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cap.11 • A teatro

Capitolo 11

A teatro

Arrivarono davanti a una costruzione bianca, una casa molto curata e con un bel giardino pieno di piante d’ulivo.

«Sofocle, amico mio, sei in casa?» domandò bussando al portone d’ingresso.

«Chi mi cerca?» rispose una voce tonante. «Socrate? Qual buon vento ti porta da me?»

«Mi servirebbe un grande favore. Questi tre giovani amici provenienti da una lontana colonia avrebbero urgenza di parlare con Pericle. Magari tu potresti...»

«Siete fortunati figlioli. Ho un appuntamento con Pericle proprio domani mattina. Vi porterò con me» disse Sofocle.

«Grazie e a buon rendere!» esclamò soddisfatto il filosofo. «Ora però devo proprio salutarvi» disse poi rivolto ai ragazzi. «Non posso fare tardi a casa, altrimenti sapete che cosa mi aspetta» e dopo aver salutato con affetto, sparì velocemente inghiottito dalle strade della città.

«E noi che cosa facciamo fino a domani mattina?» chiese Lorenzo.

«Come che cosa fate? Venite a teatro con me» disse Sofocle.

«A teatro? Impossibile!» esclamò Camilla.

«Impossibile perché?» domandò l’uomo.

«Perché non ho niente da mettere!»

Ci pensò Nicostrata, la moglie di Sofocle, a trasformare Camilla in una perfetta fanciulla ateniese. La donna si procurò una bella tunica bianca, una cintura, un prezioso scialle rosso e un paio di raffinati sandali di cuoio.

«Grazie signora, non avrei saputo come fare senza il suo aiuto. Non si può andare a teatro conciata così» disse la ragazza facendo cenno alla sua tuta da ginnastica.

«Hai ragione figliola, il teatro è un luogo importante e va onorato con un abbigliamento adeguato» osservò Nicostrata mentre passava delicatamente un estratto vegetale sulle guance della

ragazza per renderle più rosee.

«Ecco, così sei a posto. I tuoi amici non ti riconosceranno».

La donna aveva ragione: Camilla era proprio uno splendore. Se Kitty l’avesse vista in quel momento sarebbe di sicuro morta di invidia. E con questo dolce pensiero uscì dal gineceo e si diresse verso il cortile dove l’aspettavano i suoi due amici e Sofocle.

Se era vero che Adriano e Lorenzo non l’avrebbero mai riconosciuta se non dalla voce, era altrettanto vero che anche Camilla avrebbe fatto molta fatica a identificare i suoi compagni di viaggio se li avesse incontrati per le strade di Atene. Anche loro, infatti, grazie all’aiuto di Sofocle, erano vestiti come due ragazzi greci e, a dire tutta la verità, stavano proprio bene.

«Però, Camilla, non sei mica tanto brutta!» esclamò Adriano, che in realtà era rimasto folgorato dalla bellezza della ragazza.

«Spiritoso. Tu invece sei brutto pure vestito da Greco!» replicò la ragazza, che in realtà pensava di non aver mai visto un ragazzo così carino.

«Ora sì che sembrate degli ateniesi!» esclamò soddisfatto il padrone di casa interrompendo i due ragazzi. «Andiamo, altrimenti faremo tardi».

«Ma signor Sofocle, il sole è ancora alto. Non è un po’ troppo presto per andare a teatro?» chiese Camilla.

«E poi a digiuno?» aggiunse Lorenzo, al quale era da tempo passato l’effetto delle olive e del pane di sesamo.

«Non so dalle vostri parti...» disse divertito l’uomo, «ma in questa città gli spettacoli possono durare anche un’intera giornata, quindi gli spettatori si portano il cibo da casa. Sarà uno dei miei schiavi a seguirci con una sacca piena di tanto buon cibo. Mangeremo in una pausa dello spettacolo, state tranquilli».

Così, rassicurati da quelle parole, i tre ragazzi furono ben lieti di seguire Sofocle per vivere un’esperienza davvero straordinaria.

Appena entrarono nella cavea del teatro, già gremita di gente, scoppiò un fragoroso applauso.

«Che peccato! Lo spettacolo deve essere già iniziato» esclamò Camilla.

«Non hai capito? Stanno applaudendo lui, Sofocle» disse Lorenzo.

«Allora lei è davvero famoso?» domandò Adriano mentre i quattro si accomodavano nei posti riservati alle autorità.

«Diciamo di sì. Ad Atene il teatro è molto im-

portante. Non è una semplice forma di spettacolo, ma un vero e proprio rito religioso in onore del dio Dioniso. Del resto anche questo teatro è intitolato a lui. Inoltre questi spettacoli rappresentano per tutti i cittadini un’occasione per riflettere e discutere su argomenti che riguardano sia la vita delle persone sia quella della città. Di conseguenza, chi come me scrive da sempre spettacoli di successo e ha vinto tante sfide contro gli altri poeti tragici, non può che essere amato dagli ateniesi».

«Ci sono gare anche tra autori teatrali?» domandò Camilla, senza mai smettere di prendere appunti.

«Certo. Si chiamano Dionisie e si svolgono in primavera. Non ve l’ha detto Socrate che i Greci amano gareggiare sempre e soprattutto vincere?»

A quel punto arrivò lo schiavo con le provviste.

Ovviamente Lorenzo non si trattenne. «Signore» disse, «in attesa che inizi lo spettacolo, perché non mettiamo qualcosa sotto i denti?»

«Certo figliolo, fai pure».

E così anche Camilla e Adriano ne approfittarono per assaggiare le specialità di casa Sofocle.

«Di che cosa tratta lo spettacolo di questa sera?» chiese Lorenzo finalmente a pancia piena e sod-

disfatto.

«Di Eracle, lo conoscete?»

«Ercole! Certo, la maestra Martina ci ha raccontato tutte le sue dodici fatiche» disse Lorenzo.

«La rappresentazione di questa sera tratta una delle sue incredibili imprese?» chiese Camilla.

«No, le sue fatiche non c’entrano. Lo spettacolo si intitola Le Trachinie, perché si svolge in una città greca di nome Trachis, dove abita Eracle».

«Se è una tragedia, vuol dire che va a finire male. Chi muore?» chiese Camilla.

«Eracle» rispose Sofocle.

«Ma Eracle, cioè Ercole, non era un dio, quindi immortale?» domandò Camilla.

«Eracle vive come un eroe, quindi come un essere mortale, anche se dotato di poteri straordinari. Poi, proprio sul punto di morire, viene rapito da Zeus, portato nell’Olimpo e promosso a dio immortale» spiegò Sofocle.

«Sssh… silenzio… lo spettacolo sta per iniziare» qualcuno ammonì. E tutti tacquero.

Così, nell’orchestra, il coro iniziò a narrare la storia della fine del grande Ercole danzando e cantando. Poi, sulla scena apparvero gli attori, tutti mascherati e tutti uomini, essendo vietato alle donne recitare.

«Le maschere» spiegò sottovoce Sofocle, «servono per caratterizzare i personaggi, il loro stato d’animo. Inoltre hanno anche la funzione di amplificare la voce».

Quando la rappresentazione terminò, Adriano, Camilla e Lorenzo, pur felici di aver assistito a quello spettacolo unico, avvertirono una grande stanchezza. Così, quando tornarono a casa di Sofocle, della quale furono per quella notte ospiti, non fecero fatica a prendere sonno.

Si addormentarono in un baleno, ognuno seguendo un proprio pensiero.

Adriano pensò al sidecar rimasto in balìa di Santippe, Lorenzo alla fame che non riusciva a placare, Camilla all’intervista a Pericle.

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