Una proposta di standardizzazione per reintrodurre il vuoto a rendere pagina 19
Moratoria OGM in Europa: cos’è la patata Amflora pagina 21
#67/marzo-giugno 2010
Certificazione energetica degli edifici: lo stato dell’arte pagina 13
bimestrale di ecologia senza compromessi
Riscaldamento globale: arriva il Geco che mangia il metano pagina 9
Appello per un Comitato Nazionale
Fermiamo il nucleare
non serve all’Italia
Inviateci le foto del vostro gruppo locale: info@fareverde.it
comunità
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7 buoni motivi per sostenere FARE VERDE non accettiamo sponsorizzazioni per preservare la nostra libertà di opinione ed espressione, non accettiamo denaro da aziende. Viviamo solo con le quote versate dai nostri soci e i contributi di Amministrazioni Pubbliche (quindi, fondi dei cittadini) che condividono i nostri progetti. siamo volontari per l’ambiente E’ una scelta culturale di impegno disinteressato per l’ambiente, ma è anche un modo per evitare che il denaro e l’economia siano l’unica misura della qualità della nostra vita. Pensaci, il nostro lavoro non retribuito crea servizi senza figurare nei conti del PIL!
riduciamo gli sprechi energetici realizziamo progetti per ridurre i consumi energetici a parità di servizi, dimostrando sul campo che il nucleare non serve.
puliamo il mare d’inverno puliamo le spiagge a gennaio, quando non servono ai bagnanti e il problema dell’inquinamento del mare non fa audience...
proponiamo il vuoto a rendere sugli imballaggi per ridurre i rifiuti, nonostante lo strapotere economico delle lobby degli imballaggi e degli inceneritori.
xFare+verde: la nostra rivista, dal 1995 senza pubblicità abbiamo scelto di non avere neanche una riga di pubblicità, per garantire l’indipendenza editoriale della nostra rivista.
promuoviamo il compostaggio dei rifiuti “umidi” perchè la frazione organica, nonostante sia il 30% dei rifiuti, è la meno sponsorizzata.
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Mobilitazione diffusa e consapevole per fermare la corsa verso il nucleare
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Mentre l’Italia accellera verso il nucleare, iniziano a moltiplicarsi le iniziative di quella maggioranza di Italiani contraria alla costosa e pericolosa avventura atomica voluta a tutti i costi dal Governo e da alcuni poteri forti (pochi, ma molto forti), sia italiani che stranieri, interessati all’affare. Insieme alla mobilitazione cresce però anche il rischio di depotenziare la protesta antinucleare con scelte particolaristiche e strumentali. Ci sono almeno un paio di situazioni che alimentano questi nostri timori: Di Pietro che lancia un “suo” referendum facendone una “sua”, seppur legittima, battaglia politica e le divisioni che talvolta serpeggiano nei comitati locali, alimentate da persone che, obnubilate da furiose ideologie del secolo scorso, non riescono ad avere una visione chiara di quello che sta accadendo in Italia in questa prima decade del terzo millennio. Sui referendum lanciati da Di Pietro, il Direttivo Nazionale di Fare Verde si è espresso con una nota iniviata a tutti i responsabili locali dell’Associazione, che trovate a pagina 5. Intanto, i tentativi di dividere il fronte antinuclare da parte di alcuni resti del novecento, per lo più dediti al solito e facile attivismo della tastiera, sono stati per fortuna tutti rispediti al mittente. Almeno per ora. Quella antinucleare è oggi più che mai una battaglia che necessita dello schieramento più ampio e trasversale possibile. La scelta di tornare al nucleare è una scelta troppo importante per essere ingabbiata in logiche di parte politica. Per entità economica, per la sua irreversibilità, per l’arco di tempo che coinvolge e soprattutto per le differenti politiche energetiche che oggi sono già praticate ed operanti, quella nucleare sarebbe una scelta che ricadrebbe in modo decisamente negativo su tutti gli italiani. Anche quelli che non sono ancora nati.
Per questo bisogna spogliarsi della propria casacca di partito e, dove ancora persistono, delle proprie ideologie novecentesce, e valutare con puntualità ed esattezza la scelta di tornare al nucleare analizzandola da tutti i punti di vista: tecnici, economici, ambientali ed etici. Perchè la ragione economica e mercantile non può averla sempre vinta. Bisogna essere oggi più che mai pragmatici e credibili. Siamo certi del fatto che un confronto franco e approfondito è il modo più coretto per far emergere tutte le problematicità del nucleare fino a rendere evidente la sua impraticabilità. I sostenitori del nucleare sempre di più stanno dimostrando un approccio fideistico al problema, alimentandosi di falsi miti e speranze in una tecnologia che è ancora di là da venire. Sostenere o non sostenere il nucleare “per ordine di scuderia”, per semplicistica contrapposizione destra-sinistra o, peggio, facendosi trascinare dall’emotività, è oggi francamente inconcebile. In gioco è il destino energetico dell’Italia, non una partita di pallone. Confronto ampio e trasversale, per una mobilitazione diffusa e consapevole: solo di questo c’è bisogno, con grande urgenza. Fare Verde lo ha detto forte e chiaro insieme ad altre 15 associazioni ambientaliste di rilevanza nazionale nell’appello “Fermiamo il nucleare, non serve all’Italia” che trovate a pagina 7 di questa rivista. Nessun italiano che deve ancora prendere consapevolezza dell’inopportunità del nucleare può essere escluso. Nessun potenziale elettore di centrodestra può essere lasciato senza la possibilità di riflettere approfonditamente sulle scelte dei suoi leader politici Berlusconi, Bossi, Fini, Casini. Nessun potenziale elettore di centrosinistra può essere lasciato in balìa della ancora più insidiosa compagine nuclearista capeggiata da illustri esponenti del mondo economico, tecnico e scientifico quali Chicco Testa, Umberto Veronesi e Margherita Hack.
Punto Verde
editoriale
di Massimo De Maio
di Sandro Marano
Devastazione e paesaggio “L’armonico rapporto campagna-città costruito attraverso i secoli sta cedendo terreno a un incontrollato urban sprawl, che ospita ormai un quarto della popolazione e delle attività produttive.” Salvatore Settis, “J’accuse: poco tempo per salvare il paesaggio” in il Sole 24 ore del 25/4/10
La sempre più drammatica devastazione del nostro paesaggio è dovuta a tre fattori concorrenti: le speculazioni edilizie, la mancanza di risorse umane e finanziarie e le confusioni normative. In 15 anni dal 1990 al 2005 il 17% delle campagne italiane è stato coperto di nuove costruzioni con una crescita di quasi 40 volte maggiore del più che modesto incremento demografico (pari solo allo 0,4 %). Quali le conseguenze? Un territorio soggetto a frane, inondazioni e smottamenti. A mancare paradossalmente
non sono le leggi (fin troppe!), ma un quadro legislativo coerente ed efficace. Emblematico è “il caos terminologico” (S. Settis) sulle tre parole chiave: paesaggio, tutelato dal Ministero dei Beni culturali; territorio, regolato da Regioni e Comuni; ambiente di competenza mista di Regioni e Ministero dell’Ambiente. Tutto ciò comporta sovrapposizioni di competenze tra Stato, Regioni e Comuni e decisioni spesso in contrasto tra loro. La disamministrazione pubblica diventa uno dei fattori del degrado ambientale!
sommario
3 Mobilitazione diffusa e consapevole per fermare il nucleare 5 Referendum sul nucleare: la posizione di Fare Verde 7 Appello “Fermiamo il nucleare, non serve all’Italia” 8 Sprechi e nucleare nel Paese del Sol Levante (Artificiale) 9 Il Geco che mangia il metano 11 Inquinamento dell’aria: un costo evitabile 13 La certificazione energetica degli edifici 19 Reintroduciamo il vuoto a rendere
#67/marzo-giugno 2010
20 Ma che fine fanno i residui del Gassificatore? 21 Moratoria sugli OGM e patata Amflora 23 Occupazione e decrescita 24 Capire l’Osteopatia 25 Quando a tavola ci si trova davanti ad una bistecca... 26 Anche l’Hackmeeting si tinge di verde 27 Recensione: “Panchine. Come uscire dal mondo senza uscirne” 28 Assemblea dei soci 2010 - resoconto e sintesi dei lavori
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Alla redazione di questo numero hanno collaborato gratuitamente: Bianca Negri, Claudio Locanto, Emanuela Guerra, Giacomo Di Francesca, Giancarlo Terzano, Giuseppe Quaranta, Mari Yasuoka, Marianna Gambino, Marina Mele, Massimo De Maio, Patrizia Forte, Sabrina Spaghi, Sandro Marano, Vittorio Ricagni.
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Il pensiero di Fare Verde sui referendum dell’Italia dei Valori
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Nella riunione del 13 giugno scorso, il Direttivo Nazionale di Fare Verde ha affrontato la questione del referendum abrogativo sul nucleare promosso dall’Italia dei Valori. Di seguito il documento redatto dal Direttivo con la presa di posizione di Fare Verde. L’Italia dei Valori ha deciso di promuovere un referendum abrogativo contro il nucleare e sta raccogliendo le firme a sostegno del proprio quesito referendario. Si tratta di una scelta legittima e condivisibile nella sostanza: ribadire ad una classe politica sempre più distante dagli interessi nazionali e sempre più legata a pochi poteri forti, la contrarietà della maggioranza degli Italiani al ritorno del nucleare nel nostro Paese. Tuttavia, avremmo preferito che le cose fossero andate in modo diverso. Avremmo preferito che a promuovere una così importante iniziativa di partecipazione a scelte che potrebbero segnare il destino degli Italiani per molte generazioni non fosse una parte politica, da sola per giunta. Abbiamo più volte espresso la nostra posizione a riguardo: far tornare l’Italia tra i paesi alle prese con costosissime centrali atomiche, difficilissime da costruire, gestire, chiudere e smantellare, e con le loro scorie, per le quali ancora oggi nel mondo non esiste una destinazione definitiva, è una scelta che non può essere compiuta in una logica di lotta partitica. Tutti gli Italiani, a tutti i livelli e senza distinzione di orientamento politico e culturale, sono chiamati ad esprimersi su una politica energetica che comprende l’opzione nucleare, sia per il suo enorme impatto economico ed ambientale, sia per il lunghissimo arco temporale sul quale essa si dispiega. Ricordiamo che le scorie più radioattive richiedono tempi di smaltimento di migliaia di anni e segneranno il de-
stino di molte generazioni di Italiani. E già, “segneranno”, purtroppo non è una ipotesi poiché le scorie da smaltire in Italia non mancano: circa 20 anni di avventura nucleare nel nostro Paese hanno già prodotto una grande quantità di scarti radioattivi che a 23 anni dallo spegnimento delle centrali ancora non sappiamo come gestire. E bisognerebbe aggiungere che anche le vecchie centrali non siamo ancora riusciti a smantellarle... È per questo che continuiamo ad appellarci, insieme ad un nutrito gruppo di associazioni ambientaliste nazionali, a tutte le forze politiche e sociali della Nazione per fermare il nucleare,
convinti del fatto che questa tecnologia non serve all’Italia. Tuttavia, pur non condividendo la scelta dell’Italia dei Valori di non cercare un fronte antinucleare più ampio possibile nel quale far confluire il proprio impegno politico, civile ed istituzionale, riteniamo che non ci si possa evirare per fare un dispetto alla propria moglie! Il nostro impegno per fermare il nucleare è frutto di passione civile e amore per la nostra Terra e per la nostra Gente. In questa sua essenza è del tutto apartitico. Per questo Fare Verde è disponibile a condividere azioni e iniziative con chiunque voglia agire per interrompere da subito la corsa dell’Italia verso il ritorno all’energia atomica. Di fronte all’iniziativa dell‘Italia dei Valori abbiamo quindi due possibilità: 1. firmare e far firmare, spiegando che lo facciamo per fermare il nucleare e non certamente per dare sostegno ad una parte politica. Non lo abbiamo mai fatto, non cominceremo ora; 2. non firmare e non far firmare, spiegando perché no, visto che ci stiamo
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Referendum sul nucleare: il nostro impegno apartitico
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battendo strenuamente per fermare il nucleare in Italia e il referendum abrogativo potrebbe essere una ulteriore risposta forte e chiara del popolo italiano. Conosciamo perfettamente i rischi di una campagna referendaria: raccogliere le firme, fare campagna con le sole risorse del volontariato, battersi con la fionda contro colossi energetici internazionali, raggiungere il quorum... Ma non possiamo nasconderci che la legge che ci riporta verso il tunnel del nucleare è ormai vigente, il suo iter va avanti, e nel giro di un decennio potremmo trovarci di fronte a scelte ormai irreversibili. Dobbiamo trovare il modo di bloccarla, in maniera efficace. Di fronte alla sordità della classe politica, non bastano le nostre (fondate) critiche. Rischieremmo di fare come i cani, che abbaiano, mentre la carovana passa e va avanti. Dobbiamo invece dare uno sbocco concreto, giuridicamente e politicamente efficace, alle iniziative di sensibilizzazione e informazione degli italiani sui rischi dell’avventura nucleare. Per questo accettiamo la sfida del referendum. Un sfida senz’altro impegnativa, ma, per stile e cultura non siamo abituati a rinunciare alle lotte più dure. Se non fossimo pronti a combattere le battaglie più aspre e difficili, non ci impegneremmo per dare voce a chi non vota, senza stipendi, senza appalti, senza prospettive di carriere e di poltrone. In poche parole, non saremmo in Fare Verde. Abbiamo atteso nella speranza che di fronte ad una crisi economica senza precedenti il Governo Italiano ci ripensasse e destinasse le enormi risorse da impiegare nell’avventura nucleare ad una economia basata sull’efficienza energetica e sulla produzione distribuita da fonti rinnovabili, una economia capace di creare centinaia di migliaia di posti di lavoro nell’immediato e di conseguire entro il 2020 gli obiettivi della politica 2020-20 della Comunità Europea. Una economia capace di futuro del tutto
alternativa ad una tecnologia, quella nucleare, legata a modelli economici ed energetici del secolo scorso. In molti, anche tra gli ambientalisti, ci dicevano che si trattava di una “boutade”, che le centrali nucleari in Italia non si sarebbero mai fatte. Intanto, con il passare dei mesi, il Governo italiano ha accelerato la sua corsa verso una scelta energetica che non risolve nessun problema ambientale, economico e di autosufficienza energetica. La campagna governativa per convincere gli italiani che il nucleare è bello, sicuro e, soprattutto, indispensabile, è già cominciata. Il “rinascimento nucleare” viene sostenuto con un approccio del tutto ideologico, condito da demagogia e luoghi comuni. Alcuni stanno già tentando di buttarla in “caciara” per ridurre anche questo dibattito al solito scontro tra opposte tifoserie. Noi non crediamo che gli Italiani meritino un simile atteggiamento su un argomento così importante. È anche per questo che non condividiamo la scelta dell’Italia dei Valori di “ballare da sola”. Ma, non dobbiamo cadere nel tranello dello scontro frontale, non dobbiamo rinunciare a promuovere nel Paese un dibattito serio, pragmatico ed approfondito sulla scelta nucleare. Ormai, il dado è tratto. Esiste una proposta di referendum contro il nucleare, è l’unica, e gli ecologisti coerenti non possono più tirarsi indietro.
