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Mantova, cucina e vini dei Gonzaga

di Enzo Russo Foto di Gio Belli

Mantova, così abbiamo insegnato al mondo a stare a tavola

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Viaggio fra i sapori unici, cibo e vino, ereditati dai Gonzaga

Da quando è nato il Consorzio nel 2012 c’è stata una sorprendente corsa dei Vini Mantovani, dai bianchi ai rossi fino ai frizzanti e spumeggianti lambruschi dell’ Oltrepò mantovano che in questi anni si sono fatti conoscere a un vasto numero di consumatori che ne apprezzano la qualità e la genuinità di questo antico nettare carico di storia. Probabilmente, l’aver riunito i tre consorzi provinciali, è stata la chiave di svolta per una politica unitaria della viticoltura per dare una identità molto chiara e precisa sui vini mantovani. Da allora il Consorzio si è mosso con più agilità per farli conoscere in Italia e all’estero, sia sotto l’aspetto della qualità ma anche del territorio, dove nascono in un contesto dove anche la tradizione gastronomica è parte integrante del buon mangiare e del buon bere vini genuini che rispecchiano anche il carattere delle persone, semplici e cordiali, disponibili ma determinati nel raggiungere gli obiettivi.

Il Presidente del Consorzio Vini Mantovani Luciano Bulgarelli ci aspetta a Quistello (Mn), presso il ristorante all’Angelo deve è previsto un menù con degustazione di alcuni vini mantovani.

Gli chiediamo subito come è andata l’ultima vendemmia.

«La qualità è stata eccellente pur con delle quantità molto ridotte rispetto agli altri anni per effetti climatici dovuti ad una gelata primaverile e poi alla stagione calda nel mese di agosto. Però i vini che stiamo ottenendo sono di alta qualità». Qual’è stata la tipologia di uve che ha beneficiato o che ha avuto problemi: “Non c’è stata nessuna tipologia che ha avuto dei vantaggi rispetto ad altre perché il calo Il presdidente Bulgarelli

c’è stato in tutte le varietà, alcune meno altre di più come lo Chardonnay che ha avuto un 50% in meno rispetto alla produzione, però alla fine ci siamo attestati, mediamente, attorno a un meno 30%. Il calo ha colpito in modo omogeneo un po’ tutte le varietà, sia i vini bianchi sia i rossi. La prima vendemmia l’abbiamo fatta verso il 10 agosto partendo dallo Chardonnay a base spumante e abbiamo finito con le uve rosse Cabernet nella prima decade di ottobre». E il Lambrusco come è andato? «Si è comportato come tutte le altre varietà, non c’è stato un anticipo di raccolta. Si pensava di farlo ma poi abbiamo iniziato la vendemmia i primi di settembre per finire i primi giorni di ottobre. I risultati sono stati buoni, c’era un po di preoccupazione per la gelata di aprile».

E l’acidità si è mantenuta sempre agli stessi livelli? «Inspiegabilmente ha mantenuto una buona acidità, aromi e profumi che ha sorpreso anche i tecnici». E per quanto riguarda la gradazione? «Abbiamo un grado e mezzo in più». Con il calo di produzione che avete avuto, riuscirete a soddisfare il mercato italiano ed estero?

«Senz’altro perché abbiamo del vino di scorta dell’anno precedente, in cantina ne abbiamo per

soddisfare le richieste, ne abbiamo una scorta di circa 40 mila ettolitri. Per quest’anno andiamo tranquilli sotto tutti gli aspetti, come per esempio quello economico. C’è stato un innalzamento dei prezzi, in alcuni casi abbiamo più che raddoppiato il valore delle uve e quindi i vini e i mosti».

Per quanto riguarda le vendite, cosa prevede, come potrà andare il mercato?

