Roberto Melchiorre
DA NTE A LIGHIER I
LeggerMENTE è la nuova collana di narrativa per la scuola secondaria. Il suo obiettivo principale è offrire ai ragazzi libri classici o inediti, storie di attualità o di fantasia, per riscoprire pagina dopo pagina il piacere della lettura.
www.leggermente.info 2 I a R 1ig HIE 16 Sp IG -4 La E AL -468 NT -88 DA 978 BN
IS
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€ 7,70
DANTE ALIGHIERI
In questo libro si racconta il Dante intimo, quotidiano, quello delle sue passioni, dei suoi amori, dei suoi amici e delle sue tante battaglie, sia militari sia politiche. Si parla, quindi, soprattutto dell’uomo - con i suoi pregi, l’immenso talento, ma anche con i suoi difetti - punito dai concittadini di parte avversa con la più crudele delle pene: l’esilio, la cacciata perpetua dalla Patria tanto amata. E poi c’è la storia della Firenze del tempo, intricatissima, ma rievocata con grande chiarezza e rigore storico. Alla parte narrativa si aggiunge un corposo Focus di approfondimenti riservato alle fonti, al profilo dei personaggi principali che hanno popolato l’esistenza del Poeta e le sue opere, ai ritratti che i maggiori pittori della storia hanno dedicato all’immagine di Dante. Infine, al termine del volume, si trovano molte proposte di attività didattiche originali e coinvolgenti, utili per concludere al meglio la lettura del racconto.
Roberto Melchiorre
Dante Alighieri
Il racconto di una vita
BIOGRAFIA
Roberto Melchiorre Dante - Il racconto di una vita www.robertomelchiorre.com Responsabile editoriale: Beatrice Loreti Art director: Marco Mercatali Responsabile di produzione: Francesco Capitano Redazione: Carla Quattrini Impaginazione: Anna Biondini Illustrazioni: Daniele Fabbri Foto: Shutterstock, Archivio La Spiga Edizioni
© 2021 Eli - La Spiga Edizioni Via Brecce, 100 - Loreto tel. 071 750 701 info@elilaspigaedizioni.it www.elilaspigaedizioni.it Stampato in Italia presso Tecnostampa - Pigini Group Printing Division - Loreto - Trevi 21.83.021.0 ISBN 978-88-468-4161-2 Le fotocopie non autorizzate sono illegali. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione totale o parziale così come la sua trasmissione sotto qualsiasi forma o con qualunque mezzo senza previa autorizzazione scritta da parte dell’editore.
Indice p. 3 Indice (in arrivo) Presentazione ............................................................................... 4 Antefatto........................................................................................ 7 Appunti manoscritti di Dante Alighieri.................................... 9 I Sul principio della mia vita................................................. 12 II Su come iniziarono le lotte tra guelfi e ghibellini........... 16 III Sulla mia famiglia................................................................. 22 IV Sulla breve eterna vita di Beatrice Portinari.................... 28 V Su quando fui soldato per la difesa della mia città......... 35 VI Su come i guelfi si divisero tra Bianchi e Neri................. 42 VII Sull’origine delle mie sciagure............................................ 46 VIII Su come persi il mio primo amico..................................... 51 IX Su come accadde che fui cacciato da Firenze.................. 56 X Sulla mia vita di esule senza colpa..................................... 62 XI Su come e perché mi dichiarai pentito innanzi ai Neri........ 69 XII Sul sogno che feci l’altra notte............................................ 77 XIII Sulle ultime delusioni.......................................................... 80 Focus Le fonti e Giovanni Boccaccio ........................................................... 88 Leonardo Bruni ..................................................................................... 94 Giovanni Villani .................................................................................... 95 Dante si racconta .................................................................................. 96 I ritratti ................................................................................................... 101 Cronologia essenziale della vita di Dante ...................................... 107 Intervista a Marco Lodoli .................................................................. 111 Per saperne di più ................................................................................ 113 Dante nella rete .................................................................................... 114 Attività didattiche ................................................................................ 116
