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Alimentazione

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Ornitologia

Ornitologia

CON IL TERMINE “ADDITIVI” SI FA RIFERIMENTO A UN’AMPIA CATEGORIA DI INGREDIENTI CHE VENGONO AGGIUNTI CON FINALITÀ MOLTO PRECISE AGLI ALIMENTI PER ANIMALI DA COMPAGNIA

GLI ADDITIVI NEL PET FOOD

Giacomo Biagi Professore Associato Dip. Scienze Mediche Veterinarie Alma Mater Studiorum Università di Bologna

Jagdprinzessin - Pixabay

L’Unione Europea, nel corso degli ultimi decenni, si è dotata di una legislazione molto precisa per tutto ciò che riguarda l’alimentazione animale. In particolar modo, il Regolamento (CE) 1831 del 2003 stabilisce in maniera molto precisa, e severa, le norme che regolano l’impiego degli additivi per mangimi, definendo quali additivi possono essere impiegati, in quali specie animali e, in alcuni casi, indicando la dose massima consentita. A questo proposito, si ricorda che esiste il cosiddetto Registro degli additivi, ovvero l’elenco degli additivi che possono essere impiegati, che viene costantemente aggiornato. Se un additivo non è presente in tale registro, esso non può essere utilizzato, non importa che si tratti di un additivo sicuro o che il suo impiego sia autorizzato in alimentazione umana.

Freestocks - photos - Pixabay

tecnologici: conservanti e antiossidanti

Si tratta di un gruppo molto variegato, costituito da diversi gruppi funzionali di additivi. Questo gruppo comprende additivi quali addensanti, emulsionanti, leganti, gelificanti ed altri ancora. Le due categorie di maggior interesse sono però certamente i conservanti e gli antiossidanti. Con il termine conservanti si fa riferimento a sostanze che proteggono gli alimenti dal deterioramento causato da microrganismi (batteri e muffe in primo luogo). Stranamente, nell’immaginario collettivo la presenza di un conservante viene vista con diffidenza, quasi si trattasse di un qualcosa di potenzialmente pericoloso, e che comunque testimonia della scarsa freschezza degli alimenti in cui è presente. Nulla di più sbagliato: i conservanti impiegati nel pet food sono per lo più acidi organici (o sali di questi stessi acidi) che si trovano in natura e fanno normalmente parte dell’alimentazione di animali e persone. Si pensi, per fare alcuni esempi, all’acido citrico di cui sono ricchi gli agrumi, all’acido acetico dell’aceto o all’acido lattico che troviamo in uno yogurt. Si tratta di mo

LA CLASSIFICAZIONE

Il Reg. 1831/2003, all’art. 6, suddivide gli additivi per alimenti destinati agli animali in cinque gruppi, di cui dà le seguenti definizioni: a) additivi tecnologici: ogni sostanza aggiunta agli alimenti per scopi tecnologici; b) additivi organolettici: ogni sostanza la cui aggiunta agli alimenti ne migliora o cambia le proprietà organolettiche o le caratteristiche visive degli alimenti derivati da animali; c) additivi nutrizionali; d) additivi zootecnici: ogni additivo utilizzato per influire positivamente sui parametri produttivi degli animali in buona salute o per influire positivamente sull’ambiente; e) coccidiostatici e istomonostatici. Come si può ben comprendere, i primi 3 gruppi di additivi sono quelli che maggiormente interessano il mondo del pet food.

lecole assolutamente innocue che impediscono la proliferazione di batteri e muffe che potrebbero essere invece molto pericolosi. Ovviamente, i conservanti vengono aggiunti al pet food solo quando necessario: come si potrà immaginare, in genere, non vengono addizionati agli alimenti umidi che vengono sterilizzati durante il processo di cottura.

Gli additivi antiossidanti vengono impiegati per proteggere i grassi degli alimenti dai processi di irrancidimento e dalla conseguente formazione di molecole che risulterebbero nocive per l’animale. Si tratta di sostanze che vengono aggiunte per lo più agli alimenti secchi e semi-umidi che rimangono a contatto con l’aria dopo la loro produzione. Anche in questo caso, si tratta di sostanze non solo innocue ma potenzialmente benefiche, che continueranno a esplicare la loro funzione antiossidante anche nel corpo dell’animale che le ha ingerite.

Di questo gruppo fanno parte le vitamine C ed E, dal forte potere antiossidante. I produttori di pet food possono inoltre ricorrere all’impiego di alcuni estratti vegetali naturalmente ricchi di principi antiossidanti (come, per citarne un paio fra i tanti disponibili, l’olio di rosmarino e i tannini estratti dal legno di castagno), alcuni dei quali classificati come materie prime e non come additivi. Oggi, invece,

sebbene siano regolarmente autorizzati, vengono scarsamente impiegati gli antiossidanti di sintesi, quali BHA, BHT ed etossichina, percepiti dai consumatori, a torto o a ragione, come meno desiderabili.