È per questo che invitiamo a firmare per il referendum contro il nucleare e chiediamo ai nostri gruppi locali di raccogliere le firme, con modalità che preservino la nostra imprescindibile apartiticità. All’Italia dei Valori chiediamo di rinunciare a qualsiasi tentativo di strumentalizzazione di un argomento che è patrimonio dell’intero movimento ambientalista italiano e, non ultimo, di una associazione come Fare Verde che nel 1986 è nata proprio nell’ambito del più vasto movimento antinucleare. Chiediamo anche a loro di mettere al primo posto l’interesse nazionale, così come noi oggi ci stiamo sforzando di fare. Ovunque l’Italia dei Valori accetterà che si raccolgano le firme senza bandiere di partito e sotto le sole insegne dell’impegno civile degli Italiani per fermare il nucleare, noi siamo disposti a fare la nostra parte. Allo stesso tempo, faremo fede al nostro approccio sempre propositivo e positivo sulle questioni ambientali. Ai nostri soci e ai cittadini italiani chiederemo contestualmente due firme: una per dire NO al nucleare e una per dire SI ad una politica energetica capace di futuro. Sosterremo, questa volta con convinzione e senza critiche, una proposta di legge di iniziativa popolare finalizzata alla promozione dei settori dell’efficienza energetica e delle fonti realmente rinnovabili applicate in maniera diffusa e su piccola scala.
Appello per un Comitato Nazionale
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Crediamo che la scelta del Governo di far tornare il nucleare in Italia sia una scelta sbagliata e rischiosa, che non fa gli interessi dei cittadini e del Paese. Alcuni dati lo dimostrano: L’Italia ha una potenza elettrica installata di ormai quasi 100.000 megawatt, mentre il picco di consumi oggi non supera i 55.000 megawatt. Le recenti dichiarazioni di autosufficienza energetica dei Presidenti di alcune regioni italiane valgono anche per il resto del Paese. Non abbiamo dunque bisogno di nuova energia ma di energia rinnovabile in sostituzione di quella fossile. Il nucleare costa troppo, in nessun paese al mondo si costruiscono centrali senza finanziamenti pubblici e garanzie statali, che ricadono poi sulle tasse e le bollette pagate dai cittadini. In Italia si distoglierebbero risorse importanti dalla ricerca per l’innovazione tecnologica e dalla diffusione dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili. A fronte però dell’impiego di così ingenti risorse pubbliche, la risposta alla crisi economica e occupazionale non è significativa, soprattutto se equiparata al rapporto tra occupazione e investimento nei settori dell’efficienza energetica e delle rinnovabili. Secondo uno studio dell’Unione Europea del 2009 investire oggi per raggiungere nel 2020 almeno il 20% di rinnovabili creerà 2,8 milioni di posti di lavoro con oltre 2000 imprese coinvolte. Il nucleare continua a essere rischioso: anche per i reattori di terza generazione EPR in costruzione sono emersi gravi problemi di sicurezza, come hanno denunciato, a novembre 2009, con una nota congiunta le Agenzie di Sicurezza di Francia, Regno Unito e Finlandia. Inoltre è utile ricordare che nel mondo non è stato ancora risolto il problema di dove depositare in modo sicuro e definitivo le scorie. Il nucleare non ridurrebbe la dipendenza energetica dall’estero perché importeremmo l’uranio e, secondo
il recente accordo sottoscritto con la Francia, importeremmo tecnologia e brevetti esteri, per tutto il ciclo di vita fino alla messa in sicurezza delle scorie. Quanto al presunto “rinascimento” del nucleare nel mondo, i Paesi che lo hanno scelto negli anni sessanta e settanta del secolo scorso, sono costretti a prolungare l’attività delle loro centrali per evitare gli ingenti costi di smantellamento degli impianti a fine vita, come in Germania, o a progettarne di nuove, per evitare la crisi di un costosissimo comparto industriale, come in Francia. Infine il nucleare non darà nessun contributo a rispettare i vincoli posti dall’Unione Europea per ridurre le emissioni di CO2 almeno del 20% entro il 2020, perché le prime centrali non saranno operative prima del 2026-2030, e perché il complesso ciclo di approvvigionamento della materia prima, di costruzione e smantellamento produce non poca CO2. Per tutte queste ragioni, s’invitano tutti a superare dispute ideologiche di parte e compiere scelte razionali e convenienti per il Paese, per contrastare i cambiamenti climatici e rispettare almeno gli obiettivi minimi posti dall’Unione Europea del 20-20-20. L’auspicio e l’impegno delle associazioni promotrici e di tutti gli aderenti è che si crei un grande schieramento unitario e trasversale, al di là delle diverse appartenenze e collocazioni politiche. Vogliamo costruire insieme al mondo della cultura e della politica, della scienza e del lavoro, della società civile e delle imprese, strategie unitarie e comuni che possano ridare al Paese la prospettiva di un modello energetico sostenibile, sia dal punto di vista economico che ambientale.
Le associazioni promotrici: Accademia Kronos, Ambiente e Lavoro, Amici della Terra, Associazione Mediterranea per la Natura, Comitato SI alle energie rinnovabili NO al nucleare, Fare Verde, Forum Ambientalista, Greenpeace, Italia Nostra, Jane Goodall Institute-Italia, Lav, Legambiente, Lipu, Mountain Wilderness, Pro Natura, Vas, Wwf Hanno già aderito: Arci, Auser, Cgil, FederGev, Fiom, Isde-medici per l’Ambiente-Italia, Movimento per la Decrescita Felice, Slow Food, Terra! Onlus, Uisp Per adesioni e informazioni: www.fermiamoilnucleare.it
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Fermiamo il nucleare, non serve all’Italia
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Sprechi e nucleare nel paese del Sol Levante
nucleare
di Mari Yasuoka
Da dove arriva l’energia elettrica che alimenta la sfavillante Tokyo by night? E tutti i congegni elettronici, diffusissimi e spesso inutili? Con 55 impianti, il nucleare civile in Giappone è di casa, e scoraggia una cultura del risparmio energetico. Ciao a tutti! Sono Mari, una ragazza giapponese da poco arrivata a Roma per un’esperienza di volontariato con Fare Verde. Partecipare alle attività dell’associazione mi offre la possibilità di studiare l’approccio italiano ai problemi ambientali. Allo stesso tempo, però, vorrei farvi conoscere anche quello del mio paese, sperando che uno scambio possa risultare più interessante … e chissà, magari più proficuo!?! Comincio parlandovi della questione
del nucleare, che mi sembra questione urgente in Italia. Purtroppo il mio Paese, per quel che riguarda il nucleare, è “più avanti” rispetto al vostro e quindi può farvi da specchio e mostrare come sarà il vostro futuro… nel caso si decida di impiantare centrali anche da voi! Avete idea di quanti impianti nucleari ci siano in Giappone? Ce ne sono 55... dislocati in 17 città! E ci sono poi 3 impianti di riprocessamento. Ecco perché il Giappone è la patria
Il nucleare alimenta gli sprechi, non i bisogni.
In Giappone esiste un distributore automatico ogni 23 persone per un totale di 5.582.200 distributori (dati ‘99). E’ il paese al mondo che ne possiede di piu’ per persona. Vendono di tutto, bibite e sigarette, ma anche ombrelli, cibi fritti, giornali, uova, carta igienica, riso, materiale da pesca... un consumo energetico immenso, basti pensare che molti prodotti devono essere refrigerati. Uno spreco alimentato dalle centrali nucleari.
dei congegni elettrici, divoratori di energia, disseminati in ogni sorta di prodotto! Dalla stazione a casa mia, solo per fare un esempio, a divorare inutilmente energia elettrica si possono trovare almeno 5 distributori automatici di bevande e 1 convenience store aperto 24 ore. Spostandosi di pochissimo, in una delle strade parallele dello stesso quartiere, la situazione è analoga. Lo stesso può essere riferito all’intera area metropolitana di Tokyo… e ahimè all’intero paese! In Giappone ormai la comodità è diventata un must ma il prezzo che essa comporta sono purtroppo i pericoli del nucleare. Senza contare tutti i problemi al nucleare strettamente connessi. Come gestire le centrali? A chi affidarne la gestione? Dove collocare i rifiuti radioattivi? Come chiudere i vecchi impianti? E molti altri. Riassumendo, i principali problemi sono: 1. Incidenti nelle centrali nucleari (incidenti provocati dall’uomo o causati da calamità come il terremoto) 2. Smaltimento dei rifiuti radioattivi 3. Combustibile misto (più pericoloso del combustibile ad uranio) 4. Pericolosità degli impianti di riprocessamento. 5. Difficoltà di chiudere gli impianti (finora in Giappone non ne è stato mai chiuso uno!) 6. Conseguente disattenzione verso le energie rinnovabili Questi problemi sono del tutto ignorati dalla maggior parte dei giapponesi. Solo pochi conoscono la verità perché giornali, telegiornali e mass media in generale non trattano simili argomenti. E naturalmente sono solo questi pochi a dichiararsi contrari al nucleare! Durante questo mio soggiorno in Italia avrò di sicuro l’occasione di parlarvi di questi “rari” giapponesi e delle loro attività. Per ora vi saluto con affetto.
Il Geco che mangia il metano
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ciali della nostra epoca. Esso costruisce una sfida scientifica di enorme portata e al tempo stesso una occasione culturale senza precedenti: ci costringe infatti a prendere coscienza dei fattori essenziali di un rapporto adeguato tra uomo e natura. sul cambiamento del clima) il massimo organo mondiale di esperti sul clima, è formato da scienziati chiamati a valutare l’informazione disponibile nei campi scientifico, tecnico e socio-economico legati ai cambiamenti climatici, ai possibili impatti dei cambiamenti climatici e alle opzioni di adattamento e di mitigazione. Gli scienziati sono concordi nel ribadire che il clima terrestre si sta riscaldando e che la maggior parte del riscaldamento osservato è attribuibile alle attività umane, in particolare alla crescita delle emissioni dei così detti gas-serra. Secondo gli scenari se le emissioni di gas-serra continueranno ad aumentare secondo le attuali previsioni, la temperatura media globale terrestre potrebbe subire un aumento tra 1,4 e 5,8°C, mentre l’innalzamento del livello del
mare oscillerebbe tra gli 8 e gli 88 centimetri. Un aumento delle precipitazioni è atteso nelle aree tropicali e alle alte latitudini, mentre riduzioni sono attese in buona parte delle aree subtropicali e nelle aree continentali in estate. C’è una elevata probabilità di un aumento delle ondate di caldo e la maggior parte delle regioni sperimenterà un aumento di intensità e di frequenza di forti precipitazioni. Futuri cambiamenti in altri estremi climatici sono più incerti, solo con una media probabilità di aumento della siccità e di un aumento dell’intensità dei cicloni tropicali. Compensare le emissioni di CO2. Bisogna sapere che ognuno di noi contrae ogni giorno un debito con l’ambiente poiché nella vita di tutti i giorni produciamo anidride carbonica. Tutti
CO2 temperatura media del pianeta nell’ultimo millennnio (Fonte: IPCC) 14,5
390
14,3
370 350
14,1
330
13,9
310 290
13,7
270 250
13,5 1000 1100 1200 1300 1400 1500 1600 1700 1800 1900 2000
Temperatura media del pianeta (°C)
I cambiamenti climatici Più di trent’anni fa, nel 1979, la prima conferenza mondiale sui cambiamenti climatici ha avviato la discussione su come “…prevedere e prevenire potenziali cambiamenti climatici causati da attività umane che potrebbero avere un effetto negativo sul benessere dell’umanità”. Alla base di questa discussione c’era il rilevamento, da parte degli scienziati, di una tendenza all’aumento della temperatura media globale di gran lunga superiore a quella registrata in passato, e il sospetto che tale riscaldamento non abbia solo cause naturali (come la variabilità della radiazione solare e le eruzioni vulcaniche). La crescente attenzione internazionale sul tema ha portato alla creazione del l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, Gruppo intergovernativo
Il tema dei cambiamenti climatici è uno dei temi cru-
CO2 in atmosfera (parti per milione)
Il riscaldamento climatico è inequivocabile. Mai come ora è stato così evidente dalle osservazioni, dall’incremento della temperatura media dell’aria e degli oceani, dallo scioglimento diffuso dei ghiaccio e neve e dall’innalzamento del livello dei mari (fonte IPCC-2007). La sfida, che poi è anche l’obiettivo di chi da tempo è impegnato su questo fronte, è rendere tutti consapevoli della necessità di comprendere a fondo il problema. Dalla convinzione che ciascuno di noi può contribuire a migliorare l’ambiente in cui viviamo nasce la collaborazione con co2balance Italia srl, società di professionisti in grado di calcolare quanto ciascuno inquina, fornendo i sistemi per neutralizzare (compensare) questo danno ambientale. Fare Verde Onlus e co2balance Italia® srl collaborano al fine di promuovere presso le nuove generazioni la conoscenza e la consapevolezza dell’incidenza delle attività umane sul riscaldamento del pianeta e degli effetti negativi di tale fenomeno, con particolare riferimento ai mutamenti climatici originati dall’innalzamento della temperatura media del pianeta.
riscaldamento globale
di Vittorio Ricagni, co2balance Italia
Tutti immettono quotidianamente
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e spesso inconsapevolmente CO2 in atmosfera. Ma tutti possono contribuire a ridurre le emissioni a partire dalle abitudini
Nel rispetto della scelta di Fare Verde di non accettare sponsorizzazioni da parte di aziende private, la collaborazione con co2balance Italia srl non ha comportato versamenti di denaro, ma si è limitata allo sviluppo e alla condivisione di contenuti.
riscaldamento globale
più semplici e comuni. immettono quotidianamente e spesso inconsapevolmente CO2 in atmosfera. Ma tutti possono contribuire a ridurre le emissioni a partire dalle abitudini più semplici e comuni. Tutto quello che facciamo nella vita quotidiana prevede l’uso di energia e produce emissioni di biossido di carbonio: prendere un aereo, guidare l’auto, riscaldare o rinfrescare le nostre case. Compensare queste emissioni si può, risparmiando un’equivalente quantità di biossido di carbonio. Le emissioni dirette di CO2 derivanti dal bruciare combustibili e dall’energia che usiamo in casa e nei trasporti. viene definita impronta di carbonio primaria L’impronta secondaria è invece una misura delle emissioni indirette di CO2 date dal completo ciclo dei prodotti che usiamo. Come compensare le emissioni di CO2? Sebbene ciascuno dovrebbe ridurre la propria impronta di carbonio anche utilizzando l’energia in modo più efficiente e limitando l’ammontare di spreco da questa generato, ridurla a zero attraverso azioni individuali è tuttavia una sfida praticamente impossibile. La compensazione di carbonio funziona esattamente come gli altri tipi di compensazione che adottiamo nelle nostra vita quotidiana. Sostituire qualcosa da un luogo dove sia impossibile agire diversamente e collocarlo altrove, dove avrà un impatto. Dato che le emissioni di CO2 sono ovunque nel mondo, non importa dove applicate la riduzione. Avrà comunque un effetto positivo sull’ambiente. Compensare la propria impronta di carbonio consente a ciascuno di diventare parte della soluzione al cambiamento climatico, attraverso il sostegno a progetti che riducono le emissioni di anidride carbonica per un importato pari alla propria impronta di carbonio rilasciata. I progetti di compensazione delle emissioni di CO2 come quelli implementati da co2balance Italia® aiutano a impedire o a rimuovere la stessa quantità di biossido di carbonio prodotta in conseguenza dalle attività dell’uomo in qualsiasi parte del mondo.
co2balance Italia® e Fare Verde insieme: Il progetto menoCO2 co2balance Italia® srl ha investito tempo e risorse nel cercare di migliorare la qualità dell’ambiente realizzando un innovativo progetto di riduzioni di emissioni di gas serra. Si è deciso d’intervenire sulle discariche, consapevoli del degrado ambientale e del disagio sociale collegato a queste aree vicine alle nostre città, per contribuire in maniera concreta al miglioramento del clima e perseguire gli obiettivi del Protocollo di Kyoto. Per ridurre le emissioni di metano, gas serra 21 volte più inquinante della CO2, co2balance Italia® ha creato la “macchina mangia metano”: il geCO2® System che garantisce l’abbattimento di questo gas prodotto nelle discariche. Il contributo medio di ogni macchina mangia metano geCO2® system (650-1500 t/anno di CO2 equivalente) corrisponde pertanto all’impianto annuale di circa 1700 alberi (valore medio) su una estensione di terreno pari a 1.7 ettari. Il geCO2® system è un sistema industriale nato dall’esperienza Entsorga, azienda leader nel settore del compostaggio: il metano emesso dalla discarica, che non ha le caratteristiche per essere utilizzato come combustibile, viene decomposto in modo del tutto naturale dall’azione dei microorgani-
smi, migliorando in modo significativo la qualità dell’aria e contribuendo alla riduzione delle emissioni responsabili del riscaldamento del pianeta. Oltre a garantire un effettiva riduzione dei gas ad effetto serra, che è certificato da enti preposti dalle Nazioni Unite come progetto riconosciuto al livello internazionale, questo progetto migliora in modo significativo la qualità della vita del cittadino, ripristinando la flora e la fauna locale originaria. Chi sceglie questo progetto non solo fa un gesto concreto oggi per la salvaguardia dell’ambiente ma contribuisce insieme a co2balance Italia® e all’Associazione Ambientalista Fare Verde alla creazione di percorsi didattici che coinvolgeranno i bambini e ragazzi delle scuole italiane sul tema del cambiamento climatico e dello sviluppo di un stile di vita a che minimizza gli sprechi di CO2. Inoltre co2balance Italia® ha voluto dare anche un contributo allo sviluppo sostenibile globale, dando una valenza internazionale al progetto menoCO2 contribuendo alla riduzione delle emissioni di CO2 nei paesi in via di sviluppo. Per un quantitativo pari a circa il 10% del totale del tonnellaggio di CO2 compensato sarà investito in Kenya con progetto il Stufe a Basso Consumo, anch’esso certificato a livello internazionale.