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Sul principio della mia vita 31 agosto 1321 Ieri le febbri non mi hanno dato tregua. A nulla sono valsi gli interventi del mio medico e delle persone care che si stanno prendendo cura di me. Oggi, invece, mi sento meglio: gli occhi non mi bruciano e le mani hanno smesso di tremare. Per questo ho deciso di dare seguito al proposito di narrarvi la mia vita. Non credo che il Signore mi concederà il tempo per dire tutto quello che avrei voluto, ma credo che riuscirò a farvi partecipi dei fatti principali della mia esistenza. Lo farò partendo dal principio, dal racconto dell’infanzia e della giovinezza e di come Firenze si divise tra fazioni in odiosa lotta tra loro. Molti sono convinti che il nome di una persona, se ben interpretato, possa svelare il destino di chi lo porta. Per quanto mi riguarda la questione si complica, perché sono stato battezzato come Durante, anche se tutti mi hanno poi conosciuto come Dante. Sicché, chi volesse esercitarsi a scorgere dai due nomi ciò che sono stato, quello per cui sono nato, dovrebbe fare una doppia fatica e, probabilmente, non metterebbe d’accordo i due modi di nominarmi. Ma questo poco importa perché credo che talvolta vada interrogato non il nome che ci hanno imposto, ma quello che ci siamo dati per una vita intera. Perciò è in Dante che va ricercato il mio destino. Esso è il participio presente di dare, ed esprime un donare sempre e comunque. Ed io, almeno per ciò che riguarda il pensiero, la poesia e la lingua, credo 12
I - Sul principio della mia vita
di aver donato a piene mani. Del resto, il piacere del dono, dell’offrire - magari con una certa superbia, ma senza alcun interesse se non quello per la gioia ritratta negli occhi di chi riceve - è una caratteristica dei Gemelli, costellazione che mi ha visto nascere nel 1265. Tuttavia, pur se il nome dice della mia sorte e lo zodiaco del mio carattere, è alla mia città che devo ciò che sono. Firenze, come vedrà chi avrà la bontà e la pazienza di leggere questi appunti, non mi ha solo visto nascere, ma ha dato senso e sostanza alla mia esistenza, nel bene e nel tanto male che mi ha recato. E ancora oggi, scorgendo all’orizzonte la mia fine sempre più vicina e sempre più irrimediabilmente lontana dalle rive dell’Arno, è a lei che sento d’essere legato, più che a una madre, più che a qualsiasi altra creatura che pur ho amato riamato. Sono nato in una casa assai decorosa, di buona fattura, anche se non da gran signore, e che non ha mancato di offrirmi angoli silenziosi dove rifugiarmi indisturbato con i miei pensieri, a scrivere e studiare. Si trovava nella parrocchia di San Martino al Vescovo, nel sesto di San Piero Maggiore, di fronte alla Torre della Castagna. Una zona centrale, quindi, dove abitavano alcune delle famiglie più in vista della città, come i Cerchi, i Donati e i Portinari le quali, pur vivendo nello stesso quartiere, non erano mai in pace tra loro, sempre pronte a far scorrere il sangue pur di primeggiare l’una sull’altra, nella politica come negli affari. Per questo approfittavano di ogni buona occasione per allargare i confini delle proprie residenze, aggiungendo oggi un fondaco, domani un palazzotto oppure innalzando una nuova torre, possibilmente più alta di quelle delle famiglie rivali, da dove sorvegliare i propri interessi o rintuzzare eventuali attacchi. Era una Firenze molto diversa da quella che, almeno così mi è stato riferito, si presenta oggi agli occhi di un viaggiatore che abbia la fortuna di giungervi. 13
Dante. Il racconto di una vita
