n° 30 marzo - maggio 2012
amminiamo insieme C Periodico della ComunitĂ dei Santi Pietro e Paolo in Castrezzato
Sommario
Camminiamo insieme
Periodico della Comunità parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo in Castrezzato N. 30 marzo - maggio 2012
Hanno collaborato a questo numero: mons. Mario Stoppani, don Claudio Chiecca, mons. Vittorio Formenti, Silvana Brianza, Federica Mombelli, Missionari della Comunità di Villaregia di Lonato, Beppe Marinelli, Angelo Treccani Contributi di: A. Onger, Luca Beato (Fatebenefratelli), mons. Renato Tononi, Elvira Serra, COSP di Castrezzato, † Liliana Poncipè, Raffaella Zanetti, Comunità Monastica Benedettina dell’Isola S. Giulio Fotografie: Erika Zani Segreteria: Agostina Cavalli Impaginazione: Giuseppe Sisinni
In copertina Ad introdurci quest’anno alle Feste Pasquali è lo stupendo affresco della Pietà, appena restaurato. Si trova nella cappelletta di passaggio per salire all’organo, a pian terreno, sul lato sinistro del presbiterio. Quest’opera è dipinta sul muro quattro/ cinquecentesco della precedente chiesa di S. Maria degli Angeli, che aveva la facciata nella direzione dell’attuale Contrada dei Morti (Via IV° Novembre), e l’abside posizionata sul sito dell’attuale Sacrestia. L’affresco raffigura una maestosa Madonna con sulle ginocchia il Cristo morto. È seduta su di un sepolcro ocra, con una veste rosso scuro e un manto blu all’esterno e verdastro all’interno. I movimenti del corpo determinano le pieghe che creano continue variazioni cromatiche lasciando intravedere ora la parte verde ora quella blu. Il mantello copre il capo di Maria e lascia scorgere il viso segnato di una persona matura: c’è pathos sulle labbra rosse come la veste, e negli occhi che guardano il Figlio deposto sulle sue ginocchia. Le braccia e le mani aperte, levate verso l’alto, manifestano tutto il suo dolore. Attorno alla testa c’è un’aureola chiara, dipinta a colore pieno; sopra, posto in modo orizzontale, come il corpo del Figlio, c’è un cartiglio bianco su fondo blu, che contrasta con la linee forza verticale e oblique del corpo di Maria. Gesù deposto dalla croce, presenta un corpo bianco ed esamine con chiaro – scuro che mette in evidenza l’anatomia, secondo la maniera trecentesca del maestro Cimabue. I fianchi sono cinti da un velo, rilevato solo dalla presenza di pieghe, che favorisce la vista delle forme del corpo. Dalle ferite dei piedi, delle mani e del costato sgorga sangue di color vermiglio. La testa posta in orizzontale e allineata al tronco, mostra il volto con gli occhi chiusi, incorniciato dai capelli lunghi e ondulati sparsi sulle spalle e dalla barba arricciata a due piccole punte. La bocca rossa e ben evidente così come le gocce di sangue sulla fronte incorniciata di spine. Anche la sua aureola è piena. Siamo veramente felici di poter restituire allo sguardo dei fedeli e dei cultori della storia della nostra Comunità quest’opera stupenda nella sua vigorosa espressività. In questo affresco troviamo la traccia più antica della fede cristiana nel nostro territorio. L’opera verrà inaugurata e benedetta in questo Venerdì Santo. (d.M.)
2
n. 30 marzo - maggio 2012
Camminiamo insieme
Sommario 3 5 8 10 12 18 20 23 25 30 32 36
Lettera del Parroco Pasqua è servire il prossimo
Formazione liturgica Fare Pasqua con il Signore
Formazione liturgica Gesù risuscita e dà vita
Con la Chiesa La porta della fede
Società Anno della fede e religione all’italiana
Vita cristiana La prova della malattia
Vita cristiana Quando un figlio sceglie la clausura
Spazio oratorio Vita dell’oratorio
Spazio oratorio In cammino per la cultura della pace
Spazio missioni Settimana di animazione della Comunità di Villaregia
Vita in Parrocchia Verbale della riunione del Consiglio Pastorale Zonale
Poesia dello Spirito La Pasqua nella poesia
Lettera del Parroco
Prese un asciugamano e se lo cinse intorno alla vita e si mise a lavare i piedi dei discepoli” (Gv 13, 4-5)
Pasqua è servire il prossimo
C
arissimi, ecco ancora innanzi a noi la Pasqua, pietra miliare della vita di Cristo e nostra. Se la nascita di Gesù a Betlemme ci fa sperimentare istintivamente la benignità e l’umanità del Salvatore, la sua Pasqua di morte e di risurrezione ci coinvolge più in profondità perchè ci dona il cuore stesso della salvezza, ossia la vittoria sul peccato e sulla morte, fatti che riguardano anche noi. Tutti prima o poi ci poniamo una domanda seria: “C’è una strada che trasformi la nostra esistenza da un cammino che va verso la morte ad un cammino che va verso la pienezza della vita?” L’esperienza della fragilità umana si manifesta in tanti modi e in tutte le età, ed è essa stessa una scuola da cui imparare, in quanto mette a nudo i limiti di ciascuno. La contemplazione della croce di Gesù apre il confronto con le domande suscitate dalla sofferenza e dal dolore; domande che nascono spontaneamente in noi quando passiamo momenti difficili e angosciosi. Il vangelo parlando dell’“esodo” di Gesù da questo mondo dice testualmente “Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre e che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava…”. Una strada quindi c’è. La Pasqua è effettivamente questa strada. Come si congeda Gesù da questo mondo? I primi tre vangeli (Mt/Mc/Lc, chiamati i sinottici) dicono: istituendo l’Eucaristia; Giovanni invece dice: Lavando i piedi ai discepoli. Il significato
è il medesimo: Gesù si congeda da questo mondo lasciando un unico comando: amare, servire, donarsi a, morire per… ; impostare la vita nella logica del sincero servizio. Gesù aveva davanti a sé altre possibilità. Per esempio smascherare Giuda davanti a tutti: tradire un amico (e quale Amico!) era un atto abietto; oppure sottrarsi alla morte. Avrebbe potuto farlo, se è vero che il Padre gli aveva messo tutto nelle mani e quindi gli aveva dato anche il potere di sfuggire alla morte. Invece Gesù esercita la sua onnipotenza chinandosi a lavare i piedi dei discepoli, cioè facendo il gesto del servizio proprio dei servi. Nel contesto si comprende che questa è una forma d’amore, il modo di Gesù di esprimere l’amore verso gli amici, verso i discepoli. Questa è la via vera del suo
ritorno al Padre. Gesù non compie azioni magiche per arrivare a Dio, non esercita un potere sugli altri, non usa l’astuzia, la furbizia, ma esprime e porta a pienezza semplicemente l’amore, perché lavare i piedi significa essenzialmente questo. Fare Pasqua vuol dire allora impostare la vita davvero come un servizio. Dobbiamo essere obiettivi: nella cultura dominante di oggi il desiderio di servire non c’è. Vogliamo tutti trovare “la pappa pronta”…Tocca sempre agli altri! Nella cultura odierna, per certi aspetti, sono proposti in modo sfacciato come valori supremi il prestigio, la ricchezza e le comodità, mentre il servizio (spesso nascosto e poco gratificato), istintivamente, non appare come un valore. Si pensi per esempio alle tante difficoltà che passa il vo-
Camminiamo insieme
n. 30 marzo - maggio 2011
3