Inquinamento dell’aria: un costo evitabile
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Traffico, industrie e riscaldamento rendono irrespirabile l’aria delle nostre città. Colpendo anche la salute umana, con effetti acuti e cronici. Danni fisici, psicologici, ma anche economici, con un costo umano e sociale elevatissimo: un motivo in più per convincere governanti e cittadini a sostenere politiche di vera sostenibilità. Uno dei problemi più discussi dalle comunità, sia a livello istituzionale che privato, è il deterioramento della qualità dell’aria nei centri urbani. L’inquinamento atmosferico ha infatti raggiunto nelle realtà urbane e industriali dimensioni ragguardevoli, superando spesso gli standard di qualità dell’aria fissati a livello legislativo. Esso rappresenta una delle principali preoccupazioni sia a livello nazionale che internazionale, soprattutto per i danni che tale aspetto ambientale causa alla salute umana. L’inquinamento atmosferico provoca infatti nell’uomo effetti acuti (mortalità e morbilità direttamente collegate all’innalzamento delle concentrazioni di inquinanti nell’aria) ed effetti cronici (che si manifestano nel lungo periodo, a distanza di tempo dall’esposizione agli agenti inquinanti). La letteratura specializzata è ormai concorde nel riconoscere alcuni effetti dell’inquinamento atmosferico: alterazione della capacità respiratoria, iperattività agli stimoli esterni, allergie e asma, suscettibilità alle malattie respiratorie acute e croniche, aumento del numero dei ricoveri ospedalieri per malattie respiratorie o cardiovascolari, incremento della mortalità giornaliera. Dal punto di vista medico è infatti conosciuta e verificata la correlazione che intercorre tra elevate concentrazioni di inquinanti atmosferici e problemi alla salute, soprattutto in soggetti predisposti o con patologie già esistenti.
Ad esempio, il progetto ExternE Transport della Commissione Europea ha stimato che gli anni di vita persi in relazione alla mortalità cronica da inquinamento atmosferico sono in media 5, mentre per la mortalità acuta 0,75. La mortalità da inquinamento è quindi soprattutto cronica, solo il 10% delle morti sarebbero acute. I trasporti sono una delle cause principali del peggioramento della qualità dell’aria. Una ricerca condotta dalla
World Health Organization (WHO) in Europa su tre paesi (Austria, Francia e Svizzera) dimostra infatti che il 6% della mortalità cronica totale è causato da inquinamento atmosferico e che circa la metà di tali morti è da attribuire in particolare al traffico motorizzato. L’inquinamento atmosferico causa un totale di giorni di lavoro persi l’anno superiore a 16 milioni nei tre paesi studiati. In Italia la WHO ha monitorato le otto più grandi città e ha concluso che si potrebbe evitare un numero significativo di malati e ricoveri se solo si imponessero limiti più stringenti per le concentrazioni inquinanti (Tabella 1). A sorpresa il problema tocca anche le piccole realtà italiane. Prendiamo ad esempio una città come Pavia (70.000 residenti circa). Uno studio presentato recentemente dall’Università di Pavia ha registrato nel 2007 una correlazione positiva tra i ricoveri urgenti al Policlinico della città e i livelli di biossido di zolfo e ozono, soprattutto per la popolazione under 65 e per i bambini.
inquinamento
di Sabrina Spaghi
Tab. 1: Effetti sanitari attribuibili al PM10 (concentrazioni superiori a 30 mcg/m3) - Fonte: WHO (2002). Patologie
Numero casi attribuibili Torino
Genova
Milano Bologna Firenze
Roma
Napoli Palermo
Mortalità cronica
420
260
441
252
181
1278
444
197
Ricoveri respiratori
243
119
370
107
30
648
257
114
Ricoveri cardiovascolari
257
171
520
148
58
1007
370
163
Bronchiti croniche (età >25)
84
44
95
34
26
214
74
34
Bronchite acuta (età <15)
3360
1682
3723
1084
974
10966
6235
3500
Attacchi di asma (età <15)
3341
1496
3380
1039
872
10517
6055
3028
inquinamento
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Tab. 2: Impatto sulla salute e sulla spesa sanitaria delle politiche climatiche - Fonte: IL SOLE 24 ORE (2008). Impatto inquinamento dell’aria nel 2020 senza interventi
Modifica dell’impatto con un taglio delle emissioni del 20% per il 2020
Modifica dell’impatto con un taglio delle emissioni del 30% per il 2020
Variazione tra le due ipotesi di taglio
Ricoveri ospedalieri
73319
-5869
-8698
-2829
Tagli spesa sanitaria, stima al ribasso (milioni di euro)
172441
-13437
-19913
-6476
Tagli spesa sanitaria, stima al rialzo (milioni di euro)
665895
-51888
-76895
-25007
Mortalità: anni di vita persi tra gli ultratrentenni
2800000
-218182
-323333
-105151
142168
-11078
-16417
-5339
Perdita di giorni di lavoro
56531183
-4405031
-6528004
-2122973
Perdita di produttività associata (milioni di euro)
4975
-388
-574
-187
Bronchiti croniche, > 27 anni
E’ necessario quindi promuovere una gestione più sostenibile delle città e stili di vita più sani. Spesso non si percepisce l’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute. Diventa importante perciò quantificare in termini anche economici i danni che esso causa alla nostra salute. La valutazione monetaria non misura il valore della vita umana, operazione che giustamente solleverebbe molte critiche; piuttosto cerca di quantificare il beneficio della riduzione del rischio di mortalità/morbilità laddove fosse possibile diminuire il numero delle morti/malattie migliorando la qualità dell’aria. Al contrario, il costo della mortalità/morbilità è da intendersi
come la mancata appropriazione di questo beneficio. L’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute è solitamente quantificato attraverso l’Analisi dei Sentieri di Impatto (Impact Pathways Approach). Questo metodo stima una relazione statistica dose-risposta tra un determinato livello di inquinante (dose) e il danno prodotto in termini fisici (risposta). In seguito si moltiplica la quantità fisica del danno per i prezzi della risorsa o del prodotto perso. Nel caso della salute, bene tipicamente intangibile, tali prezzi non sono espliciti sul mercato, ma vengono ricavati dagli anni di vita persi (stime dei redditi che si sarebbero potuti produrre
Per approfondimenti: Commissione Europea, DG Ambiente – Inquinamento atmosferico http://ec.europa.eu/environment/air/index_en.htm Progetto ExternE http://www.externe.info Progetto CAFE (Clean Air For Europe) http://ec.europa.eu/environment/archives/cafe/general/keydocs.htm
in assenza di morte prematura), dalla spesa sanitaria per ricoveri ospedalieri e visite specialistiche, dalla spesa per farmaci, dai giorni di lavoro persi per malattia. Soprattutto è importante contabilizzare i danni psicologici subiti dai pazienti in termini di disagio, dolore e sofferenza sopportati durante la malattia, ansietà riguardo al futuro. Un recente studio europeo ha analizzato i benefici per la salute e i risparmi, in termini di spese sanitarie e ore di lavoro perse, che si realizzerebbero portando dal 20 al 30% l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra rispetto ai valori del 1990 da parte dell’Unione Europea. Lo studio reputa possibile (Tabella 2) guadagnare 2 milioni di giornate di lavoro. Un risparmio di giornate perse che in termini di produttività equivale a circa 187 milioni di euro. Se poi si confronta il costo totale dei danni con l’indicatore economico per eccellenza, il Pil, emerge un dato preoccupante: nell’anno 2000 nell’Europa a 25 i danni stimati alla salute provocati dall’inquinamento atmosferico hanno raggiunto un ammontare pari in media al 6% del Pil della zona EU25. E’ necessario quindi rendersi conto del rischio a cui tutti siamo sottoposti. E’ necessario rendersi conto di ciò che possiamo fare per ridurlo. L’inquinamento atmosferico è causato principalmente dall’uomo, dalla nostra necessità di muoverci, di vivere con determinati comfort, di rendere la nostra società sempre più ricca e migliore. Ma siamo sicuri di migliorare la qualità della nostra vita se viviamo in una società in cui molti stili di vita non sostenibili ci danneggiano sempre più? Lo sviluppo economico crea benessere, ma può anche togliere benessere. Sta all’intelligenza degli uomini governare l’attuale modello di sviluppo o esserne governati. Quantificare economicamente il problema dell’inquinamento atmosferico può contribuire a stimolare gli enti locali nella direzione di politiche di sostenibilità urbana sempre più efficaci. Numeri alla mano, verrebbero meno molti alibi…
La certificazione energetica degli edifici di Giacomo Di Francesca L’aumento della spesa per l’approvvigionamento energetico e la crescente consapevolezza del pesante impatto sull’ambiente delle politiche energetiche adottate fino ad ora, hanno sollecitato l’attenzione riguardo al contenimento dei consumi energetici e all’utilizzo di fonti rinnovabili. In particolare, si è focalizzata l’attenzione sulle prestazioni energetiche degli edifici, residenziali e del settore terziario, portando l’Unione Europea ad emanare una direttiva relativa al “Rendimento energetico degli edifici”, con lo scopo di affrontare in modo globale il contenimento dei consumi energetici. Infatti il fabbisogno di energia da ridurre deve essere inteso comprendendo tutti i consumi, dal riscaldamento alla climatizzazione, dalla produzione di acqua calda sanitaria all’illuminazione. Le Direttive 2002/91/CE e 2006/32/ CE sono le direttive di riferimento in Europa per la certificazione energetica e sono state emanate dall’Unione Europea con le seguenti finalità. Per quanto riguarda la 2002/91/CE (Energy Performance Building Directive) gli obiettivi sono: • diminuire di circa il 22% i consumi energetici comunitari entro il 2010; • ottenere un risparmio di energia
primaria pari a 55 milioni di Tep (Tonnellate equivalenti di Petrolio, che rappresenta la quantità di energia rilasciata dalla combustione di una tonnellata di petrolio grezzo e vale circa 42 GJ); • ridurre le emissioni di CO2 di un valore pari a 100 milioni di tonnellate; • introdurre nuovi standard progettuali. Per quanto riguarda la 2006/32/CE (recepita a livello nazionale dalla L. 115/2006, che introduce le UNI TS 11300) l’obiettivo è: • migliorare l’efficienza degli usi finali di energia sotto il profilo costi/ benefici negli stati membri (ridurre i consumi del 9%). Le direttive richiedono agli stati membri europei di provvedere affinché gli edifici di nuova costruzione e gli edifici esistenti che subiscono ristrutturazioni importanti, soddisfino requisiti minimi di rendimento energetico. A livello nazionale le normative di riferimento sono: • D.Lgs. 192/05 in vigore dal 8/10/2005: “attuazione della Direttiva 2002/91/CE” • D.Lgs. 311/06 in vigore dal 2/2/2007: “disposizioni correttive al D.lgs.192/05” • DPR 59/09 in vigore dal 25/06/09 • DPR 158/09 (linee guida nazionali)
• D.L. 40/2010 da poco in vigore (misure attuative degli incentivi ai consumi). Decreto Legge 40 – 25/03/2010 Incentivi ai consumi Lo scorso 25 Marzo è stato approvato dal Governo un importante Decreto Legge (n. 40 del 2010) che contiene le misure attuative degli incentivi ai consumi in merito a diversi ambiti. In sintesi ecco quali sono i settori d’intervento individuati e la disponibilità economica per ciascuno di essi: • fondi per l’acquisto di cucine componibili (60 milioni di euro); • fondi per l’acquisto di elettrodomestici singoli (50 milioni di euro); • fondi per la costruzione di immobili più efficienti dal punto di vista energetico (60 milioni di euro); • fondi per l’accesso ad Internet con la banda larga (20 milioni di euro) - riservati ai giovani dai 18 ai 30 anni; • fondi per l’acquisto di rimorchi (8 milioni di euro) - riservati alle imprese; • fondi per l’acquisto di macchine agricole e movimento terra (20 milioni di euro) - riservati alle imprese; • fondi per l’acquisto di gru per le imprese edili (40 milioni di euro); • fondi per l’acquisto di motori industriali ad alta efficienza energetica (10 milioni di euro); • fondi destinati al settore nautico (20 milioni di euro);
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• fondi dedicati all’acquisto di motocicli (12 milioni di euro) - la rottamazione è necessaria per l’acquisto di motocicli “EURO 3” mentre lo sconto è svincolato dalla sostituzione nel caso di motocicli elettrici, fino ad un massimo di 1.500 euro. Merita un minimo di attenzione in più il capitolo relativo alla riqualificazione energetica degli immobili. Saranno, infatti, circa 10.000 le abitazioni di classe energetica A e B (con un consumo inferiore rispettivamente ai 30 e ai 50 Kwh/mq/anno - chilowattora al metro quadrato all’anno) che beneficeranno dei 60 milioni di euro di incentivi messi a disposizione per il bonus casa. L’obiettivo del provvedimento è quello di incentivare il più possibile la costruzione e l’acquisto di case ad alta efficienza energetica, nella piena osservanza del D.Lgs. 192/2005, che ha fissato i requisiti di consumo energetico per mq degli edifici attraverso il calcolo del cosiddetto “indice di prestazione energetica”. Per chi acquista un immobile che rientra in una delle categorie sopracitate, l’importo massimo dell’agevolazione è rispettivamente di 7.000 euro e 5.000 euro, a seconda della classe di fabbisogno energetico alla quale appartiene l’unità immobiliare in questione. Dal 6 Aprile 2010, invece, sono ammessi agli incentivi solo gli acquisti effettuati da tale data e fino al 31 Dicembre 2010. E’ bene tener presente che i bonus sono a esaurimento delle risorse stanziate per ogni singola tipologia di bene e servizio. Il meccanismo di rimborso, che sarà garantito da Poste Italiane ai commercianti che effettuano gli sconti, avverrà secondo tre modalità diverse: 1) tramite bonifico bancario; 2) tramite bonifico postale; 3) tramite il servizio Postagiro. Gli obiettivi della certificazione energetica degli edifici: • migliorare la trasparenza del mercato immobiliare fornendo agli ac-
quirenti ed ai locatari di immobili un’informazione oggettiva e trasparente delle caratteristiche (e delle spese) energetiche dell’immobile. • informare e rendere coscienti i proprietari degli immobili del costo energetico legato alla conduzione del proprio “sistema edilizio” in modo da incoraggiare interventi migliorativi dell’efficienza energetica della propria abitazione. • consentire agli interessati di pretendere dal fornitore (venditore) di un immobile informazioni affidabili sui costi di conduzione. • poter valutare (da parte dell’acquirente) se gli conviene o no spendere di più per un prodotto migliore dal punto di vista della gestione e manutenzione. • confronto tra i produttori ed i progettisti in tema di qualità edilizia offerta. • veder riconosciuti i miglioramenti energetici apportati dai proprietari: quelli importanti ma poco visibili, come isolamenti di muri, tetti, etc.,. Redazione dell’Attestato di Certificazione di un edificio o di una singola unità immobiliare Per redigere l’Attestato di Certificazione di un edificio o di una singola unità immobiliare è necessario avviare la Diagnosi Energetica o Energy audit, cioè la procedura sistematica volta ad acquisire adeguata conoscenza del profilo di consumo energetico di un edificio o di una singola unità immobiliare.