La città in cui vissi fino a trentasei anni era tutta vicoli affollati, botteghe vivaci, piazzuole, alternati da vigne, orti, spazi di vera e propria campagna. Pochi i palazzi sontuosi; modeste, seppur di pregio, erano le chiese tra le quali primeggiava il bel Battistero di San Giovanni, il luogo dello spirito più prezioso della città in cui, tra l’altro, era custodito il Carroccio del Comune ed erano ospitati i trofei delle numerose guerre combattute dai miei concittadini. Ho saputo che ora stanno edificando nuovi e solenni edifici: i domenicani del convento di Santa Maria Novella continuano la costruzione di un’enorme chiesa i cui cantieri erano già stati innalzati quando vivevo ancora in città, così pure stanno facendo i francescani con Santa Croce. Dicono anche che sia terminata la costruzione del Palazzo dei Priori e che il mio amico Giotto di Bondone avrebbe espresso il desiderio di erigere un campanile mai visto prima d’ora per eleganza e bellezza. L’idea di questi mutamenti si deve al genio del grande architetto Arnolfo di Cambio il quale, dopo la morte, ha lasciato i suoi progetti in eredità ad artisti straordinari. Ma questo incredibile cantiere di bellezza poggia le sue basi su una lotta fratricida di cui, come certamente saprete, sono stato la vittima più illustre. Nella Firenze della mia giovinezza si incontravano qua e là cumuli di macerie, resti di case abbattute con rabbia, con una
I - Sul principio della mia vita
violenza che ha frantumato la memoria di luoghi che avevano per secoli ospitato la vita di intere famiglie e la laboriosità di botteghe e negozi. Di chi la responsabilità di tante rovine? Della natura, penserete voi. No, non sono stati i terremoti, le tempeste o le inondazioni a compiere quelle devastazioni che facevano da contrappunto alle floride abitazioni di nobili e mercanti. Sono stati gli stessi fiorentini, animati dalla sete di vendetta, dalla voglia di annientare i nemici non solo con la spada o con l’esilio perpetuo, ma anche con la distruzione dei loro averi. Così, ogni volta che primeggiava una fazione sull’altra, mezza città veniva danneggiata. È arrivata l’ora del desinare, anche se non ho appetito e non solo a causa della malattia. Ho sempre mangiato poco, ritenendo che ci si debba nutrire il minimo indispensabile e non vivere per cedere in continuazione ai piaceri della gola. Non ho mai nascosto, infatti, la mia ferma condanna dei golosi e non solo perché essi non resistono alla seduzione di montoni e pernici, maiali e allodole. C’è un altro motivo ben più importante: l’incontinenza di gola porta al torpore, alla sonnolenza, alla perdita della lucidità necessaria al pensiero. Ed io non potrei mai sopportare che la pancia impedisca il mio ragionare. Ma sento già le proteste di Gemma. Mi toccherà farla contenta mandando giù qualche cucchiaio di zuppa di lenticchie.
IV
Sulla breve eterna vita di Beatrice Portinari 3 settembre 1321 Questa mattina mi sono destato come se non fossi malato. Era da mesi che non avvertivo tanto vigore e tanta voglia di vivere. Se fosse stato possibile avrei fatto volentieri una cavalcata nei boschi che circondano la città. Ma non mi faccio illusioni. So benissimo che la malaria a volte scompare per poi tornare ancora più aggressiva di prima. Comunque, questa tregua mi dà la possibilità di andare avanti con il mio racconto che oggi tratterà dell’amore. Quindi di Beatrice. Bello non sono mai stato. Non so come mi rappresenteranno i posteri, tuttavia sono certo che quelli che mi hanno conosciuto nel profondo avranno una certa pietà per il mio aspetto, mentre gli altri, e non saranno pochi, si soffermeranno con insano piacere sui difetti del mio corpo. Metteranno l’accento sul volto eccessivamente lungo, il mento sporgente, la bassa statura, l’andamento un po’ curvo e soprattutto il naso aquilino. Qualche pittore si prenderà la briga di raffigurarmi in modo tale che il mio aspetto tradisca una superbia ed un’altezzosità che rimarranno per sempre legate alla mia immagine. Non nego d’avere un carattere forte e a volte troppo animoso, permaloso e facile all’ira, soprattutto di fronte all’ignoranza, tanto da sembrare arrogante, tuttavia mi pare ingiusto che solo questi tratti vengano dedotti dalla mia figura. 28
IV - Sulla breve eterna vita di Beatrice Portinari
