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Reportage

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Tenuta Santa Lucia

Tenuta Santa Lucia

di Giulio Bendfeldt

La Ruta del Pisco: glorie naturali e piaceri gastronomici del Perù

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Curiose strade secondarie e valli desertiche, così aride, eppure in altri modi così ricche fanno da sfondo ad un percorso che unisce il turismo d’avventura e culturale con quello enogastronomico

Dalla capitale peruviana fino al confine con il Cile, la Ruta del Pisco mette a contatto appassionati di enogastronomia e visitatori alla ricerca del lato più autentico del Paese tra culture ancestrali e tradizione vitivinicola. Dagli affascinanti locali della capitale, alle vigne e le eleganti distillerie di Lunahunà e Ica, fino alle oasi e ai canyon di Arequipa, il percorso racconta un’identità nazionale che il Perù custodisce gelosamente. Il circuito, che si sviluppa da Lima a Tacna lungo il litorale peruviano, offre la possibilità di scoprire bar esclusivi, antiche botteghe coloniali, artigianato locale, itinerari storico – naturalistici e spettacoli folkloristici. Dal km 199 al km 291 della Panamericana in direzione sud, oltre ad alcune caratteristiche botteghe, si incontra anche il Museo del Pisco, l’unico museo didattico al mondo dedicato esclusivamente allo studio, diffusione e promozione del pisco, bevanda nazionale del Perù.

LIMA Entrando al Bar Inglés del Country Club Hotel a Lima si rievocano antichi fasti e atmosfere del passato. Uno dei luoghi più citati dalla lettura peruviana, questo cocktail bar emblematico è lo sfondo ideale per un’iniziazione alla cultura del pisco. Il silenzioso ambiente, avvolto da pannelli di legno e un tempo frequentato da illustri personaggi come Johnny Weissmuller e Ava Gardner, è un tempio della bevanda nazionale del Perù. Il menù offre cocktail nazionali ed internazionali, oltre ad una splendida selezione di bevande a base di pisco: dal pisco liscio aromatico e non, ai più conosciuti pisco sours passando per gli aperitivi a base della famosa acquavite.

LUNAHUANÁ Una piccola cittadina a sud Lima, un cuore romantico nel deserto, Lunahuaná si divide tra la produzione di vino e le attività fluviali. Entrambi devono la propria esistenza al Rio Cañete, le cui acque sono luogo ideale per le avventure di coraggiosi rafters e una preziosa fonte per l’irrigazione dei vigneti locali. Un tour tra la piazza principale, la Cattedrale e i vicoli di Lunahuaná farà sentire il visitatore immerso nel passato coloniale del Paese tra oggetti di artigianato e cocktail a base di pisco.

A conclusione di un’avventurosa escursione Lunahuanà offre tradizionali degustazioni in cantina, classica tappa di ogni enoturista. PISCO Proseguendo sulla Panamericana, in direzione sud nella Regione di Ica, la vista corre oltre le sabbie del deserto scorgendo il Pacifico. Il Perù sembrerebbe un luogo ostile per la coltura della vite ma rigogliosi filari sono già visibili dalla propria auto. Da Pisco, per gli appassionati di enogastronomia e design, si giunge fino ad una splendida bodega contemporanea ispirata all’architettura desertica della regione e che prende il nome dall’anno in cui si registrò per la prima volta la presenza di colture di uva nei dintorni di Pisco, Pisco 1615. Il vigneto faceva, originariamente, parte dell’antica Hacienda di Santa Cruz. All’interno delle cantine la tradizione si fonde con le più moderne tecnologie, raggiungendo uno degli standard di distillazione più elevati del pisco peruviano.

ICA Procedendo verso la città di Ica, è possibile concedersi una tappa a Paracas, villaggio di pescatori e meta turistica rinomata in tutto il mondo. Ammirando la vista dalla costa si scorgono le Isole Ballestas che ospitano leoni marini, pinguini di Humboldt e specie di uccelli marini. Quest’area non è ricca solo a livello faunistico ma ospita anche floride vigne e liquorerie tra cui La Hacienda La Caravedo, risalente al 1684, la più antica distilleria funzionante in America. Una visita a questa azienda offre l’opportunità di ammirare la storica struttura oggi assorbita da un’azienda estremamente tecnologica. Il mastro distillatore Johny Schuler, acclamato da molti come il Re del pisco, custodisce gelosamente la ricetta di lavorazione del pisco gesuita che produce seguendo gli insegnamenti originali. Visitare questi luoghi in

Un’acquavite contesa

Il pisco è un’acquavite peruviana tutelata da due denominazioni di origine, ricavata dalla distillazione di vino bianco e rosato, aromatico e non. È una bevanda nazionale solo in Perù. Pur essendo un distillato di vino, non appartiene alla famiglia dei brandy perché non subisce invecchiamento. Vicino a Lima si trova il porto di El Callao, del quale si narra che nell’Ottocento le navi mercantili non ripartissero senza aver fatto un buon carico di un’ottima acquavite della città di Pisco.