La Diagnosi Energetica consente di individuare quali siano le inefficienze e le criticità e di intervenire con le soluzioni a minor costo e maggior efficacia in termini di riduzione dei consumi energetici, individuando e quantificando le opportunità di risparmio energetico anche sotto il profilo dei costi/benefici. La Diagnosi Energetica integra i dati raccolti sul campo (a seguito di sopralluoghi) con strumenti di calcolo (elaborazione di un modello matematico dell’edificio) attraverso i quali individuare e analizzare gli interventi di riqualificazione energetica dell’edificio o della singola unità immobiliare. Al termine della Diagnosi Energetica viene rilasciato l’Attestato di Certificazione Energetica. Attestato di Certificazione Energetica L’Attestato di Certificazione Energetica è il documento redatto in conformità delle Linee Guida emanate con il DM 26/6/2009 che introduce su tutto il territorio nazionale la Certificazione Energetica degli edifici, in particolare la normativa si applica a quelle regioni che non hanno ancora una propria legislazione. Nelle regioni che invece hanno approvato apposita normativa (es. Lombardia, Liguria, Piemonte, Emilia Romagna, il Lazio a breve) si applicano disposizioni regionali. Queste regioni hanno o stanno per istituire un albo professionale, dove professionisti accreditati, possono iscriversi, dopo aver frequentato
TIPO DI INTERVENTO
DETRAZIONE MASSIMA
riqualificazione energetica degli edifici esistenti
100.000 euro (55% di 181.818,18 euro)
involucro edifici (pareti, finestre, compresi gli infissi, su edifici esistenti)
60.000 euro (55% di 109.090,90 euro)
installazione di pannelli solari
60.000 euro (55% di 109.090,90 euro)
sostituzione degli impianti di climatizzazione
30.000 euro (55% di 54.545,45 euro)
corsi appositi, per poter poi effettuare le certificazioni energetiche. L’Attestato di Certificazione Energetica deve essere messo a disposizione in fase di costruzione, compravendita o locazione di un edificio e in esso devono essere riportati “dati di riferimento che consentano ai consumatori di valutare e raffrontare il rendimento energetico dell’edificio” e “raccomandazioni per il miglioramento del rendimento energetico in termini di costi-benefici”. L’attestato è un documento ufficiale, valido 10 anni, prodotto da un soggetto accreditato (certificatore energetico) e dai diversi organismi riconosciuti a livello locale e regionale. La sua utilità al momento ha due scopi di utilizzo principali: • per il rogito: L’Attestato di Certificazione energetica è indispensabile per tutti gli atti notarili di compravendita di ogni singolo immobile dal 1º luglio 2009 e dal 1° luglio 2010 anche per gli atti di locazione. • per l’accesso alle detrazioni del 55% sul reddito IRPEF: l’attestato energetico fa parte della documentazione necessaria all’ottenimento degli sgravi fiscali. L’attestato energetico o “Attestato di Certificazione Energetica” è il documento che stabilisce in valore assoluto il livello di consumo dell’immobile inserendolo in una apposita classe di appartenenza. Più è bassa la lettera associata all’immobile e minore è il suo consumo in termini energetici.
Rendimento energetico edifici: le novità del DPR Nel caso di nuove costruzioni, installazione di nuovi impianti termici o ristrutturazione degli impianti termici esistenti, l’impianto di produzione di energia termica deve produrre con fonti rinnovabili almeno il 50% dell’energia richiesta per la produzione di acqua calda sanitaria. Tale limite scende al 20% per gli edifici situati nei centri storici. Nel caso di nuove costruzioni pubbliche e private, o di ristrutturazioni, è obbligatoria l’installazione di impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica e la predisposizione del collegamento a reti di teleriscaldamento, se presenti a meno di 1.000 metri, o in presenza di progetti approvati nell’ambito di opportuni strumenti pianificatori. I calcoli e le verifiche relative alle prestazioni energetiche dovranno essere inserite dal progettista in una relazione che attesti la rispondenza alle prescrizioni per il contenimento del consumo di energia degli edifici e degli impianti termici che, ai sensi dell’art. 28, comma 1, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, il proprietario dell’edificio deve depositare presso le amministrazioni competenti insieme alla denuncia dell’inizio dei lavori. Le Regioni e le Province autonome che hanno già una normativa in materia, devono attuare un graduale ravvicinamento dei propri provvedimenti con le norme statali.
L’art. 7 prevede che i software commerciali, applicativi delle metodologie introdotte dal decreto, debbano garantire che i valori degli indici di prestazione energetica, calcolati attraverso il loro utilizzo, abbiano uno scostamento massimo di più o meno il 5% rispetto ai parametri determinati con l’applicazione dello strumento nazionale di riferimento. Tale garanzia deve essere fornita attraverso una verifica e dichiarazione resa dal Comitato termotecnico italiano (CTI) o dall’Ente nazionale italiano di unificazione (UNI). Defiscalizzazione del 55% La Legge 27 dicembre 2006 n. 296, integrata e modificata da provvedimenti normativi successivi, ai commi 344, 345, 346 e 347 dell’art. 1 ha disposto detrazioni fiscali del 55% della spesa sostenuta per la realizzazione di interventi di risparmio energetico nel patrimonio immobiliare nazionale esistente (effettuati nel corso dell’anno 2007 e, successivamente, dell’anno 2008). In dettaglio: • per la riqualificazione energetica globale dell’edificio. • per interventi su strutture opache orizzontali, strutture opache verticali e finestre comprensive di infissi. • per l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda. • per la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con im-
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PER SAPERNE DI PIU’ • Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 • Decreto legislativo del 19 agosto 2005, n. 192 • L. del 27 /12/2006, n. 296 (Finanziaria per il 2007), articolo 1 commi 344, 345, 346 e 347 • Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze di concerto con il Ministro dello Sviluppo economico del 19 febbraio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 2007
PER SAPERNE DI PIU’ • Legge del 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008) –art. 1, commi da 20 a 24 e 286 • Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico dell’11 marzo 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 66 del 18 marzo 2008 • Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze - di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico - del 7 aprile 2008, Gazzetta Ufficiale n. 97 del 24 aprile 2008 • Circolare dell’Agenzia delle Entrate 19 febbraio 2008, n. 12/E
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pianti dotati di caldaie a condensazione o, in alternativa, con pompe di calore ad alta efficienza ovvero con impianti geotermici a bassa entalpia. L’art. 1, della Legge 24 dicembre 2007 n. 244 (Legge Finanziaria 2008) ha prorogato la detrazione del 55% per alcuni interventi finalizzati al risparmio energetico sino al 31 dicembre 2010, apportando anche dal 1° gennaio 2008 una serie di modifiche alla disciplina del beneficio. L’agevolazione consiste in una detrazione dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) ovvero dall’imposta sul reddito delle società (IRES) in ragione delle spese sostenute entro il 31 dicembre 2010 ed effettivamente rimaste a carico del contri-
buente, al fine di realizzare interventi di riqualificazione energetica. La detrazione è fissata in base alla tipologia di intervento eseguito entro limiti massimi variabili da 30.000 euro e 100.000 euro. Software di certificazione. Per poter effettuare una simulazione dei bilanci mensili per la certificazione energetica degli edifici residenziali esistenti, l’ENEA ha sviluppato il DOCET. DOCET è software è aggiornato secondo la metodologia di calcolo semplificata, riportata all’interno delle norme tecniche UNI TS 11300 e calcola i seguenti indicatori prestazionali: • Fabbisogno di energia netta per riscaldamento (Epi,invol), raffrescamento (Epe,invol); • Fabbisogno di energia fornita per
riscaldamento, acqua calda sanitaria e ausiliari elettrici; • Indice di energia primaria per riscaldamento (EPi), per acqua calda sanitaria (EPacs) e globale (Epgl); • Quantità di CO2 prodotta; • Risparmio economico ottenibile e tempo di ritorno semplice degli investimenti ipotizzati; • Classe energetica (da G ad A+). Lo strumento è inoltre in grado di valutare il contributo dell’applicazione di collettori solari e pannelli fotovoltaici. Gli output relativi agli Attestati di Certificazione e Qualificazione Energetica sono quelli contenuti nelle Linee Guida nazionali per la certificazione energetica. lo si può scaricare gratuitamente da questo sito: http://www.docet.itc.cnr.it
Decreto 11 marzo 2008: nuovi parametri tecnici Attraverso tale provvedimento, sono stati definiti i valori limite di fabbisogno di energia primaria annua per la climatizzazione invernale nel caso di interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti (comma 344) e i valori limite di trasmittanza termica per interventi sull’involucro di edifici esistenti riguardanti strutture opache verticali, strutture opache orizzontali quali coperture e pavimenti, finestre comprensive di infissi (comma 345). I valori limite sono riferiti ai commi 344 e 345 (ed illustrati nelle tabelle 1.1 e 1.2), i quali riportano separatamente i valori applicabili fino al 31 dicembre 2009 e valori applicabili dal 1° gennaio 2010. I contenuti tecnici di questi due allegati rendono immediatamente più restrittivi i limiti relativi agli interventi di riqualificazione energetica: di conseguenza, non possono considerarsi più attendibili i valori limite degli allegati B, C e D del Decreto edifici per interventi iniziati nel 2008. Al contrario, tali valori restano validi per descrivere interventi iniziati nel 2007 e protratti nel 2008. A questo proposito e per maggiore chiarezza, ai sensi dell’art. 11-bis del Decreto edifici, i parametri di risparmio energetico da rispettare sono quelli applicabili alla data di inizio dei lavori. Di conseguenza, per i lavori iniziati nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007, si applicano i parametri previsti originariamente dal Decreto edifici. Di contro, per i lavori iniziati a partire dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2008, si applicano i valori limite ai parametri di cui sopra, contenuti nel DM 11 marzo 2008. Conclusioni Possiamo concludere che le riqualificazioni energetiche dell’involucro edilizio non sono programmate in funzione della loro efficacia sotto il profilo tecnico ma, evidentemente, in
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Tabella 1.1 - Allegato A del DM 11.03.2008: valori limite del fabbisogno di energia primaria annua per la climatizzazione invernale. (fonte http://www.romanews.eu/)
Tabella 1.2 - Allegato B del DM 11.03.2008: valori limite di trasmittanza termica
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PER SAPERNE DI PIU’ • Circolare dell’Agenzia delle Entrate 31 maggio 2007, n. 36/E • Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 5 luglio 2007, n. 152/E • Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 11 settembre 2007, n. 244/E • Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 12 dicembre 2007, n. 365/E • Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze - di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico - del 26 ottobre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 31 dicembre 2007
Distribuzione degli interventi nel 2008
funzione della semplicità di esecuzione e del costo dell’intervento. Infatti si sottolinea come, nel secondo anno di attività, tali semplificazioni abbiano certamente contribuito ad una ulteriore diffusione ed accelerazione del meccanismo fiscale stesso, ampliando decisamente la base dei cittadini che hanno potuto accedervi. Le sostituzioni dei sistemi telaio-infissi, in particolare, proprio per l’enorme successo rilevato, rappresentano uno Ulteriori dettagli tecnici sono disponibili: sul sito dell’ENEA: www.acs.enea.it http://efficienzaenergetica.acs.enea.it/ opuscoli.htm http://www.enea.it/produzione_scientifica/ edizioni_tipo/volumi.html
dei dati più evidenti dell’intera campagna e, contemporaneamente, una grande potenzialità in termini di risparmio in energia primaria. Questa considerazione assume grande valenza anche e soprattutto in funzione delle future scelte relative ad una possibile proroga di questo specifico sistema incentivante. In conclusione, possiamo dire che il sistema di detrazione fiscale del 55% ha incontrato un enorme successo di pubblico. Ci si era meravigliati dell’impatto che tale sistema aveva avuto nel 2007 ma ancora di più, se possibile, dovremmo stupirci del più che raddoppio degli interventi realizzati nel 2008 rispetto all’anno precedente. Possiamo dire che abbiamo imboccato una strada giusta sia per riqualificare il parco immobiliare italiano, sinora tra i più inefficienti d’Europa dal punto di vista energetico, sia per concorrere al raggiungimento
Relativamente alla distribuzione degli interventi del 2008, dai dati forniti possiamo dire che il trend del 2009 – 2010 è in forte crescita per quanto riguarda gli interventi sulla sostituzione degli infissi. Inoltre: • circa 98,000 pratiche, pari al 48 % del totale, riguardano la sostituzione di porte e infissi; • circa 73.000 pratiche, pari al 29% del totale, coinvolgono la sostituzione dell’impianto di climatizzazione invernale; • oltre 43.000 pratiche, ossia il 18% del totale, prevede l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda sanitaria; • circa il 3% di tutte le pratiche inviate riguarda coibentazione di strutture opache orizzontali, ossia quasi 7.500 interventi; • circa il 2% del totale delle pratiche inviate riguarda coibentazione di strutture opache verticali, e ciò significa oltre 4.000 interventi. degli obiettivi di limitazione dei gas climalteranti che l’Italia si è data, a partire dal Protocollo di Kyoto per arrivare alla recente Conferenza di Copenaghen e agli impegni connessi alla revisione della Direttiva europea sul rendimento energetico degli edifici, in corso di approvazione da parte del Consiglio d’Europa. Tuttavia, se si vuole “aggiustare il tiro” in modo da rimodulare gli incentivi sugli interventi più energeticamente efficienti o su quelli non ancora incentivati (si pensi, ad esempio agli enormi consumi energetici che da qualche anno vengono registrati per il condizionamento estivo o al grosso potenziale in larga parte ancora inespresso rappresentato dalla cogenerazione), potrebbe essere opportuno, per esempio, limitare gli incentivi su determinati interventi e introdurne invece di nuovi. Al legislatore e agli Organi di Governo il compito di valutare il da farsi.