Ad ogni buon conto, non mi sognerei mai di sostenere che fui un bel fanciullo, uno di quelli che attirano coccole e carezze. Per questo, quando vidi per la prima volta Beatrice - io avevo nove anni, lei poco meno - pensai che mai potessi interessarle. Invece ebbi la netta sensazione che il suo sguardo si posasse su di me con dolcezza e affetto. Si presentò ai miei occhi come una creatura straordinaria, vestita con un abito di preziosissimo panno rosso di Fiandra, come si conviene a una fanciulla di ottima famiglia. Rimasi talmente colpito da quell’apparizione che il mio cuore iniziò a battere con tanta forza da avvertire le sue pulsazioni fino ai polsi. Non ero in grado di definire quello che mi stava accadendo. Avevo un desiderio irrefrenabile di diventare servo devoto di quella creatura, di farmi suo cavaliere, ma non ne ero pienamente cosciente. Non avrei mai immaginato che l’amore potesse provocare tanta sofferenza fisica. Fino ad allora, infatti, avevo sempre pensato a quel sentimento come a uno stato di beatitudine e non a un doloroso tormento. Ora, però, alla luce e degli studi e dell’esperienza di uomo, so bene che cosa mi capitò quel giorno: l’amore per questa creatura divenne padrone assoluto della mia anima. Beatrice abitava nel mio stesso sestiere e apparteneva a una famiglia, quella dei Portinari, che godeva di un notevole prestigio. Il padre, di nome Folco, si occupava di commerci e di finanza, un po’ come il mio, ma certamente con maggiore fortuna. Fu anche un uomo molto generoso tanto che a lui si deve la fondazione dell’Ospedale di Santa Maria Nuova, il più antico di tutta Firenze. Dopo quel primo incontro, feci il possibile per incrociare nuovamente lo sguardo di Beatrice, ma senza successo. Qualche volta mi capitò di scorgere il suo profilo in chiesa, in occasione delle funzioni festive, ma era sempre troppo lontana oltre che circondata da una moltitudine 29
Dante. Il racconto di una vita
di altre fanciulle, per poterla avvicinare. Così, nonostante fossi grande amico di suo fratello Manetto, amante anch’egli dell’arte e della poesia, dovetti aspettare altri nove anni prima di potermi tuffare nuovamente nei suoi occhi. Passeggiava insieme a due dame di compagnia più anziane di lei, come si conviene a una donna già di un altro uomo. Discorreva con loro amabilmente, muovendosi con grazia e leggerezza, e in quell’occasione riuscii ad ascoltare anche il suono della sua voce. Questa volta a salutarmi non fu una fanciulla, ma una donna nello splendore dei suoi diciotto anni che, tuttavia, più che una donna mi sembrò un angelo.
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IV - Sulla breve eterna vita di Beatrice Portinari
Solo coloro i quali hanno vissuto una simile esperienza possono immaginare il turbamento che si impadronì di me; uno stato di entusiasmo e al tempo stesso di agitazione che solo l’amore vero riesce a suscitare. Tutto questo scuotimento dell’animo per un semplice saluto? Certo! Perché una donna impegnata e del suo rango che saluta così affettuosamente e in un luogo pubblico un uomo compie un gesto che va ben oltre la cortesia. E questo non poteva non creare in me un indicibile compiacimento. Tuttavia, sapevo benissimo che le nostre strade non si sarebbero mai incontrate. Io ero ancora un bambino quando mio padre si accordò con la famiglia Donati per farmi sposare Gemma, la donna che ancora oggi è al mio fianco. Già nel febbraio del 1277, avevo solo dodici anni, un accordo di matrimonio ci legò davanti a un notaio, anche se le nozze furono celebrate alcuni anni più tardi. In quella sede si stabilì anche l’ammontare della dote che Gemma portava con sé: 200 fiorini piccoli, equivalenti a 125 fiorini d’oro. Misera cosa rispetto a quella che Beatrice portò a Simone dei Bardi, suo marito, appartenente a una delle famiglie più facoltose e potenti non solo di Firenze, ma probabilmente dell’intera Europa. I Bardi controllavano le maggiori compagnie bancarie della città e grazie alla loro ricchezza ebbero una notevole influenza nelle faccende politiche di quegli anni. Simone, infatti, ha ricoperto cariche pubbliche di grande prestigio. È stato capitano del popolo a Orvieto e Prato e Podestà a Volterra. Oltre a ciò, ha ottenuto anche il titolo di cavaliere, di sicuro il più prestigioso di tutti. Insomma, il matrimonio permise a Beatrice di entrare a far parte dell’aristocrazia fiorentina. Come avrebbe mai potuto un Alighieri competere con un Bardi? Dopo il matrimonio Beatrice aveva lasciato il sestiere di San Pier Maggiore per andare a vivere Oltrarno, ai piedi 31
