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Costume e società
CHI PENSA CHE IL GUINZAGLIO SIA UNA PREROGATIVA DEL CANE, SI SBAGLIA. IN REALTÀ, DA SEMPRE SI POSSONO VEDERE NELLE CASE CONIGLI, FURETTI, PAPERE, MAIALINI E MOLTO ALTRO ANCORA
STRAVAGANZE BESTIALI
Alexandra Novitskaya - Pexels
Lorena Bassis Oltre ai cani e ai gatti, anche i furetti, i conigli e i criceti fanno ormai saldamente parte del mondo degli animali da compagnia. Alcune persone però non sembrano accontentarsi di questo già ampio panorama e desiderano avere al proprio fianco animali che possiamo considerare inconsueti come pet, per esempio pecore, maiali o galline. A questo proposito è bene ricordarsi che alcune specie non sono solo impegnative da gestire in ambiente domestico, ma la legge ne vieta anche l’allevamento quali animali da compagnia. Per saperne di più è importante rivolgersi al Corpo Forestale dello Stato o al Ministero dello Sviluppo economico per consultare la documentazione relativa al Cites e sapere quali animali è possibile adottare e, se è il caso, chiedere la dovuta autorizzazione. Il Cites, o anche Convenzione di Washington, è un accordo sul commercio internazionale di specie
a rischio di estinzione che viene applicato in 172 paesi, compresa l’Italia dove è in vigore dal 1980. Il numero delle specie protette oggi è di oltre 36mila. Acquistare al mercato nero un animale esotico tutelato dalla convenzione, vuol dire rischiare una multa salatissima, oltre alla confisca dell’animale e, in caso di recidiva, l’arresto da tre mesi a due anni.
Il parere dell’esperto in comportamento animale
Cosa comporta per l’animale vivere in un ambiente non appropriato, come salvaguardare il benessere animale? Lo chiediamo a Marzia Possenti, medico veterinario esperto in comportamento e in medicina e chirurgia dei piccoli mammiferi esotici e degli uccelli, Consigliere Sisca.
«Innanzitutto è bene fare una distinzione tra animali domestici e non. Il primo ha subito un processo di domesticazione a opera dell’uomo. Per questi animali, la vita con l’uomo e la relazione con lui fanno parte delle esigenze di specie. In altre parole, un animale domestico ha bisogno, per stare bene ed essere felice, anche di vivere insieme all’essere umano. Le esigenze degli animali domestici però non si limitano a questo. Hanno bisogno di molto altro per soddisfare il loro benessere. Per esempio della possibilità di esprimere il proprio corredo comportamentale. In parole semplici, una gallina è felice quando può fare la gallina e quindi se può stare anche all’aperto, razzolare in terra, essere esposta ai raggi solari non filtrati da finestre, ecc.», spiega Marzia Possenti e prosegue: «Per gli animali che non hanno subito un processo di domesticazione, il discorso è ancora più complesso. Questi spesso hanno delle esigenze particolari: in alcuni casi la presenza dell’uomo, può essere anche fonte di stress. Per poter assicurare a questi animali l’ambiente, i ritmi e le modalità di vita di cui hanno bisogno è necessario un maggior dispendio di risorse in termini di spazio, tempo e denaro e una profonda conoscenza della specie. Ritengo che la gestione di animali di questo secondo tipo, qualora non sia possibile la re-immissione in natura, dovrebbe essere affidata a strutture e personale competenti in grado di offrire una qualità di vita dignitosa e un ambiente adeguato alle esigenze di specie. Spesso il privato, a meno che non sia un appassionato conoscitore e con molti mezzi a disposizione, non è in grado di far fronte a queste necessità e l’animale è il primo a farne le spese».
Il parere dello psicologo
Abbiamo chiesto a Nicolas Patrini - Psicologo ed Educatore cinofilo - di aiutarci a capire meglio cosa spinge l’uomo a cercare la compagnia negli animali più insoliti.
«L’uomo ha, da sempre, ricercato la presenza di animali al proprio fianco così come ha sempre cercato di dominare la natura circostante. Tuttavia, il desiderio di avere accanto a sé animali diversi dal cane o gatto ha origini abbastanza recenti e affonda le radici nella ricerca di quello che potremmo definire un “oggetto privilegiato”. Sebbene non sia appropriato definire un essere vivente “oggetto”, il termine rende l’idea di qualcosa che viene scelto per adempiere a un compito specifico, cioè quello di attirare l’attenzione su di sé perché possa donarci una sorta di privilegio sociale non
Hoozeme - Pixabay
Mario Hernandez - Pixabay
permesso a tutti. Tutto ciò a prescindere dal fatto che si possa poi offrire una sistemazione idonea all’animale scelto», spiega lo psicologo Patrini e prosegue: «Direi che alla base possa stagliarsi un’insicurezza e la voglia di attirare su di sé l’attenzione. Esagerando, mi sembra di vedere il tentativo di colmare un vuoto, di trovare il modo per farsi notare. Molte persone portano all’esasperazione il concetto di animale d’affezione. Veder qualcuno che, per esempio, passeggia con una papera al guinzaglio suscita senza dubbio ironia e attira l’attenzione.
Torniamo quindi a stringere il cerchio sulla ricerca dello sguardo dell’Altro. Penso di poter affermare che, chiunque faccia una cosa fuori dal coro in pubblico, sappia esattamente di avere su di sé molte attenzioni. Perché? Bella domanda, ognuno di noi è un individuo unico e particolare». E se l’animale da compagnia oltre a essere inusuale è anche pericoloso? «Possedere qualcosa di “proibito” a molti permette di alimentare uno status e gonfiare le vele del nostro essere potenti, in grado di controllare gli eventi. Possiamo dire, con il linguaggio comune, che sfidare il pericolo ci fa stare bene, così come l’adrenalina che accompagna ogni attività limite», conclude Patrini.
Con le stravaganze in tema di pet, ciò che se ne ricava è la possibilità di nutrire l’immagine che abbiamo di noi stessi. ●