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Alfredo Brillembourg
Dobbiamo riorganizzare la città. Vorrei cominciare con l’esprimere la nostra genuina preoccupazione nell’affrontare uno dei momenti più sconcertanti e difficili di questo secolo. Persone e città hanno reagito alle sfide poste dalla pandemia di Covid-19 nei modi più straordinari. In questo momento molto sconclusionato le città si trovano di fronte a profonde incertezze, eppure devono andare avanti. Lo stato della nostra ricerca urbana dimostra che l’abitazione è diventata il fronte difensivo principale contro l’epidemia di Covid-19. La casa è una condizione di vita o di morte.
Secondo l’ONU, circa 1,8 miliardi di persone in tutto il mondo vivono senza un tetto e in alloggi terribilmente inadeguati. Garantendo l’accesso a un’abitazione sicura con un’igiene appropriata, i governi, oltre a proteggere la vita di coloro che non hanno un tetto o vivono in insediamenti informali, contribuiranno a proteggere la popolazione del mondo intero appiat
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tendo la curva del Covid-19. Sono particolarmente preoccupato per due gruppi specifici di popolazione: coloro che vivono in ripari di fortuna, in insediamenti informali e senza un tetto, e coloro che devono far fronte alla perdita del posto di lavoro e alle ristrettezze economiche che potrebbero determinare ritardi sui pagamenti di mutui e affitti e sfratti.
Le persone colpite da crisi umanitarie, in particolare gli sfollati e/o coloro che vivono in campi e ambienti simili, devono spesso far fronte a specifiche difficoltà e vulnerabilità che devono essere prese in considerazione quando si pianificano le operazioni di preparazione e reazione all’epidemia di Covid-19 e alle possibili pandemie future. Sono persone che vengono spesso trascurate e stigmatizzate, e che possono incontrare difficoltà nell’accedere ai servizi sanitari di cui il resto della popolazione può generalmente disporre. In questo contesto, Urban-Think Tank lavora da venti anni per richiamare l’attenzione del mondo su favelas, slum e township.
Le conseguenze economiche per chi vive negli insediamenti informali saranno durature. Con la sospensione delle attività quotidiane e le limitazioni di movimento imposte nelle città, i lavoratori precari e a giornata perderanno il loro reddito. La conseguenza potrebbe essere che saranno costretti a lasciare la
loro abitazione per via dell’impossibilità di pagare l’affitto. Senza alcun ammortizzatore sociale, non potranno mantenere le loro famiglie. È estremamente importante, sotto l’aspetto della protezione, dei diritti umani e della salute pubblica, che le persone colpite dalle crisi umanitarie siano incluse in tutte le strategie, i piani e le operazioni di preparazione e reazione all’epidemia di Covid-19. C’è una forte motivazione di salute pubblica che induce ad estendere le misure adottate a tutti, indipendentemente dalla condizione sociale e a favore dell’inclusività.
Si deve dare la priorità alle popolazioni vulnerabili come quelle dell’Africa, del Sudest asiatico e dell’America Latina. In luoghi in cui diverse famiglie condividono latrine o cucine è necessario costruire ulteriori servizi per ridurre i rischi sanitari di diffusione del virus e delle malattie in genere. Si dovrebbero negoziare ulteriori terreni per permettere espansioni. Ci potrebbe anche essere una maggior combinazione tra intervento statale e politiche di laissez-faire. In molti casi, la città è al contempo il centro più colpito e il centro della reazione alle catastrofi.
La sua struttura spaziale funzionale sviluppatasi nel corso di un lungo processo storico deve soddisfare le esigenze quotidiane di un agglomerato urbano, oltre a essere costantemente ottimizzata rispetto al suo svilup-
po e alla sua trasformazione. Si tratta di un processo continuo, progressivo e stabile di evoluzione urbana, in cui Urban-Think Tank è impegnato in prima linea.
Dobbiamo accettare che la volontà, l’energia e le risorse dei poveri sono la forza maggiore a loro disposizione per procurarsi un alloggio. Questo non significa che i governi o altri agenti come architetti, urbanisti, economisti, ONG, ecc., non possano avere un ruolo. Gli interventi di questi agenti esterni (compresi i governi) nell’universo della povertà urbana sono però talvolta influenzati da gravi pregiudizi sui modi in cui vive la gente e su che cosa occorrerebbe per migliorare il mondo. La ricerca sulle difficoltà e sulle opportunità della vita urbana è uno strumento importante per correggere queste convinzioni errate e per orientare gli interventi. Grazie alla comprensione di come le persone vivono e costruiscono, gli agenti esterni possono partecipare e sostenere la costruzione di un ambiente di vita invece che contrapporvisi. Allo stesso tempo, la preesistenza non è l’unica base per gli interventi futuri, ma per rendere più efficace l’innovazione serve una comprensione dei limiti e delle opportunità dei diversi modi di abitare.
Alfredo Brillembourg è professore di Architettura e Progettazione urbana e cofondatore con Hubert Klumpner dello studio Urban-Think Tank, fondato a Caracas e con sede a Zurigo.