«Si è intrapreso una strada che secondo me non ha più ritorno, nel senso che oramai le aziende si sono strutturate facendo anche dei sacrifici puntando principalmente sul mercato estero perché quello italiano si sta saturando. Questo vuol dire fare investimenti, sia in cantina con macchinari all’avanguardia sia sulle persone che spesso sono all’estero per manifestazioni, fiere, incontri mirati con degustazioni. E poi all’estero quando si parla del vino italiano è sempre un bel parlare perché fa moda, le persone chiedono, vogliono sapere e conoscere le varie tipologie di vino dove nascono. Insomma sono curiosi su tutto, c’è una ricerca sui vini di qualità e del territorio dove vengono fatti e come. Cercano prodotti nuovi i innovativi che fanno tendenza. E i vini mantovani hanno queste caratteristiche, perché nascono in un territorio di nicchia. I vini prodotti nel mantovano non sono una grande quantità ma è la qualità che ci viene riconosciuta, sia in Italia sia all’estero».

Per quanto riguarda l’estero, ci sono nuovi mer

cati all’orizzonte?

«Certamente, all’estero sta crescendo la voglia di vini di qualità, non è più sufficiente mandare un vino buono, oggi la tendenza è la ricerca di vini di alta qualità superiore rispetto agli anni scorsi. E noi siamo pronti per andare incontro a questo cambiamento importante perché crediamo che sotto l’aspetto dell’alta qualità siamo all’altezza della sfida.

Tra i nuovi mercati che si stanno aprendo, ci sono quelli dei Paesi nordici, dove sappiamo tutti che c’è un problema dell’alcool, però c’è una forte apertura verso il vino soprattutto verso quello italiano e quindi credo che questi mercati vadano seguiti con maggior attenzione rispetto ad altri. Anche il Canada è un paese che ha molta attenzione verso i nostri vini». Quali sono i vini maggiormente richiesti in quei Paesi?

«Sono i vini bianchi ma soprattutto i rossi e le bollicine di Lambrusco perché lo abbinano al pesce come il salmone, il baccalà e lo stoccafisso, tutti cibi grassi che si sposano molto bene con il Lambrusco doc secco. E la richiesta aumenta sempre di più».

Quindi, quest’anno c’è questa nuova scoperta dei mercati nordici?

«Si c’è questa nuova importante realtà, ma per arrivare in questi mercati ci sono molte difficoltà burocratiche come il monopolio con le sue regole, una trafila molto diversa rispetto ad altri Paesi, però ci

stiamo adeguando con pazienza».

Voi cosa pensate di fare per promuoverli? «Semplicemente andando da loro portando i nostri vini facendoli degustare con incontri mirati descrivendone le qualità, ma poi è il bicchiere di vino l’ultimo a “parlare» con i palati che sono molto pretenziosi. C’è molto interesse verso i nostri vini e noi come Consorzio ci stiamo adoperando per farlo conoscere nel migliore dei modi, in particolare le bollicine mantovane, hanno caratteristiche organolettiche uniche nel suo genere perché dietro c’è l’artigianalità un lavoro, una ricerca paziente e una cura nella vinificazione nell’estrapolare dagli acini tutte le potenzialità ancora inespresse del Lambrusco. E questo è quanto hanno percepito i palati più esigenti. Tutto questo è merito delle piccole e medie aziende che ogni giorno sono alla ricerca della migliore qualità».

Il merito di questi risultati va attribuito all’enologo, all’agronomo o alle nuove tecnologie?

«Il merito è un po’ di tutti perché partiamo dal fatto che il vino si fa in campagna poi quando le uve arrivano in cantina, cercando di non rovinarle nel trasporto, capire come sono e individuare subito il tipo di lavorazione da fare per non rovinare quello che è stato creato in campagna e qui interviene la tecnologia, fondamentale per la vinificazione, ma è sempre la mano dell’enologo con la sua sensibilità ed

esperienza a determinare il risultato finale per ottenere un buon vino. Tutto questo lo si ottiene attraverso il controllo di tutta la filiera produttiva».

Vogliamo parlare dei vini e della cucina mantovana, dei piatti della tradizione culinaria, alcuni risalenti ai tempi dei Gonzaga, ma sempre vincolati alla terra dalle tradizioni contadine?

