0432 906143

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LOCALI DI GUSTO

Albufera, storia d’amore, di mare e di tapas a Milano In arabo albufera vuol dire “piccolo mare” e in spagnolo “laguna”. La Albufera è il lago più grande di Spagna e una delle zone umide più importanti della penisola iberica. Si tratta di un luogo di grande interesse ecologico, in cui svernano specie uniche di uccelli acquatici. Le sue ricche acque salmastre sono servite tradizionalmente da sostentamento ai pescatori e ai coltivatori di riso, dando origine al piatto tradizionale, la paella. Qui viene prodotto un riso unico al mondo, l’albufera, che è l’ingrediente segreto per la paella perfetta. Ed è proprio qui che Alice ha chiesto a Mateus di seguirla in Italia. Sì perché Albufera, nuovo ristorante spagnolo di Milano, è

sì un luogo, ma anche una storia d’amore, non solo per il cibo. ALICE PAGLIA e MATEUS ÁVILA LOBO COELHO sono una coppia nella vita e nel lavoro, entusiasta e appassionata, che ha deciso di scommettere su un progetto e su un sogno. Varcando la soglia del loro locale non si può che essere contagiati dalla loro passione: in sala Alice guida gli ospiti alla scoperta dei sapori spagnoli e Mateus li sorprende con i suoi piatti. Un connubio perfetto tra sala e cucina. Lo chef Mateus è di origine brasiliana, ha vissuto a Valencia qualche anno, dove ha prima studiato alla scuola alberghiera e del turismo e poi ha avuto modo di imparare i segreti della cucina spagnola, ricevendo preziosi

Alice Paglia e Mateus Ávila Lobo Coelho sono una coppia nella vita e nel lavoro, entusiasta e appassionata, che ha deciso di scommettere su un progetto e su un sogno: in sala Alice guida gli ospiti alla scoperta dei sapori spagnoli e Mateus li stupisce con i suoi piatti

L’albufera, riso unico al mondo, è l’ingrediente segreto per la paella perfetta.

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Da Albufera il menu è stagionale ed ogni giorno ci sono delle “tapas del dia” in base all’offerta del mercato.

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Albufera è… un ambiente accogliente dove sentirsi a casa, un menu stagionale in cui tutto è rigorosamente preparato al momento, una ricca proposta di tapas e paellas, una proposta giovane e creativa, da provare! insegnamenti dalle signore anziane del luogo. Il menu è stagionale ma ogni giorno ci sono delle tapas del dia in base all’offerta del mercato: dai peperoni pimientos de padrón, piccoli peperoni verdi fritti che a sorpresa sono piccanti o dolci, ai salumi o formaggi. Tutto è rigorosamente preparato al momento ed è questo che contraddistingue il locale dalle tipiche “taperie”. Si possono trovare molte 90

tapas, dalle più classiche e conosciute (gazpacho, patanegra, tortilla de patatas e acciughe del Cantabrico) a quelle più particolari (morcilla y pistacho, garbanzos con pisto, picanha e vinagrete). Una ricca proposta di paellas: dalla tradizionale paella valenciana alle paellas de mariscos (con i frutti di mare), a quella con il baccalà e alla vegetariana. Per finire un selezione di dolci tra cui le bombas

de churros al dulce de leche. La proposta dei vini è incentrata su etichette spagnole; naturalmente, non mancano una selezione di birre spagnole e la sangria. Albufera tapas y paellas Via Lecco 15 20124 Milano Telefono: 02 366 86 993 E-mail: info@albufera.it Web: www.albufera.it IL PESCE, 2/17



Olio Garda Dop e pesce di lago: al via Valtenesi con Gusto Dal 10 marzo al 12 maggio nei ristoranti bresciani del lago va in scena Valtenesi con Gusto, un evento promosso dal Consorzio di Tutela Olio Garda DOP, in collaborazione con Associazione Valtenesi con Gusto, East Lombardy, Comunità del Garda, Lago di Garda Lombardia e Strada dei Vini e dei Sapori del Garda, per far conoscere l’olio gardesano certificato in abbinamento al pesce d’acqua dolce e ai vini dei territori Valtenesi e Lugana. Nei menu dei ristoranti partecipanti ci saranno pesci tipici di queste acque come il coregone, il luccio di lago, il lavarello. Non mancheranno anche altri prodotti locali come i frutti del sottobosco, il tartufo e i formaggi dei caseifici dell’Alto Garda. «Sulle rive del Garda — spiega ANDREA BERTAZZI, presidente del Consorzio di Tutela Olio Garda DOP — ci sono secoli di storia e tradizione gastronomica. Il nostro impegno è certificare e promuovere un olio DOP che è sinonimo di qualità e provenienza per il consumatore. Un olio delicato ed elegante che con la sua leggerezza si abbina perfettamente ai piatti con il pesce di lago». Segnatevi i prossimi appuntamenti: venerdì 7 aprile al Ristorante Le Antiche Rive di Salò con l’olio dell’Azienda Agricola Manestrini di Soiano del Lago (BS); venerdì 21 aprile al Ristorante Sostaga di Navazzo di Gargnano con l’olio della Cooperativa Agricola di San Felice del Benaco; venerdì 28 aprile al Ristorante Villa Luisa di San Felice del Benaco con l’olio di Paolo Vezzola olivicoltore di San Felice d/B; venerdì 5 maggio all’Osteria dei Poeti con l’olio di Rocca Pietro e Rita di Salò; venerdì 12 maggio all’Osteria La Miniera di Gardola di Tignale (BS) con l’olio dell’Azienda Agricola Poggioriotto di Bagnolo Mella. Tutte le serate saranno al costo unificato di € 30,00. Per l’iscrizione contattare i ristoranti. >> Link: www.oliogardadop.it

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Il bacalà alla vicentina diventa un francobollo Il piatto della tradizione vicentina raffigurato su un francobollo da 0,95 euro è il primo valore bollato dedicato ad una ricetta tipica della tradizione italiana. L’emissione filatelica delle Poste con annullo speciale è avvenuta il primo marzo scorso, giorno in cui 30 anni fa nasceva la Confraternita del Bacalà alla Vicentina. L’emissione è stata eseguita in contemporanea nell’Ufficio delle Poste Centrali di Vicenza e all’Ufficio Postale di Sandrigo. Un secondo annullo speciale è previsto durante la Festa del Bacalà alla Vicentina, in programma il prossimo settembre. L’emissione filatelica del francobollo speciale del Bacalà alla Vicentina è una dedica alle eccellenze del sistema produttivo ed economico. Le emissioni per il 2017 sono in tutto 31, selezionate tra 500 proposte. Il francobollo raffigura una pentola di terracotta con il bacalà alla vicentina, affiancata da alcuni pezzi di stoccafisso e una forma di polenta. Una ricetta, quella del bacalà alla vicentina, che dal 1987 viene difesa dalla Venerabile Confraternita del Bacalà alla Vicentina fondata da Michele Benetazzo per tutelare la tradizione e promuovere il baccalà nel mondo. L’emissione del francobollo è solo il primo di un calendario di iniziative e manifestazioni per celebrare il 30o anniversario di fondazione della Confraternita. >> Link: www.baccalaallavicentina.it

Stoccafisso senza frontiere alla 25a edizione di Tipicità Anche in questo 2017, anno della 25a edizione di Tipicità, l’evento fieristico di Fermo (AN) dedicato al gusto e ai prodotti tipici, una ventina di cuochi provenienti da altrettante località italiane, ciascuno con la sua ricetta di stoccafisso, ha mandato in scena il dodicesimo atto di “Stoccafisso senza frontiere”, che si svolge ininterrottamente dal 2006, anno in cui ebbe inizio questo originale ed amichevole confronto. Dal Trentino alla Sicilia, dalla Venezia Giulia alla Calabria, dalla Liguria alla Campania, passando per Veneto, Emilia-Romagna e Marche, si è assistito a un vero e proprio “Giro d’Italia dello stocco”, in un mix di ricette, in un tripudio di sapori che rispecchiano le usanze delle diverse comunità che abitano la Penisola. Questo tour lungo lo Stivale, dedicato al merluzzo artico della specie Gadus morhua essiccato ai gelidi venti del Circolo polare artico, è diventato un appuntamento esclusivo, una sorta di prova unica, non competitiva, di un singolare “campionato mondiale dello stoccafisso”. Quella di Fermo si configura proprio come prova iridata in quanto, se si eccettua la Nigeria, nel mondo lo stoccafisso si consuma quasi esclusivamente in Italia e nelle sue immediate adiacenze, tra le quali Istria e Principato di Monaco. I cuochi partecipanti rappresentavano Confraternite, Accademie e Associazioni dedite alla promozione e diffusione della gastronomia legata al succulento pesce essiccato: Consorzio dello Stocco di Mammola Alagna & Spanò”; Amici di Merlin Cocai-Macaronicorum Collegium di Bassano del Grappa; Accademia dello Stoccafisso di Calabria; Confraternita del Baccalà alla Vicentina; Associazione “San Giovanni BattistaCantalupo 1907 A.P.S.” di Cantalupo di Varazze; Accademia Campana per la promozione della cultura e del consumo dello stoccafisso e del baccalà di Acerra; Associazione Terre d’Occidente di Alcamo; Vulnerabile Confraternita dello Stofiss dei Frati di Rovereto; Accademia dello Stoccafisso all’anconitana. >> Link: www.tipicita.it

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Livello1, pescheria con chef Nella cucina del ristorante con “pescatoria” in zona EUR il giovane e bravo chef Mirko Di Mattia di Luciana Squadrilli

Da diversi anni, prima a Milano e poi a Roma e in altre città italiane, si è diffusa la moda del mangiare in pescheria: mensole, tavolini e sgabelli su cui sedersi per mangiare il pesce che più fresco non si può, magari crudo o cotto in maniera semplice ma gustosa. Da qualche tempo, però, a Roma si può fare anche il contrario, vale a dire andare a mangiare in un bel ristorante, con una cucina di mare giustamente creativa e ben fatta e un servizio all’altezza, e fermarsi — prima o dopo — in pescheria, per portare a casa del buon pesce e qualche idea per la prossima cena.

Succede da Livello1, ristorante con “pescatoria” — un negozio adiacente ma separato dove durante il giorno si può acquistare il pesce di ottima qualità che arriva da Anzio, Ponza e Fiumicino approfittando anche dei consigli della brigata di cucina per la preparazione — aperto nel maggio del 2016 in via del Serafico, una zona dell’EUR dove fino a quel momento mancavano indirizzi davvero validi di ristorazione, tanto più di pesce. L’idea è stata di EMILIA BRANCIANI, interior designer e amante della buona cucina, che insieme ad un

gruppo di amici ha deciso di aprire il locale dove a loro stessi sarebbe piaciuto mangiare, curandone in prima persona la progettazione: una sala interna dal design decisamente moderno in cui spicca la grande vetrata con decorazioni “marine” che separa la cucina dalla sala, lasciando intravedere il lavoro svolto dallo chef e dalla sua brigata, e un gradevole spazio esterno. «Ho scelto colori naturali, con la predominanza degli elementi di terra e di acqua, per creare un ambiente confortevole in cui il cliente potesse sentirsi protagonista e vivere un’esperienza

Gli chef Felice Lo Basso e Mirko Di Mattia insieme allo staff di Livello1.