Dante. Il racconto di una vita
della collina di san Miniato dove la famiglia di Simone aveva costruito le sue dimore. Così accadeva ancora più di rado che potessi incontrarla. Questo, però, non aveva diminuito in alcun modo l’intensità del mio amore, non aveva soffocato quel sentimento che era sbocciato quando l’incontrai, fanciullo, per la prima volta. Per non metterla in cattiva luce dedicai alcuni componimenti da lei ispirati ad altre due donne usate come schermo, per evitare che il suo nome potesse essere in qualche modo offeso dal mio ardore, da una passione che, nonostante gli
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IV - Sulla breve eterna vita di Beatrice Portinari
insuperabili ostacoli, non si placava nel mio cuore e nella mia mente. Qualcuno ha insinuato che da queste due donne, in particolare dalla prima di nome Violetta, io abbia avuto quello che mai avrei potuto avere da Beatrice. Si tratta di una delle tante maldicenze sparse in giro sul mio conto. Beatrice credette a questa voce? Altrimenti perché mi tolse il saluto? Forse fu la gelosia? Mi piacerebbe che fosse così, ma sono sicuro che non godetti più del suo sguardo semplicemente perché per una donna sposata non era il caso di continuare a salutare un uomo che non riusciva a nascondere i propri sentimenti. Inoltre, ahimè, per togliere di torno ogni pettegolezzo, si fece beffe di me davanti alle sue amiche. Era accaduto che quasi svenni al solo pensiero di poterla incontrare nuovamente. I miei amici, sapendo quale turbamento stessi vivendo, mi allontanarono trascinandomi a spalla da quella crudele compagnia. Che cosa c’è di più doloroso che essere preso in giro dalla creatura tanto amata e desiderata? Chi di voi ha provato questa esperienza sa bene l’abisso che si spalanca nel cuore di chi subisce tale umiliazione. Vissi giorni cupi, di tristezza e delusione. Poi, finalmente capii: il vero amore, quello sublime, incontaminato può essere solo disinteressato. Fu così che il sentimento per Beatrice si trasformò: al desiderio si sostituì la lode e ai miei occhi lei si trasformò in una creatura angelica. Pensavo così di aver finalmente sconfitto il dolore che la mancanza del saluto di Beatrice mi aveva causato, ma mi ero illuso: qualcosa di terribile era in agguato, pronto ad assalirmi senza pietà. Un giorno sciagurato, Manetto, con gli occhi colmi di lacrime e il volto straziato dal dolore, mi disse, era il giugno del 1290, che la sorella, nel pieno della sua giovinezza, era volata in cielo. 33
LE FONTI Le notizie in nostro possesso riferite alla vita di Dante Alighieri ci sono fornite dai documenti d’archivio, da alcune cronache medievali, dalle biografie del poeta scritte dai contemporanei o da autori vissuti nei decenni successivi alla sua morte, oltre che dai numerosissimi riferimenti autobiografici contenuti nelle sue opere. a. I DOCUMENTI D'ARCHIVIO Che cos’è un archivio? Si tratta di una parola che oggi viene utilizzata soprattutto in campo informatico. Tutti archiviamo mail, foto, messaggi. Durante la nostra giornata utilizziamo tantissime volte i nostri archivi personali, cioè quegli spazi virtuali dove custodiamo ciò che ci interessa conservare. Ma ci sono altri tipi di archivi, luoghi fondamentali per la ricerca e lo studio del passato. Si tratta di quei luoghi (archivi di Stato, comunali, vescovili…) nei quali sono conservati, in un ordine ben preciso, i documenti acquisiti da magistrature, organi e uffici centrali e periferici dello Stato, enti pubblici, istituzioni private, famiglie o persone. Per questo, se volete iniziare una ricerca storica il primo luogo da visitare è proprio un archivio. Quali sono i documenti d’archivio che riguardano Dante? Nel caso di Dante, la consultazione dei documenti d’archivio risulta fondamentale, come del resto per tutti quei personaggi che ci hanno lasciato pochissime informazioni sulla loro vita. Ma quali sono i documenti d’archivio utili