Perù e Cile disputano tuttora sulla denominazione di origine, poiché i due paesi sudamericani sono entrambi produttori di pisco. Il Perù afferma che il distillato dev’essere considerato esclusivamente peruviano, essendo originario di Pisco (città che esisteva ancora prima della scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo); il Cile non si oppone a questo argomento visto che tra i suoi confini esiste dal 1936 una città con il nome di “Pisco Elqui», ma pretende che il termine pisco sia riferito unicamente alla bevanda da lungo tempo prodotta anche nel loro paese.

Il pisco si distilla con alambicco continuo o discontinuo da vino di uva moscata Italia, e da altre uve, coltivate sia nella regione di Ica che in altre aride valli costiere del Perù meridionale. La gradazione alcolica va dal 40 al 50 percento.

Le qualità prodotte si distinguono in quattro categorie: Pisco Puro (da uve non aromatiche); Pisco Aromatico (da uve aromatiche); Pisco Acholado (mescolanza dei due precedenti) e Pisco Mosto Verde (da mosto a fermentazione incompleta). La degustazione liscia del pisco viene detta trago corto, e consiste nel sorseggiarlo e trattenerlo in bocca qualche secondo prima della deglutizione, in modo da apprezzarne il bouquet. Il pisco viene utilizzato anche nella preparazione di cocktail tra i quali il chalaquito ed il più noto pisco sour; quest’ultimo prevede l’aggiunta di succo di lime, ghiaccio, sciroppo di zucchero e albume d’uovo. Si usa anche mischiato alle bevande come la Coca-Cola col nome di piscola, diffusa in Cile soprattutto tra i ragazzi, e talvolta con la Sprite, che rendono il pisco più leggero e meno amaro.

primavera offre un’ulteriore opportunità di comprendere come la storia del pisco rappresenti una storia di mescolanza culturale tra popoli, grazie al Festival Internazionale della Vendemmia. Questa celebrazione riunisce tutti i produttori della regione per rendere omaggio alle uve della zona tra esibizioni di gruppi musicali tradizionali e i balli, degustazioni e la sfilata di bellezza della Regina della Vendemmia che, scelta tra le giovani ragazze della città, compie una passeggiata per le vie della città per poi calpestare i grappoli in una tinozza per estrarre il vino della festa.

AREQUIPA, MOQUEGUA E TACNA Lasciando Ica, una visita alla spledida oasi di Huacachina è quasi d’obbligo. La splendida cittadina, dichiarata patrimonio culturale del Paese, è situata sulle sponde di un lago naturale ed è circondata da

alberi, palme tropicali e imponenti dune. Spostandosi verso il confine meridionale del Paese si giunge ad Arequipa, anche conosciuta come “la città bianca». Al termine di una giornata trascorsa tra le viste mozzafiato del Colca Canyon o le visite del monastero di Santa Catalina, del convento di Santa Teresa, costruito nel 1710 e in cui tutt’ora lavorano e vivono alcune suore, e della Plaza de Armas, un aperitivo da gustare nelle splendida cornice del ristorante Alma, dell’hotel Casa Andina Premium, è una delizia sia per gli occhi che per il palato. Lasciando la città ci si inoltra verso Moquegua, a metà strada tra la costa e le campagne. I pittoreschi villaggi della regione omonima ospitano antichi mulini, le valli abbondano di frutta e non mancano le aziende produttrici di vino e pisco, tra cui spicca la Bodega Biondi. Da più di 40 anni questa distilleria, estremamente attenta alla genuinità dei propri prodotti, produce e imbottiglia

il Pisco Biondi, riconosciuto a livello nazionale e internazionale. Come suggerisce il nome, le origini dell’azienda sono italiane, più precisamente toscane, così come lo sono quelle di molti produttori e abitanti della zona i cui avi immigrarono circa a metà del 1800. La Ruta del Pisco si conclude nella regione di Tacna, al confine con il Chile. La città è stata teatro di molte battaglie durante la Guerra del Pacifico e ha retto l’occupazione cilena per più di 50 anni, durante i quali la produzione di vino e pisco si è ridotta notevolmente. Nel 1930, quando Tacna è stata riannessa al Perù, l’industria “pisquera» nella regione si è riattivata con gran forza. Oggi, è possibile visitare molte botteghe locali dove si può acquistare il pisco, tra cui quella di Don César, produttore di uva nera Criolla e, famoso per il “Rancho San Antonio», uno trai migliori ristoranti della regione, dove fu inventato il “Tacna Sour», un cocktail molto elaborato, a base di pisco, limone e albicocche.