Lettera del Parroco lontariato oppure chi deve gestire compiti di responsabilità. É possibile questa conversione? Lavare i piedi agli altri non costa molto, anzi, è facilissimo. Ma passare dalla teoria alla pratica non è così semplice. Il giovedì santo, quando nella liturgia è previsto il gesto della lavanda dei piedi, il gesto, come tale, non costa molto. Servire realmente, invece, è molto più difficile, perché nel servizio non possiamo scegliere chi, come o quando vogliamo servire. Il servizio è serio quando risponde alle necessità delle persone; la persona concreta e il suo bisogno sono un appello al mio servizio. Non importa se la persona è simpatica o antipatica, se alla fine sarò gratificato da quello che ho fatto o non ci sarà nessuna gratificazione, perché il servizio dipende dal bisogno dell’altro ed è a questo che è difficile rispondere. Molto difficile. Più che lavare i piedi a qualcuno. Ma c’è anche qualcosa di ancora più difficile, di cui il servizio è semplicemente una preparazione: il dare la vita, che può apparire non solo difficile , ma addirittura impossibile – ogni essere vivente, infatti, porta dentro di sé un istinto di sopravvivenza che lo spinge a difendere se stesso (l’istinto di autodifesa), la propria vita. É istintivo, e per fortuna! Se venisse meno quest’istinto, sarebbe un disastro! Come si fa, allora, a donare la propria vita, a metterla in gioco? In realtà impossibile non è, perché c’è una forza d’amore che viene da Dio – non dal mondo, né dall’evoluzione della specie, né dalle abitudini culturali – ed è capace di assumere anche il bisogno di autodifesa e di farlo amore, gratuità e generosità e, nel cammino della vita dell’uomo, questo traguardo è diffuso in tanti comportamenti. Quando m’innamoro e inizio un legame d’affetto con una persona dico: “Ho bisogno di te, non posso
4
n. 30 marzo - maggio 2012
stare solo! Ho bisogno della tua presenza, perché questa arricchisce, dà sicurezza e gratificazione alla vita“. Poi, poco alla volta, questo bisogno s’accresce di qualcosa di più grande: “É bello stare con te! Sei una meraviglia! É una gioia ascoltarti, parlare, dialogare con te“. A questo punto non c’è più semplicemente il mio bisogno, ma riconosco che l’altra persona ha una ricchezza e un valore che io ammiro. Può anche darsi che alla fine s’arrivi a dire: “É bello che tu esista! Ed è così bello, che sono disposto a sacrificare qualcosa di me, perché tu esista, perché quel valore concreto che sei tu con la tua vita, possa esprimersi e manifestarsi“. É un cammino di maturazione: da un atteggiamento d’amore giocato sull’egocentrismo (ho bisogno di te), ad un atteggiamento che – mantenendo “ho bisogno di te”, che c’è e rimane in un rapporto d’amore – diventa anche la ricerca e la difesa della vita e del bene dell’altro (è bello che tu esista). Il cammino dell’affetto umano deve percorrere tutta questa strada e non può fermarsi solo al primo gradino. Il primo gradino è prezioso, deve sempre esserci – e rimanere anche -, ma l’uomo non si può fermare lì, può e deve crescere fino alla capacità del dono, fino a cercare di realizzare la regola, semplicissima, che Gesù dà nel Vangelo: fa agli altri quello che vuoi sia fatto a te. É una regola semplicissima e dinamica, che non si realizza però mai del tutto, che chiede sempre qualcosa di nuovo, di creativo, d’originale. Nessuno può dire: “ Ho fatto tutto il bene che potevo fare“; può dire al massimo: “Non ho fatto del male, ho cercato di non fare del male”, perché in ogni situazione c’è sempre qualcosa di nuovo da pensare, immaginare e suscitare dall’interno del nostro cuore. Il cammino è progressivo, sereno,
Camminiamo insieme
ma creativo e sempre rinnovato. In tutto questo c’è bisogno di un giudizio saggio, perché fa agli altri quello che vuoi sia fatto a te, non vuol dire accontentare i capricci degli altri! Non sarebbe cercare la vita dell’altro – anzi, in fondo, sarebbe un disprezzarla –. Se voglio bene a qualcuno, voglio che viva una vita umanamente ricca e i capricci non rendono le persone più umane, al contrario, le feriscono nella capacità d’amare e di essere saggi. Per riuscire ad amare correttamente, bisogna imparare a distinguere tra le necessità vere e i capricci, che non è semplicissimo. Sono necessari intelligenza e cuore pulito: ci vuole intelligenza per capire, in ogni situazione concreta, il meglio e serve un cuore che non sia egoista, perché se il cuore è egoista, vede sempre le cose secondo il proprio vantaggio e non secondo quello che è più utile all’altro. Il cammino del servizio, allora, richiede anche un cammino di oggettività – nella ricerca di che cosa sia davvero il bene della persona – di generosità, ma anche di lucidità. Se impareremo a servire in questo modo avremo davvero fatto Pasqua. Non importa in quali campi o settori, vistosi o nascosti. Si serve facendo bene e con amore il papà e la mamma, il nonno o il maestro o l’operaio o il catechista o l’infermiere o il pubblico amministratore o il volontario o il prete: servire quindi, non servirsi degli altri. Questo è l’esempio di Gesù. Se faremo questo salto di qualità, avremo davvero fatto Pasqua. Questa è la Pasqua che vi augura di cuore il vostro Parroco. Il gesto di Gesù che lava i piedi agli apostoli sia sempre fisso in noi come il modello del vero servizio. Buona Pasqua. Il vostro Parroco Don Mario
Formazione liturgica
Fare Pasqua con il Signore
L
a Settimana Santa è il cuore dell’anno liturgico, poiché dal mistero pasquale, in essa solennemente celebrato, scaturisce il fiume della grazia, il dono della salvezza. Ogni cristiano che nelle settimane di Quaresima si è impegnato nella lotta contro il male e che, nello sforzo della propria purificazione, ha tenuto lo sguardo contemporaneamente rivolto a Dio e a se stesso, ora è invitato dalla Liturgia a non avere occhi che per il Cristo. È unicamente la sua Persona — le sue parole, i suoi gesti, i suoi silenzi — a colmare tutto questo sacro tempo e attirare tutta la nostra at-
tenzione, fino a immedesimarci in Lui, per condividerne la Passione in uno slancio di autentica empatia, di profonda ”com-passione”. Quale modello sublime di questa “com-passione” ci sta davanti la Vergine Madre. Nella Liturgia sentiamo il suo gemito nello stesso gemito del Figlio, ma ancor più la forza del suo silenzio adorante che abbraccia fino in fondo, con amore, la divina volontà. Ella è tutta un sì al Padre, un consenso che dilata la sua maternità di grazia in una dimensione incommensurabile. Come lei e con lei, ogni cristiano è chiamato a seguire Gesù sulla via della Croce animato da una forte e
generosa volontà di offerta al Padre, in solidarietà con tutti i fratelli per i quali il sangue di Cristo è stato sparso. Questo avviene non solo in virtù di un atto di fede e di amore che ci unisce al Cristo immergendoci nella grazia del suo mistero liturgicamente rinnovato, ma anche facendo rientrare nella sfera della sua Passione ogni dolore di oggi, sia il nostro personale, sia quello della società in cui viviamo e dell’intera comunità umana. Se consapevolmente viviamo come offerta la nostra “ora” e l’”ora” del mondo attuale, anche noi, come affermava san Paolo, portiamo
Camminiamo insieme
n. 30 marzo - maggio 2011
5
Formazione liturgica
«compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella [nostra] carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24). E questo facciamo nella certezza di fede che dalla sofferenza e dalla stessa morte scaturirà una gioia purissima e imperitura, per noi e per tanti nostri fratelli. Dal canto dell’Osanna ai giubilo dell’Alleluia La liturgia della Domenica delle Palme presenta aspetti sorprendenti. Infatti, Gesù, che si era messo decisamente in cammino con i suoi discepoli verso Gerusalemme (cf. Lc 9,51), giunge ora alla meta ed entra nella Città Santa per esservi immolato quale Agnello innocente e per instaurare dalla Croce il suo regno universale. Quasi per divina ispirazione, la gente del popolo gli va incontro festante acclamando: «Osanna al Figlio di Davide. Benedetto colui che viene nel nome del Signore!». Questa proclamazione risuona, convinta e festosa, nel rito di commemorazione dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme che precede la Santa Messa. Mentre nell’aria ancora risuona l’eco degli «Osanna», la Liturgia della Parola ci invita al rac-
