S&H Magazine n. 293 • Agosto 2021

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Autoritratto - Mi mancano le parole

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L’ARTE DI JOSEPHINE SASSU: dal virus alla galassia, passando leggera sulla Terra

di DANIELA PIRAS

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osephine Sassu nasce nella citta­ dina tedesca di Emsdetten, oggi vive a Banari. Fin da bambina, nell’ampio cortile casalingo nel quale trascorre la sua infanzia, ha occasione di sperimentare l’attitudine a “co­ struire cose” di varia natura, difficil­ mente identificabili e di materiali di­ versi. È un primitivo laboratorio arti­ stico, fatto di plastilina e di mattoncini Lego. «Appartengo a una delle prime generazioni di bambini non ricchi che hanno sempre avuto a disposi­ zione giocattoli ma anche la libertà di giocare in strada», afferma. Attribuisce a una forma di intuito in­ conscio la decisione d’intraprendere studi artistici. Difficile, oggi, attribuirle uno stile specifico, considerando l’eterogeneità delle produzioni arti­ stiche realizzate in venticinque anni. Dal punto di vista creativo, la ca­ ratterizza uno stato d’animo che la porta a prediligere leggerezza di pen­ siero e di realizzazione dei suoi lavori. I soggetti preferiti da Josephine Sassu sono temi universali carichi di meta­ fore e significati: la natura e gli ani­ mali. Il suo sguardo vira da ciò che è estremamente piccolo a ciò che ap­ pare incommensurabilmente grande. Un punto di vista che copre un ampio raggio d’azione e che l’artista sintetizza nella formula “dal virus alla galassia”. Un lavoro che diventa via via più in­ timista, passando da un’allegoria co­ smica a una personale: dalla ricerca dell’incontenibile ragione dell’esi­

stenza del tutto a una – altrettanto incomprensibile – narrazione del suo esistere e fare. Si augura che le opere trascendano la loro dimensione materiale e che scaturiscano energia: essenziale per chi la crea e auspicabile in chi l’os­ serva. Un propulsore che le permette di sopravvivere alla loro ineluttabile fragilità. La maggior parte di esse è destinata a un’esistenza brevissima, come gli ultimi autoritratti dal titolo “Mi mancano le parole”. «L’opera che un artista crea è un og­ getto che vive e si relaziona con ciò che lo circonda: la realtà oggettiva del prodotto artistico è indiscutibile e, anche quando l’opera ha una com­ ponente fisica minima, è fondamen­ tale; basti pensare al “Cubo invisibile” di Gino De Dominici (un quadrato disegnato per terra: fa parte dell’opera “Soluzione di immortalità ­ l’universo è immobile”, esposta a Venezia du­ rante la XXXVI Biennale, n.d.r.). Però, al di là della componente fisica di un lavoro che è reale – prosegue l’artista – troviamo quella metafisica, ossia la dimensione, puramente intellettua­ le, che quell’opera ha prodotto e in cui vive. È come se esistesse un altro luogo in cui quella forma e quel lin­ guaggio fossero ‘normali’. Insomma, per me l’arte è come il Cavaliere inesistente di Italo Calvino!” Josephine Sassu è un’artista concet­ tuale e complessa, difficilmente sche­ matizzabile, capace di dare vita a uni­ versi inquietanti e magici senza per­ dere la capacità di decifrare il reale.


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