La settima lavagna

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LA SETTIMA LAVAGNA

Calore Enrico, Cavazzana Nicolò


Teatro Sant’Ercolano - La settima Lavagna Calore Enrico, Cavazzana Nicolò


La settima lavagna

3 APRILE 1980 | 4 SPAZIO TEORICO | 8 CUBO NERO | 11 QUADERNO DI MEMORIE | 13 LA SETTIMA LAVAGNA | 17

Indice


3 APRILE 1980 Sala Cannonieri, Rocca Paolina, Perugia, li 3 Aprile 1980. L’incontro culturale tra Beuys e Burri, seppur con esiti di natura artistica discordi, ha prodotto a distanza di quarant’anni risonanze celebri di un evento storico complesso, che ne restituisce oggi memoria e traccia. Un contributo di visioni che si intrecciano nel tentativo di contestualizzare le condizioni dell’arte nella società contemporanea – destata da una condizione di crisi. Lo stato dell’arte è disciplina della crisi e l’opera d’arte subisce uno stato d’ansia da legittimazione. In questo scenario, questi due maestri ci restituiscono le tracce del Novecento, preconizzando un orizzonte di senso che interpella la filosofia e aprendo prospettive interpretative inattese, non considerate. “Aiutare gli altri a liberarsi della propria alienazione” 1 Il segno rapido e sfumato del gesso nella rappresentazione di parole e segni sintetizzati in sei lavagne di ardesia compongono l’Opera Unica. Citando le parole dell’artista tedesco - “Questa questione deve essere risolta in un modo talmente radicale da far si che l’arte possa essere realmente considerata come il punto di partenza per qualsiasi produzione futura in tutti gli ambiti di lavoro; questo concetto dell’arte deve essere anche presente nella coscienza se si vuole riuscire nella riorganizzazione della società” 2 “Molti sono coloro che credono che non tutti gli uomini possano essere artisti. E, esattamente per questo, si tratta di fare in modo che tale concetto (quello di ‘arte’) serva di nuovo a descrivere una caratteristica essenziale dell’uomo, in quanto esprime ed incarna appunto la libertà […] Quindi, si tratta di un concetto antropologico e non del concetto tradizionale, ossia dell’attuale concezione borghese dell’arte”³. Beuys vuole invitarci a comprendere come il compito dell’artista sia proprio quello di portare alla luce la natura inscritta di ogni cosa – anche in quelle prodotte dalla potenza dell’artifex umano. La natura insita in tutti gli artifici di cui è costellato il mondo. Ecco che la sua riflessione sull’arte giunge a un tale grado di radicalità – infatti con Beuys l’esperienza dell’arte si fa vera e propria forma di vita. Modus vivendi, addirittura, che deve sostituire la tecnica, disinteressandosi della qualità formale delle proprie opere e privandole di ogni significato.

¹ M. Marianelli e M. Donà, Beuys e Burri: 1980 - 2020. Un tempo e il suo orizzonte di senso, Perugia, Pièdimosca edizioni 2021 ² Ibid. ³ Ibid.


Alberto Burri, Joseph Beuys, Perugia 1980


“I due individui eretti sul sole simboleggiano un’umanità in piena armonia con la Natura.”⁴

“La società da trasformare è rappresentata da un cubo che una leva simbolica può sollevare e riposizionare.”⁵

“L’intelligenza assume la forma di una corda che, dipanandosi, suggerisce la libertà d’azione necessaria a ampliare i diritti fondamentali (economici, sociali, culturali, ecologici).”⁶

⁴ M. Marianelli e M. Donà, Beuys e Burri: 1980 - 2020. Un tempo e il suo orizzonte di senso, pag. 93, Perugia, Pièdimosca edizioni 2021 ⁵ Ibid. ⁶ Ibid.


“Queste dinamiche sono restituite attraverso l’immagine di una caldaia, il cui fuoco costituisce l’energia necessaria a liberare le potenzialità.”⁷

“La società ibera preconizzata da Beuys, necessita di istituzioni snelle, che non ostacolino l’agire dell’uomo. Le forze in campo sono simboleggiate da due poli di segno opposto.”⁸

“Nell’ ultima lavagna l’artista immagina una democrazia costruita sulla discussione e lo scambio permanente, che coinvolga tutte le forme della Natura.”⁹

⁷ Ibid. ⁸ Ibid. ⁹ Ibid.


