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cap.9 • Fuga dalle Olimpiadi

Capitolo 9

Fuga dalle Olimpiadi

«Accidenti Lorenzo, sei stato proprio bravo!» si complimentò Camilla. «Grazie per quello che hai fatto per me, anche se mi hai dato il nome di una capretta…» e lo baciò su una guancia facendolo diventare rosso come una fragola matura.

«È stato geniale chiamarci con i nomi dei nostri amici iloti» aggiunse Adriano.

«Macché geniale! In quel momento sono stati gli unici nomi greci che mi sono venuti in mente» disse Lorenzo, ancora emozionato per il bacio.

«E il cioccolato allora? Sei stato davvero grande!» aggiunse Adriano. «Anche se hai dovuto corrompere una guardia».

«Già, però ora sono rimasto senza. Era l’ultima barretta e mi è venuta una fame… Chissà, forse 72

qui vendono pop-corn o patatine fritte».

«Mah... non credo proprio. Ora però andiamo a goderci la corsa dei carri!» sollecitò Adriano.

«Un momento ragazzi, fatemi aggiustare i capelli» disse Camilla mentre li raggruppava formando un codino in modo da sembrare un ragazzo.

«Come sto?» chiese come cercando uno specchio.

«Benissimo. Nessuno si accorgerà del tuo travestimento» e i tre salirono sulle gradinate dell’ippodromo.

Mentre attendevano l’inizio della gara, un uomo, con capelli e barba poco curati, di aspetto trasandato, ma dall’aria simpatica, iniziò a interrogare i tre ragazzi.

«Da dove venite?» chiese curioso.

Lorenzo rispose con lo stesso racconto fatto al soldato di guardia, ma questa volta non sembrò funzionare.

«Secondo me hai raccontato una gran bella bugia. Però state tranquilli, non farò la spia. Piuttosto, sapete qualcosa sulle Olimpiadi?»

«Certo. Si disputano, in onore di Zeus, ogni quattro anni e durante il loro svolgimento si fermano tutti i conflitti tra le città greche» disse Lorenzo con il tono del primo della classe.

«Le gare» aggiunse Adriano, che non ci stava a far passare l’amico per il più istruito dei tre, «comprendono molte specialità sportive: la corsa dei carri, quella dei cavalli montati da fantini, poi le cinque speciali del péntathlon, poi ancora corsa di resistenza, lotta, pugilato e infine il violentissimo pancrazio».

«Già, si tratta di una lotta senza esclusione di colpi. Il combattimento termina solo quando uno dei contendenti non è più in grado di continuare. Allora, alza la mano e si arrende» disse Camilla per non essere da meno.

«Bravi ragazzi! Da qualunque posto veniate, siete proprio preparati» disse l’uomo.

«Eh sì, la nostra maestra Martina è in gamba. Ma tu chi sei? Perché ci fai tutte queste domande?» chiese Adriano a quell’uomo così curioso.

«Avete ragione, non mi sono ancora presentato. Mi chiamo Socrate e sono un filosofo».

«Che emozione! Incontrare un filosofo in carne e ossa. Un vero piacere… io sono Camilla, la giornalista di punta della Gazzetta di Clio» disse la ragazza tradendo la sua identità.

«Che cosa dici?» la rimproverò Lorenzo «Lo scusi signor filosofo, a mio fratello piace scherzare…»

«Non preoccupatevi ragazzi, con me non dovete 74

mentire. Ho capito che sei una fanciulla» disse sorridendo rivolto a Camilla.

«Grazie per la sua complicità signore. Lei è proprio simpatico. Ma mi tolga una curiosità, che cosa fa di preciso un filosofo?» domandò Adriano.

«Cerca di capire il mondo, figlioli. Si interroga sui grandi temi dell’esistenza, come la vita, la morte, l’amore, la bellezza, il bene, il male… tenta di dare una spiegazione ai fenomeni fisici e ai comportamenti degli uomini… del resto il termine filosofia significa proprio amore per la conoscenza».