Reintroduciamo il vuoto a rendere
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Un ricco manager viene licenziato ed inizia così la sua “discesa verso l’inferno”: perde la villa, lo yacht, la fuoriserie … fino a ritrovarsi barbone ed alcolista. Gli ex amici e colleghi lo incrociano malvolentieri finchè un giorno si presenta in Bentley con una bionda mozzafiato e look da emiro arabo. Gli chiedono come abbia fatto a riprendersi e lui, con distacco, racconta: “ … mi sono ridotto in condizioni inumane anche per l’alcolismo: pensate che mi scolavo una bottiglia di un qualsiasi alcolico ogni mezzora … ero circondato da cataste di bottiglie; poi mi hanno curato ed ho smesso di bere”. Perplesso un amico insiste: “D’accordo, hai smesso di bere ma come hai fatto a ricostituirti un patrimonio?”. La risposta secca: “Ho venduto i vuoti”. Questa barzelletta girava in Italia molti anni fa, prima che gli interessi di produttori poco inclini alla responsabilità ed alla corretta valutazione dei processi facessero scomparire il criterio giusto e corretto del “vuoto a rendere”. Ogni prodotto contenuto in vetro poteva essere acquistato dietro pagamento del prodotto stesso e del suo contenitore dando luogo al riconoscimento di un valore per quell’oggetto in vetro che, come qualsiasi bene, era stato progettato, prodotto e distribuito. Si diceva, e molti continuano ad affermarlo ancora oggi, che la leggerezza della plastica e del nuovo packaging per liquidi, il tetrapak, aveva convinto le industrie ad abbandonare i pesanti e fragili contenitori in vetro o che non si possano superare i 50 chilometri nella distribuzione con “vuoto a rendere” altrimenti questa soluzione risulterà antieconomica ed “ecologicamente scorretta”. Queste ultime due barzellette le troverei, personalmente, estremamente divertenti se non fosse per l’alto prezzo da pagare per un breve momento d’umorismo. Proviamo, dunque, a verificare le due precedenti affermazioni. I contenitori in vetro sono fragili e pesanti, sono costosi per la loro produ-
Occorre, nelle politiche sulla sostenibilità, privilegiare le risorse. Attraverso il vuoto a rendere si risparmiano materia prima ed energia. Una standardizzazione dei contenitori agevolerebbe il riuso, dandogli una dimensione più locale. zione e per la logistica. Strano allora trovare scaffali interi di supermercati, bar, ristoranti, profumerie, farmacie, ferram enta e altri esercizi commerciali riempiti da questi antidiluviani contenitori. Strano anche perché convivono con prodotti della concorrenza che ha invece “capito” che l’alluminio, il polietilene, il policarbonato ed il tetrapak sono “trendy” ed intelligenti così come noi capiamo che non esiste una qualche norma che abbia costretto un determinato produttore e non altri alla “gogna” del vetro. Dunque ben altro avrà convinto i nostri simpatici, veri e “primi” produttori di rifiuti. Ebbene, il motivo vero è lo stesso che porta i “grandi esperti” a raccontare la seconda barzelletta ovvero ad affermare che il sistema di recupero dei contenitori tramite “vuoto a rendere” sia sostenibile per l’ambiente solo quando il circuito è inferiore ai 50 chilometri. La soluzione è elementare, tanto da richiedere semplicemente una “semplificazione” (scusatemi il gioco di parole ma con tutte queste barzellette mi sento spiritoso) che chiameremo normalizzazione. Abbiamo capito che ciò che pesa davvero ai nostri cari produttori, ciò che li tocca nel profondo del portafogli, è il lavoro che lo stabilimento dovrebbe svolgere per prendere in carico i vuoti resi, verificarli, lavarli e sterilizzarli per poterli nuovamente utilizzare. Che fatica! Meglio contenitori nuovi ogni volta e che li paghino quelli sprovveduti di “consumatori”, anche due volte, per l’acquisto e per la TARSU. Chiaramente ciascuna industria do-
vrà verificare che si tratti dei propri contenitori, bellissimi ed unici ma soprattutto adeguati alle proprie linee di produzione ed alla “immagine” che i propri guru del marketing hanno molto faticosamente ideato. Milioni di prodotti e quindi milioni di contenitori tutti diversi seppure tutti uguali: le bottiglie hanno tutte un fondo, un collo ed una bocca. Qui interviene la normalizzazione ovvero la definizione di uno standard per i contenitori di ciascun prodotto: 3 modelli di bottiglie per i produttori di vino (che siano del Veneto, della Toscana o della Sicilia), 3 contenitori per marmellate e confetture dovunque esse vengano prodotte o confezionate e così fino ad aver dato a ciascuno il suo.
rifiuti
di Giuseppe Quaranta
“Ma che fine fanno, i residui del gassificatore?”
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rifiuti
di Giuseppe Quaranta Ora, il vino veneto che nelle sue bottiglie in vetro dovesse scendere nel Lazio non ritornerà al suo paese d’origine così come non vi farà ritorno il suo contenitore: raccolto nel Lazio, sarà lavato e sterilizzato da uno stabilimento nella stessa regione ed utilizzato da una cantina dei castelli romani grazie alla standardizzazione. E come ciliegina sulla torta, lo stabilimento utilizzerà ozono (molecola triatomica ossigeno) per lavaggio e sterilizzazione senza far ricorso alcuno a detergenti. Chi dovesse preoccuparsi per la uniformità dei prodotti, per la monotonia degli scaffali, per il danno al marketing aziendale … non tema, esistono sempre le soluzioni: le etichette, in materiale bio e riciclato, potranno servire bene alla bisogna e, per gli incontentabili, esiste sempre la soluzione della filiera dei prodotti regionali quindi anche contenitori che non usciranno dalla regione e potranno essere dispensati dalla normalizzazione. Paolo Colli, fondatore di “Fare Verde”, affermava “applica sulla restituzione un premio per la riconsegna e vedrai che quella cosa verrà restituita in percentuali altissime”. Reintroduciamo il “vuoto a rendere”, non solo per il vetro, e scopriremo quanti vantaggi una piccola dose di oculatezza può portare in un “mondo di rifiuti”: valorizziamo i contenitori quale prodotto e risorsa riducendo drasticamente l’emissione di Co2, riduciamo pesi e volumi dei rifiuti ed in molti casi il ricorso ad un apposito servizio di ritiro vetro (in frantumi) pagato dai consumatori, riduciamo lo sporco nelle nostre città caratterizzato anche da bottigliette e vetro in frantumi allegramente sparso anche su intere piazze e scalinate con relativi rischi annessi, diamo qualche opportunità ai senzatetto di guadagnare rendendo un servizio alla società. In sintesi, direi che il ritorno al “vuoto a rendere”, non limitato al solo vetro, sarebbe la prima vera ed indispensabile applicazione del criterio di “responsabilità estesa del produttore”.
L’ospite, per non puzzare, si censura da solo. In piena emergenza campana, Brunner evocò il sole ed il mare di Napoli, dimenticando la situazione delle strade. Anche Macy, a Roma, ha la vista corta: elogia pubblicamente Malagrotta, per poi chiedersi privatamente che fine fanno i residui del gassificatore. Il 26 aprile, invitato da Sergio Apollonio, ho assistito alla conferenza in Campidoglio sui rifiuti zero tenuta da Jack Macy (www.csrees.usda.gov/nea/plants/pdfs/cafeteriaware/macy.pdf). Mi è stato impossibile restare indifferente, oltre che sorpreso, per quanto accadeva: un relatore che aveva sempre e coerentemente affermato “Need to Reduce, Reuse and Then Recycle/Compost” (si può vedere il documento www.recycle.ab.ca/2007Proceedings/JackMacy.pdf) sembrava avesse totalmente dimenticato i termini “riduzione dei rifiuti” e “riutilizzo”. Nelle due ore, nella Sala dell’Arazzo, si è assistito ad una trattazione molto povera sul tema della gestione dei rifiuti urbani, tanto più a causa della traduzione assolutamente infedele che ha permesso la pubblicazione di affermazioni falsate come quella che segue: “(Jack Macy, ndr) Ha espresso seri apprezzamenti sugli impianti che sono sul territorio romano evidenziando il buon livello di pulizia che mantengono gli impianti compreso la discarica di Malagrotta”. Solo in una slide vi era un timido accenno alla responsabilità estesa del produttore (EPR) confusa con la responsabilità del consumatore quando, quest’ultima, andrebbe indicata come consapevolezza o coscienza. Anche in tema di compostaggio non è stato fornito, dall’esperto di San Francisco, un chiaro indirizzo: si è complimentato per l’impianto di Maccarese basato esclusivamente su trattamento aerobico (con conseguente consumo di energia vista la necessità di portare il residuo organico alla temperatura di 150°C). In chiusura, per quanto racconto, non mi è riuscito di star zitto e di evitare una piccola polemica con Jack Macy, polemica che Sergio Apollonio, da buon diplomatico, ha smorzato. Forse anche a causa della presenza in sala di Manlio Cerroni, attento osservatore con la sua emittente Roma1, ho lasciato la sala conferenza con profonda tristezza. L’amarezza di quella sera non era destinata a finire ma, purtroppo, a rinnovarsi. Basta leggere questa email di Jack Macy: Da: Jack Macy Inviato: giovedì 4 giugno 2010 17.36 ………….omissis ................... When I talk here about the Malagrotta MBT and gasification, I am asked what they are doing with the residual slag. Do you know? Ciao, Jack Ho pensato di rispondere dalle pagine di “Fare Verde”, forse per sentirmi meno solo. Caro Jack, anche se hai potuto conoscere Roma solo per poche ore, sai bene come nel mondo i “muri di gomma” vengano prontamente e sapientemente eretti a perimetro di ciò che in democrazia non può e non deve turbare la tranquillità dei candidi cittadini elettori. Nulla è dato sapere in merito… anche se l’ordinanza commissariale n.14 del 2005 ha inequivocabilmente indicato che l’ allargamento della discarica di Malagrotta comprendeva, tra le finalità, lo stoccaggio delle “scorie della termovalorizzazione effettuata in ambito regionale”. E sento la mia tristezza, la mia amarezza prendermi sempre più nel ricordo di un “esperto” austriaco, il professor Brunner, invitato anni addietro a Napoli dalla facoltà di ingegneria della Università Federico II che esordì parlando della perfezione di Napoli con il suo mare, il sole e l’incanto del golfo dimenticandosi delle sfogliatelle forse a causa della vera e profonda tragedia che, in quei giorni, in Campania aveva raggiunto il suo picco. La mia amarezza cresce nel collegare le due visite, quella romana e quella napoletana, fulgidi esempi del nulla. I “panni sporchi” si lavano in famiglia, Jack. Le buone prassi devono essere innanzitutto esempi di etica e non di “rifiuti”. Ad maiora …. Spero.
Moratoria sugli OGM
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si potranno coltivare anche in Europa. Cos’è l’Amflora e perchè sono pericolosi gli OGM Una data importante, quella dell’8 marzo 2010, quando a Bruxelles la Commissione europea ha legalizzato, dopo dodici anni di moratoria, la commercializzazione e quindi la semina di numerosi organismi geneticamente modificati. Fra questi organismi c’è la patata Amflora. La «superpatata» Amflora è il primo ogm a cui la Commissione europea ha dato il “via libera” per la coltivazione in Europa ai fini industriali e l’utilizzo dei prodotti derivati dall’amido Amflora negli alimenti per animali. Con il termine Organismo Geneticamente Modificato (OGM) si intendono soltanto gli organismi in cui parte del genoma sia stato modificato tramite le moderne tecniche di ingegneria genetica. Gli OGM vengono spesso indicati come organismi transgenici: i due termini non sono sinonimi in quanto il termine transgenesi si riferisce all’inserimento, nel genoma di un dato organismo, di geni provenienti da un organismo di specie diversa. Sono invece definiti OGM anche quegli organismi in cui il materiale genetico inserito proviene da un organismo “donatore” della stessa specie e in questo caso alcuni studiosi parlano di organismi cisgenici, così come sono organismi OGM quelli che risultano da modificazioni che non prevedono l’inserimento di alcun gene e anche gli organismi dal cui genoma sono stati tolti dei geni. In quest’ultimo tipo rientra la patata Amflora, dove i ricercatori della Basf (azienda produttrice) hanno disattivato l’enzima responsabile della sintesi dell’amido amilosio, ottenendo una patata completamente priva di amilosio chiamata Amflora. La patata Amflora L’aspetto è quello di una normale patata, ma non è destinata all’uso alimentare, perché troppo ricca di amido. E’ destinata invece all’uso nell’ambito dell’industria dei collanti e della carta. Prodotta dall’azienda chimica tedesca Basf, multinazionale tedesca della chimica per molto tempo dedita alla fabbricazione dei nastri per registratori
I tecnocrati di Bruxelles hanno aperto le porte agli ogm in Europa. Facendo prevalere gli interessi economici della multinazionali e ignorando i rischi per la salute e l’ambiente, per la biodiversità, le ricadute sociali ed economiche, le preoccupazioni per la perdità di sovranità alimentare dei popoli del mondo. vocali, la patata Amflora è ricchissima della componente dell’amido chiamata amilopectina pura, comunemente utilizzata nell’industria per rendere i filati più forti, la carta più lucida e per rendere l’intonaco più aderente alle pareti. Attualmente l’amido derivato dalle comuni patate viene utilizzato nell’industria della carta «in blocco», con entrambi i suoi componenti (amilopectina ed amilasi), nonostante l’amilasi non sia efficace. Separare i due componenti dell’amido è però svantaggioso dal punto di vista economico. La soluzione, allora, è consistita nel disattivare il gene che produce l’amilasi. È stata ottenuta in questo modo la patata Amflora. La decisione Europea La decisione è opera del Presidente della Commissione José Barroso, appena riconfermato ad un secondo mandato alla guida Ue. Barroso si è fatto forte del consiglio della Agenzia europea della sicurezza alimentare (Aesa), la quale ha decretato che gli organismi geneticamente modificati non pongono alcun problema per la salute, quando sappiamo che l’Ogm contiene un gene resistente agli antibiotici e quindi pericoloso per la salute umana e i numerosi risvolti negativi in termini di economie, agricolture e sussistenze locali e di biodiversità. Tra le prime reazioni è arrivata quella, ovviamente esultante, di Assobiotec: “È un deciso passo avanti dopo dodici
anni di attesa, che hanno molto penalizzato la ricerca agrobiotecnologica europea - sostiene Roberto Gradnik, presidente dell’Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie che fa parte di Federchimica - a causa di una lunga moratoria che ha congelato l’approvazione di nuove varietà vegetali geneticamente modificate”. “In questo scenario in evoluzione - attacca Gradnik - solo il nostro ministro dell’Agricoltura, Luca Zaia, è rimasto fermo su posizioni anti-biotecnologie e anti-innovazione”. Il no dei Fast Food Succede però che in Germania e nel resto dell’Ue anche i giganti dei pasti veloci si oppongono al tubero transgenico. Temono la reazione dei clienti e l’aumento dei costi. Per questo sperano che la Commissione rinunci ad autorizzare le colture (la storia la racconta il settimanale di Amburgo, Der Spiegel).
ogm
di Marianna Gambino
‹‹Nelle campagne del mondo ci vogliono uomini, non multinazionali. Il cibo deve essere prodotto per essere mangiato, e non solo per essere venduto. Ne va della sovranità alimentare dei popoli; ne va della nostra libertà››
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ogm
“Il Mondo secondo Monsanto” di Marie-Monique Robin Commenta Der Spiegel: ‹‹la spiegazione principale sta nelle dichiarazioni della Bogk, la potente associazione tedesca delle industrie alimentari attive nel ramo della lavorazione di prodotti a base di patate. La Bogk sottolinea di non ritenere assolutamente necessaria l’autorizzazione a coltivare patate transgeniche, perché “i consumatori non sono disposti ad accettare cibi transgenici nella catena alimentare››. I rischi per la salute A detta di Federica Ferrario, responsabile della campagna Ogm di Greenpeace Italia, la patata della Basf autorizzata dalla Commissione europea contiene un gene che conferisce la resistenza ad alcuni antibiotici ponendo dei rischi inaccettabili per la salute umana e animale, oltre che per l’ambiente. C’è poi il problema della contaminazione: chi decide di essere Ogm-free rischia di avere comunque un raccolto OGM se nei campi limitrofi vi sono tali coltivazioni. Altro elemento di preoccupazione riguarda l’humus. La patata transgenica è stata creata per la produzione industriale della carta e non è commestibile dall’uomo, mentre i residui della produzione industriale sono ancora mangiabili dai ruminanti. La patata Amflora è resistente agli attacchi dei batteri perché progettata per essere resistente agli antibiotici e ciò può essere un pericolo per le modificazioni dell’humus del terreno dove vengono coltivate. Infatti la patata Amflora viene coltiva-
ta nel terreno e quindi non possiamo sapere se i processi con i quali è stata trattata possano amplificarsi trasferendo frammenti del proprio dna modificato al terreno, e se questi frammenti possano modificare i batteri esistenti nell’humus ovvero quelli del sistema digestivo degli animali. Le piante Ogm vengono inoltre coltivate in monocolture di grande estensione, con impiego esorbitante di fertilizzanti e pesticidi. Le multinazionali che investono sugli OGM promuovono un modello di agricoltura basata sulla chimica dagli effetti devastanti. L’ingegneria genetica viene spesso presentata come soluzione ai problemi alimentari globali, ma nonostante 15 anni di coltivazioni diffuse in tutto il mondo, la fame nel 2009 ha raggiunto livelli record nel pianeta. Il commercio dei semi brevettati e la perdita della biodiversità I sostenitori degli Ogm affermano che utilizzando semi OGM aumenti la resa dei campi, il rovescio della medaglia è però che i contadini si ritrovano ad usare dei semi brevettati che devono acquistare di anno in anno, dalle multinazionali. L’azienda chimica Monsanto detiene il 23% del mercato mondiale delle sementi. Negli ultimi 5 anni essa ha acquistato, solo in Olanda, tre grandi società sementiere internazionali: De Ruiter Seeds, Western Seeds e Seminis. Risultato: essa domina il mercato mondiale delle sementi.