6
n. 30 marzo - maggio 2012
coglimento per presentarci la vera realtà del Re acclamato con tanto fervore: Egli è il Servo sofferente, che si è fatto obbediente «fino alla morte e alla morte di croce» (Fil 2, 8): ecco il suo trono! La solenne proclamazione del Vangelo — il racconto della Passione — ci fa percorrere tutte le tappe della via dolorosa, dal Getsemani al Calvario. Custodendo nel cuore le ultime parole di Cristo — parole dette per noi — e immergendoci nei suoi silenzi di “agnello mansueto” — anch’essi vissuti per noi — possiamo inoltrarci nel mistero di questa Settimana: mistero che, celebrato nel tempo, lo trasforma da kronos in kairos, da tempo cronologico, che passa, in tempo che si dilata nell’eternità, proprio perché contiene Cristo che è lo stesso ieri, oggi e nei secoli. La liturgia del lunedì santo ci fa uscire da Gerusalemme e ci conduce nella calma atmosfera di Betania, in casa degli amici Marta, Maria e Lazzaro, presso i quali Gesù, per l’ultima volta, va a cercare un po’ di ristoro fisico e morale. La squisita finezza di questi amici ha la sua espressione più alta e più pura nel gesto di Maria che, quasi presagendo la sorte cui il Maestro sta per andare incontro, versa una libbra di olio profumato di vero nardo sui piedi di Gesù e li asciuga con i suoi capelli (cf. Gv 12,2-3). Essa viene biasimata, ma quello che a Giuda sembra uno “spreco” da condannare, per lei è ancora poco. Il profumo versato vuole significare, infatti, il dono di sé come risposta d’amore all’amore del suo Signore che va a morire per lei e per tutti. Anche oggi Gesù cerca un luogo dove riposare... Ognuno di noi può essere la sua accogliente Betania. Con intensa drammaticità la liturgia del martedì santo ci fa presentire l’avvicinarsi dell’ora in cui, in assoluta solitudine, Gesù porterà a compimento il suo sacrificio
Camminiamo insieme
redentore. In questo giorno, infatti, ci pone davanti allo sconcertante fatto che gli apostoli, e lo stesso Pietro, vengono meno nella fedeltà. Il brano del Vangelo si chiude con parole cariche di un inquietante presagio che Gesù rivolge al primo degli apostoli: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte» (Gv 13,38). Darai la tua vita per me? È una domanda che ci interpella personalmente e fa sgorgare anche dai nostri occhi le molte lacrime di pentimento che Pietro versò dopo il suo triplice rinnegamento. Le tenebre si fanno ancora più oscure il mercoledì santo, giorno in cui, nella pagina evangelica, ascoltiamo l’annunzio del tradimento di Gesù. Il brano si apre mettendo in luce quanto Giuda va maturando in segreto: il suo non è un tradimento causato dalla paura — come il rinnegamento di Pietro — ma premeditato e tenuto nascosto fino “all’occasione propizia”. Gesù stesso, però, che conosce i cuori, svela la presenza di un traditore: «In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà» (Mt 26,21), uno dei “suoi”, con i quali ha condiviso e confidato tutto. Un dolore inesprimibile afferra tutti i commensali. Profondamente turbati, i discepoli ad uno ad uno incominciano a domandargli: Sono forse io, Signore? Chi di noi potrebbe evitare di porsi questa drammatica domanda? Con la Santa Messa vespertina del giovedì santo - Messa in Cena Domini - inizia il Sacro Triduo. Il colore liturgico bianco, che si sostituisce al viola, la presenza dei fiori e il canto del Gloria esprimono la letizia di un vero e proprio banchetto nuziale: con l’istituzione dell’Eucaristia, infatti, Cristo unisce per sempre se stesso alla Chiesa, sua sposa, con il vincolo di un amore indistruttibile. Siamo radunati per entrare in comunione
Formazione liturgica
di vita con il Signore e tra di noi, mangiando di quell’unico Pane e bevendo a quell’unico calice che il Cristo, nella notte in cui fu tradito, istituì quale nuova Alleanza tra Dio e gli uomini. Il rito della lavanda dei piedi — che avviene dopo la proclamazione del Vangelo (Gv 13,1-15) — è una mirabile e commovente lezione pratica di umiltà, che ci mostra al vivo che cosa significhi “fare pasqua” con Gesù. Egli domanda ai “suoi”: «Capite quello che ho fatto per voi?». E subito aggiunge: «Vi ho dato l’esempio». Capite...? E noi capiamo l’amore che Gesù ci spinge ad amare tutti come egli ci ha amato? «Dopo aver detto queste cose, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cedron dove c’era un giardino» (Gv 18,1): là vive la sua angosciosa agonia del Getsemani in una notte che sembra andare verso un giorno senza aurora, immerso nell’oscurità. La liturgia del Venerdì Santo ha un andamento grave; di ora in ora si fa più evidente e drammatico lo scontro tra la luce e le tenebre. Momento culminante di questa giornata è la Celebrazione della Passione con la proclamazione — in forma dialogica o con il solenne canto gregoriano — della Passione di Gesù secondo l’evangelista Giovanni. La comunità cristiana si riunisce idealmente sul Calvario per far proprio, attualizzandolo, il sacrificio della Croce, quel primo e unico sacrificio redentore che si rinnova ogni giorno, in tutto il mondo, nella celebrazione eucaristica. Nella chiesa il venerdì santo regna un clima di intensa gravità. Tutto è silenzio: silenzio del cuore, pieno di attenzione e di dolore davanti alla realtà della morte di Cristo sulla croce, morte di cui siamo tutti responsabili a motivo dei nostri peccati. Le campane sono mute, gli altari spogli, salvo
il momento conclusivo della celebrazione in cui si fa la comunione eucaristica con le ostie consacrate nella Messa vespertina del Giovedì Santo. È un silenzio che si protrae e ricolma tutto il sabato santo, definito “giorno del sacro silenzio”. Qualcosa di enorme e tremendo è accaduto: la morte violenta del Giusto. Sbigottita, la terra tace davanti all’impenetrabile mistero. Ma è anche un silenzio di attesa vigilante, nella fede e nella speranza. Tutta l’attenzione è infatti rivolta a Colui che aveva predetto la sua risurrezione. Il passaggio dal sabato santo alla domenica di risurrezione non avviene attraverso una notte, ma attraverso una prolungata e anticipata aurora, attraverso la Veglia, madre di tutte le veglie. Riunita nell’oscurità fuori della chiesa, l’assemblea cristiana, in misteriosa comunione con il cosmo intero, si pone quasi simbolicamente sulle soglie della storia della salvezza, partendo da lontano, dalla notte del caos primordiale, dall’oscura lontananza della morte per cam-
minare verso la luce della Vita, che è il Cristo risorto. E non è un vuoto simbolismo. Sull’umanità di oggi incombe ancora la notte angosciosa dell’assenza di Dio, la notte del male, la notte della solitudine che è chiusura alla comunione. Tutto grida un’esigenza di luce. È quanto esprime la liturgia della luce, che apre la Veglia. Mentre il cero viene solennemente collocato nel presbiterio, prorompe il canto dell’Exsultet che celebra lo splendore del Cristo risorto, liberatore del genere umano dalle tenebre del peccato e della morte. Immersa nella luce nuova, l’assemblea ascolta le grandi tappe della storia di salvezza, facendo così memoria delle “meraviglie” che Dio ha operato in favore del suo popolo e di tutta l’umanità, fino al punto culminante: «Cristo risuscitato dai morti non muore più... Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù». Dal cuore dei fedeli erompe ormai, come un fiume di gioia, l’«Alleluia pasquale».
