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Tenuta Santa Lucia
Alla scoperta dello Shiraz del Lazio. Tenuta Santa Lucia
L’ Azienda Vinicola è ubicata nel territorio del comune di Poggio Mirteto (cittadina sabina gemellata nel 2003 con Canejan, che si trova a km 15 da Bordeaux), geograficamente nelle vicinanze di Roma ricade nella Provincia di Rieti, assai nota per la produzione di un grande olio DOP. Molte aziende vinicole iniziano la loro attività per caso, la passione o l’amore per un territorio sono talvolta la scintilla che induce la gente di città a trasferirsi in campagna per instaurare un rapporto con la natura. Tenuta Santa Lucia iniziò in parte così, quando nel 1979 Mario Colantuomo, chirurgo del Policlinico Umberto I, s’innamorò di un casale dell’ottocento durante una visita in Sabina. Venti ettari di terreno con alberi da frutto, grano e boschi facevano da cornice all’edificio che decise di acquistare; da bravo abruzzese di Tollo piantò subito tralci di Montepulciano e Trebbiano prediligendo la strada del vino rispetto a quella dell’olio, molto più nota nell’areale, anche se un legame tra luogo e vinificazione è sempre esistito; di fatti nei dintorni di Poggio Mirteto la ricchezza dei contadini e dei proprietari terrieri si misurava in botti. L’attività iniziale era incentrata sulla vendita di uve a terzi, per la produzione di vino da tavola. Il punto di svolta si veri
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ficò solamente venti anni dopo, quando Gabriella Fiorelli - sua moglie - decise di produrre e imbottigliare autonomamente il vino; decisivo fu l’incontro con Franco Bernabei col quale condusse un attento studio dei Cru e dei terreni circostanti, portando i proprietari a espandere ulteriormente i loro confini e a rivoluzionare in toto l’azienda La cantina di recentissima costruzione, realizzata secondo le più moderne tecniche di vinificazione, sovrasta i vigneti che ricoprono queste colline sabine predominanti alla Valle del Tevere e dirimpettaie al Monte Soratte. Un territorio non semplice da far emergere, che subisce moltissimo l’influenza dei colli romani.
L’azienda consta di 40 ettari vitati, per la maggior parte uve a bacca rossa come Montepulciano, Sangiovese, Merlot, Cabernet Sauvignon e Franc, Carignano e Syrah; mentre le uve a bacca bianca sono Malvasia, Falanghina, Pecorino, Sauvignon e Incrocio Manzoni.
La realizzazione dei vigneti è avvenuta all’interno di un piano di ammodernamento iniziato nel 1995. Da diversi anni tutta la superficie vitata aziendale risponde ai massimi requisiti qualitativi quali: densità d’impianto, bassa produzione a pianta, superficie fogliare esposta ed altri. La vendemmia è effettuata a mano in cassette di piccole dimensioni. Le basse rese di uve per ettaro ottenute anche con il diradamento dei grappoli, consentono di mantenere ed elevare le caratteristiche organolettiche e gusto-olfattive delle uve e di ottenere Vini di grande qualità.
L’identità del vigneto e del territorio, sono la
strada maestra su cui basare lo stile del suo fare e pensare il vino e, quando glielo lasciano fare le soddisfazioni non mancano ad arrivare: Mario Colantuono ha un progetto ben chiaro da sempre, produrre vini di pregio dai suoi quaranta ettari. Il Morrone Rosso Syrah 2012 ne è lo specchio fedele e non sorprende , perché già dal bicchiere fa emergere la potenza dello Syrah. Colore impenetrabile, profumi penetranti come fogli di alloro, ciliegia nera macerata e tanta spezia; al palato è esuberante, quasi cremoso, grazie anche ai ventiquattro mesi passati in barrique. Qui si è lasciati esprimere il talento di Fabio Mecca, che ha rispettato in pieno vitigno e territorio. Vino degustato: Morrone, Syrah in purezza, proviene da vigne esposte al sole, sottoposte a ottime escursioni termiche e adagiate su terreno ricco di ciottoli. Le condizioni pedoclimatiche favoriscono la piena maturazione degli acini che conservano zuccheri e acidi per un risultato di alto livello. Il colore è scuro, il naso intenso e ampio. L’inizio di frutta matura, come amarena e prugna, è seguito immediatamente da note di cioccolato, spezie dolci con ritorni di violetta. Bocca calda e avvolgente con tannini integrati; l’alcol e i ritorni di frutta allungano il sorso. Affina due anni in botte.
Lutto a The Italian wine Journal: ci ha lasciato il collega Franco Ruffo
Il suo ultimo articolo per noi risale allo scorso dicembre: Edi Kante ed i sapori del Carso. Uno degli innumerevoli viaggi a caccia di notizie che hanno contraddistinto la sua vita. Franco Ruffo, firma storica del giornalismo veronese, testimone dello sviluppo economico scaligero, scopritore e narratore dei suoi protagonisti, ci ha lasciato improvvisamente nel febbraio scorso.
E’ difficile in un “coccodrillo» racchiudere i ricordi di una vita, di un’amicizia nata sul lavoro inseguendo insieme storie e protagonisti da raccontare. Delle tante cose, ricordiamo la sua passione per l’economia e lo studio continuo dei grandi fenomeni che la attraversano. Fra i primi aveva compreso il ruolo che l’agroalimentare stava assumendo e la forza esplosiva di alcuni brand che oggi “dominano» le tavole di milioni di consumatori in Italia e nel mondo.
Inarrivabile per molti, la sua capacità di sintesi, di cogliere al volo, in un attimo, l’essenza di un processo produttivo, le complessità di un mercato. Delle grandi imprese veronesi conosceva pregi e difetti; di ogni grande imprenditore poteva tracciare il profilo esatto. Per le nuove imprese conservava una curiosità infinita anche dopo quarant’anni di professione. Per i giovani cronisti, quelli che cercavano di scappare dal
suo controllo per rifilargli un “buco» su una “sua impresa», provava affetto sincero che nascondeva con fare burbero.
Con Franco, Rossella, Lillo ed altri amici stavamo scrivendo la storia degli ultimi trent’anni di Verona attraverso i suoi protagonisti. Mai avremmo immaginato di dover aggiungere pagine per raccontare di lui, che ha contribuito come pochi a rendere grande Verona e le sue imprese scrivendo ogni giorno dal suo ufficio in Confindustria e dalle pagine de Il Sole 24 Ore e de La Stampa. Ci mancherai, Franco. Mi mancherai. (b.g.)
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Hanno collaborato a questo numero: Alessandra Piubello, Elisabetta Tosi, Carlo Rossi, Giulio Bendfeldt, Magda Beverari, Daniela Scaccabarozzi Impaginazione: Delmiglio email: redazione@delmiglio.it telefono: 045 6931457 Copertina: Archivio Genagricola
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Champagne Egly-Ouriet
VALDOBBIADENE PROSECCO SUPERIORE “52” SANTA MARGHERITA: Prosecco a Valdobbiadene dal 1952
Il 1952 è l’anno di inizio del nostro percorso legato al Prosecco Superiore Valdobbiadene D.O.C.G. Ecco perché, quando abbiamo raggiunto l’espressione più raffinata di una storia, di un territorio e di una passione che dura da 60 anni, abbiamo pensato che il suo nome potesse essere uno solo: 52.