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Risotto Acquerello con broccoletti saltati, crudo di gamberi rossi e caviale. gastronomica fuori dal comune» spiega. Per la cucina, all’inizio Emilia e soci si erano rivolti allo chef Felice Lo Basso, conosciuto quando era il cuoco dell’Alpenroyal Grand Hotel

di Selva di Val Gardena e oggi chef patron del Felix Lo Basso Restaurant a Milano, in piazza Duomo. Lo Basso, pugliese e grande conoscitore della cucina di mare, ha impostato il menu

iniziale affidandone l’esecuzione al giovane e bravo MIRKO DI MATTIA, fino ad allora al lavoro nelle cucine dell’Hotel Gavius di Roma. Passione, tenacia e creatività unite ad

In pescatoria, dall’asta del pesce al cartoccio Nata per la vendita al dettaglio del pescato di prima scelta utilizzato quotidianamente al ristorante — crudi, crostacei, frutti di mare e pesce di stagione di grandi e piccole dimensioni scelti personalmente dallo chef all’asta del lunedì o in arrivo dai fornitori di fiducia — la Pescatoria di Livello1 è molto di più di una pescheria. Se, infatti, il personale al banco è a disposizione per offrire un servizio di pulizia e sfilettatura del pesce, lo chef Di Mattia e la sua brigata sono presenti, a turno, per dare anche consigli e indicazioni sulla preparazione del pesce, magari utilizzando pure le altre materie prime in vendita. «Nella nostra pescheria — dichiara lo chef — oltre al pesce si possono trovare tutti i prodotti utilizzati dal ristorante che abbiamo selezionato per offrire il massimo della qualità, perché il benessere parte dalla tavola». Ma alla pescatoria si può anche mangiare, scegliendo — se non si ha il tempo di sedersi al ristorante — il “Cartoccio di pesce” cucinato al momento da portare via con la formula take away. Ogni giovedì poi, dalle 17.30 alle 18.30, c’è l’asta del pesce, una bella opportunità per aggiudicarsi il pesce fresco a un costo conveniente e per cimentarsi in un’esperienza d’acquisto insolita e divertente.

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Causushi.

Piatti gustosi e mai banali, da abbinare con etichette altrettanto interessanti in carta o con i cocktail preparati dal barman. L’indovinata formula per l’aperitivo prevede invece selezioni di ostriche e crudi di pesce o formaggi francesi, o la degustazione di alcuni primi, da accompagnare con una flûte di bollicine

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un’ottima tecnica lo hanno portato in pochi mesi ad assumere il comando in cucina inserendo in menu le sue ricette originali, fantasiose ma mai sopra le righe, e confermando l’obiettivo iniziale: “proporre una cucina di livello (da qui il nome del ristorante) basata sulla scelta di un prodotto di qualità, lavorato il meno possibile proprio per esaltare l’eccellenza della materia prima”. Tra i piatti in carta, il carpaccio di gambero rosso, con burrata pugliese, mandorle tostate e chips di riso soffiato, il risotto Acquerello con broccoletti saltati, crudo di gamberi rossi e caviale, lo spaghettone Felicetti con astice, ‘nduja di peperone e Patanegra croccante e i bocconcini di coda di rospo alla vaccinara, divertente e goloso rimando alla tradizione romanesca di terra. A pranzo ci sono anche proposte più classiche, come gli spaghettoni Felicetti alle vongole veraci e bottarga, e naturalmente il menu può variare ogni giorno in base al pescato. Non manca nemmeno qualche ispirazione esotica, con cui lo chef si diverte a mescolare un po’ le carte e a giocare con l’ottima materia prima di cui dispone. Per esempio, il Causushi,

che unisce la tipica preparazione giapponese di pesce crudo alla causa rellena, specialità peruviana di origine precolombiana a base di patate e peperoncino giallo, che sostituisce la classica “polpetta” di riso del sushi. Piatti gustosi e mai banali, da abbinare con le etichette altrettanto interessanti della carta dei vini o con gli ottimi cocktail preparati dal barman. L’indovinata formula per l’aperitivo prevede invece selezioni di ostriche e crudi di pesce o di formaggi francesi, o la degustazione di due, quattro o sei assaggi di primi, da accompagnare con una flûte di bollicine o con un buon cocktail. Luciana Squadrilli Livello1 Via Duccio di Buoninsegna 25 (EUR Serafico) – 00142 Roma Telefono: 06 5033999 Web: www.ristorantelivello1.it Nota Menu degustazione: € 50, 60 e 70; prezzo medio, bevande escluse: € 70. Aperto dal martedì al sabato a pranzo e cena. La domenica solo a pranzo. Chiuso il lunedì. La pescatoria è chiusa la domenica e il lunedì.

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Formia: i 60 anni di attività del Ristorante Chinappi Sessant’anni di ottima cucina: è il traguardo che i CHINAPPI, storica famiglia di ristoratori, ha festeggiato con orgoglio insieme ad amici e clienti. La festa è incominciata con gli auguri ufficiali della città di Formia e la consegna a FRANCO CHINAPPI, da parte del sindaco SANDRO BARTOLOMEO, di una targa con il ringraziamento per il lavoro svolto in tanti anni. Poi tutti a tavola a gustare i piatti preparati con cura e passione e ingredienti di qualità, come il pesce di Purificato, la pasta Cicerone del pastificio Paone, il Trombolotto di Fabio Stivali, i vini dell’azienda agricola Artico di Aprilia e delle Antiche Michele Chinappi, sommelier e gestore del ristorante Chinappi di Formia, Latina (phoCantine Migliaccio di Ponza,il to © Massimiliano Rella). pomodoro Torpedino, l’oliva Gaeta DOP e il dolce di Christian, per citare soltanto alcune delle eccellenze selezionate.A condurre l’evento, la giornalista TIZIANA BRIGUGLIO, lo storico dell’alimentazione GIUSEPPE NOCCA e BRUNO DI CIACCIO, autore del libro La cucina di Gaeta.Ai fornelli Anna Chinappi e Salvatore Marcia; in sala Michele e la moglie Angela, bravi nel creare quell’atmosfera che fa sentire ogni cliente come a casa propria. La storia della ristorazione firmata Chinappi dura da tre generazioni. Nel 1957 Antonio e Vincenza aprirono il ristorante, gestito poi dal figlio Franco con la moglie Anna. Una passione, oltre che un lavoro, ereditata e proseguita anche dal nipote Michele e dal figlio STEFANO, quest’ultimo alla guida dal 2006 di una delle realtà più interessanti della ristorazione romana. Da sempre la famiglia Chinappi riesce a valorizzare la cultura gastronomica di una terra ricca di tradizioni, ma nello stesso tempo è curiosa e attenta alle richieste di un mercato sempre più esigente. Le materie prime sono scelte con cura meticolosa e tracciabili; per esempio, le varietà ittiche del basso Tirreno provenienti quotidianamente dalla pescheria di famiglia e proposte sempre secondo la stagionalità. >> Link: www.chinappiformia.it

SEDE CENTRALE Via Milano, 162 M 16126 Genova Tel. +39 010 8599200 Fax +39 010 8599299 Web: www.verrini.com E-mail: verrini@verrini.com


RASSEGNE

Pitti Taste n. 12, cresce il salone del gusto e del lifestyle Taste, il viaggio più trendy e atteso dell’anno attraverso l’universo del cibo, si è chiuso con successo lo scorso 13 marzo, dopo una tre giorni che ha visto gli spazi della Stazione Leopolda di Firenze gremita di visitatori e immersa in un clima frizzante e vivace. «Una delle migliori edizioni di Taste di sempre, per la qualità e la selezione delle aziende partecipanti, e al tempo stesso degli operatori del settore intervenuti, tutti di altissimo profilo, pronti a scoprire novità e avviare contatti di business» ha dichiarato AGOSTINO POLETTO, vicedirettore di Pitti Immagine, organizzatore dell’evento nato dalla collaborazione

con il giornalista Davide Paolini. Il tema di quest’anno, Hipster Coffee, col suo ricco programma di eventi, mostre fotografiche, installazioni, presentazioni di libri, contest e talk, ha acceso i riflettori sui diversi modi di vivere e gustare una delle bevande più amate al mondo, strizzando l’occhio al trend della cultura hipster. Grande attenzione anche per i Taste Ring del gastronauta Paolini, seguitissimi come sempre, e per gli eventi in calendario negli spazi di Alcatraz, al Teatro dell’Opera e per i quasi 100 appuntamenti, sempre più creativi e sorprendenti, che hanno animato la città di Firenze per il FuoriDiTaste.

Pitti Taste è una tre giorni all’insegna del gusto e del cibo di qualità, fra prodotti tipici e sapori nuovi, assaggi e laboratori in un programma fitto di appuntamenti. Focus principale di questa edizione, il caffè

Numeri in crescita per Taste, giunta alla 12a edizione la manifestazione si conferma un evento del gusto e della food culture internazionale imperdibile.

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1) Trota Oro di Preore (TN). 2) Il salmone Upstream di Claudio Cerati da Parma (photo © Federica Cornia). 3) La Sangiolaro Bio della Ghezzi Alimentari di Vinci, Firenze (photo © Federica Cornia). 4) Presente a Taste Friultrota di San Daniele del Friuli (UD). I numeri di Taste 2016 A parlare per primi ci sono i numeri: il salone, giunto alla 12ª edizione, ha messo a segno ancora una volta una crescita, senza rinunciare a qualità e selezione: 380 le aziende presenti, a fronte delle 340 del 2016. L’affluenza complessiva dei buyer ha raggiunto le 5.300 presenze (+6% rispetto allo scorso anno); in crescita sia il fronte italiano sia le presenze dall’estero. In testa gli Stati Uniti (+10%), Germa-

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nia (+60%), Giappone (+16%), Cina (moltiplicati i suoi numeri) e Olanda. Per il Regno Unito un +9% in termini di operatori registrati. Complessivamente questa edizione di Taste ha visto 15.800 presenze totali, grazie anche a un pubblico molto qualificato di cultori e appassionati del food, che in tre giorni di manifestazione sono stati all’incirca 10.500, in linea con i risultati di partecipazione di un anno fa. Novità di questa edizione

è stato il Taste Shop in Piazzale Gae Aulenti: in tre giorni sono state presentate 2.180 tipologie di prodotto, vendendo più di 20.200 pezzi. Arrivederci al 2018 Prossimo appuntamento con il salotto italiano del mangiare bene e stare bene Taste n. 13, dal 10 al 12 marzo 2018. >> Link: www.pittimmagine.com

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EVENTI

Al Porto Antico di Genova dal 18 al 21 maggio

Slow Fish: la rete siamo noi! È l’evento internazionale dedicato al pesce e alle risorse del mare che coniuga la convivialità alla conoscenza scientifica e alle buone pratiche, l’educazione al gusto all’impegno per la tutela degli ecosistemi acquatici. Come ogni due anni, Slow Fish — organizzato dall’associazione Slow Food Italia e dalla Regione Liguria, in collaborazione con il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali — approda al Porto Antico di Genova dal 18 al 21 maggio prossimi. “La rete siamo noi” è il tema di questa ottava edizione dell’evento che, a partire dal 2004, ha consolidato un insieme di conoscenze, scambi e relazioni tra centinaia di “nodi” per i quali Genova è ormai un punto di riferimento imprescindibile: pescatori, artigiani, cuochi, accademici, ricercatori e rappresentanti delle istituzioni da tutto il mondo che si incontrano per condividere e sostenere un approccio buono, pulito e giusto alla filiera ittica, alla biodiversità marina e all’equilibrio delle acque dolci. Il programma Slow Fish è la festa dedicata a tutti coloro che vogliono saperne di più sul consumo di pesce e sui suoi effetti sulla salute delle persone e su quella dei mari e dei fiumi. Le chiavi del suo successo sono l’approccio ludico, basato sul piacere legato al cibo, e il linguaggio semplice. Per aiutare i visitatori a “leggere” l’evento, i ciceroni di Slow Food propongono i Percorsi Slow: Che pesci prendere, pensati per le scolaresche e il pubblico in visita. Il punto di partenza è ovviamente Casa Slow Food, dove incontrare le comunità della pesca provenienti da tutto il mondo, aggiornarsi sui progetti della Chiocciola e sfogliare le ultime novità pubblicate da Slow Food Editore. Da qui si salpa per un divertente viaggio tra

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gli stand, dove dialogare con esperti ed espositori, assaggiare specialità ittiche e approfondire le tematiche al centro della manifestazione. Come ad esempio il binomio cibo-salute, per chiarire dubbi e sfatare falsi miti sul pesce a tavola, grazie ai Master of Food guidati da dietisti e cuochi. Non può mancare un focus sulla tutela della biodiversità, narrata dagli chef dall’Italia e dal mondo all’opera nei 15 appuntamenti della Cucina dell’Alleanza. E per chi vuole vedere i protagonisti della rete internazionale sbizzarrirsi ai fornelli, l’appuntamento è tra le bancarelle di pesce fresco e conservato con i Fish-à-porter: una cucina, nello stile della Boqueria di Barcellona, nella quale cuochi e pescatori si alternano preparando piatti semplici e gustosi e spiegandone la storia, gli ingredienti, le particolarità.