per la ricostruzione dell’esistenza del nostro poeta? Ce lo dicono i curatori del Codice Diplomatico Dantesco, che raccoglie tutto ciò che ci è pervenuto e che ha in qualche modo a che fare con Dante. Quali sono questi documenti? È presto detto: «scritture di negozi giuridici o che sono la memoria di fatti di reale o potenziale rilievo giuridico, redatte nell’osservanza di forme, storicamente determinate, capaci di conferire loro validità legale. Ciò significa che di Dante, dei suoi avi e discendenti, si troveranno gli acquisti, le vendite, gli affitti di case o di beni fondiari; i prestiti di denaro, richiesti o concessi, talora con l’annesso contenzioso; le questioni fiscali e giudiziarie; la nomina di procuratori o tutori legali; le costituzioni di doti e i testamenti, con le operazioni compiute in loro dipendenza; la contabilità societaria; le carte prodotte nell’esercizio di una professione; le attestazioni di semplice presenza, in qualità di testimoni; infine le carte connesse alla partecipazione alla vita pubblica del tempo, che distinguono in modo speciale Dante dal resto della sua famiglia: tanto in positivo, dato che sono la traccia delle sue numerose presenze nei consigli e nei collegi fiorentini, quanto in negativo, per effetto della condanna che a causa di quella partecipazione Dante subì nel 1302 e lo avrebbe allontanato per sempre dalla sua città». (T. De Robertis - Giuliano Milani, Introduzione al Codice Diplomatico Dantesco, Vol. VII, Tomo III, Salerno Editrice, Roma 2016).
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Pagina di un manoscritto della Commedia
b. LE ANTICHE BIOGRAFIE Nonostante Dante non ci abbia lasciato nulla di autografo, è indubbio che la sua fama si sia diffusa immediatamente tra gli uomini di cultura del suo tempo. A testimonianza di ciò sta il fatto che uno dei massimi autori della nostra letteratura, Giovanni Boccaccio (1313-1375), nato quando il poeta era ancora in vita, gli dedicò una biografia dal titolo Trattatello in laude di Dante. Questo sta a significare che, a dispetto dell’ostilità di Firenze nei suoi confronti, la grandezza dell’autore della Commedia - che proprio Boccaccio definì per la prima volta Divina - fu riconosciuta immediatamente, già dai contemporanei. Il Trattatello rappresenta, inoltre, benché non sempre attendibile, una delle fonti più preziose per la ricostruzione delle vicende umane del padre della nostra lingua. Qui di seguito riportiamo alcuni brani tratti dall’opera di Boccaccio.
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Andrea del Castagno, Giovanni Boccaccio, particolare del Ciclo degli uomini e donne illustri, affresco, 1450, Galleria degli Uffizi, Firenze.
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Quello che segue è il racconto che Boccaccio fa del primo incontro tra Dante e Beatrice. Si tratta di una ricostruzione che, pur seguendo quello che è riferito nella Vita Nuova, risulta arricchita dall’immaginazione e dalle riflessioni dello scrittore (i testi delle fonti di questa parte del Focus sono stati semplificati da R.M.). Nel tempo nel quale la dolcezza del cielo riveste de’ suoi ornamenti la terra, e tutta per la varietà de’ fiori mescolati fra le verdi frondi la fa ridente era usanza della nostra città, e degli uomini e delle donne, nelle loro contrade ciascuno in distinte compagnie festeggiare1; per la qual cosa […] Folco Portinari, uomo assai onorevole a quei tempi tra’ cittadini, il primo dì di maggio aveva i circostanti vicini raccolti nella propria casa a festeggiare, tra i quali era il già nominato Alighieri. Al quale, così come i fanciulli piccoli, e specialmente nei luoghi dove si festeggia, sogliono li padri seguire, Dante, il cui nono anno non era ancora finito, seguìto aveva; e qui mescolato tra gli altri della sua età, de’ quali così maschi come femmine erano molti nella casa del festeggiante, servite le prime mense, di ciò che la sua piccola età poteva operare, puerilmente si diede con gli altri a trastullare. Era intra il gruppo de’ giovinetti una figliuola del sopradetto Folco, il cui nome era Bice come che egli sempre dal suo primitivo, cioè Beatrice, la chiamasse, la cui età era forse d’otto anni, assai