La storia

Il distillato selezionato e riposato di mosti appena fermentati, prende il nome Pisco da una parola quechua che significa “uccello» che a sua volta è stato dato alla valle peruviana, città e porto, al Perù Pisco (Diego Méndez del 1574). Nel XVI secolo l’uva arrivò in Perù dalle Isole Canarie, portata dal marchese Francisco de Carabbantes. I cronisti del tempo sottolineano che fu nella tenuta di Marcahuasi, a Cuzco, che la prima vinificazione in Sud America ebbe luogo nel 1560.

Tale fu il successo che si cominciò a esportare il vino (specialmente prodotto dalla Chiesa) dal Virreinato del Perù alla Spagna. I produttori peninsulari imposero prima di Filippo II il divieto di questo commercio, che fu bloccato nel 1.614. Come conseguenza di questa restrizione, i monaci agricoltori intensificarono la preparazione del brandy d’uva, prodotto che lasciò queste terre attraverso il porto di Pisco.

L’acquavite peruviana chiamata Pisco, guadagnò così prestigio e i suoi volumi di esportazione crebbero in modo significativo. Ciò è confermato dalle notizie del commercio marittimo con il Perù del diciassettesimo e diciottesimo secolo, che mostrano come le condizioni delle valli di Ica e Moquegua e le tecniche sviluppate, abbiano raggiunto un prodotto di altissima qualità.

Donnafugata: mille200 piante per il rimboschimento di Pantelleria devastata dall’incendio del 2016

Era il 28 maggio del 2016 quando a Pantelleria divampava un incendio che alimentato dai forti venti di scirocco, si protrasse per giorni, bruciando centinaia di ettari di bosco. Allo sgomento seguì la risposta corale di istituzioni, associazioni e cittadini: a luglio Pantelleria divenne Parco Nazionale, il 1° in Sicilia, e poco dopo il Comitato Parchi per Kyoto lanciò una raccolta fondi per il rimboschimento.

Quell’anno, con il proprio staff di agronomi, l’azienda vitivinicola Donnafugata raccolse semi della macchia mediterranea dell’isola. I semi di Periploca e di Cisto – arbusti autoctoni di Pantelleria – sono stati fatti germinare e crescere in vivaio, e infine sono state invasate; le 1.200 piante così ottenute, sono state donate al Comune di Pantelleria e saranno in questi giorni messe a dimora nelle prime aree a verde pubblico individuate dall’Amministrazione. L’intervento voluto da Donnafugata oltre a contribuire a migliorare il decoro urbano del centro di Pantelleria, ha una valenza simbolica: promuovere il valore della biodiversità, della natura e del paesaggio dell’isola. Il 21 marzo Donnafugata ha partecipato a “La primavera degli Alberi», l’iniziativa voluta dal Sindaco Salvatore Gino Gabriele – adesso anche Presidente del Parco di Pantelleria – in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente ed il Comitato Parchi per Kyoto. Con il coinvolgimento degli alunni delle scuole di Pantelleria, sono state presentate le aree a verde realizzate da Donnafugata, ed è stata inaugurata, al Castello, la mostra “A passi di biodiversità» curata dal Ministero dell’ambiente. Presentato anche il primo intervento di piantumazione frutto della raccolta fondi avviata dal Comitato Parchi per Kyoto, nato dalla collaborazione tra Federparchi, Kyoto Club, Legambiente e Marevivo.

“Per noi che siamo impegnati in questo straordi

nario contesto di viticoltura eroica che è Pantelleria – dichiara José Rallo di Donnafugata che sull’isola conduce 68 ettari di vigneti in produzione – è stato molto importante realizzare un intervento che contribuisca a ricordare l’importanza della macchia mediterranea quale componente fondamentale del patrimonio naturalistico dell’isola. Adesso sono lieta di annunciare anche la nostra decisione di sostenere il progetto del Comitato Parchi per Kyoto; da parte nostra finanzieremo anche la piantumazione di alberi che avrà luogo in autunno quando vi saranno tutte le condizioni per realizzare il progetto che di piante potrà metterne a dimora oltre mille in totale.»

“L’obiettivo – aggiunge Antonio Rallo di Donnafugata – sarà quello del rimboschimento, da effettuarsi soprattutto nell’area della Montagna Grande, là dove più profonde sono state le ferite inferte dagli incendi: il Dipartimento Scienze Agrarie e Forestali dell’Università di Palermo e l’Ente Parco stanno lavorando per questo. Ci vorrà tempo e ancora altri fondi da raccogliere, ma l’importante è che si cominci. Da secoli a Pantelleria natura e agricoltura convivono in equilibrio: a noi tocca impegnarci per difendere e migliorare questa armonia e consegnarla alle future generazioni.»

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