La Regione Liguria presenterà quest’anno uno spazio di promozione turistica dal nome #Lamialiguria, caratterizzato da ristorazione continua, laboratori con pescatori, laboratori del gusto con il pesto in diretta, degustazioni varie e laboratori artigiani. Restano, naturalmente, anche gli appuntamenti ormai immancabili per gli habitué della manifestazione: oltre all’Enoteca, Piazza delle Feste ospita la Mixology, per imparare a bere consapevolmente e carpire tutti i segreti dai migliori bartender genovesi. Ai calici di vino e ai cocktail si abbinano le creazioni di Pizza n’ Fish e le proposte del Punto Gamberi, per apprezzare i gamberi rossi e rosa appena pescati nelle acque sanremesi, nelle loro forme più pure e sublimi, semplici ed essenziali. >> Link: slowfish.slowfood.it

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54 espositori

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top buyer

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THEFEEDING INTERNATIONAL B2B EXHIBITION DEDICATED TO FOOD& BEVERAGE THE WORLD, ENJOYING YOUR BUSINESS FIERA MILANO ITALY MAY 8 -11 2017 FIERA MILANO 8 -11 MAGGIO 2017

in concomitanza con

Per informazioni:


Fish & Chef, sei tappe gourmand sulle sponde del Benaco Un viaggio nel gusto alla scoperta dei prodotti del lago interpretati da alcuni tra i migliori nomi della cucina italiana contemporanea. Questa la filosofia di Fish & Chef, un percorso gourmand in sei tappe che da Malcesine a Gardone Riviera, da Riva del Garda a Bardolino si snoderà sulle tre riviere del lago presso sei dei suoi più esclusivi hotel. L’edizione 2017 della manifestazione, in programma dal 23 al 28 aprile, è pronta a partire: a fianco degli organizzatori LEANDRO LUPPI ed ELVIRA TRIMELONI ci saranno due partner di prestigio quali la sezione Italiana di JREJeunes Restaurateurs d’Europe e Michelin Italia.

Chi firma le cene Fish & Chef 2017? I panorami mozzafiato di Garda, Cavalgese della Riviera, Malcesine, Gardone Riviera, Bardolino e Riva del Garda saranno la cornice delle sei cene in programma (costo per ogni cena 80 euro, prenotazioni direttamente negli alberghi): • ad aprire le danze il 23 aprile presso l’Hotel Bellevue San Lorenzo di Malcesine (VR) sarà PAOLO TRIPPINI del Ristorante Trippini (www.ristorantetrippini.com) di Civitella del Lago (TR); • lunedì 24 aprile, il Grand Hotel Fasano di Gardone Riviera (BS) ospiterà invece S ILVIO

BATTISTONI del Ristorante Colonne (www.albergocolonne.it) di Varese; • martedì 25 aprile, presso l’Aqualux Hotel Spa e Suite di Bardolino, lo chef VINOD SOOKAR del Al Fornello da Ricci (www. alfornellodaricci.com) di Ceglie Messapica (BR) porterà sulle rive del lago i sapori della Puglia e l’esotismo dell’Oriente; • il 26 aprile, presso l’Hotel Lido Palace di Riva del Garda (TN), sarà la volta di ANDREA TONOLA del Ristorante Lanterna Verde (www.lanternaverde.com) di Villa di Chiavenna (SO); • giovedì 27 aprile Palazzo Arzaga

Malcesine sorge sulle rive del Lago di Garda, alle pendici del Monte Baldo. Raccolto intorno al Castello ed al Palazzo dei Capitani, il borgo antico, con il porticciolo, le piazzette ed i vicoli animati di negozi, bar e ristoranti tipici, il paesino conserva un fascino magico. 106

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di Calvagese della Riviera (BS) vedrà ai fornelli Paolo Donei di Malga Panna (www.malgapanna. it), Moena (TN); • gran finale per la serata del 28 aprile dove la cena allestita presso l’Hotel Regina Adelaide di Garda sarà realizzata da quattro chef del Dream Team del Garda: LEANDRO LUPPI del ristorante Vecchia Malcesine (www.vecchiamalcesine.com), Malcesine (VR); STEFANO BAIOCco, chef del ristorante di Villa Feltrinelli (www.villafeltrinelli. com), Gargnano (BS); ANDREA COSTANTINI del ristorante Regio Patio (www.regiopatio.it), Garda (VR); MATTEO FELTER del ristorante Fagiano (www.ghf.it),

Gardone Riviera (BS). I quattro giocheranno in casa proponendo le loro migliori interpretazioni dei prodotti locali, espressione dell’idea di cucina del gruppo che opera su tutto il lago. L’edizione 2017 di Fish & Chef è resa possibile grazie al sostegno di numerosi partner. Nei calici sulle tavole i vini forniti dal Consorzio Tutela Vino Custoza Doc, con le aziende Gorgo, Le Vigne di San Pietro, Az. Agr. Tamburino Sardo, Menegotti, Villa Medici e Cavalchina; e quelli del Consorzio Valtenesi, con le etichette di Avanzi, Ca’ Maiol, La Pergola, Costaripa, Pratello e Pasini San Giovanni. Nei piatti invece, accanto alle paste di Monograno Felicetti, storico pastificio

della Val di Fiemme nato nel 1908, non mancheranno l’olio extravergine d’oliva del Consorzio Olivicoltori di Malcesine, legato a doppio filo con il territorio del lago di Garda e le sue cultivar autoctone, i prodotti Trota Oro e quelli della Sartori Carni. E per concludere degnamente ogni serata, la selezione di prodotti de l’Antico Sigaro Nostrano del Brenta 1763, il Caffè Omkafè di Arco (TN) e i distillati EVO della Franciacorta. Qualche informazione in più • Costi delle cene: 80 euro • Prenotazioni: le cene e i pernottamenti devono essere effettuate direttamente negli alberghi. >> Link: www.fishandchef.it

Branzino “The Challenge”: pesca grossa in laguna dal 5 al 7 maggio Pesca grossa nella laguna di Orbetello: la prima edizione della competizione sportiva internazionale Branzino “The Challenge” è l’occasione per catturare spigole. Per tre giorni, da venerdì 5 a domenica 7 maggio, le due lagune di Ponente e Levante ospiteranno i partecipanti alla pesca sportiva armati di canne con esche artificiali che si cimenteranno nella gara aperta a tutti. Il montepremi complessivo di 15.000 euro è ripartito in tre premi da 5.000, 3.000 e 2.000 euro in contanti che andranno rispettivamente al primo, secondo e terzo classificato. Le lagune di Ponente e Levante vantano un’abbondante presenza di spigole con esemplari anche di dimensioni interessanti. Si pesca in kayak, ma chi ne è sprovvisto potrà noleggiarlo direttamente sul posto, in fase d’iscrizione, fino a esaurimento della disponibilità. I risultati delle due sessioni di pesca, al termine della competizione, saranno sommati per stilare la classifica finale. Il punteggio si baserà sulla lunghezza delle spigole catturate assegnando un punto per ogni centimetro secondo la sommatoria della misura delle varie prede. Poiché la manifestazione prevede il no-kill, per facilitare il rapido rilascio delle spigole, il termine di verifica della lunghezza si baserà sulle immagini fotografiche scattate dai concorrenti in gara, mediante il loro supporto telefonico, con la trasmissione dell’immagine in tempo reale, tramite applicazione WhatsApp, al recapito di riferimento degli organizzatori. Base operativa dell’evento, patrocinata dal Comune di Orbetello e organizzata da Insidefishing e Galaxy Kayaks, sarà la piattaforma del locale circolo canottieri dove sarà allestita un’area espositiva dedicata a partner e sponsor che organizzeranno attività dimostrative rivolte al pubblico. >> Link: www.branzinothechallenge.com

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LA PAGINA SCIENTIFICA

Hamburger di pesce e contaminazioni alimentari: uno studio sperimentale Una sperimentazione per valutare l’efficacia del trattamento di cottura su hamburger di pesce artificialmente contaminati con Salmonella Senftenberg e Listeria monocytogenes di Luciano Boffo, Renzo Mioni, Alessandra Pezzuto e Stefania Pilotto

La legislazione alimentare ha come obiettivo fondamentale quello di tu telare gli interessi dei con su matori e di metterli nelle condizioni di compiere scelte consapevoli in relazione agli alimenti che consumano (Reg. CE n. 178/2002, sezione 1, art. 8). Essa mira a prevenire:

a) le pratiche fraudolente o ingannevoli; b) l’adulterazione degli alimenti; c) ogni altro tipo di pratica in grado di indurre in errore il consumatore. L’art. 14, sempre del Reg. (CE) n. 178/2002, stabilisce che gli alimenti a rischio non possono essere immessi

sul mercato. Per determinare se un alimento costituisce un rischio per la salute del consumatore è necessario prendere in considerazione: a) le normali condizioni d’uso da parte del consumatore in ciascuna fase della produzione, della tra sformazione e della distribuzione;

Hamburger di pesce di Ittica Gesia.

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Tabella 1 – Piano di campionamento seguito per le prove di cottura Sperimentazione con Salmonella Senftenberg Tipologia campioni

N. hamburger

N. lotti

N. tot. hamburger

Campioni contaminati e cotti

3

3

9

Campioni contaminati e non cotti (controlli positivi)

1

3

3

Campioni non contaminati e non cotti (controlli negativi)

1

3

3

Totale campioni

5 x 3 = 15 Sperimentazione con Listeria monocytogenes

Tipologia campioni

N. hamburger

N. lotti

N. tot. hamburger

Campioni contaminati e cotti

3

3

9

Campioni contaminati e non cotti (controlli positivi)

1

3

3

Campioni non contaminati e non cotti (controlli negativi)

1

3

3

Totale campioni b) le informazioni messe a disposizione del consumatore, comprese quelle riportate in etichetta o altre informazioni generalmente accessibili al consumatore, al fine di evitare specifici effetti nocivi per la salute provocati da un alimento o categoria di alimenti. L’articolo 3 del Regolamento (UE) n. 1169/2011 stabilisce che la fornitura di informazioni sugli alimenti ha lo scopo di creare un elevato livello di protezione della salute e degli interessi dei consumatori, fornendo le basi per effettuare scelte consapevoli e per utilizzare gli alimenti in modo sicuro, nel rispetto in particolare di considerazioni sanitarie, economiche, ambientali, sociali ed etiche. La responsabilità della correttezza e della veridicità delle informazioni che vengono fornite in etichetta ricade in forma esclusiva sull’OSA. Considerato che per alcune matrici alimentari il Reg. (CE) n. 2073/2005 fa riferimento alle modalità di consumo, crude o cotte, le Linee guida relative all’applicazione del regolamento, pubblicate il 03-03-2016, precisano che le autorità competenti al momento del prelievo tengono conto, ai sensi dell’art. 14 del Reg. (CE) n. 178/2002, delle indicazioni fornite in etichetta nonché