Camminiamo insieme
n. 30 marzo - maggio 2011
7
Formazione liturgica
La risurrezione di Gesù fondamento della fede nella risurrezione di tutti gli uomini
Gesù risuscita e dà vita
L
a risurrezione di Gesù è prima di tutto un fatto storico nel senso che si è veramente verificato, anche se non è stato un fatto verificabile come gli altri avvenimenti della storia. Nessuno infatti è stato testimone oculare del fatto della risurrezione. Le testimonianze degli Apostoli riguardano Gesù Cristo risuscitato, fanno riferimento alle apparizioni di Gesù. D’altra parte Gesù dopo la risurrezione non ha più un corpo materiale come prima, ma un corpo spiritualizzato. Egli è entrato nella dimensione spirituale, trascendente, incommensurabile di Dio. La fede degli Apostoli e la prima predicazione si fondano sull’avvenimento sconvolgente della risurrezione di Gesù Cristo. La più antica testimonianza del Nuovo Testamento è quella di San Paolo, riportata nella prima Lettera ai Corinzi, scritta negli anni 56/57, ma formulata dalla Chiesa primitiva molti anni prima e ricevuta da Paolo stesso forse già al momento della sua conversione nel 36. Vi è riportato un elenco di apparizioni, senza narrarne alcuna. «Vi rendo noto, fratelli, il Vangelo che vi ho annunziato e che voi avete ricevuto, nel quale state saldi, e dal quale anche ricevete la salvezza, se lo mantenete in quella forma in cui ve l’ho annunziato. Altrimenti avreste creduto invano! Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è
8
n. 30 marzo - maggio 2012
risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli Apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me... Pertanto, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto» (ICor 15, I-II). Possiamo dunque concludere: Gesù non vive perché è annunciato — come vorrebbero far credere certi autori moderni, che riducono la risurrezione di Cristo a un mito fondante la nuova religione cristiana — ma è annunciato perché vive.
Camminiamo insieme
La risurrezione degli uomini La risurrezione di Gesù riguarda anzitutto la sua persona, il suo “Io” che entrando nella dimensione di Dio ne esce glorificato, spiritualizzato, completato. Ma da questo fatto riceve luce e significato tutta la sua vita terrena, la causa per cui è vissuto ed è morto. La sua risurrezione, perciò, è anche un fatto salvifico per noi, è un Vangelo, un lieto annuncio per l’umanità. È così infatti che si esprime San Pietro nel suo discorso agli abitanti di Gerusalemme il giorno di Pentecoste: «Uomini di Israele... Gesù di Nazaret... uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni... voi l’avete inchiodato sulla croce per mano di empi e l’avete ucciso. Questo Gesù Dio l’ha risuscitato dai morti e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che Egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire... Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso» (At 2, 22-23.32-34.36). La risurrezione di Gesù e la sua intronizzazione rappresentano il riconoscimento ufficiale da parte di Dio Padre che Gesù è il Cristo (= Messia), non solo, ma anche il Signore, cioè condivide con Dio Padre la vita divina e la gloria ed ha il potere di effondere lo Spirito Santo e di giudicare le genti nell’ultimo giorno. La risurrezione di Gesù come fatto
Formazione liturgica
salvifico per noi è il fondamento della nostra fede nella risurrezione di tutti gli uomini nell’ultimo giorno. Questa affermazione della connessione essenziale tra la risurrezione di Cristo e la risurrezione degli uomini appartiene al patrimonio della fede cristiana fin dalle origini. Il più vigoroso assertore ne è San Paolo. «Ora, se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede... E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini» (ICor 15, 12-19). Siccome Cristo vive avendo da Dio un significato così straordinario per tutti, vivranno tutti coloro che si affidano totalmente a Lui. A tutti coloro che hanno consonanza di destino con Gesù viene offerto di partecipare alla vittoria di Dio sulla morte: Gesù è così ‘la primizia dei morti’ (ICor 15, 20), ‘il primogenito di coloro che risuscitano dai morti’ (Col I, 18; Ap I, 5). Certo la nostra mente a questo punto è portata a pensare: “Troppo bello per essere vero”! Allora sarà utile fare un’altra considerazione: tutto ciò che esiste è stato tratto dal nulla dalla potenza, sapienza e bontà infinita di Dio. La nostra stessa vita è un dono gratuito di Dio! La fede nella risurrezione dei morti è una radicalizzazione della fede nel Dio creatore. Chi comincia il suo Credo con la fede in un Dio Creatore onnipotente, può tranquillamente concluderlo con la fede nella vita eterna. Il Creatore onnipotente che dal non essere chiama all’essere, è anche in grado di chiamare dalla morte
alla vita. Legame stretto tra morte e risurrezione La parola Pasqua significa passaggio. Pasqua di risurrezione è il passaggio di Cristo da questo mondo al Padre, dalla morte alla vita immortale. Morte e risurrezione sono strettamente legate tra di loro. La morte di Cristo non ha senso senza la risurrezione. La risurrezione dà senso alla morte ma non la elimina. L’antico inno cristiano, anteriore a San Paolo, ci dice che Cristo Gesù “umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato...” (Fil 2, 8-9). E nelle apparizioni agli Apostoli il Risorto porta i segni della crocifissione. Basta ricordare l’apparizione a Tommaso (vedi Gv 20, 27). Nella iconografia cristiana antica Cristo viene rappresentato vivo con gli occhi aperti, con la toga, le braccia aperte, le piaghe dei chiodi nelle mani e la croce che giganteggia dietro le spalle. Questo per indicare che la risurrezione non deve mai far dimenticare la morte. Per valutare esattamente la Pasqua occorrerà ricordare l’eroico impegno del Venerdì di passione. Solo allora l’idea della vita eterna non significherà per noi la tentazione di cercare un’impossibile consolazione di là dalla croce del presente, invece di cambiare qui e oggi la vita ‘prima’ della morte e le condizioni sociali in cui si svolge. Gesù è morto come moriamo noi, ha seguito la nostra sorte. Egli però non è morto semplicemente, ma è morto orientato alla risurrezione. Anche se era Dio, non morì con l’esperienza della risurrezione, ma con la fede nel Padre suo, con la speranza di una vita senza fine. Il perfetto imitatore di Gesù nella Chiesa primitiva è considerato il martire. E il prototipo è Santo Stefano il cui martirio viene narrato sulla falsa riga della passione e
morte di Gesù (At 7, 59-60). La tendenza odierna della gente è la rimozione della morte. Non bisogna pensarci, altrimenti si cade nella depressione, salvo poi a disperarsi quando colpisce all’improvviso qualche persona cara, o si fa annunciare da una malattia che non perdona. Il malato grave lo si rimuove dalla famiglia e lo si manda a morire in ospedale o nella casa di riposo. Anche noi, come i discepoli di Emmaus (Lc 24, 26- 27) facciamo fatica ad accettare il Messia sofferente, anche se poi risorto da morte. Vorremmo una redenzione eliminatrice della morte e di tutto quello che la prepara e l’accompagna. Invece dobbiamo sforzarci di capire la forza trasformante della fede viva nel Padre: la dinamica di sofferenza-morte per la vita nuova: «...Se il seme, caduto in terra, non muore, resta solo; se invece muore, porta molto frutto» (Cv 12, 24). D’altra parte non dobbiamo cadere nella tentazione del ‘dolorismo’. Non è la morte di Cristo da sola che ci redime. Quella resta il più grande delitto dell’umanità. È l’amore di Cristo che è sommamente gradito a Dio e ci redime. Tutta la vita di Cristo è redentiva e la morte non era per niente necessaria Però, anche la sofferenza e la morte diventano redentive, perché Gesù le ha affrontate mantenendo intatta la sua fiducia nel Padre fino all’ultimo e perdonando ai suoi crocifissori.
Camminiamo insieme
Luca Beato Fatebenefratelli
n. 30 marzo - maggio 2011
9
Con la Chiesa
Benedetto XVI ha indetto un “anno della fede”.
