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FOOD/APERITIVI “Famolo Premium”

FOOD/APERITIVI

“FAMOLO PREMIUM”

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IL CONSUMATORE È IN CERCA DI EMOZIONI E DI PROPOSTE GASTRONOMICHE INASPETTATE. UN’OPPORTUNITÀ PER I DISTRIBUTORI HORECA, CHE POSSONO AFFIANCARE AL BEVERAGE PRODOTTI ALIMENTARI DI QUALITÀ, NON DEPERIBILI E DI FACILE GESTIONE

DI ANNA MUZIO

Pane e companatico, cocktail e stuzzichino: l’offerta gastronomica, piccola o grande, ormai da decenni è parte integrante dell’aperitivo all’italiana e ha senza dubbio contribuito al suo successo. Il cliente se l’aspetta, la richiede, la pretende.

Ma negli ultimi due anni tante cose sono cambiate: a partire dal rito, molto milanese e poi diffuso in ogni dove, del buffet. Vietato per ragioni sanitarie durante la pandemia, non

sembra essere tornato, in particolare nelle dimensioni abbondanti e talvolta un po’ inquietanti di prima. Dunque, sorge spontanea la domanda: quali sono, oggi e per il futuro, le tendenze del cibo da accompagnare al cocktail, specie nella fascia serale? “ll buffet non tornerà sostanzialmente per ragioni economiche: costa troppo all’esercente” esordisce, tranchant, Marco Ranocchia, fondatore di Planet One, società attiva dal 1991 nella formazione in campo Horeca. E allora? La soluzione è alzare l’a-

sticella, proporre referenze più di

qualità, distintive, particolari.

MENO OCCASIONI FUORI CASA, PIÙ QUALITÀ

“I consumatori usciranno meno ma non rinunceranno al fuori casa – continua Ranocchia –, dunque si assisterà sempre più alle cosiddette uscite

emozionali: se resto più spesso a casa, quando vado in un locale sono disposto a spendere qualche euro in più. Quindi, il bar dovrebbe essere messo dal fornitore nelle condizioni di allestire una proposta premium. In pratica, arricchire e operare una diversificazione dell’offerta, costruendola sulla base di una scala di valore, perché c’è il premium, il top premium e l’exclusive. E dunque aumentare anche il prezzo: il cliente è disposto a pagare, se prova l’emozione di trovare qualcosa di diverso e forse inaspettato”. Uno scontrino leggermente più alto, sottolinea Ranocchia, è utile a tutta la filiera perché va in una direzione commerciale in cui tutti vincono: “Vince il cliente finale, che quando consuma un aperitivo al bar ottiene qualcosa che lo emoziona; vince il titolare, che trova un guadagno in più; vince il distributore, che fa girare di più le bottiglie premium. E, infine, vincono i produttori che puntano sulla qualità”.

L’ALTA GAMMA AL BAR

A Milano, riconosciuta anticipatrice di nuovi approcci, la tendenza è già arrivata. L’idea di scommettere sul pre-

mium è stata sposata fin dall’apertura, a inizi 2022, da Norah was Drunk, cocktail bar che, oltre a un’originale selezione di assenzio, ha un’offerta di

“sfizi d’alta gamma”: “Non abbiamo cucina – spiegano i proprietari Niccolò Caramiello e Stefano Rollo – ma proponiamo conserve di pesce in scatola e tante piccole chicche, come una mortadella artigianale dall’Umbria o una picanha frollata otto mesi, il tutto servito con il pane buono de Le Polveri, il noto micropanificio milanese di Aurora Zancanaro. Poi tante, tante ostriche”. Non è necessario fare grandi cose: da

Tripstillery, bar del gruppo Farmily, si viene accolti con una semplice fetta di pane da intingere nell’olio

Evo, di quello buono (altra referenza da valorizzare). Per poi passare alle alici, alla ventresca di tonno o ai taralli con le olive.

IL RUOLO DEL DISTRIBUTORE

Si aprono insomma interessanti oppor-

tunità per il distributore Horeca che voglia ampliare la propria offerta

oltre il beverage (che, come abbiamo visto, dalla premiumizzazione del settore gastronomico ha solo da guadagnare) e le referenze classiche, quali olive e patatine. Che non bastano più. La crisi del buffet apre infatti nuove scenari per i locali che non dispongono di una cucina interna, ma possono utilizzare i giacimenti gastronomici d’eccellenza di cui l’Italia è ricchissima. Da conoscere e proporre insieme agli spirits, meglio se valorizzando le tipicità locali: dal pesce in scatola alle conserve, dai sottaceti alle salse, dagli olii agli aceti, a tutto ciò che contribuisce a creare piatti semplici, ma distintivi.

Tutte referenze non deperibili e di facile gestione da parte del distributore, che non dovrebbe dimenticare di supportare l’esercente cercando

di fare anche un po’ di formazione: raccontare origini, storia e particolarità di quella specifica produzione. Perché la narrazione oggi è il settimo gusto, ed è forse quello che più fa la differenza.

IN ITALIA C’È L’IMBARAZZO DELLA SCELTA

L’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di prodotti agro-

alimentari a denominazione di origine e a indicazione geografica protetta riconosciuti dall’Unione europea: 319 tra prodotti Dop,

Igp e Stg (la meno nota Specialità tradizionale garantita; per informazioni si veda: www.politicheagricole.it). A questi si aggiungono 367 presidi Slow Food (www.fondazioneslowfood.com).

Gli osservatori di mercato concordano nell’attribuire a genuinità, autenticità e sostenibilità una forte influenza nelle scelte del

consumatore, in particolare se appartiene alle nuove generazioni. Come a dire, che il cibo del futuro sarà sempre più biologico, a chilometro zero, sostenibile e tracciabile. E, perché no, anche italiano.

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