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5 x 3 = 15 delle normali condizioni di utilizzo dell’alimento determinate anche in base alle consuetudini locali. Recentemente il Ministero della Salute con DGISAN 28-07-2015 ha chiarito le modalità di gestione delle positività per Salmonelle non rilevanti nella carne fresca di pollame. Nello specifico viene sottolineato che, qualora le carni fresche siano state impiegate per la produzione di preparazioni di carni, di macinati e di prodotti a base di carne destinati ad essere consumati previa “adeguata cottura” e tale indicazione sia chiaramente riportata in etichetta con le specifiche indicazioni relative alle modalità, al tempo, alla temperatura, alla luce di quanto previsto all’art. 14, punto 3 del Regolamento CE n. 178/2002 l’OSA non dovrà procedere alle operazioni di ritiro e richiamo dal mercato di cui all’articolo 19 dello stesso regolamento. Il prodotto è da considerarsi sicuro e soddisfa i criteri di sicurezza. Queste informazioni o indicazioni in etichetta permettono di evitare specifici effetti nocivi sulla salute del consumatore. Partendo da questi presupposti normativi — e su suggerimento del consulente di sicurezza alimentare dott. LUCIANO BOFFO — la ditta Ittica

Gesia (via dell’Artigianato 13/bis, Cavarzere, Venezia) ha ritenuto opportuno effettuare questo studio sperimentale con l’obiettivo di valutare l’efficacia del trattamento di cottura degli hamburger di pesce, di dare maggiori informazioni al consumatore, come previsto dall’art. 8 del Reg.(UE) n. 1169/11 e soprattutto di elevare il livello di sicurezza alimentare del prodotto commercializzato. Dove è stato eseguito lo studio sperimentale Le prove sperimentali e le analisi sono state eseguite presso l’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, Laboratorio di Tecnologie Alimentari, di S. Donà di Piave (VE), dove è attiva una cucina sperimentale studiata ed allestita appositamente per questi tipi di indagine. La cucina sperimentale può trovare utilizzo al fine di: • valutare la resistenza a trattamenti termici di microrganismi patogeni a trasmissione alimentare attraverso prove di cottura; • definire protocolli di cottura di alimenti contaminati che consentano di inattivare specifici patogeni (definire modalità, temperature e tempi di cottura); • fornire strumenti agli OSA per gestire il rischio microbiologico per

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A sinistra: preparazione inoculo. A destra: fase di contaminazione. il consumatore finale attraverso il processo di cottura; • verificare l’efficacia delle modalità di cottura riportate in etichetta nei confronti di eventuali microrganismi contaminanti. La sperimentazione è stata eseguita dal dott. RENZO MIONI, dalla dott.ssa ALESSANDRA PEZZUTO e dal dott. LUCIANO BOFFO. Fasi del progetto Come previsto dalle Linee guida del Laboratorio di Riferimento Europeo per Listeria monocytogenes (EURL Lm 2014), sono stati testati tre lotti di hamburger di pesce confezionati in ATM, prodotti da Ittica Gesia. Per ottenere risultati più affidabili si è stabilito di ripetere le prove di cottura su 3 hamburger per ciascun lotto; si è così predisposto il piano di campionamento riportato in Tabella 1. Per ogni lotto si è proceduto al prelievo di 9 hamburger: 4 sono stati contaminati con un cocktail di ceppi di Salmonella enterica subsp. enterica serovar Senftemberg, 4 con

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un cocktail di ceppi di Listeria monocytogenes, uno non è stato contaminato ed è stato utilizzato come controllo negativo. Subito si è proceduto con le analisi sull’hamburger non contaminato (controllo negativo) per valutare il livello di contaminazione prima di iniziare la sperimentazione. Sono stati poi prelevati due hamburger, uno contaminato con Salmonella Senftenberg e l’altro con Listeria monocytogenes, per sottoporli ad analisi e valutare il livello di contaminazione raggiunto. Si è passati quindi alla fase di cottura seguendo minuziosamente la seguente procedura: in una padella, dopo aver versato un cucchiaio di olio, sono stati posti i tre hamburger contaminati con Salmonella. La cottura è stata effettuata a fuoco lento e a pentola scoperta, tenendo costantemente monitorata la temperatura a cuore del prodotto mediante un termometro a sonda. Ogni due minuti si è proceduto a girare sotto-sopra gli hamburger per ottenere una cottura uniforme del prodotto.

Si è osservato che, a circa quattro minuti dall’inizio della cottura, è stata raggiunta a cuore del prodotto una temperatura di 60 °C. La temperatura è andata progressivamente aumentando nelle fasi successive fino a raggiungere i 75-80 °C a 5 minuti circa, e si è mantenuta tale fino al termine del processo di cottura. Terminata questa fase, gli hamburger sono stati sottoposti ad analisi. Analoga procedura è stata seguita per gli hamburger contaminati con Listeria monocytogenes. Tutti e tre i lotti sono stati processati seguendo le stesse metodiche di contaminazione, cottura e analisi, al fine di verificare la ripetibilità dei risultati. Determinazioni analitiche eseguite Sospensione di inoculo • Conta di Salmonella spp (metodo sviluppato dal laboratorio IZSVe con semina diretta su XLD e conta dopo incubazione a 37 °C per 24 ore);

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• Conta di Listeria monocytogenes (metodo ISO 11290-2:1998/Amd 1 2004). Hamburger non contaminati e non cotti (controlli negativi) • Ricerca di Salmonella spp (metodo ISO 6579: 2002/Cor 1:2004 (E)); • Ricerca di Listeria monocytogenes (metodica in Real Time PCR, AFNOR BRD 07/10-04/05). Hamburger contaminati e non cotti (controlli positivi) • Conta di Salmonella spp (metodo sviluppato dal laboratorio IZSVe con semina diretta su XLD e conta dopo incubazione a 37 °C per 24 ore); • Conta di Listeria monocytogenes (metodo ISO 11290-2:1998/Amd 1 2004). Hamburger contaminati e cotti • Ricerca di Salmonella spp (metodo ISO 6579: 2002/Cor 1:2004 (E)); • Ricerca di Listeria monocytogenes (metodo UNI EN ISO 112901:2005). Risultati Dall’analisi dei controlli positivi è emerso che gli hamburger, dopo inoculazione con Salmonella Senftenberg, presentavano i seguenti livelli di contaminazione: • Lotto n. 1 350.000 UFC/g

Cucina sperimentale in dotazione al Laboratorio IZSVe di San Donà di Piave, Venezia. • Lotto n. 2 310.000 UFC/g • Lotto n. 3 320.000 UFC/g Analogamente gli hamburger, dopo inoculazione con Listeria monocytogenes, presentavano i seguenti livelli di contaminazione: • Lotto n. 1 560.000 UFC/g • Lotto n. 2 390.000 UFC/g • Lotto n. 3 580.000 UFC/g Dopo il trattamento di cottura eseguito con le modalità sopra riportate, si è ottenuta l’inattivazione completa, nei tre lotti, sia di Salmonella Senftenberg, sia di Listeria monocytogenes.

Valutazione dei risultati I risultati dello studio confermano che la cottura in padella a fuoco lento (modalità questa generalmente utilizzata per cucinare questo piatto), se protratta per 7 minuti, è in grado di eliminare entrambi i patogeni oggetto della sperimentazione e ovviamente anche tutti gli effetti nocivi ad essi correlati. Si è osservato che a cuore del prodotto si raggiunge una temperatura di 75-80 °C dopo circa 5 minuti di cottura. Si ritiene pertanto fondamentale riportare in etichetta queste infor-

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Fase di cottura. mazioni a tutela della salute del consumatore. La scelta di utilizzare Salmonella Senftenberg e Listeria monocytogenes quali microrganismi da inoculare sperimentalmente nel prodotto nasce da alcune considerazioni: • l’ultimo report dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare sulle zoonosi, agenti zoonotici ed epidemie di natura alimentare (EFSA, 2016) indica che, tra le matrici alimentari dove più frequentemente si riscontra la presenza di Listeria monocytogenes, vi sono ancora una volta i prodotti della pesca, soprattutto pesce affumicato. Questo microrganismo è facilmente rilevabile negli impianti produttivi a livello di attrezzature e ambienti di lavorazione; • vari lavori scientifici hanno dimostrato che Salmonella Senftenberg è tra i microrganismi più resistenti alla temperatura non solo tra i ceppi di Salmonella, ma anche tra altre specie batteriche (MURPHY et al., 2000; DOYLE et MAZZOTTA, 2000). Il livello di inoculo utilizzato nello studio (300.000-600.000 ufc/g) costituisce una carica microbica patogena molto elevata, che non si

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riscontra normalmente nei prodotti alimentari. Il motivo di tale scelta deriva dalle indicazioni fornite dalla Food and Drug Administration americana (U.S. FDA 2001), secondo le quali per validare un processo termico è necessario utilizzare un livello di inoculo compreso tra 105 e 107 ufc/g di prodotto (100.000-10.000.000 ufc/g), al fine di valutare un abbattimento dei microrganismi di almeno 5 logaritmi, cioè 100.000 volte, rispetto alla carica di partenza. Conclusioni Dall’analisi dei dati della sperimentazione emerge che: • la cottura degli hamburger in padella, con aggiunta di un cucchiaio di olio e protratta per 7 minuti, costituisce una modalità efficace per l’inattivazione di eventuali microrganismi contaminanti; in hamburger di circa 100 g si è osservato che, dopo 5 minuti, si raggiunge a cuore del prodotto una temperatura di 75-80 °C; • durante le fasi di cottura è opportuno girare gli hamburger ogni due minuti circa, anche al fine di permettere una perfetta rosolatura degli stessi; • al termine di questa fase gli

hamburger si presentano perfettamente cotti, pronti per il consumo e sicuri dal punto di vista microbiologico. I risultati delle analisi dimostrano in maniera inequivocabile che, anche se gli hamburger prima della cottura fossero altamente contaminati con Salmonella e/o Listeria, il normale trattamento termico che subiscono durante la fase di cottura sarebbe sufficiente a distruggere tutti i patogeni presenti. Alla luce di quanto sopra è necessario che queste informazioni giungano al consumatore attraverso un’adeguata etichettatura. Dovrà essere riportato: “Gli hamburger devono essere consumati previa cottura in padella con un cucchiaio di olio a fuoco lento per 7 minuti in maniera da raggiungere a cuore del prodotto una temperatura di 7580 °C. Si consiglia di girare il prodotto ogni due minuti per consentire una perfetta rosolatura”. Questo risulta in linea con quanto previsto dal Reg. (CE) n. 178/2002, art. 14, Requisiti di sicurezza degli alimenti. Per determinare se un alimento è a rischio occorre quindi prendere in considerazione quanto segue: a) le condizioni d’uso normali dell’alimento da parte del consumatore in ciascuna fase della produzione, della trasformazione e della distribuzione; b) le informazioni messe a disposizione del consumatore, comprese quelle riportate sull’etichetta, o altre informazioni generalmente accessibili al consumatore sul modo di evitare specifici effetti nocivi per la salute provocati da un alimento o categoria di alimenti. Dott. Luciano Boffo Medico Veterinario Consulente Sicurezza Alimentare Dott. Renzo Mioni Istituto Zooprofilattico delle Venezie Dott.ssa Alessandra Pezzuto Istituto Zooprofilattico delle Venezie, Laboratorio di S. Donà di Piave Dott.ssa Stefania Pilotto Ufficio Qualità Ittica Gesia Cavarzere

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Bibliografia • D OYLE M.E., M AZZOTTA S.A. (2000), Review of studies on the thermal resistance of Salmonellae, J. Food Protect. 63:779-795; • EFSA (2016), The European Union summary report on trends and sources of zoonoses, zoonotic agents and food-borne outbreaks in 2015, EFSA Journal 2016; 14 (12):4634. • EURL Lm (2014), EURL Lm Technical Guidance Document for conducting shelf-life studies on Listeria monocytogenes in ready-to-eat foods, Version 3-6 June 2014. • MURPHY R.Y, MARKS B.P, JOHNSON E.R, JOHNSON M.G. (2000), Thermal inactivation kinetics of Salmonella and Listeria in ground chicken breast meat

and liquid medium, J Food Sci 65:706-710. • Regolamento (CE) n. 2073/2005 della Commissione del 15 novembre 2005 sui criteri microbiologici applicabili ai prodotti alimentari, Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 22-12-2005. • Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 01-02-2002. • Regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011

relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la Direttiva 87/250/CEE della Commissione, la Direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la Direttiva 1999/10/CE della Commissione, la Direttiva 2000/13/ CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/67/CE e 2008/5/CE della Commissione e il Regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione, Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea del 22-11-2011. • U.S. Food and Drug Administration (2001), Evaluation and Definition of Potentially Hazardous Foods, December 31, 2001.