La porta della fede
L‘
11 ottobre scorso, memoria del beato Giovanni XXIII, il papa Benedetto XVI, con il motu proprio Porta fidei ha indetto uno speciale «Anno della fede». Esso inizierà I’11 ottobre 2012, 50° anniversario dell’inizio del concilio ecumenico Vaticano II, e si concluderà il 24 novembre 2013, solennità di nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo. Non è il primo «Anno della fede» ad essere celebrato in tempi recenti. Il papa Paolo VI ne indisse uno simile nel 1967, per fare memoria del martirio degli Apostoli Pietro e Paolo nel diciannovesimo centenario della loro testimonianza suprema. Lo pensò come un momento solenne perché in tutta
10
n. 30 marzo - maggio 2012
la Chiesa vi fosse «un’autentica e sincera professione della medesima fede»; egli, inoltre, volle che questa venisse confermata in maniera «individuale e collettiva, libera e cosciente, interiore ed esteriore, umile e franca». Pensava che in tal modo la Chiesa intera potesse riprendere «esatta coscienza della sua fede, per ravvivarla, per purificarla, per confermarla, per confessarla». Essa si concluse con la Professione di fede del Popolo di Dio, per attestare quanto i contenuti essenziali che da secoli costituiscono il patrimonio di tutti i credenti hanno bisogno di essere confermati, compresi e approfonditi in maniera sempre nuova al fine di dare testimonianza coeren-
Camminiamo insieme
te in condizioni storiche diverse dal passato. Il nuovo «Anno della fede», voluto da papa Benedetto XVI, è strettamente collegato sia al cinquantesimo anniversario dell’inizio del Vaticano II, sia al ventesimo anniversario della promulgazione del Catechismo della Chiesa cattolica. L’attuale Pontefice, anche dal punto di vista biografico, rappresenta un anello di congiunzione tra i grandi avvenimenti che hanno segnato la vicenda della fede negli ultimi cinquant’anni. Al concilio Vaticano II egli ha partecipato come esperto dei Vescovi tedeschi; nel 1968 pubblica il testo che lo ha reso famoso nell’ambito teologico, Introduzione al cristianesimo. Lezioni sul Simbolo apostolico; nel 1985, in qualità di prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, partecipa al Sinodo Straordinario indetto per la scadenza ventennale del concilio e si vede incaricato dal papa — che accoglie una richiesta dei vescovi — di curare la redazione di un Catechismo universale. Il testo è pubblicato nel 1992 e successivamente, prima come cardinale e poi come papa segue la redazione e la pubblicazione del Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica (2005). Chiaro è il motivo di questa iniziativa, come è lucida l’analisi del pontefice: «Capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando
Con la Chiesa
Durante i pasti Il simbolo del santo mistero che avete ricevuto tutti insieme e che oggi avete reso uno per uno, sono le parole su cui è costruita con saldezza la fede della madre Chiesa sopra il fondamento stabile che è Cristo Signore. Voi dunque lo avete ricevuto e reso, ma nella mente e nel cuore lo dovete tenere sempre presente, lo dovete ripetere nei vostri letti, ripensarlo nelle piazze e non scordarlo durante i pasti: e anche quando dormite con il corpo, dovete vegliare in esso con il cuore. Per rinunciare infatti al diavolo, per togliere il pensiero e l’affetto dalle sue pompe e dai suoi angeli, bisogna dimenticare il passato e, nel rifarsi uomo nuovo, rinnovare anche la vita con santi costumi (dando l’addio alla vecchiezza della vita di prima); come dice l’Apostolo, dimenticando il passato e protesi verso ciò che ci sta davanti, bisogna correre verso la palma della superna vocazione di Dio e credere ciò che ancora non si vede per poter conseguire quel che si crede. Sant’Agostino, Sermo 215,1
a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune. In effetti, questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato. Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in grandi settori del la società, a motivo di una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone». Perché siamo convinti che «credere» non significa abdicare al pensare e al ragionare, ma piuttosto incominciare a riflettere su Dio e sulla realtà con uno sguardo ancora più profondo. Siamo ancor più sicuri che è del «credere» — come per Maria — quello di meditare e custodire nel proprio cuore gli eventi di salvezza del Signore. pgf
Maria assaporò i frutti Per fede Maria accolse la parola dell’Angelo e credette all’annuncio che sarebbe divenuta Madre di Dio nell’obbedienza della sua dedizione. Visitando Elisabetta innalzò il suo canto di lode all’Altissimo per le meraviglie che compiva in quanti si affidano a Lui. Con gioia e trepidazione diede alla luce il suo unico Figlio, mantenendo intatta la verginità. Confidando in Giuseppe suo sposo, portò Gesù in Egitto per salvarlo dalla persecuzione di Erode. Con la stessa fede seguì il Signore nella sua predicazione e rimase con Lui fin sul Golgota. Con fede Maria assaporò i frutti della risurrezione di Gesù e, custodendo ogni ricordo nel suo cuore, lo trasmise ai Dodici riuniti con lei nel Cenacolo per ricevere lo Spirito Santo. Affidiamo alla Madre di Dio, proclamata “beata” perché “ha creduto”, questo tempo di grazia. Benedetto XVI, Motu proprio «Porta fidei» 13
Camminiamo insieme
n. 30 marzo - maggio 2011
11
Società
Quanto sono cattolici gli italiani?
Anno della fede e religione all’italiana
B
enedetto XVI ha indetto l’anno della fede. Si svolgerà dall’11 ottobre di quest’anno al 24 novembre del 2013, festa di Cristo Re. La scelta della data d’inizio non è casuale perché coincide con il 50° anniversario della solenne apertura del Concilio Vaticano II, promosso da Giovanni XXIII. Nel documento di indizione il Papa ricorda inoltre che nella stessa data ricorre il 20° anniversario della promulgazione, da parte di Giovanni Paolo II, del Catechismo della Chiesa Cattolica. La ragione di fondo che ha indotto il Papa a proporre un anno della fede è rintracciabile nelle prime righe della lettera apostolica: “Fin dall’inizio del mio ministero come Successore di Pietro ho ricordato l’esigenza di riscoprire il cammino della fede per mettere in luce con sempre maggiore evidenza la gioia e il rinnovato entusiasmo dell’incontro con Cristo, [...) Capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come a un presupposto ovvio del vivere comune. In effetti, questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato. Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti
12
n. 30 marzo - maggio 2012
della fede e ai valori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in grandi settori della società, a motivo di una crisi di fede che ha toccato molte persone. Non possiamo accettare che il sale diventi insipido e la luce sia tenuta nascosta (cfr Mt 5,13-16)”. La preoccupazione del Papa trova ampi riscontri nella realtà. Un’analisi dettagliata della situazione religiosa nel nostro Paese è offerta dal sociologo torinese, nella sua ultima pubblicazione: Religione all’italiana, L’anima del paese messa a nudo. Nel commentare i dati di una ricerca, Garelli ripete spesso che — nonostante tutto — la tradizione religiosa nel nostro Paese è ancora radicata. A suo avviso siamo di fronte a “una via italiana alla modernità religiosa, che da un lato riflette le istanze tipiche del vivere in una società pluralistica e dall’altro le compone dentro la lunga tradizione di cultura e di socializzazione religiosa tipica del nostro paese”. “Il risultato più sorprendente — aggiunge — è che niente e nessuno cancella un sentire religioso addirittura più diffuso di 15 anni fa. quando realizzammo un’analoga indagine”. Ma la lettura attenta dei dati solleva molti interogativi. Infatti, se l’86,1% degli italiani si dichiara ancora cattolico, il 28,3% non si confessa mai e il 20,7% lo fa a distanza
Camminiamo insieme
di anni. Il 23,7% ammette di non pregare mai e il 43,9% alla domanda “esiste qualcosa dopo la morte?”, risponde con un “non so” o un “non si può sapere”; percentuale cui va aggiunto un 14,6% per cui tutto finisce con la morte giacchè, afferma deciso, l’aldilà non esiste. Anche la partecipazione alla messa domenicale diminuisce. Dice di prendere parte alla celebrazione eucaristica, con regolarità, tutte le settimane, il 26,5% degli italiani (era il 33% a metà degli anni ‘90) e nel dettaglio risulta che la partecipazione delle donne è al 35,1% contro il 17,7% degli uomini; è al 44,8% oltre i 65 anni e al 17,1% dai 16 ai 25 anni. Ancora: oltre il 70% sostiene che si può essere buoni cattolici anche senza seguire le indicazioni della Chiesa in campo sessuale: il 73% è favorevole all’uso dei preservativi e solo il 6,6% accetta di ricorrere unicamente ai metodi naturali. Più articolato, ma certo non in linea con l’insegnamento della Chiesa, il modo con cui si affronta la tragedia dell’aborto: per il 12,4% è lecito in tutti i casi in cui la donna lo decide; per il 53,6% potrebbe essere contemplato in caso di stupro, di grave rischio per la salute della mamma e di forte probabilità di grave malformazione del nascituro. A non ritenere mai lecito l’aborto, in nessun caso, è il 23,1% degli italiani. Sull’eutanasia il 37,3% è favorevo-