«Come tute le cose, non nascono mai a caso, se un vino nasce in un particolare territorio, immancabilmente diventa un compagno per il cibo, i due prodotti si legano subito, profumi e sapori diventano un unica cosa e di conseguenza si crea un legame dove uno non può fare a meno dell’altro. Oggi la cucina mantovana nella sua classicità e nella sua semplicità è ricca e variegata. Per chi viene da fuori, il primo contatto con i sapori locali lo può fare con un tagliere di salumi composto dal salame mantovano, pancetta e coppa accompagnati da ciccioli, Parmigiano, gnocco fritto, la chisceglia (focaccia tipica salata) e il tirot (altra focaccia alle cipolle). Si assapora subito la bontà dei prodotti artigianali e antichi nella loro tradizione contadina. Per passare poi ai primi piatti in brodo, altra sinfonia per il palato: gli Agnolini all’uovo con ripieno di carne di manzo, salamella, pollo, pane grattugiato, Grana Padano, noce moscata. Tagliatelline, quadretti e maltagliati, pasta all’uovo tagliata a strisce sottili. Pasta trita all’uovo, essiccata e tritata in grattugia in pezzi molto piccoli. Panàda, composta

da pane raffermo, olio e grana padano. Poi ci sono i piatti asciutti, eccone alcuni: i noti Tortelli di zucca, Tortelli amari, le Tagliatelle, Gnocchi di zucca, Risotto alla pilota, condito con salamelle di maiale, Risotto col puntèl, condito con salamella, costine o braciola di maiale, Risotto con le rane, condito con rane pulite, olio e cipolla. Come secondi piatti non c’è che l’imbarazzo della scelta: Stracotto o brasato, a base di carne di manzo accompagnato alla polenta, Stracotto d’asino, accompagnato da polenta, Bollito misto di carne di manzo, pollo e maiale lessati in acqua bollente accompagnato dalla mostarda, Cotechino e pisto, accompagnati da polenta e lenticchie, Lucio in salsa pesce d’acqua dolce lessato accompagnato da una salsa a base di capperi, prezzemolo, acciughe sotto sale, aglio e cipolla, Faraona arrosto. Infine ci sono i dolci, ma la più gettonata è la Sbrisolona, torta friabile a base di mandorle. Tutto questo, aggiunto alle bellezze della provincia di Mantova, che vanno dai castelli ai monumenti, dall’arte alla cultura e alla storia dei Gonzaga, formano una squadra competitiva di alto livello che promuove e racconta all’estero un territorio tutto da scoprire».

Il ristorante all’Angelo ha preparato un menù della tradizione gastronomica mantovana abbinando degli ottimi vini che hanno deliziato il palato.

«Si gli abbinamenti si sono dimostrati azzeccati e i due attori si sono esaltati a vicenda. Con l’antipasto di salumi abbiamo proposto delle bollicine metodo classico Armonia 1.6, fatto con uve Chardonnay e Grappello Ruberti vinificato in bianco, trascorre 24 mesi sui lieviti. Come primo piatto, Tortelli di zucca e il vino scelto il Lambrusco Grappello Ruberti in purezza, delicato e ricco di profumi. Poi è arrivato il Guanciale di maiale con le mele, è un classico della nostra cucina, lo abbiamo abbinato al Gran Rosso del Vicariato, molto strutturato, fatto con uve Grappello Ruberti e Ancellotta che lo ammorbidisce. Abbiamo chiuso con la Sbrisolona mantovana, il dolce più conosciuto e richiesto, si sposa felicemente con il Moscato del Vicariato, era molto richiesto dai Gonzaga, veniva offerto agli ospiti, regalato ad amici e nobili. Noi abbiamo ripreso a produrlo nella cantina di Quistello diventando in poco tempo uno dei vini più richiesti».

Risto ante all’An elo Via Cantone 60 46026 Quistello (Mn)

Dopo avere degustato con piacere alcuni piatti della cucina locale mantovana, ne parliamo con il titolare del Ristorante all’Angelo Denis Garosi che con la moglie Nadia Cavallini, bravissima chef che ha cucinato con arte e semplicità un menù ricco di sapori e di storia della cucina mantovana.

