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5.3 La relazione educativa

[ 112 ] Parte 1 – Fondamenti e contenuti della proposta

5.3 LA RELAZIONE EDUCATIVA

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UNO SPAZIO DI COINVOLGIMENTO REALE

Nella comunità R/S l’esperienza è vissuta insieme e il rapporto capo-ragazzo è diretto.

R/S art.39

Si crea un contesto in cui le differenze generazionali possono essere lette in modo nuovo e dove si aprono spazi sorprendenti di conoscenza, dialogo, comprensione; dove una relazione appassionante, dinamica e coinvolgente aiuta a comprendere che la lealtà, la fedeltà agli impegni presi e la decisione nel perseguirli non sono affatto inconciliabili con l’affetto, la confidenza, la gioia di vivere. Il capo viene visto come colui che, in virtù di un trascorso umano carico di senso e ispirato da un patrimonio valoriale ben leggibile, può essere un punto di riferimento perché sa rendere ragione delle proprie scelte. È credibile se le osservazioni che porta sono frutto di un pensiero fondato sull’esperienza reale e se testimonia che i valori proposti e concretamente vissuti all’interno della Branca possono effettivamente dare felicità. È una persona matura, che vive la propria identità e la sa mettere in relazione con l’altro: dunque non si offende, non si adira, mantiene un atteggiamento di ragionevolezza e lucidità, accetta il confronto a partire dalla consapevolezza di sé e del proprio ruolo. Mentre si vivono esperienze insieme, il capo ha in mente l’obiettivo specifico della maturazione dell’identità del ragazzo, a partire da quelli che egli legge come suoi bisogni educativi: suo compito è supportare i rover e le scolte nel riconoscere e sviluppare le proprie potenzialità. Il capo sa far sentire accettato e amato ogni ragazzo come unico e irripetibile, evitando tentazioni psicologizzanti ma stimolandolo ad avvicinare e affrontare i propri limiti, con leggerezza e profondità insieme.

art.35

Capitolo 5 – La figura del capo in Branca R/S [ 113 ]

La fiducia diviene la chiave di volta di questo impianto relazionale. Fiducia come investimento immediato del capo di cui i ragazzi

devono farsi carico, meritandola e offrendola a loro volta. Ma anche fiducia nel futuro, speranza, sguardo profetico: il capo sa guardare al ragazzo per come è e, insieme, per come potrà essere.

COMPETENZA METODOLOGICA, CREATIVITÀ, CONCRETEZZA

È il piano della relazione educativa a dare organicità e profondità al valore educativo di tutte le esperienze vissute dalla comunità R/S. Servono, quindi, capi competenti nella conoscenza del metodo ma anche intelligenti e capaci di adattare ai ragazzi gli strumenti della Branca, comprendendone le connotazioni pedagogiche.

L’esperienza concreta è insostituibile: uscire dalla sede, fare strada, incontrare realtà e persone, compiere azioni significative ed efficaci. La relazione educativa si innesta su questo piano operativo e diviene significativa proprio perché si costruisce “facendo insieme”, fianco a fianco, senza che il capo si limiti a indicare la direzione. È necessario agire, sostenere i progetti e realizzarli insieme, verso cambiamenti personali o del contesto, mettendo in campo la forza e il coraggio necessari per esperienze educative nuove, originali e più alte. Allora nasce la fiducia che valga la pena impegnare la propria vita nel servizio, nell’impegno politico, sostenuti dalla gioia di seguire Gesù. È la “pedagogia dell’esperienza”, che fa maturare l’uomo e la donna della Partenza, capaci di progetto, lavoro tenace, verifica e sempre nuovo rilancio. È davvero un’esperienza straordinaria: poter conoscere i ragazzi facendo strada, condividendo il servizio, pregando e, quindi, progettando insieme la progressione personale.

L’esperienza concreta è insostituibile: uscire dalla sede, fare strada, incontrare realtà e persone, compiere azioni significative ed efficaci

art.34

[ 114 ] Parte 1 – Fondamenti e contenuti della proposta

LA COMUNITÀ EDUCANTE

Il capo non agisce in solitudine. Sa valorizzare l’intera comunità R/S come ambiente e strumento potente di maturazione e consolidamento delle potenzialità individuali. La dinamica delle relazioni in noviziato e in clan/fuoco è palestra esigente ed entusiasmante per sviluppare una mentalità aperta al senso del “noi”: chi ha sperimentato il valore del vivere comunitario sarà senz’altro più aperto alla possibilità di essere cittadino e cristiano accogliente, di andare incontro agli altri, di creare ponti e relazioni costruttive, di realizzare il bene comune. Nel rispetto e nella fiducia reciproca è possibile accettare il confronto anche quando diventa conflittuale, quando l’emergere di punti di vista differenti è occasione per imparare a costruire un terreno d’incontro, uno spazio terzo che accolga la varietà di pensiero come ricchezza di cui farsi carico nella chiarezza di un obiettivo comune. All’interno di queste dinamiche il capo sa intervenire senza essere invadente e giudicante ma incoraggiando e sostenendo il dialogo perché il suo esito sia costruttivo per i singoli e per la comunità.

3.2 “Comunità come luogo di scoperta e maturazione della vocazione personale”

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