Blu squalo di Alessandro De Maddalena

Siamo a due ore di navigazione al largo di Cape Point, in Sudafrica. Stiamo pasturando da circa un’ora. Non utilizziamo tanta pastura, ma solo quel tanto che basta. Un paio di teste di tonno e qualche altro scarto sono sufficienti. Gli snoek (Thyristes atun), i grandi pesci simili a barracuda che pullulano in quelle acque, sono stati preparati già da un pezzo per essere usati come esche. Uno lo stiamo trainando dietro di noi a bassa velocità. Fissiamo la scia che la

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pastura ha creato dietro all’imbarcazione. Il mare è di un blu intenso, in pieno oceano, con quelle acque tipicamente calde della Corrente di Agulhas. Ancora nulla rompe la quiete. L’odore della pastura e delle esche diviene forte e penetrante sotto il sole, a tratti fastidioso con l’accompagnamento del movimento ondulatorio dello scafo. Dalla plancetta di poppa getto qualche altra secchiata d’acqua nella cassetta della pastura. Il mio amico CHRIS FALLOWS

e la moglie MONIQUE (entrambi naturalisti e fotografi) fissano nervosi la superficie dell’acqua dall’alto del tetto della cabina. Il primo squalo non si fa attendere oltre. È un mako dalle pinne corte (Isurus oxyrinchus) e arriva nella sua maniera caratteristica. Rapido come una saetta, un fulmine blu a pelo dell’acqua, con la prima pinna dorsale e l’apice della pinna caudale che a tratti tagliano la superficie. Il più veloce di tutti gli squali — e se-

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Due verdesche: la livrea di questi squali è incredibilmente mimetica, permettendo loro di avvicinarsi alle prede non visti.

condo alcuni forse anche il più veloce abitante degli oceani in assoluto — il mako, raggiunge forse i 70-100 km orari, potendo all’occorrenza spiccare balzi fuori dall’acqua di oltre sette metri sulla superficie. Quest’ultimo aspetto è particolarmente curioso poiché, fatta eccezione per i casi nei quali salta quando è allamato per liberarsi, non si conosce la ragione per la quale presenti tale comportamento. Possiamo solo ipotizzare che lo faccia per sor-

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prendere delle prede alla superficie, o per guardare intorno a sé a grande distanza, o per comunicare, o ancora per cercare di liberarsi dai crostacei copepodi parassiti (dai quali appare essere infestato più di qualsiasi altra specie). POENAS JACOBS, addetto all’esca, la sottrae appena in tempo alle poderose mascelle del mako. Quell’esemplare lungo poco meno di due metri ha già tutte le caratteristiche morfologiche, l’eleganza e l’imponenza della sua specie, che in casi eccezionali può arrivare addirittura a circa sei metri di lunghezza. Gli squali mako dalle pinne corte mostrano segregazione per taglia, ossia tendono a disporsi per gruppi di taglia. Ciò significa che in una data area gli esemplari che si osservano hanno tendenzialmente le stesse dimensioni, situandosi entro un range di taglia ben definito. In quest’area al largo di Cape Point, i mako presentano di norma dimensioni tra uno e due metri di lunghezza, in media intorno al metro e mezzo. Lo squalo fa un altro passaggio verso l’esca, che di nuovo gli viene prontamente sottratta. Ma non si arrende e prova ancora, e questa volta con un’accelerazione poderosa riesce a serrare la presa sullo snoek. Poenas tira a sé l’esca, determinato a non lasciargliela (di norma gli squali non devono essere alimentati per non

alterare il loro normale comportamento alimentare). Nel momento in cui lo squalo arriva a ridosso della poppa e l’esca viene sollevata, per un istante vediamo la sua formidabile dentatura, i grandi denti lunghi e ricurvi verso l’interno, che sembrano fatti di porcellana. Sono denti fatti per strappare e ghermire prede eccezionalmente rapide, indispensabili ad un cacciatore del genere, che è ben noto per catturare anche i grandi pesci spada e marlin. Lo squalo deve mollare la preda e per un attimo scompare alla vista. In capo a pochi istanti rivediamo il mako nuotare sotto al pelo dell’acqua poco distante, avvicinandosi ai gabbiani, gli zafferani meridionali (Larus dominicanus) che riposano tranquilli sulla superficie del mare. Lo squalo accelera per catturarne uno, ma il gabbiano si libra in volo appena in tempo. Lo squalo non demorde. Attende che i gabbiani si adagino nuovamente sulla superficie e prova ancora a sorprenderli. Di nuovo gli zafferani si sottraggono alle sua mascelle all’ultimo momento. La scena si ripete più volte. Non è ben chiaro se lo squalo stia più che altro giocando o se stia effettivamente cercando di catturare gli uccelli per cibarsene. Non sembra metterci tutto il suo impegno, ma appare piuttosto

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una sorta di blando passatempo. Sappiamo però per certo che di tanto in tanto i mako possono effettivamente catturare gli uccelli marini e alimentarsene quando lo vogliono, come testimoniato dal contenuto stomacale di un mako di 3,2 metri pescato in Texas, che aveva ben dieci gabbiani nello stomaco. In passato avevamo visto le verdesche dare la caccia ai gabbiani allo stesso modo, ma questa è la prima volta che vedo farlo ai mako. Nel frattempo arrivano sulla scena anche gli altri squali che stavamo attendendo, le verdesche, note anche come squali azzurri (Prionace glauca), nome quest’ultimo assai più calzante, sebbene nella nostra lingua il primo abbia la priorità. Anche le verdesche presentano una splendida colorazione blu intensa, ma le due specie si riconoscono facilmente l’una dall’altra. I mako hanno muso perfettamente conico relativamente corto, denti prominenti sempre in vista nella mandibola, pinne pettorali relativamente corte, lunghe fessure branchiali, pinna caudale quasi

simmetrica, carene caudali assai sviluppate. Le verdesche invece hanno muso e pinne pettorali lunghissimi, fessure branchiali brevi, pinna caudale fortemente asimmetrica, carene caudali appena accennate. Inoltre, la colorazione dei mako presenta un forte riflesso metallico sui fianchi, che manca invece nelle verdesche. Osservandoli si apprezza anche la differenza di movimento. I mako sono più rapidi, hanno un nuoto nervoso ed effettuano frequentemente rapide puntate in linea retta con repentino cambiamento di direzione. Le verdesche presentano un nuoto più tranquillo, sono più lente ed eleganti. Quelle che arrivano intorno alla barca misurano tra un metro e mezzo e i due metri. Anche questa specie infatti mostra segregazione per taglia. La gabbia è calata in acqua e mi preparo per entrare indossando la muta, settando la macchina fotografica e pressurizzando la custodia subacquea. I ragazzi sollevano il coperchio della gabbia per permetterci di entrare e un secondo dopo siamo in

acqua, piacevolmente sorpresi dalla temperatura, intorno ai 18 °C, di diversi gradi superiore a quella alla quale siamo abituati, immergendoci di norma nelle acque costiere della Penisola del Capo. L’immersione avviene in apnea, per evitare che le bolle e il rumore emessi dall’erogatore tengano gli squali a distanza. E gli squali non si fanno attendere per visitare la gabbia da vicino. La prima cosa che colpisce immergendosi con questi animali è il fatto che la loro colorazione è dissimile da quella solitamente mostrata nelle fotografie pubblicate e nei documentari. Sembra di vedere delle forme irreali, dei dipinti ad acquerello, di una tinta così raffinata che è impossibile da riprodurre fedelmente. La visibilità è di una decina di metri, la sospensione ridotta, la luce perfetta per le foto. In un giorno del genere si ha la possibilità di scattare un numero di foto eccellenti. E se i mako sono assai poco collaborativi come modelli, a causa del loro carattere guardingo, che li porta ad avvicinarsi solo saltuariamente e

Una splendida verdesca si avvicina all’autore dell’articolo e della foto stessa accompagnata da un pesce pilota.

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Lo squalo mako dalle pinne corte è uno degli animali più veloci degli oceani. Per la sua forma altamente idrodinamica lo squalo mako è chiamato anche squalo tonno. per brevissimi istanti alla gabbia, le verdesche compensano ampiamente, dal momento che più passa il tempo e più cresce la loro confidenza, la loro curiosità e la loro disponibilità a venire sempre più vicine. Il colore degli animali è perfettamente adattato a quello delle acque che abitano. In quel blu stupendo le loro forme si muovono sinuose come bagliori materializzati della stessa acqua in cui vivono, corpi che sembrano fatti di puro colore della medesima tonalità dell’ambiente che li circonda. Un’opera d’arte. Solo vedendo le verdesche vive e sottacqua si può comprendere perché molti le considerino gli squali

più belli in assoluto. Ma dal mio punto di vista i mako non sono da meno: ho sempre avuto una speciale predilezione per queste saette metalliche dall’aspetto tanto selvaggio e preistorico. I mako continuano a mostrarsi guardinghi, a tenersi a distanza salvo brevi incursioni, a scomparire e riapparire in capo a qualche minuto, mentre le verdesche vengono sempre più vicine alla gabbia. Qualcuna viene a introdurre il muso nella finestra anteriore, qualcun’altra cerca di introdurlo tra una sbarra e l’altra. Frequentemente, quando toccano le sbarre con la testa, le vediamo sollevare la membrana nittitante

Il fatto che squali mako e verdesche siano frequenti nella zona pelagica di molte aree del mondo, e che tendano ad aggregarsi in gran numero in presenza di di cibo, li pone in particolare pericolo. Queste specie rappresentano infatti le maggiori catture accessorie dei palangari

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per proteggere l’occhio (gli squali hanno palpebre immobili, tuttavia la verdesca e molte altre specie possiedono una terza palpebra mobile, detta membrana nittitante, formata da una piega addizionale della palpebra inferiore). I loro grandi occhi arrivano a fissarci a pochi centimetri dal nostro volto. Con la macchina fotografica scafandrata è comunque facile impedire loro un eventuale ingresso nella gabbia dalla finestra di osservazione. Più passa il tempo e più le verdesche diventano invadenti. Ogni tanto le vediamo andare a toccare le eliche con il muso o a morderle leggermente (è a causa delle ampolle di Lorenzini, organi di elettro-ricezione situati sulla testa e specialmente sul muso, che gli squali sono attratti dai metalli, in risposta alle debolissime correnti prodotte dalle interazioni tra l’acqua di mare e i metalli). Ogni tanto mordono le sbarre della gabbia, anche mettendosi in verticale al di sotto di questa, esattamente sotto ai nostri piedi. Curioso notare che

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Primo piano di uno squalo mako dalle pinne corte, con il caratteristico muso conico ed appuntito e i denti adunchi e prominenti. in diverse aree del mondo queste due specie di squali, mako e verdesca, si incontrano frequentemente insieme, come accade di norma anche in quest’area del Sudafrica. Per lo più i mako e le verdesche si rispettano reciprocamente, evitando ogni conflitto. Ma di tanto in tanto può accadere che mostrino reazioni violente gli uni contro gli altri, cosa che d’altra parte può accadere anche tra individui della stessa specie, in particolare quando nascono contese per la proprietà di una preda o per la priorità nell’accesso a questa. In condizioni normali né i mako né le verdesche mostrano cannibalismo, nel senso che non mangiano individui della loro stessa specie. Però in rari casi sono stati visti squali mako uccidere delle verdesche, come pure verdesche uccidere degli squali mako. Di norma in presenza di una fonte di cibo, questi squali stabiliscono gerarchie temporanee che sono basate primariamente sulle dimensioni. In generale gli squali hanno una percezione assai precisa delle proprie dimensioni e sono in