Ma la Monsanto è anche leader nel mercato degli Ogm, in particolare con la soia, il mais, le barbabietole e il cotone, con un impero industriale avente sedi in quarantasei Paesi e un fatturato annuo di 7,5 miliardi. Essa detiene, inoltre, una grande parte del mercato dei pesticidi (legato alla vendita degli Ogm). Gli agricoltori e i coltivatori vedono di continuo crescere la loro dipendenza da queste grandi società sementiere e i brevetti sulle sementi (sugli Ogm e non) aggraveranno ulteriormente la situazione. Coltivazioni OGM nel mondo e I cosidetti Paesi in via di “sviluppo” Nel 2009 gli affamati nel mondo sono cresciuti del 9% arrivando alla vetta di 1,02 miliardi, il livello più alto dal 1970 secondo la Fao, nonostante l’aumento del 7% dei terreni coltivati con organismi geneticamente modificati, che hanno raggiunto i 125 milioni di ettari nei 25 soli paesi dove sono coltivati nel mondo. Il record di persone che soffrono la fame è stato raggiunto proprio nell’anno in cui si è avuta un forte aumento degli Ogm nei paesi in via di sviluppo, dove la crescita è stata superiore alla media mondiale (+13%) e dove oggi si trovano quasi la metà (46%) dei terreni coltivati a biotech nel mondo (dati Coldiretti) Il pressing delle multinazionali, che è fallito in Europa dove le semine sono calate del 12%, ha avuto invece successo nei paesi meno sviluppati dove però le coltivazioni Ogm non solo non hanno quindi risolto il problema della fame, ma hanno anche aggravato la dipendenza economica dall’estero. La diminuzione in Europa del 12% conferma anche che nel coltivare prodotti transgenici non c’è neanche convenienza economica. Ma nei Paesi in via di sviluppo, in Cina e in Brasile gli Ogm aumentano. Basti pensare che la Monsanto ha coperto in colture OGM quasi 100 milioni di ettari tra Stati Uniti, Argentina, Brasile, Canada, India, Cina, Paraguay, Sudafrica, Spagna, Romania.
Occupazione e Decrescita
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Consentendo gli Ogm si rischia di avere un paese le cui coltivazioni sono in mano alle multinazionali che tendono ad una agricoltura industriale e a monocultura. Un esempio è l’Argentina, che ha dato il permesso di coltivare soia sul suo territorio. Ora si hanno estensioni immense di monoculture, i contadini locali si trovano a dover lavorare per la multinazionale (Monsanto, ndr) sottopagati e lavorano solo un mese l’anno. Si lasciano immaginare le conseguenze economiche e sociali. Al contrario è necessario puntare sulla qualità, sull’agricoltura locale, sulla sovranità alimentare. Ci sono paesi come l’Italia dove la varietà e la qualità alimentare è una tradizione, vanto e un guadagno. Ci sono paesi dove da secoli e da generazioni ci si nutre con varietà di mais che in Italia non immaginiamo neanche. In Cina hanno creato un comitato “Non toccare il riso” per proteggere il loro principale alimento. Ogni popolo è abituato da secoli a nutrirsi con dei cibi che hanno delle particolari caratteristiche nutrizionali, adatte al territorio dove vive una popolazione. L’uomo fa parte del ciclo della natura e se continuerà a non accettarlo e a volerne esserne l’artefice porterà a danni irreversibili. L’aumento della fame e quindi della morte nel mondo dovrebbe esserne un esempio. Noi siamo anche quello che mangiamo e dobbiamo pensare a quale cibo assumiamo e quale frutti e terreni lasceremo alle future generazioni. Purtroppo molti uomini moderni, politici, economisti e studiosi hanno perso la visione olistica e di lungo respiro per una miope e basata su un modello di “sviluppo” ormai saturo. Assistiamo alla tendenza per cui ogni paese deve ad ogni modo seguire le fasi economiche che si sono succedute negli stati occidentali e che oggi portano ad un collasso del sistema, alla crisi e alla convinzione che la crescita produttiva e il possesso dei beni sia alla base del benessere dei cittadini, con la deleterea diffusione del concetto occidentale di povertà e di benessere basato sullo sterile possesso di merci.
riflessioni
di Sandro Marano
“Una confortevole, levigata, ragionevole, democratica non libertà prevale nella civiltà industriale avanzata, segno di progresso tecnico”: è questo il famoso incipit di L’uomo a una dimensione (1964), il saggio in cui il filosofo Herbert Marcuse denunciava il carattere totalitario della società dei consumi che manipolando i bisogni “impone agli individui le sue esigenze economiche e politiche”. Oggi la tecnologia potrebbe “liberare l’energia di molti individui” tanto da fuoriuscire dal “bisogno ossessivo di produrre e consumare, di lavorare fino all’istupidimento”. Del resto, già negli anni ’30 prima di Marcuse e della Scuola di Francoforte, pensatori di diverso orientamento avevano detto le stesse cose in un linguaggio più chiaro e meno farraginoso. Drieu la Rochelle per esempio constatava che: “l’uomo produce sempre di più e sempre di più è incapace di trarre vantaggio da questa produzione… bisognerà pure arrivare al nocciolo della questione: dare agli uomini la possibilità di vivere senza lavorare quasi del tutto, distribuendo loro quantitativamente una parte del lavoro della macchina” (Quesiti sul futuro, in Eresie). E il poeta Ezra Pound: “Ci sono beni a sufficienza, c’è un eccesso di capacità di produrre beni in sovrabbondanza. Perché dovrebbe esserci chi muore di fame?” (ABC dell’economia). “Lavorare meno, lavorare tutti” non è solo uno slogan venuto in auge nel ’68, ma è tuttora l’unica risposta sul piano etico ed economico al paradosso capitalistico della povertà e della disoccupazione in mezzo all’abbondanza.
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Capire l’osteopatia.
Come e dove agisce. Quando e perché rivolgersi ad un osteopata
osteopatia
di Patrizia Forte (Osteopata D.O. MROI) Quando si parla di osteopatia tra persone non “addette ai lavori” la domanda più frequente è: “come fa un osteopata a far passare un dolore, a migliorare il funzionamento del corpo senza utilizzare altro che le mani? Soprattutto nei casi in cui le mani sembra che non facciano niente?” Beh! In realtà capirlo è più semplice di quel che sembra! Quando un osteopata mette le mani su una parte del corpo, ha bene nella mente cosa c’è sotto le sue mani, è un po’ come se ognuno di noi ha una borsa in cui ha messo una serie di cose e quando deve andare a cercarle sa cosa cercare ed utilizza la mano senza guardare poiché è sufficiente solo il tatto. Nel corpo ogni tessuto ha una sua consistenza, una sua resistenza, e l’osteopata questo lo conosce bene, così sa distinguere l’osso dai legamenti, i muscoli dai nervi, le diverse parti degli organi addominali (il fegato, lo stomaco, il colon e le diverse parti dell’intestino, i reni, la vescica, la prostata, l’utero, etc… ), e così ogni altra parte del corpo. Altro elemento importante per capire l’osteopatia è comprendere che quando si valutano questi tessuti ne si cerca sempre la “mobilità”, ovvero come si muove una determinata parte del corpo, grande o piccola che possa essere. È la mancanza di mobilità a predisporre un tessuto ad infiammarsi, viene ad alterarsi la circolazione locale e ciò causa
una congestione con rilascio di sostanze infiammatorie da parte delle cellule che compongono i tessuti. Quindi è facile capire che se i tessuti tornano a muoversi come devono l’infiammazione perde i presupposti per esistere, per cui regredisce ed il dolore passa! Da quanto detto si capisce che non è l’osteopata a “togliere” un dolore, ma è il corpo stesso che lo fa! L’osteopata cerca di porre il corpo nella condizione di poterlo fare, è un po’ come quando ci si taglia e ci viene messo un punto di sutura, non è la sutura a guarirci, ma è lei che permette ai nostri tessuti di poterlo fare nel migliore dei modi! Ecco quindi che quando andiamo da un osteopata possiamo avere fiducia nelle sue mani, che se attente riescono a capire dove c’è bisogno di indurre quella piccola modifica indispensabile al corpo per riuscire a ritrovare la salute persa. A questo punto l’altra domanda frequente è: “per quali problemi ci si può rivolgere ad un osteopata?” In realtà potenzialmente per tutti, ci saranno problemi verso i quali l’intervento dell’osteopata è elettivo, ed altri in cui è un valido aiuto se affiancato ad altre figure professionali… Così se un dolore è comparso dopo un incidente, una caduta, uno sforzo, una distorsione o un qualunque trauma, abbiamo la quasi certezza che l’osteopata sia il
professionista più indicato (chiaramente sempre dopo aver verificato la presenza di eventuali fratture con esami radiografici!), lui saprà dare le giuste correzioni alle strutture che sono state traumatizzate e queste torneranno a funzionare come devono… E addio dolori! Ma un dolore può comparire senza una causa apparente! Da un giorno all’altro, oppure compare lentamente ma inarrestabile! Dopo aver fatto i dovuti accertamenti necessari ad escludere la presenza di problemi che assolutamente non sono di pertinenza osteopatica (come tumori, aneurismi o altri accidenti vascolari), possiamo rivolgerci all’osteopatia qualsiasi sia stata la diagnosi medica che abbiamo avuto: sciatalgia, lombo-sciatalgia, brachialgia, cervico-brachialgia da discopatia o ernia discale, cefalea, emicrania, nevralgie in genere, pubalgia, esiti di distorsioni alla caviglia o al ginocchio, lussazioni recidivanti della spalla, dorsalgie, mialgie, etc... . Ma possiamo chiedere aiuto all’osteopatia anche in caso di problemi di tipo viscerale: colite, gastrite, digestione difficile, disturbi da ernia iatale (bruciori gastrici, rigurgiti, dolore allo sterno), stitichezza, cistiti ricorrenti, disturbi legati al ciclo mestruale, faringiti o bronchiti ricorrenti sia di adulti che bambini etc.. . In tutti questi casi, come per altri, l’osteopata cercherà sempre di indagare cosa nel corpo ha smesso di muoversi, come deve poi indurlo, con appropriate correzioni manuali, a recuperare la funzione persa. E cosi si può agire manualmente anche su uno stomaco, un duodeno, un colon, l’intestino tenue, una vescica, l’utero, le ovaie, il fegato etc., insomma su ogni struttura corporea quasi come fosse un’articolazione. In fondo, “dove c’è movimento c’è vita”! Per conoscere l’osteopata più vicino a te: www.roi.it Se avete domande: patrizia.forte@roi.it oppure info@fareverde.it
Quando a tavola ci si trova davanti ad una bistecca …
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“Pensate alla terribile energia concentrata in un prodotto vegetale. Sotterrate una ghianda e si produce un’esplosione dando origine a una quercia. Sotterrate invece un montone e non ne risulta che decomposizione e putridume”. (G.B. Shaw) Prima di parlare di vegetarianesimo voglio specificare che un vegetariano non mangia carne e pesce, mentre un vegano (vegetaliano) oltre a carne e pesce non mangia alcun derivato animale (uova, latte, miele). Gli animalisti non pensano che i non vegetariani siano tutte persone crudeli e assetate di sangue, ma li rimproverano del fatto che preferiscono non porsi il problema di come abbia fatto un animale a diventare un prodotto alimentare e di non chiedersi quanta sofferenza sia alla base di quello che stanno mangiando. Certe cose è meglio non saperle. Quando ci si inizia a porre il problema e ci si inizia a informare su cosa avvenga “dalla fabbrica alla forchetta”*, nella maggior parte dei casi si diventa vegetariani o vegani. L’agonia di un animale da macello inizia di solito nel momento in cui nasce e viene strappato alla madre; gli animali di cui oltre alla carne viene utilizzato il latte (bovini e ovini) non possono allattare i propri figli, che vengono nutriti artificialmente. Una mucca deve partorire ogni 2 anni per produrre latte: se il vitello sarà femmina farà la stessa “carriera” della madre, se sarà maschio verrà portato in un capannone insieme ad altri e a circa sei mesi verrà macellato. Una mucca da macello viene munta meccanicamente ed è portata a produrre una quantità di latte 10 volte superiore a quella che servirebbe in natura ad alimentare il suo cucciolo e per questo motivo la maggior parte delle mucche da latte soffre di mastite (infiammazione delle mammelle). I pulcini maschi vengono uccisi in
macchine simili a quelle usate per la carta da macero perché non producono uova e la loro carne non è buona da mangiare; alle femmine viene strappato il becco per evitare che si feriscano a vicenda mentre si trovano in gabbie grandi come la pagina di un quaderno. I maiali vengono castrati durante i primi giorni di vita senza essere prima anestetizzati (ma castrare il proprio gatto, che per il resto della sua vita farà la spola tra letto, divano, cucina e giardino è peccato mortale!!) . I pesci agonizzano per ore a causa della mancanza di ossigeno. I conigli e gli agnelli vengono scan-
“Il veganismo non è una scelta, la scelta termina quando inizia la vita di un altro” (Autore ignoto)
nati e fatti morire dissanguati: ogni animale, mentre aspetta il proprio turno assiste alla scena. Negli allevamenti tutti questi animali vivono in spazi troppo piccoli per le loro esigenze e sono alimentati in modo da aumentare in fretta la propria massa corporea. Gli animalisti vengono accusati di voler imporre il proprio punto di vista agli altri, anche se in realtà i vegani sono gli unici a non imporre ad un essere vivente di morire. Penso che nessuno possa negare che a un animale da macello la morte viene imposta con la forza, o meglio che il suo destino è deciso addirittura molto prima che venga concepito. La convinzione che non sia possibile sopravvivere, o comunque avere una buona salute, osservando una dieta vegetariana o vegana negli ultimi anni è sempre meno forte: addirittura molti sportivi di successo, come Martina Navratilova (tennista), hanno eliminato i prodotti animali dalla propria alimentazione. Eliminare la carne ovviamente significa sostituirla, cioè sostituire le proteine animali con proteine vegetali.