fine e armoniosa secondo la sua fanciullezza, e nei suoi atti gentile e molto piacevole, con modi di fare e con parole assai più serie rispetto alla sua età; e, oltre a questo, aveva le fattezze del viso molto delicate e ottimamente disposte, e piene, oltre alla bellezza, di tanta onesta vaghezza, che quasi una angioletta era considerata da molti. Costei quindi, così come io la disegno, o forse assai più bella, apparve in questa festa […] agli occhi del nostro Dante: il quale, nonostante fosse ancora fanciullo, rimase impressionato da quella bella immagine che lo colpì diritto nel cuore e che da quel giorno innanzi, mai, mentre visse, non se ne separò. Nel prossimo brano Boccaccio racconta del dolore che colpì Dante per la morte di Beatrice. Anche in questo caso la ricostruzione si basa su ciò che si legge nella Vita Nuova, ma l’autore del Decameron non rinuncia a interpretare lo stato d’animo del poeta. Nel testo, infatti, risulta molto efficace la descrizione della disperazione del poeta e l’impossibilità da parte dei parenti e degli amici di consolarlo. 1 Boccaccio si riferisce alla festa di Calendimaggio legata all’arrivo della Primavera e che si celebrava a Firenze il primo giorno di maggio. Secondo Boccaccio Dante incontrò per la prima volta Beatrice proprio quel giorno. La celebrazione aveva inizio il 30 aprile con la sospensione di tutte le attività lavorative e con sfilate e cortei in tutta la città e i ragazzi cantavano e ballavano davanti ad una fanciulla eletta Regina di maggio.
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Era quasi nel fine del suo ventiquattresimo, quando la bellissima Beatrice, così come piacque a Colui che tutto puote2, essa, lasciando di questo mondo le angosce, se ne andò a quella gloria che li suoi meriti l’avevano apparecchiata. Per questa scomparsa Dante soffrì molto, pianse disperato tanto che molti dei suoi più congiunti e parenti credettero che potesse morire […] vedendo che nulla serviva a dargli conforto e consolazione. I giorni erano uguali alle notti e le notti ai giorni; delle quali nessuna ora trascorreva senza guai, senza sospiri e senza copiosa quantità di lagrime; e parevano li suoi occhi due abbondantissime fontane d’acqua sorgente, tanto che i più si meravigliarono donde tanto umore egli avesse che al suo pianto bastasse. Nel brano seguente Boccaccio descrive in maniera assai dettagliata il carattere del poeta e alcune delle sue abitudini. Nei comportamenti privati e pubblici […] fu ordinato e composto, e in tutti più che alcuno altro cortese e civile. Nel cibo […] fu modestissimo, sì in prenderlo all’ore ordinate e sì in non trapassare il segno della necessità […] condannando quelli che non mangiano per vivere, ma piuttosto vivono per mangiare. Niuno altro fu più attento di lui e negli studi e in qualunque altra cosa facesse […] Rare volte, se non interrogato, parlava, e quando lo faceva mostrava grande eloquenza parlando benissimo. Si dilettò anche in suoni e in canti nella sua giovinezza, e a ciascuno che in quei tempi era ottimo cantatore o sonatore fu amico. Riportiamo infine il passo che narra il ritrovamento degli ultimi tredici canti del Paradiso. Probabilmente una leggenda, comunque molto suggestiva che, tra l’altro, apre Dante Alighieri. Il racconto di una vita, il romanzo che avete appena terminato di leggere. Raccontava uno valente uomo di Ravenna, il cui nome fu Piero Giardino, lungamente discepolo stato di Dante, che, dopo l’ottavo mese della morte del suo maestro, era una notte, vicino all’ora che noi chiamiamo «mattutino», venuto a casa sua il predetto Iacopo, e dettogli sé quella notte, poco avanti a quell’ora, avere nel sonno veduto Dante suo padre, vestito di candidissimi vestimenti e d’una luce non usata risplendente nel viso, venire a lui; il quale gli pareva domandare s’egli viveva, e udire da lui per risposta di sì, ma della vera vita, non della nostra; per che, oltre a questo, gli pareva ancora domandare, se egli aveva compiuta la sua opera anzi il suo passare alla vera vita, e, se compiuta l’aveva, dove fosse quello che vi mancava, da loro giammai non potuto trovare. A questo gli pareva la seconda volta udire per risposta: «Sì, io la