“Abbiamo proposto un antipasto di salumi nostrani composto dal salame mantovano agliato, la coppa/pancetta nostrana e prosciutto crudo abbinandolo alle bollicine Armonia 1.6, uno spumante metodo classico molto elegante

con una buona acidità che tiene pulito il palato. Come primo piatto abbiamo preparato il classico Tortellone di zucca fatto da noi ed è una vera specialità, condito con abbondante burro. Lo abbiamo proposto con l’80 Vendemmie Rosso, un Lambrusco con una vena profumata e morbida che si sposa perfettamente con questo piatto. A seguire abbiamo proposto il Guancialino di maiale brasato con mele tipiche della nostra zona ed il vino da accostare abbiamo pensato al Gran Rosso del Vicariato della cantina di Quistello, anche questo è un Lambrusco particolare per profumi e intensità di colore, potremmo definirlo un vino “maschio» ed è un compagno perfetto per le carni di maiale. Infine abbiamo finito con la classicissima Sbrisolona, l’abbiamo sempre in menù perché è la più richiesta. Per assaporarne tutte le fragranze consigliamo sempre il Moscato del Vicariato, un vino dolce e armonico che invade il palato con delicati sapori». Finita l’intervista, finalmente ci possiamo godere tutto il complesso dove ci troviamo.

E’ una bellissima struttura risalente al 1840 che nasce come casa padronale. Nel 2012 la villa inserita in un parco di 18 mila mq e circonda da piante secolari, come due olmi del 1800, viene trasformata in un accogliente e riservato ristorante da Angelo e Nadia, ristoratori da lunga data. Oggi punto di ritrovo per chi vuole gustare, in un ambiente raffinato e discreto, la storica cucina mantovana interpretata in cucina con maestria da Nadia.

di Enzo Russo

Erika Sartori, rivoluzione rosa

Ritratto di una manager che, fra Parmigiano Reggiano e Lambrusco, sta cambiando la cooperazione romagnola

L’ appuntamento con Erika Sartori è a Villa Roncadella (Reggio Emilia) presso il Caseificio Sociale, una cooperativa di sette soci conferenti, tra cui la sua azienda agricola. Ci accoglie con un grande sorriso espressivo e con la classica parlata reggiana. E’ una bella donna, faccia simpatica e amichevole, occhi che sorridono con una forte personalità e dalle indubbie qualità professionali. Iniziamo a parlare, mentre ci offre dei tocchetti di Parmigiano Reggiano di sua produzione accompagnato da un buon bicchiere di Lambrusco Barghi, un vino prodotto dalla Cantina sociale della zona di cui la sua azienda è socia.

«Prima di tutto sono una imprenditrice agricola - dice Erika mentre ci versa un altro brioso Lambrusco - non avrei mai immaginato di far parte di questo mondo perchè ho degli studi e una formazione completamente diversa. Ho fatto il Liceo Scientifico e studi di giurisprudenza. Ho conosciuto mio marito Luca Ferretti quando avevo avevo 23 anni, mi ha proposto di lavorare nella sua azienda zootecnica e vinicola con compiti amministrativi, poi ci siamo sposati. Fino al 2008 abbiamo avuto un allevamento di suini. Li abbiamo venduti concentrando tutta la nostra attività sull’allevamento delle mucche da latte».

Quante bovine avete? «Sono circa 300 di varie tipologie, vitelle, manze e bovine da latte. Mediamente produciamo 14 mila quintali l’anno. Ogni giorno facciamo 6/7 forme di Parmigiano Reggiano».

Avete anche un’ azienda vitivinicola? «Si, produciamo Lambrusco e Ancellotta, tutti vitigni tipici della nostra zona. L’ancellotta un vino prevalentemente da taglio, è chiamato anche “rossissimo» e serve per dare colore agli altri vini. L’uva che produciamo la conferiamo a tre Cantine cooperative». Ma ritorniamo a Erika contabile dell’azienda.. «Ho iniziato così, poi vengo nominata amministratore, nel 2010 la ditta individuale di mio suocero, dove mio marito ed io eravamo coadiuvanti, diventa la “Società Agricola due Querce» ed io socia e come tale ho avuto la possibilità di entrare a far parte del Consiglio di amministrazione di una Cantina. Da lì ha inizio un significativo cambiamento della mia vita professionale». Possiamo dirlo? una donna in carriera… Erika prima risponde con un sorriso, poi ammette che certamente l’ambizione c’è, fa parte della natura umana.

