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e Elena Barthel Carlotta de Bevilacqua

Carlotta de Bevilacqua

Il virus ha messo in luce quanto ogni singolo aspetto della nostra produzione si muova all’interno di un network, anche in conseguenza del fatto che Artemide ha investito nella creazione di uno spirito di cooperazione e condivisione. Il network di Artemide si estende alla rete di fornitori italiani ed europei per gli aspetti produttivi e, nell’ambito del progetto e della ricerca, a università ed enti italiani ed internazionali, compresi architetti e progettisti di tutto il mondo.

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Purtroppo, il lockdown ha messo in discussione le cosidette supply chain, le complesse catene di distribuzione che regolano le attività dell’azienda. Non dobbiamo dimenticare che nel momento in cui l’attività produttiva è ridotta – non tutto è fattibile a distanza e lo smart working riguarda un numero ristretto di addetti – e gli spostamenti delle persone, ma anche delle merci, subiscono radicali limitazioni, un’azienda con unità produttive in Italia, Francia e Ungheria, oltre che in Canada, non ha

molta scelta: è costretta a fare qualcosa di diverso. Guardando le cose con un certo ottimismo possiamo dire che la crisi del Covid-19 ci suggerisce di progettare relazioni e interazioni innovative. La situazione attuale impone di ridisegnare anche le catene di fornitura. Molti si stanno riavvicinando a realtà produttive locali, ma nel campo della luce in particolare non si può pensare ad un sistema autarchico. Occorre pensare a modelli di relazioni più flessibili. Facciamo parte di un ecosistema globale e la situazione attuale ha fatto emergere in modo ancora più evidente che è necessario rimisurare i nostri parametri di scelta e giudizio rispetto a una diversa scala di valori, attraverso un approccio completo e attento, reale e trasparente, capace di integrare in modo organico tutti gli aspetti di una sostenibilità ambientale, sociale ed economica.

Artemide lavora da molti anni in questa direzione. È importante sviluppare la capacità di interpretare in modo diverso le opportunità che la tecnologia ci offre e innovare non solo rispetto al prodotto: per una sostenibilità reale si devono ridisegnare anche i processi. In effetti la luce può conferire un valore particolare a tutti i prodotti, la luce è energia e l’idea di portare nuova sostenibilità all’interno degli spazi che illumina comporta un’azione su tutte le fasi del ciclo,

a partire dal concept fino alla fase d’uso. Ogni prodotto deve essere efficiente, intelligente e non sprecare energia. Un buon progetto può anche stimolare una nuova consapevolezza nel cercare di rendere gli utilizzatori responsabili integrando con intelligenza sensori e programmi di gestione.

Il design non consiste soltanto nel fare degli oggetti belli ed emozionali: il futuro del design è tendenzialmente sistemico. La luce può essere portatrice di molte cose che, anche se non si vedono, trasformano radicalmente la qualità della vita e i nostri comportamenti. Non si tratta solo di progettare, produrre e distribuire oggetti, ma di concepire nuovi sistemi che possono essere veicolati dagli stessi prodotti. La scienza è entrata nel design. Oggi la luce può essere un conduttore di dati più efficace e sicuro del wifi, può essere una guida più precisa e sostenibile di un GPS, può, con il sistema brevettato Integralis che agisce contro i microorganismi patogeni illuminando l’ambiente, sanificare gli spazi. Le frequenze selezionate della luce visibile possono essere in grado di inibire lo sviluppo e la crescita di batteri, funghi e muffe, mentre quelle UV possono deattivare i microorganismi patogeni, inclusi i virus. La combinazione degli spettri di emissione della luce può valorizzare l’efficacia dell’azione sanificante. Nel momento in

cui iniziamo a pensare la luce come una piattaforma aperta, e non come qualcosa che ha a che fare soltanto con il visibile, si apre un mondo di possibilità.

Einstein sosteneva che “non si può risolvere un problema con lo stesso tipo di pensiero che lo ha generato”. Questo è secondo me il giusto approccio per reagire a questa crisi.

Carlotta de Bevilacqua, architetto e designer, è vicepresidente e CEO del gruppo Artemide.

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