animalismo
di Bianca Negri
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Anche l’Hackmeeting si tinge di verde
tecnologie verdi
di Claudio Locanto L’Hackmeeting, tenutosi a Roma nei giorni 2-3-4 di luglio, è un’iniziativa libera nata con lo scopo di dare un punto di riferimento per chi è alla ricerca di soluzioni o semplicemente animato da sana voglia di conoscere frontiere tecnologiche basate su opensource e quindi libere. Tornato a Roma dopo 10 anni dall’ultima edizione, anche quest’anno si è svolto all’insegna di seminari, giochi, feste, dibattiti e scambi di idee su tutto quello che gravita intorno alla tecnologia, alle controculture digitali, alle economie senza capitali e alla resistenza al controllo. In uno spazio completamente autogestito (lo slogan recita più o meno: “non ci sono organizzatori né fruitori, ma solo partecipanti”) fornito dal CSOA La Torre, è stato possibile parlare e interfacciarsi con quanto di più nuovo la tecnologia mette a disposizione, sia per quanto concerne la disponibilità di progetti utili a chi usa o lavora in diversi modi nel mondo di internet, computer e quant’altro e sia sul ruolo che la stessa tecnologia ha nel momento in cui viene resa disponibile per tutti. Si è parlato perciò non solo di robotica e reti neurali (leggi robot con algoritmi comportamentali umani), di sicurezza internet (leggi il pericolo dei social network nel trattamento di dati sensibili - facebook, twitter ma non solo …) ma quest’anno la novità è stata rappresentata da una ricca sezione su temi di Ecologia e risparmio energetico nonché di riutilizzo di materiali Trashware (materiali informatici e non, ormai datati e destinati alle discariche) oltre che autocostruzione di apparati volti alla produzione di energia elettrica solare e termica e autoproduzione di detersivi, creme lenitive oltre che di dentifrici e quant’altro. Diversi seminari, seguiti da lezioni pratiche hanno mostrato che la costruzione di un pannello fotovoltaico termico può essere alla portata di tutti coloro che abbiano un minimo di manualità e soprattutto una gran voglia di imparare e mettersi in gioco. Nicola Monetti responsabile della co-
operativa “rete solare per l’autocostruzione” ha illustrato le finalità della cooperativa e i loro ideali e qualche indirizzo normativo utile per chi volesse cimentarsi nella costruzione di un pannello solare, sottolineando il fatto che: “ il primo risparmio energetico è quello che deriva dal solo constatare di aver fatto, di aver messo in opera un qualcosa, assolutamente dal nulla”. In altre parole una visione dell’energia che non è solo un puro risparmio in termini economici ma un’essenza che rimane nell’oggetto autocostruito. In un altro seminario invece, condotto dall’associazione interuniversitaria Europea “Ingegneria senza frontiere”, sezione di Napoli, è stato mostrato il know how che sta dietro la progettazione di una Pala Eolica. Il progetto che prevede la costruzione di un campo eolico in Malawi parte dal presupposto della scarsità di materiali nonché la quasi totale mancanza di studi di fattibilità presenti in un paese del Terzo Mondo ponendosi come obbiettivo di dimostrare che è possibile la costruzione di pale con pezzi di PVC, alternatori per auto, un pizzico di teoria e un’infinita voglia di costruire. Sempre inerenti a tematiche di ecologia e fai da te, sono stati i seminari delle ragazze del collettivo de La Torre che in tre diversi momenti hanno mostrato tutti i trucchi e i segreti dell’arte della panificazione, della creazione di cosmetici e prodotti sgrassanti come creme antizanzara, dentifricio e particolari saponi assolutamente ecocompatibili a base di limone, aceto, argilla bianca e oli essenziali di diverse piante come citronella, menta, basilico; in ultimo
hanno fatto notare come le essenze possono essere ricavate da piante che crescono a volte spontaneamente in orti o pratoni liberi delle nostre città. Proprio sull’incontro tra orti fisici e orti virtuali, è stato inoltre tenuto un altro seminario congiunto sull’importanza degli orti urbani, ossia sulla possibilità di un qualunque cittadino di ottenere in prestito piccoli pezzi di terra al fine di coltivarli e trarne “profitto”. Indubbiamente non un “profitto” economicamente rilevante, ma legato al fatto di mangiare ciò che si produce, con tutte le implicazioni sulla qualità che ne conseguono; un’idea partita dagli orti comunali di Milano ma facilmente estendibile agli spazi verdi condominiali tipici di alcuni quartieri di Roma; successivamente il tema della mappatura di questi orti cittadini con la possibilità invece di avere un’idea grafica della loro collocazione spaziale all’interno di una città ha permesso di mettere in luce tutte le possibilità attuali e le potenzialità future che il mondo opensource offre a livello di georeferenziazione per la creazione di mappe e modelli digitali del territorio. E’ stata dunque una tre giorni di crescita intellettuale nonché, se ancora ve ne fosse bisogno, di una ulteriore presa di coscienza sullo stato attuale delle tecnologie verdi le quali possono essere messe in campo al fine di migliorare il controverso rapporto tra uomo e ambiente. Per saperne di più: www.isf-napoli.org www.autocostruzionesolare.it it.hackmeeting.org
Panchine. Come uscire dal mondo senza uscirne
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Panchine. Come uscire dal mondo senza uscirne. di Beppe Sebaste Laterza 2008, 171 pagine Euro 9,50 Un titolo irresistibile. Perché focalizzare l’attenzione su quello che oggi viene considerato nulla più che un oggetto di arredo urbano? Beppe Sebaste ci risponde con un libro che è una somma di osservazioni, vicende personali, incontri ed esperienze la cui centralità riconduce, sempre, ad una panchina. Perché questa è un luogo di sosta, una utopia realizzata, “una anomalia sociale più grave se chi ci si siede si sottrae non solo alle regole non scritte della produttività e dell’efficienza, ma anche allo sguardo degli altri”. Perché la panchina effettivamente trasmette il valore della lentezza: ci consente di fermarci, lasciare scorrere il mondo, riflettere su di esso, su noi stessi. Ed è forse uno degli ultimi simboli di qualcosa che non si compra: un modo gratuito di trascorrere il tempo e di vivere la propria città.
L’autore annota con dovizia di particolari come tante città del Nord abbiano deciso di risolvere il bivacco di extracomunitari e poveri eliminando le panchine, mai ricomparse altrove. Fino a spingere ad esempio a Trieste ad una manifestazione popolare contro il taglio delle panchine (dicembre 2006). Ed è vero d’altro canto che i centri storici sono diventati oggi per lo più città commerciali – con alcune illuminate eccezioni come Reggio Emilia - destinati all’acquisto e vendita, marginalmente all’incontro, e dove sembra necessario essere sempre “clienti” per esistere in pubblico e per continuare a sedersi all’aperto. Lo “Zarathustra” di Nietzsche non ci sarebbe stato, senza una panchina, ma anche scritti di Beckett, formidabile passeggiatore solitario a Dublino e Londra, e - per fare un altro esem-
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pio - “La villeggiatura in panchina” di Italo Calvino. Così il libro diventa anche spunto per conoscere altri scrittori, affrontare nuove letture. Perchè sulle panchine ci si siede per leggere, e stare lì ci consente di essere fuori dal tempo e dal mondo “con un tesoro inesauribile di vita secondaria” . Una panchina perfetta, scrive Sebaste, è come una piega del mondo, una zona franca liberata o salvata, dove semplicemente sedersi è già in sé una meditazione. L’autore inserisce nel libro due elenchi di panchine preferite. Ed anch’io ho deciso di cercare la mia.
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recensioni
letto da Marina Mele
CAP
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Assemblea dei Soci 2010
assemblea 2010
di Marianna Gambino
Fiuggi, Convento dei Cappuccini, sabato 10 e domenica 11 aprile 2010. Questo è lo spirito con il quale si organizza e si vive l’assemblea nazionale di Fare Verde! L’incontro di Fiuggi è stato occasione per fare il resoconto di un anno di attività e programmare le prossime iniziative, ma anche un momento piacevole e conviviale per incontrare amici vecchi e nuovi. Sabato10, nel pomeriggio, c’è stata una sessione in cui è stata presentata la situazione attuale dell’associazione e la domenica mattina è stata la volta di significative esperienze locali. Proprio perché Fare Verde è una associazione estremamente attiva e vitale in decine di città italiane, l’obiettivo è quello di mettere in comune esperienze e suggerimenti per replicare, dove possibile, iniziative che hanno riscosso un particolare successo o hanno conseguito importanti risultati. Ma le assemblee di Fare Verde, come tutti i suoi incontri, hanno sempre un tono piacevolmente informale: ci sono i momenti definiti per le riunioni, proiezioni, dibattiti, decisioni ... ma il tutto è circondato e accompagnato da momenti di conoscenza e convivialità. Dalla Lombardia fino alla Sicilia, veterani e nuovi arrivati, tutti volontari convinti che vivranno due giorni di vita associativa, grazie alla quale porteranno a casa una rinvigorita speranza, nuove idee, nuova grinta e nuove amicizie. Non bisogna scordarsi del senso del volontariato e della vita associativa: una partecipazione volontaria ad un gruppo e alle sue attività, il cui scopo è condiviso da tutti i soci che per attuarlo dovranno collaborare e conoscersi. Si tratta di condivisione di idee ma anche di azioni, di progetti e di compiti. In molte associazioni non si ha modo di conoscere o chiacchierare con il presidente o con il direttivo, ma in Fare Verde sì. L’associazione non fa feste in luoghi lussuosi con costosi ingressi e
prenotazioni, né organizza “convention” ... ci piacciono i casali o conventi autogestiti immersi nel verde, dove tutti fanno i turni per la corvèe, anche perché quello che conta sono i contenuti dei nostri progetti e stare bene insieme. Nello scegliere la struttura fondamentale è la possibilità di autogestione, perché ci piace preparare e cucinare insieme: chi partecipa alle assemblee e agli incontri sà che se c’è Peppe si mangia! Grazie Peppe! (Giuseppe Ferrara: socio storico del gruppo locale di Pontecorvo e membro del Collegio dei Garanti previsto dallo Statuto). La struttura deve essere immersa nel verde o vicino ad esso ... perché non siamo volontari ambientali tanto per dire: amiamo il verde! Da quando ci sono anche tanti bambini ci si preoccupa che si siano anche i riscaldamenti, che non sono sempre assicurati nei conventi! Il luogo deve essere raggiungibile con i mezzi pubblici oppure ci si organizza
per fare lo stesso tragitto in macchina. Nei dintorni devono essere reperibili beni di prima necessità, come pane, vino, formaggi e dell’ottimo latte fresco alla spina! In definitiva si cerca di pensare il tutto all’insegna della decrescita e dello spirito comunitario. Questo è lo spirito con il quale si organizza e si vive l’assemblea nazionale di Fare Verde! Ringraziamenti L’associazione ringrazia Mary Yasuoka per la sua presenza. Mary è una volontaria nipponica che proseguirà il suo stage presso la segreteria di Fare Verde fino a luglio, quando le diremo arrivederci a presto. Web designer, ha collaborato in precedenza anche con Greenpeace Giappone e ora presta la sua professionalità e il suo impegno alla nostra associazione. Ringraziamo della presenza Piero Pera dei Verdi di Canterno ed Enzo Pirazzi per l’ottimo vino locale che ha riscaldato la cena di sabato. La serata è stata inoltre allietata dall’organetto del ciociaro Franco Salvatori, accompagnato dai cori e da altri che, trascinati dal suono e dall’atmosfera lieta, non potevano resistere ed esimersi dal suonare con strumenti improvvisati e danzare le musiche popolari.
STATO DELL’ASSOCIAZIONE Il presidente Massimo De Maio ha aperto i lavori illustrando lo stato dell’associazione. Dopo una breve presentazione di Fare Verde ai nuovi attivisti, la relazione è partita da una data da considerarsi come uno “spartiacque” nella storia dell’associazione: il 25 marzo 2005 scompare prematuramente Paolo Colli, fondatore e vera anima di Fare Verde. Fino a quel giorno, Paolo Colli è stato il centro di tutte le attività associative ed enorme è stato il suo contributo a tutte le attività di Fare Verde. La prematura scomparsa di Paolo ha determinato la necessità di una profonda riorganizzazione dell’associazione che è sfociata nella decisione, assunta dall’assemblea dei soci svolta a Tagliacozzo (AQ) nel 2008, di dotare Fare Verde di una segreteria nazionale composta da personale stipendiato. Nel 2009 è stato dato corso a questa importante decisione dell’assemblea dei soci che dalla sua costituzione e fino ad allora si era retta esclusivamente sul volontariato dei propri aderenti. Allo stato attuale, la segreteria organizzativa è composta da due persone stipendiate e una stagista, e viene coordinata dal presidente nazionale, che non riceve compensi per questa sua attività. Il costo della segreteria, della struttura e delle utenze, viene in parte coperto dagli introiti derivanti dalla destinazione a Fare Verde del 5x1000 delle tasse sul reddito. La restante parte sarà coperta con la realizzazione di progetti finanziati e con le entrate derivanti dal tesseramento. RINNOVO CARICHE STATUTARIE L’assembla di Fiuggi è stata anche l’occasione per il rinnovo triennale delle cariche statutarie. Come Presidente Nazionale è stato confermato, per acclamazione, Massimo De Maio. L’assemblea ha poi eletto, all’unanimità, come componenti del Direttivo Nazionale i soci Simone Cretella, Mario Testa, Fabio Di Clemente, Claudia Iacobelli, Teodosia Maiorca, Marina Mele, Gianpaolo Persoglio, Giancarlo Terzano. Tra i componenti eletti del Consiglio Direttivo, l’assemblea ha ratificato all’unanimità la scelta del Presidente di designare come vicepresidente Claudia Iacobelli. Nel Collegio dei Garanti l’assemblea ha confermato Giuseppe Ferrara, Giulio Buffo e Francesco Gasperoni. Nel Collegio dei Revisori dei conti l’assemblea ha eletto Cinzia Negri, Angelo Calabresi e Carlo Ulacco. 5x1000 E’ stata evidenziata una tendenza alla diminuzione sia dei soggetti che destinano il 5x1000 delle proprie tasse a Fare Verde che delle somme erogate. Da un breve dibattito è emerso il problema della forte concorrenza tra le organizzazioni che possono accedere a questa forma di finanziamento, ed è stato lanciato un appello all’assemblea affinché ciascun socio si impegni in prima persona, attivando la propria rete di relazioni, per fare in modo che aumenti il numero di persone che decidono di destinare a Fare Verde il proprio 5x1000. TESSERAMENTO Per quanto riguarda il tesseramento, è stata comunicata ed approvata la decisione di considerare il 2010 come l’anno in cui saranno riviste le procedure per raccogliere le iscrizioni. In stretto collegamento con le problematiche del tesseramen-