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grado di individuare con precisione e immediatezza differenze di taglia rispetto ad altri individui. Questo permette loro di sapere quando debbano cedere il passo ad individui più grandi o quando abbiano invece la prevalenza su individui più piccoli, senza bisogno di ricorrere a sanguinosi scontri, che potrebbero avere esiti gravissimi per entrambi i contendenti. Siccome entrambe le specie presentano segregazione per taglia diminuiscono ancora di più le possibilità di contrasti, poiché in una medesima area per lo più verdesche e mako tendono ad avere dimensioni simili e di conseguenza ad evitare contrasti a priori, salvo eccezioni. Il fatto che squali mako e verdesche siano frequenti nella zona pelagica di molte aree del mondo, e che tendano ad aggregarsi rapidamente e in gran numero in presenza di una fonte di cibo, li pone in particolare pericolo. Queste due specie rappresentano infatti le maggiori catture accessorie dei palangari. Si stima che un 50% delle catture di squali

a livello mondiale sia da attribuirsi a cattura accidentale nel corso di operazioni di pesca dirette ad altre specie, come tonni e pesci spada; questa cattura di animali marini non pianificata è detta bycatch o cattura accessoria. I palangari pelagici sono singole lenze lunghe da 18 a 72 km, armate con una media di 1.500 ami. Questo attrezzo da pesca è ampiamente usato in molte parti del mondo (Sudafrica incluso) per catturare tonni e pesci spada. Il numero di squali catturati coi palangari può arrivare addirittura al 90% delle catture totali. D’altra parte verdesca e mako sono considerate specie di alta qualità per il consumo umano (l’Italia ne è tra i maggiori importatori del mondo). In particolare le carni del mako sono attualmente considerate tra le più pregiate in assoluto, simili e per molti superiori a quelle del pesce spada. C’è da chiedersi come questi stupendi animali possano non essere ancora estinti, considerato il loro modesto tasso riproduttivo, ma

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non vi è dubbio che proseguendo di questo passo il loro numero sia destinato a diminuire ancora vertiginosamente. Giunge il momento di uscire dall’acqua. Alcune verdesche sono ancora nell’area quando rimettiamo in moto e ripartiamo. Ma l’avventura non è finita. Sulla via del ritorno riceviamo una chiamata da un’imbarcazione per la pesca d’altura. Ci avvertono che a breve distanza si sono imbattuti in alcuni squali sericei (Carcharhinus falciformis), specie assai difficile da incontrare in quella zona. Non esitiamo un attimo e facciamo rotta sul punto indicato. In quindici minuti siamo sul posto. Gli squali sericei sono ancora lì, sebbene l’altra imbarcazione se ne sia andata e non ci sia più esca a tenerli sul posto. Occorre essere veloci, non c’è tempo per calare la gabbia. Entriamo quindi in gabbia senza protezione. Gli squali non sembrano intimoriti, ci osservano e si fanno più vicini. Sono eleganti e

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ricordano molto le verdesche nelle loro forme, ma se ne distinguono facilmente per le pinne pettorali molto più corte, il muso più breve e la colorazione grigio-bruna. Ci poniamo in gruppo spalla a spalla, in modo da avere la situazione sotto controllo. Agli squali sericei si uniscono anche alcune verdesche. Sono tutti esemplari immaturi, sotto i due metri di lunghezza (gli squali sericei possono raggiungere al massimo 3,3 metri). Quando uno di loro si fa troppo vicino lo respingiamo prontamente. Un tempo era piuttosto comune incontrare gli squali sericei, che tipicamente si reperivano in gruppi composti da decine o centinaia di individui. Oggi anche questa specie è divenuta poco frequente nella maggior parte del suo areale di distribuzione. Assaporiamo quel momento magico, sospesi nel blu cristallino. Gli squali appaiono curiosi, ma non mostrano comportamenti decisamente aggressivi e basta un minimo sforzo per farli allontanare,

quando uno di loro diviene un po’ troppo invadente. Quindi uno ad uno si allontanano, scomparendo alla nostra vista. Risaliamo in barca col sorriso sui nostri volti. La barca sfreccia veloce in direzione della Penisola del Capo. Passiamo davanti al Capo di Buona Speranza e a Cape Point. L’immagine degli squali che nuotano sinuosi sospesi nel blu è impressa indelebile nei nostri occhi oltre che nelle immagini che abbiamo scattato. Un amico che è al mio fianco nella cabina — e che lasciando il porto molte ore prima aveva detto «Verdesche? Ma perché andiamo a vedere le verdesche?» —, ora mi ringrazia per averlo portato ad assistere ad uno degli spettacoli più belli che la natura possa offrirci. Alessandro De Maddalena Nota Alle pagine 118 e 119, di tutti gli squali, la verdesca è probabilmente il più aggraziato ed elegante; tutte le foto sono di Alessandro De Maddalena.

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Pubblicazione sul NSIS dei dati inerenti il richiamo di alimenti non conformi di Marco Cappelli

Il Ministero della Salute ha avviato la procedura per la pubblicazione delle informazioni relative al richiamo di alimenti non conformi. La successione di due circolari della DGISAN delinea le modalità con le quali gli Operatori del Settore Alimentare e le autorità competenti, ognuna con le proprie prerogative, collaborano ad un sistema di comunicazione dei dati, utile alla tutela della salute individuale e collettiva. La prima circolare ministeriale La Circolare n. 22660-P-31/05/2016 della Direzione Generale per l’Igiene e la Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione del Ministero della Salute

(Ufficio 8) ha trattato il problema del richiamo (recall) degli alimenti non conformi già arrivati al consumatore: richiamo che costituisce procedura obbligatoria a carico dell’OSA, da non confondersi con la procedura di “ritiro” da attivare invece, sempre a cura dell’OSA, nel caso di prodotti alimentari (e mangimi, ma anche materiali e oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti) ancora presenti nel circuito commerciale. I riferimenti normativi sono quelli dell’art. 19, par. 1, del Reg. (CE) n. 178/2002 e delle “Linee guida per la gestione operativa del sistema di allerta per alimenti destinati al consumo umano”, di cui all’Intesa

della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome Rep. Atti n. 204/ CSR del 13 novembre 2008 (che le diverse Regioni hanno recepito con propri atti). Come è stato trattato in un precedente contributo (IL PESCE n. 1/2017, 118-127), gli OSA devono applicare le procedure stabilite a seconda se, in base ad una valutazione del rischio, risulti trattarsi di casi in cui siano riscontrabili effetti immediati (acuti) o a lungo termine (cronici) sulla salute dei consumatori, con modalità che vanno dall’apposizione di cartellonistica nei punti vendita alla comunicazione con sistemi informatici,

Filetti di pesce.

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fino ai comunicati a mezzo stampa, radio o TV. Per la valutazione scientifica del rischio occorre fare riferimento ai criteri di cui alle “Linee guida per la comunicazione del rischio” dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA). La seconda circolare ministeriale La nuova Circolare n. 47556-P15/12/2015 riprende la precedente, ribadendo gli aspetti normativi e procedurali. La novità consiste nell’attivazione del preannunciato sistema che consente la pubblicazione delle informazioni relative ai “richiami” sul sito web del Ministero della Salute a far data dal 1º gennaio 2017. In pratica, da tale data gli Operatori del Settore Alimentare, con estensione agli operatori che trattano materiali e oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti o MOCA (ricordiamo che si tratta, per fare solo alcuni esempi, di sacchetti o pellicole per alimenti, contenitori, stoviglie, utensili per cucina, ecc…), che avessero evidenza di una non conformità riscontrata in un prodotto di cui sono responsabili e che sia già nella disponibilità dei consumatori, devono anche: • scaricare dal sito del Ministero della Salute l’apposito modello (allegato 2 alla Circolare);

L’invio all’ASL dell’apposito modello ministeriale non esime l’OSA dall’obbligo di attivare comunque le previste procedure di informazione diretta al consumatore, a partire dall’affissione della cartellonistica nei punti vendita coinvolti, che costituisce il più immediato e rapido metodo di comunicazione

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• compilare elettronicamente il modello in ogni parte; • inviare il modello compilato all’ASL competente per territorio. L’ASL effettua una valutazione di appropriatezza e trasmette il modello alla Regione, la quale lo carica sul sito web del Ministero nella sezione del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS). Se delegata dalla Regione, l’ASL provvede direttamente alla pubblicazione sul sistema NSIS: ad esso hanno dunque accesso utenti regionali registrati e abilitati e utenti delle ASL accreditati dai referenti regionali. Nel caso di accesso diretto da parte delle ASL, la Regione ha il ruolo di “amministratore di sicurezza in NSIS”. Tale pubblicazione da parte della Regione o dell’ASL delegata deve avvenire “tempestivamente o comunque non oltre le 48 ore”, analogamente a quanto sancito nel Reg. n. 16/2011. Si vuol ricordare che l’art. 3 di tale Regolamento stabilisce che i membri della rete (Stati Membri, Commissione europea, EFSA) inviano le notifiche di allarme “entro 48 ore dal momento in cui sono informati del rischio”, e che “il fatto che non siano raccolte tutte le informazioni rilevanti non deve comunque ritardare ingiustificatamente la trasmissione delle notifiche”: da ciò discende che sia preferibile pubblicare informazioni incomplete piuttosto che ritardare la pubblicazione. Le informazioni pubblicate sul sito del Ministero possono essere pubblicate dalla Regione anche sul proprio sito web. Con le stesse modalità possono essere pubblicate anche le informazioni relative alla revoca del richiamo, conseguente ad eventuali analisi di revisione che non abbiano confermato l’esito delle analisi di prima istanza. In molti casi la revoca, a causa dei tempi dell’analisi di revisione, non avrà una ricaduta pratica sul richiamo di un prodotto che sarà già stato da tempo restituito alla rete commerciale se non già precedentemente consumato, ma avrà comunque un effetto “riabilitante” per l’alimento, per il marchio e per l’OSA responsabile della produzione o della distribuzione.