Società
le, il 33,1% è contrario, il 29,6% è incerto. Personalmente considero molto significativa un’indagine de Il Regno che ha cercato di approfondire le ragioni della fede ed è giunta a queste conclusioni: “Un modo rozzo per rendersi conto di quanto l’identità religiosa degli italiani sia al suo interno poco coerente è quello di conteggiare quanti sono gli italiani che dicono di andare in chiesa ogni settimana e insieme di credere in Dio, di pregare sempre o spesso, di avere fiducia nella Chiesa e che allo stesso tempo dicono di definirsi di frequente in pubblico come cattolici e che pensano che l’essere italiano equivale a essere cattolico. Ebbene, la percentuale di coloro che condividono tutti questi tratti ammonta nel nostro campione al 5%” (Il Regno --- attualità, 10/2010). In effetti cresce la sensazione (non superficiale) di vivere in una società che mescola i riti religiosi con quelli pagani: le cattedrali sono i centri commerciali, i riti sono lo shopping e i saldi, gli idoli sono le cose che da mezzi diventano fini e via di seguito. Solo Dio conosce i pensieri degli uomini e non ha bisogno di fare indagini e statistiche per sapere quanti sono i cristiani credenti. Se lo rivelasse anche a noi, non mancherebbero le sorprese. Qualche idea, non entusiasmante, in proposito ce l’ha anche il Papa se ha sentito il bisogno di indire l’anno della fede. A. Onger
86,1 % Si dichiara cattolico
28,3 % Non si confessa mai
20,7 % Si confessa solo a distanza di anni
43,9 % Non sa se esiste qualcosa dopo la morte
14,6 % È sicuro che l’Aldilà non esiste
23,7 % Non prega mai
26,5 % Partecipa alla Messa ogni settimana
73,0 % È favorevole all’uso dei preservativi
6,6 % Utilizza unicamente metodi naturali
23,1 % Contrario all’aborto in ogni caso
53,6 % Favorevole all’aborto in caso di stupro o rischio per la salute
33,1 % Contrario all’eutanasia
37,3 % Favorevole all’eutanasia
Camminiamo insieme
n. 30 marzo - maggio 2011
13
Con la Chiesa Diocesi
Intervista a monsignor Renato Tononi
Discernere per saper fare comunità
D
on Renato compirà tra pochissimi giorni 61 anni. È vicario episcopale per i laici e per la pastorale e sta lavorando a un percorso importante: quello del Sinodo. Al momento non disdegna fare anche altri percorsi, camminare in montagna, fare sport... E poi leggere e studiare: “e quali sono i libri da avere con sé su un’isola deserta?”. Mi risponde disponendoli per tipologia: un testo di Romano Guardini sul piano liturgico, di don Luisito Bianchi (da poco scomparso — ndr) sul piano letterario e di Franco Ardusso sul piano teologico. “E teologi tipo Vito Mancuso?” Più che teologi sono divulgatori — dice — tentati di andare dietro alle mode e alle sensibilità del momento, anche se certamente efficaci. Ma arriviamo al tema del nostro incontro. La Chiesa bresciana ha avviato la riflessione che porterà al Sinodo. Possiamo riassumere agli aclisti cos’è un Sinodo? Il Sinodo è l’assemblea di una comunità cristiana in tutte le sue rappresentanze. Può essere generale, e in questo caso si occupa di tutti gli aspetti della pastorale, oppure particolare. Questo Sinodo sarà particolare, perche si concentra su un tema specifico: le Unità pastorali. Il Sinodo è anche un percorso in tre tappe. C’è un iter di preparazione dell’assemblea, perché sia effettivamente espressione di tutta la comunità. In questa fase rientra la consultazione. Poi c’è la cele-
14
n. 25 30 dicembre marzo - maggio 2010 -2012 febbraio 2011
brazione dell’assemblea sinodale vera e propria, dove si procederà a votare il documento finale e infine c’è il “dopo Sinodo”. In questa terza fase il Vescovo emetterà dei decreti attuativi. Dunque il percorso che porta alla decisione è di tutti. La decisione spetta al Vescovo, in quanto colui che presiede la comunità cristiana in nome di Cristo e con l’autorità di Cristo. Rispetto al precedente Sinodo cos’è cambiato? L’ultimo Sinodo si è realizzato con monsignor Morstabilini e si è concluso con il Liber Sinodalis del 1983. Ma quello era un Sinodo generale, è stato il tentativo di incarnare anche nella nostra Diocesi quanto uscito dal Concilio Vaticano II. Esiti di quel Sinodo furono ad esempio l’istituzione degli organismi di comunione (il Consiglio pastorale, il Consiglio degli affari economici, la riforma della Curia). Furono diverse anche le modalità: preceduto da una visita pastorale in tutta la Diocesi, curiosamente quel Sinodo non si concluse con una votazione. Mi pare di capire che il Sinodo si pone una questione e cerca la soluzione. Il Sinodo di quest’anno_ é sulle Unità pastorali: ma queste non sono un problema, sono una soluzione... Il problema che sta a monte è offrire a-tutta la comunità cristiana l’opportunità di fare discernimento spirituale e comunitario
Camminiamo insieme
sui segni dei tempi. Le comunità cristiane non fanno a sufficienza discernimento, non sono educate a questo. Attualmente il modello è duplice: o decide uno solo (il parroco) o si pensa ad una decisione democratica. Potremmo dire che si è in tensione tra il modello monarchico e il modello democratico. Di fatto è un’inadeguatezza del modello parrocchiale inteso in senso rigido. Il modello del discernimento è la giusta via di mezzo. In altre parole questo Sinodo decide su un modo di decidere. Chi guida la Chiesa è lo Spirito santo, ma come si fa a saper quel che vuole? Ecco, attraverso il discernimento. Altre questioni sono quelle che abbiamo identificato come “segni dei tempi”, ci dicono dei problemi che riscontriamo. Quali sono le questioni che più preoccupano la Chiesa bresciana, oggi? La mobilità territoriale e l’esigenza di una casa, l’immigrazione e la cittadinanza, l’individualismo e le nuove forme di aggregazione e comunicazione, la vita sacramentale e le diverse modalità di appartenenza ecclesiale, la diminuzione del clero e i nuovi ministeri. Di fatto abbiamo bisogno di comunità cristiane più mature, cioè più capaci di discernere. Ci accorgiamo che le comunità cristiane manifestano alcuni segni preoccupanti. Cito ad esempio il fenomeno dei lontani, che non vivono la comunità cristiana, o ancora le varie for-
Con Conla laDiocesi Chiesa
me di appartenenza con riserva (fino a un certo punto) e infine il bisogno di riacquisire quel senso originario della corresponsabilità (come appartenenza battesimale, non come funzione). Il Sinodo permette di recuperare questo senso della corresponsabilità e di fare più spazio ai ministeri laicali. Poi certamente c’è la preoccupazione della mancanza di clero. Quella è stata l’occasione. A proposito di laici, quale può essere il loro ruolo oggi? Il ruolo primario è certamente dare testimonianza della propria fede nelle situazioni normali della propria vita, nella serenità e nella gioia, nella famiglia e sul lavoro. Questi ambiti fanno la vita dell’assoluta maggioranza dei laici. Poi c’è lo spazio per una duplice e particolare testimonianza laicale. Quella del laico impegnato nel campo politico, sociale e culturale e quella del laico impegnato all’interno delle istituzioni ecclesiali. Sono entrambe forme importanti di testimonianza diretta. E i laici associati, come le Acli o altre organizzazioni? Nelle Unità pastorali avranno lo stesso ruolo che all’interno della Chiesa, ovvero il compito di dare testimonianza del Vangelo di Cristo in forma associata. Significa due cose, mi pare. Anzitutto nella forma della comunione, per il fatto di essere associati. In secondo luogo per l’efficacia, perché non è il singolo a parlare, ma un’intera associazione. I laici associati hanno il compito di mantenere viva l’attenzione all’ambiente sociale e politico. Nello stesso tempo potrebbero aiutare la dimensione missionaria delle Unità pastorali, perché spesso le associazioni hanno confini più ampi delle Unità e quindi “aprono”. L’attenzione ai temi sociali e poli-