Gli organolettici

A questa categoria appartengono sostanzialmente solo i coloranti e gli aromatizzanti. Proprio al gruppo degli aromatizzanti appartengono moltissimi additivi e ciò che rende interessante questo gruppo è che spesso tali molecole associano all’effetto aromatizzante, per cui sono state registrate, alcune proprietà funzionali benefiche per l’animale, quali per esempio un effetto antiossidante o di modulazione del microbiota intestinale. Tra gli aromatizzanti si trovano molte molecole naturali, di origine vegetale, e altre che, sebbene di origine sintetica, riproducono esattamente molecole presenti in natura (aromi natural-identici).

I nutrizionali

Si tratta della categoria che comprende vitamine, aminoacidi e oligoelementi minerali, ovvero gli additivi che permettono di rendere un alimento davvero completo e capace di soddisfare tutti i fabbisogni nutrizionali essenziali di un animale. L’aggiunta degli additivi nutrizionali è uno degli aspetti più importanti relativamente alla produzione di un pet food completo e questo è particolarmente vero per quei nutrienti che, essendo sensibili ai processi termici, potrebbero essere presenti in quantità insufficienti nel prodotto finito.

Un esempio su tutti, la taurina, un aminoacido essenziale nel gatto, che è estremamente termolabile e deve necessariamente essere aggiunta ai pet food completi per gatti, siano essi secchi o umidi.

Gli zootecnici

Benché il nome di questa categoria di additivi possa suggerire una certa lontananza dal mondo del pet food, tra gli additivi zootecnici troviamo i cosiddetti stabilizzatori della flora intestinale, ovvero i microrganismi probiotici. Si tratta di una categoria di additivi che sta riscuotendo un enorme interesse, oggi che sappiamo quanto la composizione del microbiota intestinale influisca sulla salute e il benessere dell’ospite. Con il termine di probiotici si fa riferimento a batteri e lieviti vivi, dotati di proprietà benefiche. Attualmente, il numero di additivi probiotici autorizzati nell’alimentazione del cane e del gatto è limitato a due soli ceppi batterici, Enterococcus faecium DSM 10663/NCIMB 10415 e Lactobacillus acidophilus CECT 4529, mentre il Bacillus subtilis C-3102 (DSM 15544) è autorizzato unicamente nel cane. Si ricordi che qualora le cellule di un ceppo di batteri o lieviti vengano inattivate, per esempio mediante trattamento termico, e non risultino dunque più vitali, esse non sono più considerate come un additivo ma possono essere impiegate come un ingrediente. Questo significa che l’impiego di un ceppo spento, o di frazioni di esso, non richiede l’auto

UTILI, SANI E CONTROLLATI

• Gli additivi che vengono impiegati negli alimenti per cani e gatti, e nei mangimi per altre specie animali, soggiacciono in Europa a una legislazione molto rigorosa, a tutela degli animali e delle persone. • La diffidenza che molti consumatori manifestano nei confronti degli additivi non è minimamente giustificata. • Senza gli additivi il pet food sarebbe meno sicuro, perché meno conservabile e meno ricco dei diversi nutrienti indispensabili alla salute dei nostri animali.

rizzazione specifica prevista dal Reg. 1831/2003 sugli additivi che sarebbe invece richiesta se il ceppo fosse vitale.

Come vengono riportati in etichetta

Le regole inerenti l’etichettatura del pet food sono comprese nel Regolamento (CE) 767 del 2009, successivamente in parte modificato dal Regolamento (CE) 2279 del 2017. Sulla base di questi regolamenti, in etichetta comparirà un elenco di additivi (se presenti) preceduto dalla voce “Additivi” e dal gruppo funzionale a cui il singolo additivo appartiene. Il nome dell’additivo e la quantità impiegata devono essere obbligatoriamente indicati in etichetta solo se per quell’additivo è fissato un tenore massimo per almeno una specie animale tra quelle non destinate alla produzione di alimenti o, ancora, se si tratta di additivi zootecnici, o se l’additivo viene a superare i tenori massimi raccomandati stabiliti nell’atto giuridico che autorizza l’additivo stesso. Similmente, le stesse informazioni sull’additivo devono essere fornite se la sua presenza viene messa in rilievo sull’etichettatura con parole, immagini o grafici. In deroga a quanto appena riportato, per gli additivi dei gruppi funzionali “conservanti”, “antiossidanti”, “coloranti” e “sostanze aromatizzanti”, è necessario indicare solo il gruppo funzionale in questione.

Ovviamente, gli additivi che non rientrano nelle fattispecie qui sopra indicate, possono comunque essere indicati dal produttore, su base volontaria. Si ricordi, infine, che la quantità di additivo che viene indicata in etichetta alla voce “Additivi” è quella che è stata aggiunta e dunque non quella complessivamente presente nell’alimento.

Questo aspetto è importante per quanto concerne gli additivi nutrizionali, quali vitamine, oligoelementi minerali e aminoacidi che sono apportati anche dalle materie prime. A questo proposito, il Reg. 2279/2017 stabilisce che “per quanto riguarda gli additivi per mangimi del gruppo funzionale vitamine, pro-vitamine e…”, l’etichettatura può indicare la quantità totale garantita per tutta la durata di conservazione alla dicitura “Componenti analitici” invece della quantità aggiunta alla dicitura “Additivi”. ●

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