«E’ un settore molto maschile e maschilista con un’età media abbastanza alta. Giovani in agricoltura ce ne sono pochi soprattutto quelli che sono impegnati al di fuori della propria attività aziendale. Nel 2010 vengo nominata amministratore della Cantina Sociale Puianello e Coviolo che ha una produzione di 1 milione e mezzo di bottiglie. Nel 2012 sono tesoriere del Caseificio di Roncadella, subentrando al ruolo

fino allora rivestito dal suocero. Ed è proprio in quegli anni che ha inizio la mia evoluzione, prendo coscienza delle mie capacità e possesso di un lavoro che mi piace. L’ agroalimentare è un mondo che mi affascina, non è statico ma in continua evoluzione».

Il cellulare è un continuo trillare: inviti a manifestazioni, convegni, incontri istituzionali. Riusciamo a riprendere a parlare con il cellulare spento.

«Nel 2010 c’è stata la grande svolta che ha cambiato la mia vita. Mentre prima ero solo una imprenditrice agricola moglie dell’imprenditore, diventando amministratore mi si apre un mondo, quindi la mia curiosità mi spinge a fare sempre di più. A parte i corsi di formazione rivolti alla preparazione teorica sul mondo agricolo, la viticoltura e la zootecnia, mi si presenta e un’altra opportunità con la rappresentanza sindacale. Entro a far parte del Consiglio di presidenza di Confagricoltura di Reggio Emilia e contemporaneamente presidente del settore Vitivinicolo di Confagricoltura Reggio. L’anno successivo presidente provinciale di Fedagri che si occupa del settore agroalimentare di Confcooperative Reggio Emilia e non ultimo sono consigliera nel Consorzio dei vini Reggiani.

Tutto questo mi ha permesso di crescere professionalmente. Ora faccio parte anche della Commissione regionale e di quella Nazionale di Donne Cooperatrici».

Il lavoro che svolge in un settore ben vasto, vede una forte presenza di uomini, lei ha trovato difficoltà nell’inserirsi, nell’essere accolta o è stato del tutto naturale la sua presenza come donna?

«Inizialmente mi guardavano un po’ straniti perchè vedere una donna dove solitamente ci sono solo uomini ha inizialmente condizionato tutti, dal modo di parlare agli atteggiamenti, dall’esprimersi . Beh, mi son detta: sono una donna, cosa ho di meno? forse posso magari apportare qualche cosa in più, un punto di vista differente perchè fondamentalmente non cre-

«Non pensavo nemmeno di arrivare dove sono arrivata, perchè visto il mondo che frequento, una donna quali ambizioni può avere? Ma sono sempre più convinta che debba essere valutato il merito, questo a prescindere dal genere. Fondamentali sono le competenze, sempre più richieste assieme alla preparazione sia amministrativa che sindacale, perchè il mondo è in continua evoluzione e quindi questi requisiti sono indispensabili per portare avanti gli interessi del proprio settore, avendo oggi a che fare con un mercato non più solo locale ma globalizzato. Non ho un vero e proprio obiettivo finale, nel senso che sono tanti gli elementi che concorrono per fare una valutazione. Nella vita gli imprevisti e le opportunità sono sempre dietro l’angolo. Per adesso spero di poter fare il mio lavoro nel miglior modo possibile».

Erika è già in auto, l’aspettano alcuni imprenditori: prossimo step, una missione commerciale a Los Angeles.

do che una donna sia migliore o peggiore di un uomo, assolutamente no. Il problema è avere un punto di vista diverso sulle cose.

Io ho un modo di affrontare un problema o una situazione che non è lo stesso che può avere un uomo, le sensibilità sono diverse. Ammetto che l’inizio sia stato un po’ difficoltoso, adesso le cose stanno cambiando piano piano. Ho capito come ci si muove, quali sono i luoghi preposti per prendere le decisioni che non sono soltanto le assemblee o le riunioni… Come donna ho impiegato più tempo ad inserirmi perchè mi vedevano come un corpo estraneo».

Erika, lei ha molteplici impegni, quali sono i suoi obbiettivi adessp?

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