Si vuol precisare che l’invio all’ASL dell’apposito modello ministeriale non esime l’OSA dall’obbligo di attivare comunque le previste procedure di informazione diretta al consumatore, a partire dall’affissione della cartellonistica nei punti vendita coinvolti, che costituisce il più immediato e rapido metodo di comunicazione. Nuovo Sistema Informativo Sanitario Non è un caso che il sistema web individuato per la pubblicazione dei dati del richiamo degli alimenti sia il NSIS, vale a dire il Nuovo Sistema Informativo Sanitario, uno strumento che supporta le autorità sanitarie e soprattutto il Ministero della Salute nella funzione di garante dell’applicazione uniforme a livello nazionale dei Livelli Essenziali di Assistenza mediante la disponibilità di informazioni pubblicate in maniera completa e tempestiva. Gli obiettivi “di governo” assegnati al sistema NSIS dalla Conferenza Stato-Regioni sono il monitoraggio dello stato di salute della popolazione, dell’efficacia e dell’efficienza del sistema sanitario, dell’appropriatezza dell’erogazione delle prestazioni in rapporto alla domanda di salute e della spesa sanitaria, a cui si aggiungono alcuni obiettivi “di servizio e comunicazione”: disponibilità a livello nazionale di un sistema integrato di informazioni sanitarie individuali, facilitazione dell’accesso degli utenti alle strutture e alle prestazioni attraverso strumenti informatici, promozione della globalizzazione dell’offerta dei servizi. Lo scopo propugnato dal Ministero con la recente circolare va visto in relazione a tali obiettivi, dato che la disponibilità di informazioni è fondamentale sia per una comunicazione trasparente, sia per un corretto monitoraggio. Verifica dell’applicazione delle procedure e provvedimenti Come già delineato nella precedente, la nuova circolare puntualizza che le ASL devono verificare la corretta applicazione da parte degli OSA delle procedure di richiamo secondo la citata Intesa CSR del 13/11/2008, adot-

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Gli obiettivi NSIS

Fonte: Ministero della Salute.

tando i seguenti provvedimenti in caso di mancata o scorretta attivazione: • contestazione all’OSA della violazione amministrativa nei confronti dell’art. 19 del Reg. n. 178/2002, la cui sanzione amministrativa pecuniaria è prevista dall’art. 4 del DLgs n. 190/2006 (da 2.000 a 12.000 euro, con possibilità di pagamento in misura ridotta, entro 60 giorni, della somma di 4.000 euro pari al doppio del minimo e alla terza parte del massimo); • contestuale imposizione all’OSA di effettuare il richiamo al consumatore (è utilizzabile, come strumento operativo, l’art. 54, paragrafo 2, lettera c, del Regolamento CE n. 882/2004); • se persiste l’inadempienza all’obbligo del richiamo e l’OSA non provvede entro 24 ore, l’ASL subentra con potere sostitutivo ad effettuare direttamente il richiamo, addebitando le spese all’OSA; in tal caso le ASL “valutano l’eventuale informativa all’autorità giudiziaria”: lo strumento normativo utilizzabile in tal senso è l’art. 650 del Codice Penale (“Inosservanza dei provvedimenti dell’autorità. Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il

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fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro”). Occorrerà preavvisare, nell’atto prescrittivo impartito ai sensi dell’art. 54 del Reg. (CE) n. 882/2004, che la violazione all’obbligo di osservare il provvedimento comporterebbe, appunto, violazione dell’art. 650 CP. Gli avvisi di sicurezza La citata Circolare del 15/12/2016 conferma che il Ministero della Salute, in via sussidiaria, possa emanare avvisi di sicurezza per i cittadini in caso di focolai di malattia a trasmissione alimentare con “correlazione almeno epidemiologica con un alimento” o in situazioni di emergenza o di crisi: gli avvisi di sicurezza emanati dal Ministero (che agisce in via sussidiaria ma, si vuol precisare, non sostitutiva) non esimono gli OSA dall’applicare le procedure obbligatorie previste. Un caso particolare di avviso di sicurezza è quello che riguarda i rischi derivanti da prodotti extra-nazionali, in attesa di avere un quadro di informazioni completo e dettagliato sui distributori a livello nazionale. Questi ultimi, una volta individuati, dovranno rispettare gli obblighi descritti. Conclusioni Il sistema di richiamo, che integra quelli di allerta e di ritiro, si è quindi

arricchito di un nuovo obbligo: quello di pubblicazione sul sito web del Ministero della Salute delle informazioni rivolte ai consumatori inerenti l’alimento (o il materiale destinato al contatto con l’alimento) risultato non conforme, allo scopo di limitare il rischio sanitario. A tale attività partecipano gli OSA e le autorità competenti (ASL, Regioni, Ministero della Salute), ognuno per le proprie competenze. La previsione di provvedimenti sanzionatori, prescrittivi e giudiziari dovrebbe garantire, con il proprio effetto deterrente, la completa esecuzione da parte dell’OSA delle procedure obbligatorie a tutela della salute dei cittadini. Tuttavia, mentre l’obbligo generale di intraprendere procedure di richiamo è pienamente sancito dalla normativa comunitaria, cogente e sanzionata a livello nazionale, non può non suscitare perplessità la scelta di introdurre solamente mediante una circolare del preposto ufficio ministeriale lo specifico obbligo aggiuntivo per l’OSA di scaricare, compilare e trasmettere all’ASL l’allegato 2 necessario per la pubblicazione dei dati. È noto infatti che un atto amministrativo emanato da un ufficio della pubblica amministrazione, denominato “circolare” o, secondo l’uso oggi corrente, “nota” (ma non cambia la sostanza), esprime la propria validità nell’ambito dell’organizzazione della

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pubblica amministrazione di riferimento (nella fattispecie l’organizzazione sanitaria), non potendo essere applicato nei confronti dei soggetti esterni che con essa hanno rapporti. Pertanto, si ritiene che lo specifico obbligo per l’OSA di compilare e inviare l’allegato 2, se in presenza di attivazione di procedura di richiamo, diverrebbe cogente per l’OSA solamente a seguito di prescrizione ufficiale da parte dell’Autorità competente, trattandolo come una inadeguatezza di carattere procedurale secondo l’art. 6, comma 7, del Decreto Legislativo n. 193/2007 (sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 6.000 euro — in misura ridotta 2.000 euro — solo dopo la verifica di inottemperanza successiva alla scadenza del termine assegnato). Solamente in caso di mancata attivazione di qualsivoglia procedura di ritiro (o in caso di scorretta attivazione, se la “scorrettezza” la rende inefficace e non tutelante la salute dei consumatori) sarebbe possibile contestare immediatamente la citata violazione amministrativa dell’art. 19 del Reg. n. 178/2002. Marco Cappelli Tecnico della Prevenzione ASL n. 5 – La Spezia Bibliografia e sitografia 1. MARCO CAPPELLI, “Richiamo di alimenti non conformi per la tutela dei consumatori”, EUROCARNI n. 9/2016, pagg. 112-121. 2. Ministero della Salute – Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS), www.nsis.salute.gov.it/ portale/temi/p2_6.jsp?lingua=ita liano&id=2978&area=sistemaIn formativo&menu=presentazione 3. EFSA, “Linee guida per la comunicazione del rischio”, edizione 2015, www.efsa.europa.eu/sites/ default/files/corporate_publications/files/riskcommguidelines150210it.pdf Riferimenti normativi 1. Circolare del Ministero della Salute, Direzione Generale per l’Igiene e la Sicurezza degli alimenti e la Nutrizione, Ufficio 8, 0022660-P-31/05/2016.

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2. Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GUCE n. L 371 del 01/02/2002), modificato dal Regolamento (CE) n. 1642/2003 (GUCE n. L 245 del 29/09/2003). 3. Intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome Rep. Atti n. 204/CSR del 13 novembre 2008, recante “Linee guida per la gestione operativa del sistema di allerta per alimenti destinati al consumo umano” (GURI n. 287 del 09/12/2008). 4. Circolare del Ministero della Salute, Direzione Generale per l’Igiene e la Sicurezza degli alimenti e la Nutrizione, Ufficio 8, 0045556-P-15/12/2016. 5. Decreto Legislativo 5 aprile 2006, n. 190, Disciplina sanzionatoria per le violazioni del Regolamento (CE) n. 178/2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel settore della sicurezza alimentare" (GURI n. 118 del 23/05/2006). 6. Regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (rettifica in GUUE n. L 191 del 28/05/2004). 7. Regio Decreto 19 ottobre 1930, n. 1398 – Codice Penale (SOGURDI n. 253 del 28/10/1930) e successive modificazioni. 8. Decreto Legislativo 6 novembre 2007, n. 193 – “Attuazione della direttiva 2004/41/CE relativa ai controlli in materia di sicurezza alimentare e applicazione dei regolamenti comunitari nel medesimo settore” (GURI n. 261 del 09/11/2007 – SO n. 228).


TECNOLOGIE

La strada verso la Smart Factory ve la indica il gruppo CSB-System

Industria 4.0 anche per le aziende del settore ittico La fabbrica del futuro sarà intelligente e collegata in rete: macchine e materie prime comunicheranno tra loro autonomamente, come in un social network, e organizzeranno la produzione, superando i confini fisici dell’azienda. È certamente ancora una visione ma non è affatto fantascienza, perché molti elementi della produzione di domani fanno già oggi parte dell’industria alimentare. Soluzioni IT innovative all’altezza delle nuove sfide, per una produzione più flessibile ed efficiente, fanno già da tempo parte del portafoglio prodotti del gruppo CSB-System.

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Tra queste: soluzioni per l’automazione della produzione, rilevamento dati aziendali e macchine on-line, soluzione Cloud o RFID. Anche la manutenzione preventiva supportata dal software, il collegamento del Manufacturing Execution System (MES) ai sistemi ERP sono da anni realtà consolidate nella pratica aziendale dei clienti del gruppo. Senza stravolgere tutto dall’oggi al domani, la strada per la “Smart Factory” richiede però un’evoluzione consapevole e mirata ed un‘integrazione di tecnologie, processi e condizioni organizzative di base.

Verso la Smart Factory Il gruppo CSB-System è il partner IT giusto per accompagnare le industrie del settore ittico in questo percorso, perché possiede gli strumenti e le competenze giuste. I passaggi verso la “Smart Factory” sono essenzialmente quattro: 1. integrazione e coordinamento di tutte le sedi di produzione e logistica. Il Supply-Chain-Management del CSB-System già oggi collega i fornitori e/o i mercati ai processi grazie all’aiuto dell’EDI e delle interfacce on-line, in modo tale che già all’inserimento

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dell’ordine risulti chiaro quali prodotti possono essere forniti e la loro qualità. Per organizzare e gestire la produzione in più sedi, invece, quest’ultime vengono collegate in rete l’una all’altra tramite soluzioni iCloud private; 2. flusso trasparente delle merci e informazioni complete con CSB Traceability. L’obiettivo di produrre in modo più efficiente possibile e in base al fabbisogno non deve andare a discapito della sicurezza del prodotto. Nell’industria ittica, per la natura dei suoi particolari processi di lavorazione di prodotti di acqua dolce, di mare, congelati al naturale o affumicati, freschi sfusi o in confezioni ad atmosfera modificata, affumicati sfusi o sotto vuoto, la freschezza ricopre un ruolo importantissimo. Con il CSB-Traceability, l’industria ittica ottiene un supporto innovativo e duraturo per ottenere freschezza garantita e totale rintracciabilità integrata. 3. Integrazione dei processi e dei flussi di informazioni. Con l’aumento del grado di automazione aumenta anche la necessità di controllo, allo scopo di riconoscere tempestivamente sospensioni, cattive performance delle macchine o capacità insufficienti. Grazie al CSB Linecontrol® fornisce in tempo reale tutti i dati sull’attuale grado di utilizzo e sulle prestazioni delle singole macchine, sia direttamente sulla linea che sullo schermo del direttore di produzione. I tempi di fermo e sospensione non pianificati vengono ridotti e l’efficienza complessiva degli impianti (OEE) si mantiene costantemente ad un

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livello elevato. 4. Automazione dei processi per un impiego efficiente e lavorazione ottimale delle materie prime. Questo aspetto è di estrema importanza per limitare l‘effetto dei prezzi in continua oscillazione e per garantire una qualità costante dei prodotti. Ruolo centrale dell’ERP-System Anche nell’era della Smart Food Factory, tuttavia, l’ERP-System mantiene il suo ruolo di colonna portante dell’azienda. A tale proposito, il gestionale CSB-System copre in maniera modulare ma integrata tutte le aree aziendali: Acquisti, Vendite, Produzione, Magazzino, Controllo Qualità e Contabilità, il tutto senza ridondanze. Grazie all’utilizzo del CSB-System, gli utenti hanno a disposizione dati aggiornati e statistiche concrete relative all’attività aziendale e lungo l’intera filiera: dal Customer Relationship Management (CRM) alla pianificazione della produzione, dalla preparazione ordini al Business Intelligence. La strada verso lo stabilimento che lavora autonomamente viene spianata soprattutto dall’integrazione tra ERP-System e MES (Manufacturing Execution System), dal collegamento, quindi, del Shop Floor con il Top Floor. Solo così si crea quella connessione tra gestione aziendale e gestione della produzione che facilita poi la comunicazione in rete da macchina a macchina. I vantaggi della Smart Factory Alla luce di quanto sopra, i vantaggi della “Smart Factory” possono essere riassunti così: • efficienza delle risorse. I prodotti intelligenti comunicheranno au-

tonomamente alla macchine come essere prodotti con il margine migliore; produzione adeguata al fabbisogno. I desideri specifici dei clienti si potranno integrare direttamente nel processo degli ordini e della produzione; intralogistica flessibile. I prodotti verranno consegnati in modo rapido e sicuro in base alle richieste e impiego di sistemi ciberfisici (CPS); pianificazioni ottimali. Il consenso dei clienti all’accesso ai loro dati consentirà l’analisi dei comportamenti d’acquisto e del fabbisogno; gestione dei macchinari. A seconda del grado di utilizzo le macchine comunicheranno automaticamente il tipo di manutenzione di cui hanno bisogno; maggiore sicurezza nella gestione dei macchinari. I robot per la manutenzione collaboreranno direttamente con le macchine con semplici applicazioni (per es. livello dell’olio), i lavori complessi verranno guidati dalle macchine.