SPAZIO TEORICO Può l’architettura essere il luogo e il mezzo per dare forma all’arte? Può uno spazio inatteso, con un atto di liberazione, raccontare e costruirsi come atto artistico? Lo stenogramma dipinto da Meo di Guido da Siena, della prima metà del Trecento, ritrae S. Ercolano (uno dei santi protettori di Perugia), che regge tra le mani la città. In ciò si pone in evidenza un parallelismo simbolico tra la piazza, sede del potere comunale e religioso, e la civitas. Le mura e la piazza rappresentano emblematicamente la città nella sua interezza. La cinta delle mura racchiude strettamente questo microcosmo – che si presenta come un’isola, al di là del quale vi è il nulla. Ed è proprio il micro cosmo consolatorio del filosofo francese Michel Foucault, in grado di formulare una prospettiva radicale sullo spazio e sul tempo, come condizione storicamente emergente. Nel volume “Spazi altri, I luoghi delle eterotopie” dice – “Le descrizioni dei fenomenologi ci hanno insegnato che non viviamo in uno spazio omogeneo e vuoto, ma al contrario, in uni spazio carico di qualità, uno spazio che è anche, probabilmente, abitato da fantasmi; lo spazio della nostra percezione primaria, quella dei nostri sogni, delle nostre passioni, che posseggono in se stesse delle qualità che sono intrinseche; si tratta di uno spazio leggero, etereo, trasparente, o meglio è uno spazio oscuro, aspro, saturo […]”. ¹⁰ Quindi, tra tutti questi luoghi, alcuni hanno la curiosa proprietà di essere in relazione con tutti gli altri luoghi, ma con una modalità che Foucault descrive come in grado di sospendere, neutralizzare e invertire l’insieme dei rapporti che sono ad essi stessi delineati, riflessi e rispecchiati. Questi spazi, assolutamente altri, hanno il potere di giustapporre, in un unico luogo reale, diversi spazi, diversi luoghi che sono tra loro incompatibili. Ne è un esempio il teatro, che realizza nel riquadro della scena luoghi estranei gli uni agli altri; o il cinema quale spazio scatolare in fondo alla quale, su uno schermo a due dimensioni, si vede proiettato uno spazio a tre dimensioni. Infine, chiarisce come l’ultimo elemento che contraddistingue questi spazi altri, si riferisce al fatto che questi luoghi sviluppino con lo spazio restante, una funzione. Questa si dispiega tra due poli estremi. Esse hanno il compito di creare uno spazio illusorio che indica come ancor più illusorio ogni spazio reale: tutti quei luoghi all’interno dei quali la vita umana è relegata. L’architettura come atto di liberazione. Il “Meraviglioso Urbano” citando quel¹⁰ M. Foucalt, Spazi altri. I luoghi delle Eterotopie, Milano, Mimesis Edizioni 2011


Meo di Guido da Siena, S. Ercolano, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria


lo che Renato Nicolini amava chiamare “L’estate Romana”, vero e proprio manifesto urbanistico, culturale e architettonico, ripetutosi per qualche anno, nella città di Roma. Il 25 Agosto 1977 si aprì la prima rassegna cinematografica romana, all’aperto, con ‘’Senso”, di Luchino Visconti. L’Estate Romana, citando Benjamin, coinvolgeva per la prima volta tutta la città. Un esperimento colto e teorico tanto affascinante quanto complesso. Si costituisce di architetture effimere, sperimentali e costruite di poco ma con una grande attenzione alla socialità. L’architettura è il manifesto della liberazione creativa (in riferimento: Festival dei Poeti di Castelporziano), di un apparato ideologico complesso che reagisce alle sovversioni politiche.