tici: sta pensando a qualche tema particolare per il bene comune della nostra città? Lo spazio dell’impegno cui faccio riferimento è collegato a quei segni dei tempi di cui si è già detto. Aggiungerei in particolare il tema della crisi economica e lavorativa. Bisogna avere il coraggio di prendere posizione su questi temi. Qual è oggi il rapporto tra la Chiesa bresciana e la politica? Direi che c’è un buon rapporto, se parliamo dell’amministrazione della città. Ci si parla, si fanno convenzioni (es. gli oratori, i migranti, i malati). Nello stesso tempo ci sarebbe qualche aspetto che andrebbe maggiormente precisato. Il rischio è che gli enti ecclesialistici si accollino oneri che sono più dell’amministrazione civile. A volte l’ammministrazione civile demanda all’ente ecclesiastico. Vi sono casi in cui l’assistente sociale fa poco più che rimandare le persone nelle proprie parrocchie, ai centri d’ascolto della Caritas o ad enti benefici cattolici, perché si specifica che il Comune ha poche risorse. Allora si tratterebbe di aiutare l’amministrazione civica a rivedere la destinazione dei pochi beni che ha. È vero che hanno subito dei tagli, però l’amministrazione civica può decidere se spendere per i beni sociali o per i giardini. Cos’altro chiederebbe alla politica? Chiederei un maggiore impegno nel campo sociale e nel campo culturale, come ad esempio la scuola. Recentemente alcuni articoli e lettere hanno messo in luce l’esistenza di “più chiese”, di più tradizioni e sensibilità all’interno della stessa Chiesa bresciana. Lei che “Chiese” vede oggi? Che sensibilità diverse osserva? Non vedo nella nostra diocesi l’esistenza di più “chiese”,
vedo semmai una molteplicità di tendenze. Posso riconoscere che a livello di singoli laici e singoli preti qualche tendenza c’è. Vi sono i nostalgici della Chiesa tridentina così come gli iperprogressisti che chiederebbero un Concilio Vaticano III e che sono insofferenti perché “questa chiesa non fa niente”. Ma la Chiesa deve camminare insieme. Se non vogliamo fare più.”chiese” dobbiamo cercare un equilibrio. A questo scopo è importantissimo recuperare la figura del Vescovo. Oggi si fa fatica a obbedire al Vescovo. Il Vescovo presiede la Chiesa di tutti, non può identificarsi con un partito o con un’associazione o con una particolare sensibilità. Questo vale anche per il parroco: nessuna preferenza particolare. Ci vuole anche molta attenzione: le linee-guida uscite in questi giorni in tema di uso dei beni ecclesiastici vanno in quella direzione. Evidentemente c’è qualche abuso di beni. Arriviamo alla figura del prete, allora: quali sono le caratteristiche che oggi si richiedono ad un “buon prete” per poter vivere in questa condizione storica? Anzitutto ci sono le qualità della fede e le qualità umane, saranno scontate ma sono le cose più importanti in ogni tempo. Più specificatamente nel nostro tempo direi la capacità di dialogare e di collaborare, sia con i preti sia con i laici. La capacità di relazione oggi è centrale. Non solo le “buone relazioni” di amicizia, ma quelle che poi si trasformano in programmazione, in attesa, in collaborazione. È molto diverso da qualche anno fa: una volta si veniva educati ad avere una personalità che “stava in piedi da sola”, si puntava sull’autonomia, sulla capacità di gestire una parrocchia senza lasciarsi “tirare”. Oggi, invece, dobbiamo saper fare comunità. C’è una bella differenza.
Camminiamo insieme
n. 30 marzo - maggio 2011
15
Società
Ricchezza recondita di espressioni dialettali
Bràse & Burnìss
L
e “maestrine” del secolo scorso oggi rimarrebbero inorridite leggendo la toponomastica dei nostri paesi con l’aggiunta del nome in dialetto locale e con il ritorno quasi imposto del vernacolo nella vita quotidiana. Ricordo a proposito un episodio che risale al periodo della mia infanzia, quando frequentavo la scuola elementare. Nel tema che pressoché tutte le maestre ci assegnavano sul come si svolgeva la nostra giornata al fine di conoscerci meglio, scrivevo che al mattino, come tutti, iniziavo con la colazione: una “chicchera” di caffè e latte. Conseguente rimbrotto della mia brava Insegnante Gabriella Setti, clarense: “Non si dice chicchera, ma tazza”! E dire che con quel termine a me pareva già di avere usato un vezzeggiativo. Avrei infatti dovuto scrivere che la colazione veniva consumata con la più plateale scodella. Il giornalista e scrittore Lorenzo Del Boca, in uno dei sui salaci libri sui Savoia, attesta che Vittorio Emanuele II, primo Re d’Italia, si esprimeva prevalentemente in dialetto piemontese. L’unificazione della Nazione aveva tuttavia imposto l’insegnamento e l’uso obbligatorio della lingua italiana a scuola, mentre, con il fenomeno dell’urbanizzazione, nelle famiglie-bene si usava l’italiano nel rapporto con i figli, quasi una conquista sociale che preparava i bimbi alla scuola dell’obbligo. Andava in tal modo affievolendosi l’uso di
16
n. 30 marzo - maggio 2012
numerosi termini legati prevalentemente alla civiltà contadina, con frasi fatte desunte dalla natura e dai lavori agricoli. Con la ritirata del dialetto rischiavano così di tramontare per sempre immagini e riferimenti antropici desunti dal mondo agreste per lasciare il posto ad un linguaggio in gran parte tecnico ed astratto. Oggi risulterebbe difficile sentire dalla bocca dei nostri ragazzi termini come ścèpol, burnìss e caicì, bèna, sìlter e sguèrgne, sgrignàpula e pipiulì. E forse pochi ricordano il chisulì, il dolce del desco dei poveri cotto a base di strutto e farina. Il dialetto, rispetto alla lingua ufficiale italiana, è peraltro povero di termini, ma sovente cela una inusitata ricchezza di significati reconditi. Cerchiamo pertanto di fare memoria di alcuni detti comuni del nostro dialetto al fine di scoprirne la curiosa semantica nascosta. Cominciamo con un’espressione al negativo: l’è pròpe ‘n giande. Il riferimento è ad una persona malata grave. Il richiamo non è alla ghianda, frutto della quercia, ma ad un altro termine ormai desueto, la giandossa, ingrossamento di linfonodi e spia di qualche possibile infezione, ma anche richiamo a tempi ben più tragici, quando la ghiandola perniciosa o bubbone era sintomo anticipatore della peste, solitamente letale. Ta la dó mé la fiöla del re! Il detto si rifà a racconti dell’alto Medioevo, quando i sovrani solevano concedere la mano della figlia al vin-
Camminiamo insieme
citore di gare difficili in giostre e tornei. L’espressione veniva usata da genitori e superiori per punire l’altezzosità o la presunzione di figli e subalterni. Preoccupiamoci quando sentiamo dire di noi l’è dré a nà ‘n due. Si tratta di un’espressione quasi del tutto scomparsa, ma gli anziani la ricordano bene. Due non si riferisce al numero, ma al sostantivo di origine veneziana dua al plurale, in italiano doga o asticella legata alle altre per formare la botte. Disseccandosi troppo le doghe si dissestano e possono sfasciarsi. Non disturbare mai la donna che prepara il guazzetto della carne cotta in umido con varietà di ingredienti per ottenere un sapido intingolo, perché ti risponde male, o meglio la mèt zó ‘n stuàtt. Ma l’espressione può divenire anche più plateale: el l’ha mitìda so düra. La metafora entra nell’ordine della più scontata tra le funzioni corporali. Dice il proverbio: “sono grandi i papi, potenti i re, ma quando “là” si siedono, sono tutti come me”. Nessuno invidia la sofferenza degli stitici, ma qualcuno appare particolarmente stitico nel concedere favori. Cambia èla! Cambia itinerario. L’allusione è alla vela dell’imbarcazione che avanza sfruttando le correnti dell’aria. Se cerchi e non trovi uno strumento musicale, chiedi all’amico dove acquistarlo. “Vai al negozio di Cavalli”, ti risponderebbe oggi da noi. Là ghè n’è na cubìss, una
Società
grande quantità. Gli studiosi accomunano il significato del termine al gerlo più grande, che contiene quindi maggior quantità di fieno o di grano. La gà l’murbì: espressione che si può applicare a chiunque, ma veniva sovente proferita da mariti che riferivano agli amici di avere litigato con le mogli: storie di ordinaria quotidianità. “Mia moglie oggi è bizzosa come un cavallo indomabile”. L’è ndat de àna: è andato in malora. L’espressione parrebbe riferirsi al catechismo: Gesù fu mandato dal Sommo Sacerdote Anna con la condanna senza appello. L’ignoranza della persona richiama espressioni colorite come questa: l’è ndré come ‘n òpol. Forse pochi conoscono il significato del termine. Il riferimento è all’acero agreste, opulus in latino, una pian-
ta della quale parla Virgilio. Si tratta di una specie arborea arrendevole e delicata, oggi completamente scomparsa dalla terra bresciana. Ma noi diciamo anche gnorànt come na böba. L’upupa, citata dal Foscolo nei Sepolcri come uccello notturno, è in realtà un volatile diurno dai fischi sgradevoli. Per la sua arrendevolezza si è guadagnata la qualifica di ignorante. Un’ultima espressione. Ognuno nella vita, volendo “essere qualcuno”, èl ga de fa la sò careàna, la sua penitenza. Si tratta della versione dialettale del termine quarantena, imposta in tempi passati alla ciurma di navi sospettate d’essere portatrici di qualche infezione. Già ai tempi dell’Impero Romano d’Occidente le navi provenienti dall’Oriente avevano il loro luogo di quarantena presso l’isola di Barbana, presso Grado.