to, è stata illustrata la situazione nazionale dei gruppi locali: Fare Verde è presente in 16 regioni italiane con 57 gruppi locali. L’assemblea ha affidato al Direttivo nazionale il compito di definire ed adottare un nuovo testo per la nomina dei responsabili locali che preveda le condizioni necessarie per agire localmente in nome e per conto di Fare Verde e ha delegato Simone Cretella a verificare ed aggiornare nel corso del 2010 la situazione dei gruppi locali. Cretella avrà anche il compito della riorganizzazione del tesseramento. COME E CON CHI COLLABORA FARE VERDE? Rapporti con la politica. Per quanto riguarda i rapporti con la politica, viene confermato dall’Assemblea l’obiettivo di interagire con le Istituzioni al fine di trasformare le idee dell’associazione in atti amministrativi e di governo. Per questo la strategia associativa prevede lo sviluppo della propria capacità di proporre soluzioni nell’ambito di una totale indipendenza da qualsiasi organizzazione di partito. Associazioni e reti di associazioni Al fine di dare maggiore impatto alle iniziative di Fare Verde e di reperire ulteriori competenze necessarie per lo svolgimento delle attività associative, l’assemblea ha approvato la scelta di interagire con altre associazioni e reti di associazioni che abbiano finalità compatibili con quelle di Fare Verde. Tra queste vengono citate il Movimento per la Decrescita Felice, l’Arcipelago Nazionale, Minerva PELTI, la Rete Regionale Rifiuti del Lazio, il Polo Energia e Ambiente e tutti i tavoli di coordinamento tra le associazioni ambientaliste, incluso il tavolo degli stakeholder sulla caccia. TAVOLO DEGLI STAKEHOLDERS SULLA CACCIA Claudia Iacobelli, attuale vice presidente di Fare Verde, ha seguito e partecipa alle attività svolte nell’ambito del tavolo degli stakeholders (portatori di interessi, ndr) sulla caccia, insieme ad un nutrito gruppo di associazioni ambientaliste, animaliste, venatorie e di rappresentanza del mondo agricolo, seguendo tutta la vicenda normativa relativa alla regolamentazione della caccia in Italia. Molte le attività svolte in ambito prevalentemente parlamentare per contrastare la proposta di “deregolamentazione” avanzata da una agguerrita minoranza di parlamentari trasversale ad entrambi gli schieramenti, che volevano allargare la stagione venatoria che attualmente si estende dal 1 settembre al 31 gennaio. Sono stati mesi di “blitz” in cui i parlamentari hanno cercato di allargare la stagione venatoria andando ad intaccare delicati equilibri e patrimoni faunistici. Agli attacchi si rispondeva anche scendendo subito in piazza, con bandiere, striscioni, comunicati congiunti e slogan. Come ogni appostamento che si rispetti, sotto alla camera o al senato in inverno, faceva freddo e le notizie arrivavano lente, ma per fortuna ne giungevano anche delle buone e delle urla da parte di deputate infuriate :<< se volete sparare ad un uccello..sparate al vostro!>> Su questo tema, Fare Verde si attesta su una posizione non abolizionista rispetto alla caccia, ma allo stesso tempo chiede un’ adeguata regolamentazione di questa attività, nel rispetto delle norme anche internazionali. In generale, si ritiene che si possa anche rivedere e aggiornare l’attuale legislazione, ma senza stravolgerla a favore di una “caccia selvaggia”. Si ritiene, infatti, che quella in vigore sia una normativa che permetta un accettabile equilibrio tra le esigenze dei cacciatori e le esigenze di tutela del patrimonio faunistico nazionale. Se, quindi, devono essere apportate modifiche, occorre farlo all’interno di un tavolo di lavoro cui partecipino atti-
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assemblea 2010
Sintesi dei lavori dell’Assemblea
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vamente e con adeguato peso politico-istituzionale, sia le associazioni venatorie, sia le associazioni ambientaliste che si propongono la conservazione degli ecosistemi, sia le associazioni degli agricoltori interessate al tema anche a causa dei danni arrecati alle colture dalla fauna selvatica. Tutte queste vicende stanno avvenendo nell’ANNO INTERNAZIONALE DELLA BIODIVERSITà, quando l’Italia dovrebbe aumentare le tutele per la natura e gli animali. CONSUMO DEL TERRITORIO Rosario Peduto, responsabile del gruppo locale di Salerno, ha illustrato il caso “Crescent”: il Comune di Salerno ha deciso di realizzare una grande piazza contornata da un edificio a semicerchio, denominato Crescent, alto 35 metri e lungo 300 metri, sulla storica spiaggia di Santa Teresa, luogo simbolo della città di Salerno. Peduto, sottolineando con efficacia il negativo impatto ambientale e paesaggistico di tale opera, chiede espressamente all’assemblea di inserire tra le attività di Fare Verde una specifica campagna per la difesa del territorio dal fenomeno della cementificazione e chiede che il caso “Crescent” di Salerno sia, per volumetria e impatto ambientale, il simbolo di questa nuova attività associativa. L’intervento ha stimolato un approfondito dibattito nel corso del quale diversi gruppi locali hanno illustrato le loro attività per contenere il fenomeno della cementificazione del territorio. Massimo De Maio ha ricordato il caso del parcheggio abusivo che Fare Verde è riuscita a bloccare ad Altomonte (CS); Simone Cretella ha illustrato l’impegno a Campobasso per evitare un’ operazione di speculazione edilizia sull’area dell’ex stadio Romagnoli; Antonio Alfieri, responsabile del gruppo locale di Nola, ha ricordato i legami esistenti ed accertati tra criminalità organizzata e talune aziende operanti nei settori del cemento e del movimento terra; Gianfranco Alfè, del gruppo di Vittoria (RG), ha sottolineato la preoccupazione degli attivisti siciliani per i pericoli di infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici e, soprattutto, la contrarietà di Fare Verde al Ponte sullo Stretto, altra grande opera dal rilevante impatto paesaggistico e ambientale. L’assemblea ha approvato per acclamazione la sua contrarietà al ponte sullo Stretto. Il dibattito è stato concluso dal socio Savino Gambatesa, del gruppo di Bari, che ha illustrato le efficaci battaglie del gruppo locale condotte contro la realizzazione di parcheggi sotterranei nel capoluogo pugliese. In particolare, Gambatesa ha illustrato come opere che determinano una eccessiva cementificazione del territorio rappresentino in una fase di recessione economica un metodo poco lungimirante per sostenere le imprese del comparto edile in crisi. Le stesse imprese potrebbero, infatti, essere impiegate in opere più utili come la riqualificazione energetica ed ambientale del patrimonio edilizio esistente. Alla luce dei vari interventi, l’assemblea dei soci ha proposto e votato la realizzazione all’interno del nuovo sito internet, di una sezione dedicata alle battaglie locali in difesa del territorio e contro la cementificazione. Ne consegue che ciascun gruppo locale impegnato in attività di difesa del territorio dovrà trasmettere alla sede nazionale tutte le informazioni relative alle proprie iniziative locali. L’assemblea propone e vota la costituzione un gruppo di lavoro sullo stesso tema formato da Antonietta Nembri, Rosario Peduto, Simone Cretella e Savino Gambatesa. L’obiettivo è quello di promuovere un’ iniziativa nazionale per arginare il fenomeno della cementificazione del territorio e contrastare i frequenti casi di speculazione edilizia rilevati dai gruppi locali.
CAMPI DI VOLONTARIATO L’Assemblea ha ricordato positivamente il campo di volontariato ambientale in Abruzzo, giunto nel 2009 alla sua terza edizione e l’iniziativa “Energie nuove per la cooperazione”, il viaggio studio realizzato alla fine di agosto 2009. Questa ultima attività è stata particolarmente importante per l’associazione in quanto ha consentito, attraverso lezioni in aula e visite guidate, di acquisire dati e informazioni utili per lo sviluppo della capacità associativa di proporre soluzioni innovative per l’uso razionale dell’energia e la produzione distribuita su piccola scala da fonti rinnovabili. GRUPPO SCUOLA Il socio Mario Testa ha illustrato le iniziative del Gruppo Scuola, costituito come da decisione della precedente assemblea dei soci di Tagliacozzo. Dopo aver parlato dei percorsi e materiali didattici realizzati, che restano a disposizione di qualsiasi gruppo locale che voglia riprodurli ed utilizzarli, Testa ha illustrato la collaborazione avviata con il Comune di Folignano (AP), dove Fare Verde ha già realizzato un percorso di educazione ambientale e la partecipazione alla fiera del libro per ragazzi organizzata annualmente dal Comune e che sarà quest’anno incentrata sulla riduzione dei consumi e degli sprechi. In stato di realizzazione un più ampio programma di iniziative che prevede: la formazione di un gruppo di ecovolontari che saranno impegnati nella realizzazione di un programma di compostaggio domestico, la realizzazione di un micro-impianto comunale di compostaggio degli scarti verdi prodotti dalla manutenzione del verde pubblico, la concessione di incentivi alle famiglie che utilizzeranno pannolini lavabili. Gli ecovolontari del Comune di Folignano parteciperanno la prossima estate, a spese dell’Amministrazione, al campo estivo di tutela ambientale di Fare Verde in Abruzzo. Sono al vaglio dell’amministrazione comunale di Folignano ulteriori iniziative, tra le quali anche una analisi energetica del patrimonio immobiliare comunale al fine di individuare ed eliminare gli sprechi energetici. ACQUA PUBBLICA Dal dibattito emerge l’esigenza di ribadire insieme al diritto all’acqua, il senso di responsabilità nell’utilizzo di una risorsa così importante e solo apparentemente presente in modo abbondante sul nostro pianeta. Alcuni soci come Giuseppe Ferrara, Simone Cretella e Marianna Gambino, esprimono la loro contrarietà a qualsiasi tipo di privatizzazione dei servizi idrici. Il socio Antonio Alfieri sottolinea l’importanza di mantenere pubblica la risorsa acqua, a prescindere dal servizio idrico di distribuzione, evitando che si possano dare in concessione a privati e per cifre irrisorie le fonti idriche. L’assemblea si orienta a maggioranza verso una posizione di preminenza dell’esigenza di un razionale utilizzo della risorsa acqua, di non totale contrarietà alla privatizzazione del servizio di distribuzione, di totale contrarietà alla previsione di una privatizzazione imposta per legge, di proposta di organi efficaci di controllo sulla qualità del servizio erogato e sull’equità delle tariffe praticate, di maggiore controllo sulle concessioni di sfruttamento delle fonti idriche da parte di privati. I soci Giancarlo Terzano, Marianna Gambino, Silvano Olmi e Gaetano Matrone contribuiranno per formalizzare in un documento le proposte di Fare Verde. NUCLEARE Ad oggi Fare Verde è attiva in diversi comitati locali e, a livello nazionale, ad un tavolo di lavoro con le maggiori
associazioni ambientaliste italiane per coordinare le attività volte a contrastare il ritorno in Italia dell’energia nucleare. Fare Verde partecipa ad una serie di riunioni con i responsabili delle maggiori realtà ambientaliste (Accademia Kronos, Associazione Ambiente e Lavoro, Associazione Mediterranea per la Natura, Forum Ambientalista, Greenpeace, Italia Nostra, Jane Goodal Italia, Lav, Legambiente, Lipu, Mountain Wilderness, Pro Natura, Vas, Wwf), finalizzate a costituire un Comitato Nazionale Antinucleare e valutare la fattibilità di un referendum abrogativo delle norme che prevedono la reintroduzione del nucleare in Italia. Mentre continua il lavoro per valutare l’ipotesi referendaria, è stato comunque deciso di promuovere un Comitato Nazionale Antinucleare, promosso direttamente dalle associazioni ambientaliste e volto a creare una base di consenso la più ampia e trasversale possibile. L’operazione ha l’obiettivo di rendere il mondo ambientalista parte attiva della battaglia contro la reintroduzione del nucleare in Italia, prevenendo l’azione di partiti politici che possano fare un uso strumentale di un argomento che appartiene storicamente ad associazioni che, come Fare Verde, sono nate e si sono sviluppate proprio intorno alla battaglia contro il nucleare. Il Comitato Nazionale non si pronuncerà solo in chiave esclusivamente antinucleare, ma anche in chiave propositiva per un modello energetico sostenibile basato su efficienza e fonti rinnovabili. Poiché il ritorno al nucleare rappresenta un impegno importante e gravoso sia in termini economici, che sociali, ambientali e temporali, si chiederà l’adesione al Comitato Nazionale, come scelta di coscienza anche nei confronti delle generazioni future, ad esponenti di tutte le forze politiche italiane. LA NOSTRA RIVISTA XFARE+VERDE Giancarlo Terzano ha illustrato le problematiche relative alla pubblicazione della rivista associativa xFare+Verde. Terzano spiega come i ritardi accumulati negli ultimi due anni siano sostanzialmente legati a 3 fattori: carenza di fondi, parte grafica, ristretta cerchia di collaborazioni. Sul piano dei fondi, il giornale dipende dalle disponibilità di cassa dell’associazione in quanto costituisce essenzialmente una spesa e non un introito, sia per il gran numero di copie che vengono distribuite gratuitamente, sia per i minimi costi di abbonamento e quota tesseramento. Per tagliare sui costi, si è dovuto rinunciare alla collaborazione di un grafico professionista, esterno all’associazione, ed è stato necessario trovare un nuovo esperto di grafico, vicino all’associazione. Difficoltà sono state riscontrate anche con la redazione, in quanto fondata su una ristretta cerchia di volontari. Per risolvere tali problemi è stato innanzitutto deciso il passaggio del giornale ad una periodicità trimestrale-stagionale anziché bimestrale. Al momento è in corso l’iter presso il Tribunale di Roma per l’autorizzazione alla nuova periodicità. Il taglio di un numero comporterà una riduzione di costi,
NUOVO SITO INTERNET Massimo De Maio ha illustrato il progetto relativo al nuovo sito internet dell’associazione, che si rende necessario a causa di malfunzionamenti dell’attuale sito dovuti alla obsolescenza tecnica del software utilizzato. Il nuovo sito sarà più semplice, fruibile e avrà molti altri contenuti e tematiche affrontate anche da i singoli gruppi locali. ALCUNE TESTIMONIANZE DAI GRUPPI LOCALI Oria (BR) Compostaggio e campi estivi Francesco Greco, del gruppo di Oria (BR), ha illustrato le attività realizzate, con particolare riferimento alla campagna per il compostaggio realizzata nel suo Comune, con ottimi risultati. Greco ricorda anche l’esperienza dei campi estivi antincendio in Puglia, iniziativa che sarà ripetuta anche quest’anno. Pomezia (RM) Necessità di coordinamento e aiuto regionale Salvatore Pignalosa ha comunicato all’assemblea la situazione del gruppo locale di Pomezia (RM) di cui fa parte. Pignalosa illustra le grandi difficoltà che il gruppo locale ha incontrato e incontra nel contrastare gli interessi dei poteri locali che amministrano il territorio senza alcuna attenzione per l’ambiente, a prescindere dagli schieramenti politici e di partito. L’intervento di Pignalosa descrive in modo esemplare le condizioni in cui si trovano ad operare gran parte dei gruppi locali di Fare Verde e avvalora la necessità di operare in modo coordinato all’interno di una organizzazione che abbia ambiti territoriali più ampi del proprio Comune di appartenenza. Alla luce di queste considerazioni, Pignalosa comunica la disponibilità sua personale e del gruppo di Pomezia di contribuire alle attività regionali nel Lazio in modo da affrontare le problematiche locali su più livelli istituzionali. Tarquinia (VT) Il registro tumori di Tarquinia Silvano Olmi, responsabile del gruppo di Tarquinia (VT) ha proposto un minuto di raccoglimento in memoria di Sergio Capitani, suo concittadino morto sul lavoro nella centrale termoelettrica di Civitavecchia il 3 aprile 2010. Dopo il dovuto raccoglimento, Olmi ha illustrato la proposta di istituire un registro dei tumori nel territorio di Tarquinia. L’iniziativa si rende necessaria al fine di monitorare i danni ambientali sulla salute derivanti dagli impianti presenti sul territorio, tra i quali svetta per importanza ed impatto la centrale termoelettrica di Civitavecchia convertita a carbone. Olmi ha comunicato l’intenzione di terzi di insediare nello stesso territorio un cementificio e ricorda che Montalto di Castro è tuttora uno dei possibili siti per la realizzazione di una centrale nucleare. PRESENTAZIONE NUOVA ASSOCIAZIONE MINERVA PELTI I lavori si sono chiusi con l’intervento di Francesco Pristerà, del gruppo locale di Pomezia, che ha presentato la nuova associazione Minerva PELTI, che si occuperà di prevenzione e lotta ai tumori infantili con particolare riferimento alla ricerca delle cause ambientali che determinano tali patologie.
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assemblea 2010
a parità di articoli pubblicati (il nuovo trimestrale dovrebbe infatti avere 20 pagine anziché le attuali 16). Per la redazione, è stato rinnovato l’invito a tutti a collaborare, sia con articoli legati alle attività locali sia, soprattutto, approfondendo i vari argomenti che interessano l’attività dell’associazione. E’ stato rinnovato anche l’invito ad una maggiore diffusione del giornale, presso scuole, biblioteche ed enti. Tramite il nuovo sito che uscirà a breve, sarà inoltre possibile scaricare l’intero giornale.
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In un pianeta finito, pensare che produzione e consumo di merci e di energia possano crescere all’infinito è pura utopia. Pensare che il benessere di un popolo dipenda da quante merci riesce a consumare ha portato, oltre che alla distruzione di preziosi ecosistemi, alla mercificazione di ogni aspetto della nostra vita. Fare Verde propone una diversa concezione del benessere e della qualità della vita, basata sulla riduzione dei consumi, sulla semplificazione degli stili di vita e sull’incremento dell’autoproduzione, anche energetica, dell’economia del dono e delle relazioni umane.
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