2 L’autore si riferisce a Dio.
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compie’»; e quindi gli pareva che ‘l prendesse per mano e l’accompagnasse in quella camera dove era uso di dormire quando in questa vita viveva; e, toccando una parte di quella, diceva: «Egli è qui quello che voi tanto avete cercato». […] Per la quale cosa, restando ancora gran pezzo di notte, mossisi insieme, vennero al mostrato luogo, e quivi trovarono una stuoia […] e nel muro una finestretta, da niuno di loro mai più, né saputo ch’ella vi fosse, e in quella trovarono alquante scritte, tutte per l’umidità del muro muffate e vicine al corrompersi se guari più state vi fossero; e quelle veduta pianamente dalla muffa purgate, leggendole, videro contenere li tredici canti tanto da loro cercati.
Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Cattivo Governo. Affresco, 1338-1339, sulla parete di sinistra della Sala dei Nove, Palazzo Pubblico, Siena.
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In questa sezione proponiamo alcune ipotesi di Unità di apprendimento ispirate alla figura di Dante e che potrebbero essere realizzate utilizzando questo libro. Si tratta solo di spunti che ovviamente, per quanto riguarda obiettivi e modalità di realizzazione, andranno adattati alla tipologia di scuola, di classe e di utenza. Titolo dell’Unità Prodotto finale
IN ESILIO CON DANTE Realizzazione di uno storytelling (cartaceo o multimediale) in cui Dante, in compagnia della classe, ripercorre le tappe del suo esilio. Discipline coinvolte Italiano, Storia, Arte, Geografia, Informatica Materiale R M., Dante. Il racconto di una vita, Libro di Storia, Libro di da utilizzare Geografia, Siti web dedicati alla figura di Dante (cfr sitografia inserita alla fine del Focus) Fasi del lavoro a. Illustrazione dell’Unità. b. Brainstorming per la scelta del plot e dei gruppi di lavoro. c. Formazione dei gruppi di lavoro (Scrittura, Disegno, Impaginazione). d. Riunione dei gruppi. e. Realizzazione della prima bozza del lavoro. f. Revisione della prima bozza del lavoro. g. Realizzazione della copia definitiva. h. Presentazione dello storytelling alla scuola. i. Autovalutazione.
Titolo dell’Unità Prodotto finale
DANTE INNAMORATO Realizzazione di una drammatizzazione che rappresenti il rapporto di Dante con l’amore. Discipline coinvolte Italiano, Storia, Arte, Geografia, Lingue straniere, Informatica, Tecnologia. Materiale R M., Dante. Il racconto di una vita, Libro di testo di Storia, da utilizzare Libro di testo di Geografia, Siti web dedicati alla figura di Dante (cfr sitografia inserita alla fine del Focus)
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Fasi del lavoro
a. Illustrazione dell’Unità. b. Brainstorming per la scelta del plot e dei gruppi di lavoro. c. Formazione dei gruppi di lavoro (Sceneggiatori, attori, tecnici). d. Ricerca e studio del materiale. e. Riunione dei gruppi. f. Prove. g. Rappresentazione alla scuola. h. Autovalutazione.
Titolo dell’Unità Prodotto finale Discipline coinvolte Materiale da utilizzare
RAPPERDANTE Realizzazione di un rap dedicato alla vita di Dante. Italiano, Storia, Arte, Geografia, Informatica, Musica. R M., Dante. Il racconto di una vita, Libro di testo di Storia, Libro di testo di Geografia, Siti web dedicati alla figura di Dante (cfr sitografia inserita alla fine del Focus) oltre a brani della Vita Nuova e della Commedia a. Illustrazione dell’Unità. b. Brainstorming per la scelta del tipo dei temi e dei testi da utilizzare. c. Formazione dei gruppi di lavoro (Testi, musica, canto, scenografia). d. Riunione dei gruppi. e. Registrazione di una prima versione del rap. f. Revisione della prima versione del rap. g. Registrazione definitiva. h. Presentazione del rap alla scuola. i. Autovalutazione.
Fasi del lavoro
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