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Luca Molinari

Difficile da dire. È difficile per me scrivere dell’esperienza Covid-19 in questi giorni. Durante la fase intensa della quarantena mi sono buttato sulla ricerca e la scrittura come strategia per non perdere il contatto con la mia realtà e, intanto, osservare il mondo nella sua drammatica metamorfosi, ma oggi, nei primi giorni della “fase 2”, vivo piuttosto un senso di sottile sconcerto strattonato tra chi urla alla prossima apocalisse e gli opposti che fanno finta di niente riempiendo le piazze dell’after-hours.

In fondo, quando cinque miliardi di persone vivevano contemporaneamente in quarantena, chiusi nelle proprie celle abitative e interconnessi come mai era avvenuto nella storia dell’umanità, sembrava più semplice leggere quello che stava avvenendo, ma adesso che le carte si stanno rapidamente mescolando, tutto diventa complesso da interpretare.

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Mi si racconta che nelle cene eleganti, come benvenuto si offre insieme al flûte di champagne un test

per verificare la positività dell’invitato. Un gesto gentile per abbattere le preoccupazioni e, insieme, per fare sentire la comunità temporanea sicura e protetta. Non oso immaginare una situazione in cui uno degli astanti possa risultare positivo. L’imbarazzo, la gentilezza comprensiva degli altri e quel progressivo aumentare della distanza fisica, un salutare frettoloso per tornare in una necessaria quarantena sociale e sanitaria. Credo che sarà molto interessante seguire le dinamiche sociali e le scelte politico-sanitarie dei prossimi mesi per capire quanto incideranno sui nostri modi di vivere e progettare i luoghi sia collettivi che privati. L’onda lunga dell’11 settembre ha generato conseguenze importanti introducendo il tema della sicurezza e della vulnerabilità degli spazi pubblici all’interno dei concorsi e delle richieste dei committenti. Ma credo che l’effetto di questa pandemia sarà molto più diffuso e profondo con conseguenze difficili da valutare in questo momento. Torneremo tutti all’auto privata invece che usare i mezzi pubblici? Ci chiuderemo in casa o in micro-comunità protette, decretando un temporaneo abbandono della città, e la stessa cosa avverrà tra gli Stati e i continenti? Smetteremo di viaggiare limitando al minimo gli spostamenti, attivando la crisi del modello globalista che sembrava ormai consolidato? Vivremo la fine

del termine share che sembrava plasmare le nostre metropoli? Quale modello tra un ipercapitalismo di reazione e una visione ecologica alternativa prenderà il sopravvento nella ricostruzione di un sistema economico atterrito dalla crisi? Che effetto avranno parole come distanza e sicurezza nel plasmare i nostri luoghi collettivi?

Nel frattempo evito di ascoltare i troppi profeti prêtà-porter dell’architettura che monopolizzano i quotidiani con interviste e proclami interessati solo alla propria centralità mediatica ma indifferenti ad una realtà molto più sottile e complessa. Mentre constato che la più evidente conseguenza di quello che l’umanità sta vivendo è il rafforzarsi di un divario sociale ed economico che rischia di crescere, generando conseguenze visibili nella nostra vita oltre che nei territori che abitiamo.

Un tema interessante è emerso in questi mesi, sottolineato da alcuni linguisti che, analizzando i social, hanno evidenziato il preponderante uso della parola “noi” su “io”; si tratta di uno slittamento simbolico significativo che dovrebbe farci riflettere e indurre il mondo dell’architettura e delle amministrazioni pubbliche a impegnare le proprie risorse sulle aree più povere, in cui monta rabbia e rancore verso chi avrà la fortuna di stare in una casa protetta e smart.

Non si tratta di fare i missionari, ma di guardare dove sono i veri problemi, recuperando il ruolo del progettista come civil servant in un mondo che ha un disperato bisogno di visioni utili ad affrontare questa profonda metamorfosi di sistema. 24 maggio 2020

Luca Molinari è professore ordinario presso l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” e titolare dello studio di consulenza e curatela per l’architettura Luca Molinari Studio.

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