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Catherine Mosbach
… evolvere a passi felpati in un mondo con rumore di fondo costante, giorno e notte. Lo spettro biologico ci ricorda la sua propensione a fare e a disfare. È il corso regolare di un universo in formazione-trasformazione continua. Accecata, allettata dalle sue prodezze, la mente evita di pensare alle culle feconde della terra, tra cui le culle della carne. Cogliere l’occasione di un’allerta intempestiva e globale: un assunto biologico che ricorda quello di cui gli esseri sono fatti e quello che possono perdere. … parentesi di un mondo sospeso. L’individuo è singolare. Il collettivo è plurale, cassa di risonanza che amplifica le singolarità. Le performance hanno ormeggiato le risorse creative di ogni individuo. La pressione è continua: connesso, saturo, occupato, nel senso di “paesepaesaggio occupato”. Vuoto e silenzio ridotti al nulla, che questa “parentesi” ricolloca e disloca per mancanza di addestramento. Vuoto e silenzio esclusi dalla sfera domestica e intima, così come da quella pubblica. Quan
do uno spazio – in architettura e nel paesaggio – non è fissato da una funzione predeterminata, non esiste. Quando un individuo o un collettivo non è attivo sui social network, si dice che non esista… Non lasciare posto all’ignoto, all’emergere di qualcosa di indeterminato in un certo periodo, è una negazione assoluta dell’immaginazione, una fine senza opportunità di inizi… curioso e antinomico rispetto alle risorse a disposizione da quando la vita si è intromessa sulla terra… … qual è dunque questo organismo-organo che guarda gli altri dall’alto verso il basso? Individuo-umano, animale, pianta; collettivo-assemblaggio di singolarità. Mutualizzazione-Regolazione: uno accumula e aumenta, l’altro livella e limita. Scarsa propensione al dialogo, alle porosità, alle formazioni polivalenti, polimorfe tra discipline, tra mondi, tra culture, tra esseri di qualunque tipo. Superiorità dell’uno sull’altro. La democrazia, ipotesi di beni comuni, è una pratica poco agevole, né preacquisita, né acquisita una volta per tutte. Vale per la democrazia come per il resto, l’ipotesi si coltiva lasciando spazio a ciò che non è ancora comprensibile per le nostre formazioni, soltanto umane. Clima, ecologia, economia, salute, uomo, donna… sono tutti “slogan” esacerbati di continuo che allontanano le polarità, le rendono non udibili, impermeabili alle fecondità ibride, torre di Babele orizzontale versus il XXI secolo. La dis-
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seminazione di un virus prende il posto del sollevamento delle nuvole, di quello delle popolazioni – umane, animali e vegetali. Sollevamento: inizio di un’altra era. … big data e algoritmi, promossi a sistemi di riferimento dominanti, dispiegano universi privati di “scritture”, di “interpretazioni”, di “immaginazioni”, di sguardi “altri”. Essere una particolarità nell’universo, tra altre particolarità, non implica sovrastare in modo totalitario ciò che non siamo noi. Navigare tra parole, immagini e disegni. Diffondere, trasmettere, strato tra gli strati, è una differenza, una risorsa: le “umanità”. Nessuno strumento potrebbe soppiantare, assorbire questa singolarità. Gli accessi a focali multiple – micro attraverso la biologia, macro attraverso l’astrologia – crescono come mai nella storia dell’umanità. Cogliere un’opportunità presuppone essere all’altezza e saper tras-portare una felicità al di là delle temporalità. Lasciare una porta aperta a ciò che non è ancora definito. Suonare una partitura di universi plurali. Porosità dei limiti, non sapere prima per poter trovare dopo. Architetti, paesaggisti, designer… immaginare le culle di domani. Lasciare una possibilità alle disseminazioni e propensioni creative… … ritornello di un essere tra altri, non del tutto finito, ancora vivo…
Catherine Mosbach è titolare dello studio di architettura del paesaggio Mosbach Paysagistes, con sede a Parigi.