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Da Lazzari Equipment la cubettatrice perfetta anche per il settore ittico

Cubetti, stick, petali, francobolli oppure fette intere… con Holac si può fare! Le cubettatrici HOLAC dagli anni ‘70 sono il punto di riferimento mondiale per robustezza e qualità del taglio nella salumeria industriale e nel settore caseario dove riescono a cubettare con estrema precisione anche i prodotti più difficili. La robustezza, la pesantezza e il sistema di fissaggio

particolarmente preciso degli organi di taglio delle cubettatrici Holac è l’aspetto che più le differenzia da ogni altra macchina concorrente: infatti grazie a tale precisione costruttiva riusciamo a regolare la distanza del coltello rotante dai taglienti del castello, al decimo di millimetro. Tale

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precisione permette di affrontare il taglio con una delicatezza incredibile. E voi lo sapete meglio di chi scrive: il pesce necessita di precisione, lame ben affilate e delicatezza per essere tagliato al meglio. Qualche anno fa abbiamo iniziato a fare delle prove di taglio per un

Con la cubettatrice Holac si tagliano cubetti perfetti della misura voluta, siano essi per la preparazione di tartare (in questo caso di solito si tagliano mm 8x8) o per la formatura di hamburger di pesce. 1) Cubetti di branzino di mm 8x8. 2) Cubetti di salmone di mm 8x8. 3) Cubetti di calamaro di mm 8x8. 4) Cubetti di pesce spada di mm 8x8.

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La cubettatrice Holac Cubixx 100L permette qualsiasi tipo di taglio abbiate in mente: cubetta pesce per tartare, frutta e mozzarella, carni e salumi in strisce, cubetti, francobolli o stick. Taglia anche a fettine salumi come salame o würstel. primario cliente del settore ittico che intendeva iniziare la produzione di tartare di salmone e tonno, ma aveva un problema: non voleva tagliare a freddo, bensì a temperatura di cella di mantenimento e per questo era costretto a cubettare a mano poiché nessuna macchina riusciva a tagliare senza smelmare e spappolare la delicata e morbida carne di pesce. È iniziata così la nostra avventura in questo settore, quasi per caso e senza cercarla. Oggi abbiamo un’esperienza maturata dalle molte installazioni delle nostre cubettatrici in aziende primarie dell’ittico e nei reparti gastronomia dei leader della Grande Distribuzione dove si preparano sempre più prodotti a base di pesce. Con la cubettatrice Holac, riusciamo a tagliare baffe di salmone a temperatura ambiente in cubetti perfetti

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della misura voluta (di solito la tartare di pesce si taglia in 8x8 mm), tranci di tonno (anche se con tessuti connettivi), branzino morbido anche appena decongelato, pesce spada sia dolce che affumicato, ecc… I cubetti così ottenuti sono perfetti per la preparazione di tartare ma anche per la formatura di hamburger di pesce sempre più di moda. La versatilità della cubettatrice Holac permette di utilizzarla per innumerevoli altri tagli utili alla preparazione di piatti pronti a base di pesce Quando si parla di Holac, cubettatrice non significa solo cubetti. Con la stessa macchina, infatti, possiamo tagliare a fettine sottili carpaccio di polipo (precedentemente insaccato in idoneo diametro e cotto) oppure tagliare a tocchi i calamari (Dosi-

dicus gigas), in striscette le ali di totano, oppure tagliare polpi interi in grossi cubi da mm 20x20 per la preparazione di insalate di piovra. Inoltre, potrete tagliare qualsiasi salume a base di pesce come carpacci affumicati di vario genere. Un altro utilizzo piuttosto remunerativo è la piccola cubettatura dei vari ritagli e scarti di pesce che inevitabilmente ha ogni azienda ittica: potrete così valorizzare del prodotto di scarto utile ad altre aziende alimentari per lavorazioni diverse come la pasta ripiena, i sughi pronti, ecc… Che siano cubetti, stick, petali o francobolli oppure fette intere, con la cubettatrice Holac si può fare! Con la stessa cubettatrice potrete inoltre tagliare anche le verdure, sempre utili e necessarie per la preparazione di piatti pronti.

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1) Il polipo mentre esce dalla bocca di taglio 20x20 millimetri. 2) Cubetti di polipo di mm 20x20. 3) Carpaccio di polipo in fettine spesse mm 2. 4) Ali di totano 6x50. La gamma di cubettatrici Holac adatte al taglio di pesce è articolata in tre versioni, per soddisfare ogni esigenza. Si va dalla più piccola cubettatrice a caricamento manuale, Holac Cubixx N, con comandi analogici, alla media (sempre a caricamento manuale) Holac Cubixx L con cassetto di carico lungo mm 400 e comandi operatore touch screen con memorizzazione delle ricette, alla più grande cubettatrice Holac Cubixx LP, dotata di tramoggia per il carico automatico, ghigliottina idraulica per il pre-taglio di pezzi di grandi dimensioni e nastro di

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alimentazione per un inserimento in linee produttive ma anche perfetta per essere posizionata di fianco ai tavoli dove si fa la sfilettatura, con il nastro di alimentazione alla portata degli operatori. La gamma di macchinari Holac adatti alla lavorazione del pesce si chiude con la taglia tranci Sect28Ct, che in automatico è in grado di tagliare salmoni o altri grandi pesci in tranci perfetti. Potrete visionare il nuovo sito di Lazzari Equipment, con la sezione dedicata al pesce, all’indirizzo www.lazzariequipment. com/pesce.html

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Il piacere della tavola Un cammino esperienziale in sessanta tappe per indagare, conoscere e, soprattutto, imparare ad apprezzare i piaceri della tavola e della gastronomia Tre sono gli aforismi del più celebre gastronomo di tutti i tempi, JEAN ANTHELME BRILLAT-SAVARIN, che celebrano il piacere della tavola. Il primo afferma che questo piacere è di tutte le età, di tutte le condizioni sociali, di tutti i paesi e di tutti i giorni, può associarsi a tutti gli altri piaceri e resta ultimo a consolarci della loro perdita. Il secondo aforisma dice che il piacere di mangiare è il solo che, preso modestamente, non è seguito da stanchezza. Infine il terzo, forse il più celebre, dichiara che la scoperta di un nuovo manicaretto fa per la felicità del genere umano più della scoperta di una stella. Affermazioni pienamente condivisibili e

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che oggi devono essere completate da approfondimenti, perfezionamenti e ammodernamenti, perché il mangiare e soprattutto l’idea che abbiamo di questa essenziale funzione cambiano con le società e i tempi. In questa linea si pone una recente pubblicazione di GIOVANNI BALLARINI intitolata Il piacere della tavola, con la prefazione di GIACOMO RIZZOLATTI (Diabasis, Parma, 2016). Entrambi sono professori presso l’Università di Parma, il primo da diversi decenni antropologo alimentare e il secondo neuroscienziato e celebre scopritore dei “neuroni specchio”. Un’associazione a prima vista strana, ma tale non è, conside-

rando che il piacere è una funzione soprattutto cerebrale. Se sono i sensi che percepiscono, è il cervello che li elabora, anche in base alla memoria, trasformandoli in senso di disgusto, gusto e piacere. Tre sono le pulsioni umane che si collegano al cibo affrontate da Giovanni Ballarini: paura, piacere e potere, che si riflettono anche nell’alimentazione, in tutte le sue espressioni. La paura del cibo e il cibo come potere sono strettamente legati al piacere del cibo, in tutte le sue mani festazioni; per questo deve essere esaminato e conosciuto. Il piacere del cibo, un vizio contro

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GIOVANNI BALLARINI Il piacere della tavola Diabasis, Parma, Collana: I sensi pp. 222 – € 18,00 il quale si scagliavano le religioni, oggi sostituite dalle scienze mediche più miopi e tecnologicamente restrittive, è una dimensione che raccoglie un’in finita varietà di elementi, costitutivi di un’umanità che, unica tra tutte le specie, ha inventato la cucina portandola ai livelli di una gastronomia che, in quanto arte, deve dare piacere. Conoscere i piaceri dei cibi e della cucina, con le sue regole e miti, è riportare la cucina e la gastronomia ai loro ruoli costitutivi di una Civiltà della tavola. L’alimentazione è un atto sociale oggi messo in crisi dall’industrializzazione alimentare, dal progressivo decadimento di rapporti della società urbana con l’ambiente dal quale originano i cibi, dalla progressiva ignoranza, anche simbolica, dell’alimentazione quale elemento d’identificazione personale e sociale, ma soprattutto dall’aver perso molte delle dimensioni del piacere dei cibi, della cucina e della tavola. Molti sono i piaceri del cibo ricordati nel libro di Giovanni Ballarini. Mangiare non è tanto un atto agricolo (WENDELL BERRY) quanto un gesto ecologico, politico e soprattutto sociale, e i piaceri del cibo sono aumentati dalla conoscenza (MICHEL POLLAN) dei suoi

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mille significati, ognuno dei quali diventa occasione di piacere. In proposito se ne ricordano i principali. Il cibo è nutrimento e se è equilibrato, buono, sano, lo saremo anche noi. Può essere buono “per noi”, goloso e gustoso, e buono “per l’ambiente”, biologico. Il cibo è tradizione e nei piatti tipici e tradizionali si conserva una parte della cultura di un popolo, di una regione, e si tramandano antichi saperi. Il cibo è amicizia e la sua offerta è il primo gesto di simpatia, se non familiarità, in ogni parte del mondo, e diviene gioia quando lo si condivide con le persone che abbiamo vicino. Il cibo è ritrovarsi e per una famiglia, sempre più spesso “allargata”, il momento del pranzo e quello della cena sono l’occasione per riunirsi. A tavola, insieme con le pietanze, si incontrano, si consumano e si eliminano, con gesti conviviali, i piccoli impacci, le ruvide cortesie, gli sbalzi di nervosismo, le storie degli invitati. Il cibo è festa e non si può pensare a nessuna occasione di festeggiamento, in tutti i luoghi, all’aperto e a casa, senza una tavola curata, più o meno ricca a seconda del numero e del tipo di portate, comunque immaginate e preparate con soddisfazione e gioia. Il cibo è socialità e approfondimento di rapporti collettivi, e quando, per motivi di lavoro, ci si ritrova attorno a una tavola, si è più franchi, schietti, è più facile comunicare e lasciarsi andare. Il cibo è piacere, è uno dei godimenti della vita: un piatto fumante, con i suoi profumi allettanti, soddisfa il nostro appetito e ci appaga. Il cibo è un rito quasi liturgico. L’attenzione nel preparare la tavola, la cura nel cucinare i piatti preferiti sono momenti preziosi da ritagliarsi come antidoto alla odierna frenesia e da pensare come gesti per prendersi cura di sé. Il cibo è una coccola, dal vol-au-vent dell’antipasto al cioccolato e cognac del dopo-pasto. Il cibo è un atto sensuale, il miglior preliminare all’intimità, con tutti gli “ingredienti” giusti: l’atmosfera, i sapori, i gesti… e l’amore. Nota Photo © Rawpixel.com – Fotolia.


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