«Che bel mestiere!» esclamò Lorenzo, sentendosi anche lui un po’ filosofo.

Era molto piacevole e interessante dialogare con Socrate. Avrebbero continuato volentieri quella chiacchierata, ma la corsa stava per iniziare e il tifo del pubblico era diventato assordante.

I carri, ognuno dei quali era trainato da quattro cavalli, erano pronti alla partenza.

A un tratto qualcuno lasciò volare un’aquila sulla pista: quello era il segnale del via. Presto la terra iniziò a tremare e una nuvola di polvere si alzò offuscando il cielo.

I concorrenti dovevano doppiare dodici volte le due mète poste all’estremità longitudinale del-

la pista. Per questo erano costretti, ogni volta che le raggiungevano, a curve pericolosissime. Già al primo giro due carri urtandosi avevano causato un pauroso incidente. Altri tremendi scontri si verificarono nel corso della gara, e sia gli aurighi, i guida-

tori dei carri, sia i cavalli, ne uscirono malconci.

«Così si fanno male!» esclamò Camilla.

«L’importante non è partecipare?» domandò con una certa ironia Lorenzo.

«Al contrario ragazzi. Per i Greci l’importante è vincere! Prima di scendere in campo gli atleti invocano Zeus, pregandolo di concedere loro o il trionfo o la morte. Arrivare secondi è una vera e propria umiliazione» spiegò il filosofo.

La gara si fece sempre più avvincente. I nostri amici si erano scelti ognuno un carro per cui tifare. Quello preferito da Camilla sembrava andare davvero forte e infatti, dopo un incredibile testa a testa con il concorrente scelto da Adriano, vinse per un soffio proprio sulla linea del traguardo. La ragazza si mise a gridare e a saltare di gioia, e come al solito esagerò, tanto che le si sciolsero i capelli e la voce da ragazzina attirò subito l’attenzione di più di uno spettatore.

«Tu sei una donna!» esclamò un uomo.

«Chi ti ha fatto entrare?» domandò un altro signore.

«Questa è una grave offesa a Zeus» si sentì urlare.

«Ragazzi, presto, diamocela a gambe!» disse Socrate. «Seguitemi, conosco un passaggio segreto 78

per uscire velocemente dall’ippodromo».

«Piano… Non riesco a starvi dietro» si lamentò Lorenzo che faticava molto a causa dei suoi chili di troppo.

«Non mollare figliolo! Se ci prendono sono guai» disse il filosofo trascinando il ragazzo per un braccio.

Riuscirono a raggiungere il sidecar giusto in tempo per evitare una sonora bastonata.

«Adriano, questa volta vedi di non sbagliare epoca» sottolineò Camilla, «altrimenti puoi dire addio alla tua Kitty!»

«Non preoccuparti, tra poco potrai fare questa benedetta intervista a Pericle».

«Siete diretti ad Atene?» chiese Socrate.

«Sì» risposero i ragazzi mentre montavano sulla moto.

«Vengo anch’io!» esclamò il filosofo.

«Ma non c’è posto» disse contrariato Lorenzo.

«Mi adatterò, ragazzi» disse Socrate, che nel frattempo si era già sistemato sul portapacchi, dietro Adriano.

«Così è pericoloso! La moto farà fatica con quattro passeggeri! Senza casco poi…» esclamò Adriano.

«Tu pensa a far partire questo cavallo di ferro,

a tenermi saldo ci penso io» disse Socrate, mentre all’orizzonte spuntava il gruppo inferocito di spettatori che non aveva smesso di inseguire i nostri viaggiatori.

Camilla e Lorenzo incrociarono le dita e pensarono: “Speriamo che parta! Speriamo che parta!”.

E... sììì! La moto partì.

Così, in fretta e furia, fuggirono verso l’Atene di Pericle.

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