Estate Romana, Franco Purini, Teatro scientifico 1977


CUBO NERO Fontana di Nettuno, uno spazio vuoto antistante e un passaggio in terra battuta che si insinua tra gli alberi. Conci di pietra di un tratto di cinta muraria, come quinta scenica. A pochi passi la Rocca Paolina, teatro dell’incontro tra Beuys e Burri. Viale Indipendenza, le auto parcheggiate a lato della carreggiata marcano il bordo di questo spazio: Teatro Sant’Ercolano. Il progetto è il tentativo di costruire un immaginario spaziale, uno spazio prima e un’altro spazio dopo. Quello che Foucault definirebbe come spazio altro, come luogo che contiene mondi altri. Un cubo di ardesia nera, riproposizione per analogia delle tanto amate lavagne dell’artista tedesco. Nero, Scatole nere “Se il bianco ha potuto contare su strenui fattori - primo fra tutti Le Corbusier, [...], l’architettura nera viene viceversa realizzata facendo a meno di dichiarazioni d’intenti, di una teorizzazione specifica, persino evitando il più delle volte di esplicitarne le ragioni contingenti. E’ come se gli architetti non scegliessero volontariamente l’oscurità ma se fossero scelti da essa: una mancanza di chiarezza letterale e fenomenica, teorica e pratica, che diventa sorprendente motore di attivazione progettuale. [...] Tanto elegante e modaiolo è il nero quanto alimenta il mistero e l’invisibilità , più nasconde e meglio si dispiega, meno mostra e più rivela: tracciare le vicende dell’ architettura nera può essere un modo per far emergere il manifesto inconscio della ricerca progettuale a cavallo del millennio” ¹¹. Pareti nere pronte ad accogliere vite e relazioni, ma allo stesso tempo fragili e mutabili nel tempo – ogni gessetto preso in mano da un'artista freme di incidere un segno in queste pareti. Il cubo è una struttura a telaio ligneo portante che supporta le lastre di ardesia. Il modulo adottato governa lo spazio rendendolo geometrico ma accogliendo sempre la massa informe della natura. Il recinto si modella sul suolo rispettandone le sue differenti consistenze, inglobando il duro del pavimento e il mollo del terreno. Incontra chi cammina, chi è di passaggio in bici. Lo accoglie, anche solo per un momento, diventando parte di questo mondo altro. E’ spazio per incontri culturali, ma anche di esposizioni temporanee, è spazio curioso, è stanza all’aperto ma anche un giardino, è teatro e anche gioco, ma anche un muro o un foglio. Uno spazio di infinite storie.

¹¹ G. Corbellini, Nero, in Recycled Theory: Dizionario illustrato / Illustrated Dictionary, pag. 372-377, Macerata, Quodlibet 2016



QUADERNO DI MEMORIE


Joseph Beuys nel suo studio...

1984


2021

A fronte di un restauro l’opera nascosa torna in superficie

Gli appunti di Beuys mostrano un progetto mancante, le lavagne erano sette...


La preesistenza necessita di un nuovo dispositivo

Un Cubo nero si materializza


LA SETTIMA LAVAGNA


Assonometria Generale - scala 1:500

Assonometria - scala 1:200


Esploso assonometrico - scala 1:200


Settembre - Mattina - Presentazione di un libro


Settembre - Pomeriggio - Partecipazione creativa

Testimonianza del tempo, raccoglie in se il passato, il presente e il futuro. La lavagna è memoria collettiva.



Bibliografia

G. Agamben, Che cos’è il contemporaneo, Milano, Nottetempo 2018 G. Agamben, Che cos’è il contemporaneo?, Milano, Nottetempo 2018 M. Foucalt, Spazi altri. I luoghi delle Eterotopie, Milano, Mimesis Edizioni 2011 M. Foucalt, Utopie Eterotopie, Napoli, Edizioni Cronopio 2020 A. Grohmann, Le città nella storia d’Italia. Perugia, Roma-Bari, Editori Laterza 1981 M. Marianelli e M. Donà, Beuys e Burri: 1980 - 2020. Un tempo e il suo orizzonte di senso, Perugia, Pièdimosca edizioni 2021 B. Munari, Da cosa nasce cosa, Roma-Bari, Editori Laterza 2017 S. Marini, G. Corbellini, Recycled Theory: Dizionario illustrato / Illustrated Dictionary, Macerata, Quodlibet 2016


LA SETTIMA LAVAGNA Calore Enrico, Cavazzana Nicolò


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