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Luna e GNAC

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La pietanziera

La pietanziera

Ogni venti secondi, alla scadenza, in cielo, c’era una strana intermittenza: la sera si alternavano la Luna e il GNAC, come in un orologio il Tic e il Tac. Quel fantastico soffitto luminoso lo si doveva guardare in modo frettoloso: senza intrattenersi nel particolare, per non perdersi l’insieme spettacolare. Ma venti secondi erano davvero niente e alla scadenza c’era una scritta fosforescente: era il GNAC che, alla sua accensione, toglieva del firmamento la splendida visione. La Luna impallidiva su un cielo nero e piatto, le stelle si spegnevano tutto d’un tratto, e i gatti si zittivano rizzando il pelo, quando il GNAC fermava la Terra e il Cielo. Il GNAC era parte di un’insegna pubblicitaria che pareva come fosse sospesa in aria: SPAAK-COGNAC era integralmente, ma da lì si vedeva il GNAC solamente.

La famiglia di Marcovaldo stava al balcone e ognuno era travolto da diversa emozione, ma venti secondi e… cambio d’atmosfera, con il GNAC sembrava d’essere in balera.

In mezzo a questa tempesta di passioni, Marcovaldo indicava ai figli le posizioni di alcuni corpi celesti nel sistema solare: i due celesti Carri e la Stella Polare. Indicando la C del GNAC fosforescente, chiesero il nome di quella stella differente e se per caso quella sua gobba a levante, volesse dire che era una C calante.

Poveri piccoli, avevano fatto confusione tra le stelle e quell’illuminazione, perché a ogni GNAC i celesti astri si confondevano coi commerci terrestri.

I bambini giocando alla guerra miravano al GNAC per stenderlo a terra: con un Ta-ta-ta-tà di venti secondi riuscivano a spegnerlo ed erano contenti. Per Marcovaldo sarebbe stata una gran cosa spegnere per davvero quella scritta fastidiosa e Michelino volle cogliere l’opportunità, prese la fionda e coi sassi fece Ta-ta-ta-tà. Il GNAC si trasformò in tanti frammenti che come pioggia caddero sui tetti spioventi; per un’incredibile e fortuita coincidenza, il GNAC all’ultimo tà ebbe scadenza.

Così iniziarono a contare tutti quanti: uno due tre, dieci, undici… venti! Però niente… il GNAC non si accendeva e il cielo di luna e stelle riluceva.

Il bersaglio era stato centrato, e il cielo adesso era un manto stellato: per tutta quella notte e la seguente non si vide quel GNAC fluorescente. Dopo un’altra sera sotto il firmamento Marcovaldo notò un certo movimento: due elettricisti coi loro attrezzi controllavano ciò che era andato in pezzi. Con l’aria di chi predice il futuro, pensò a un’altra notte di GNAC di sicuro, poi qualcuno bussò al suo campanello: forse era in cerca del birbantello.

Un agente di pubblicità luminosa, sembrava volesse chiedergli qualcosa: a Marcovaldo prese la tremarella, cercavano certo l’autore della marachella.

Prima che l’agente pronunciasse parola, il povero Marcovaldo, col cuore in gola, spiegò che era stata soltanto una ragazzata e non sarebbe certo mai più capitata. L’agente Godifredo lo ascoltò attentamente, ma tutto ciò non gli interessava per niente, infatti non lavorava affatto per la SPAAK, ma per la rivale COGNAC TOMAWAK. Così finì che i due firmarono un contratto, uno scorretto e disonesto patto: ogni qualvolta il GNAC veniva riattivato, doveva essere colpito e abbattuto. Un diabolico piano studiato a puntino segnò della SPAAK il totale declino e nel cielo di Marcovaldo tondeggiava la luna piena che il cuore illuminava. Ma il sogno di Marcovaldo durò niente e di nuovo una luce intermittente cancellò la luna e il firmamento: solo COGNAC TOMAWAK, che tormento!

Ci si ritrova spesso, in questa esistenza, a vivere la natura con intermittenza, ad ammirar le luci piuttosto che le stelle, e a rinunciar per soldi alle cose più belle.

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