Mi si consenta, a conclusione, di rammentare una preghiera che appartiene al patrimonio del mio vissuto familiare. Qualche anziano ricorderà Pina Formenti, Figlia di Sant’Angela, per decenni catechista e delegata dei Fanciulli di Azione Cattolica nella prima metà del secolo scorso. Ai nipoti faceva recitare ogni sera una breve preghiera di intenso sapore dottrinale, espressa con un curioso misto di dialetto, italiano, e latino maccheronico. Fu preghiera recitata nel passato, con qualche variante di pronuncia, in tutta la Serenissima Repubblica di Venezia. Eccola: Nel lèt me’n vó, levàr non só. Signur, va dumànde tre cóse: cunfessiù, cuminiù, oio sant. Patris, Filis, Spiriti Santi. Am. E così sia! don Vittorio Formenti
15 gennaio 2012, festa degli anniversari di nozze
Camminiamo insieme
n. 30 marzo - maggio 2011
17
Vita Cristiana
Visitare gli ammalati
La prova della malattia
C
risto non spiega le ragioni della sofferenza umana, ma anzitutto dice “Seguimi! Vieni! Prendi parte con la tua sofferenza a quest’opera di salvezza del mondo, che si compie per mezzo della mia sofferenza!” Incontro una nostra parrocchiana che da alcuni anni, ogni settimana, si reca nelle case di alcune persone anziane, segnate da malattie invalidanti. Intrattengo con lei una conversazione decisamente interessante sulla infermità, la malattia e la conseguente sofferenza che inevitabilmente sopraggiunge a trasformare la vita degli individui. D- L’uomo naturalmente tende alla felicità, orientando le proprie scelte verso quelle situazioni che possono renderlo gioioso e leggero; ma capita che il corpo, invecchiando, si ammali. Come riesce ad attraversare questa prova? R- Le persone a cui faccio visita sono gravate da patologie connesse con l’età avanzata; difficoltà respiratorie, complicazioni cardiache, invalidità per interventi chirurgici importanti. Sono anziani e malati, costretti ad una vita ritirata in casa, assistiti fortunatamente dai parenti prossimi. Eppure, quando apro la loro porta, non incontro la tristezza o il malumore. Forse perché io non entro da sola e per mia volontà: loro aspettano da me un bene che ritengono prezioso, il raggio di luce
18
n. 30 marzo - maggio 2012
che proviene dall’Eucarestia da loro stesse richiesta. D- Come ti proponi, in che relazione entri con queste persone? R- Cerco di offrirmi con un sorriso, in perfetta sintonia con l’atmosfera gioiosa che loro stesse mi propongono: all’arrivo del Signore si sono preparate, con l’aiuto dei loro parenti, con un certo decoro sia nell’abbigliamento sia nel predisporre la tovaglietta ricamata. Qualche gesto di riservatezza nel coprirsi le braccia quando ricevono l’Eucarestia fa parte della loro educazione di ragazze di un tempo ormai passato. Ascolto le loro parole, osservo i loro volti, ma umanamente ho ben poco da dare loro, rispetto a quanto posso ricevere. Ritengo importante che il filo conduttore sia l’accoglienza amorevole di quanto vogliono comunicarmi; la relazione continua e duratura nel tempo offre qualche garanzia per stabilire certe sintonie. D- Mi pare di capire che siano loro a fornirti un’occasione per riflettere su quello che è considerato un mistero: la vita, il dolore, la morte. R- Sono persone serene, pienamente consapevoli del carattere temporaneo dell’esistenza umana destinata a chiudersi con quello che viene definito un “passaggio”, non una fine, una barriera, ma un passaggio aperto, orientato verso un’altra dimensione. Su di me
Camminiamo insieme
hanno un effetto del tutto particolare: mi caricano di serenità. Il loro parlare schietto, semplice e senza schermi mi mette in contatto con la vita vera, con l’anima della realtà. D- Qual è il segreto di questo particolare atteggiamento dello spirito, secondo te? R- Sanno essere essenziali. Forgiate dalla sofferenza e dall’invalidità, hanno imparato nel corso della loro maturazione spirituale, ad attribuire importanza a ciò che merita importanza, all’essenza della realtà spogliata da tutto quanto non è indispensabile. Il messaggio del Vangelo è per loro una luce che le guida nelle lunghe giornate trascorse in casa. Sono estremamente motivate nel seguire la messa in TV o alla radio, pregano per tutti , soprattutto per i nipoti con affetto protettivo. D- Come pensi siano riuscite a contrastare l’isolamento che accompagna spesso la malattia, considerando che di fronte all’incalzare dell’età e all’aggravarsi di certe patologie si possono sviluppare nella persona emozioni negative quali il pessimismo, il sentirsi vittima delle circostanze, il malumore persistente o addirittura la collera? R- Le persone a cui porto l’Eucarestia non vivono passivamente la loro limitata capacità di azione. Infatti collaborano con orgoglio nel gestire le attività domestiche
Vita Cristiana
meno pesanti; cucinano secondo delle ricette tradizionali sempre ben accolte dai loro cari; si informano di quanto avviene a nipoti e parenti non prossimi per sentirsi parte attiva di una vita che sentono sfuggire di mano. Hanno insomma sviluppato un’accettazione attiva della propria condizione, facendo di necessità virtù. Sanno convivere con le proprie limitazioni, ma sempre in modo dinamico, non fissandosi su ciò che manca loro, ma valorizzando le potenzialità che hanno.
nonostante il dolore che si moltiplicava ogni volta che l’avvicinavo. Conservo tutti i suoi preziosi Sms che mi inoltrava per alimentare il nostro rapporto in occasioni particolari. Ne voglio citare uno.“Non avrei mai immaginato che nell’abbandonare il bisogno di controllo assoluto su tutto e su tutti le cose mutassero così in positivo. I fiori del campo stanno sbocciando e che profumo!” L’uomo si affanna inutilmente per delle questioni che non meritano tanta energia.
Cristo ci ha dato delle indicazioni chiare per apprezzare la vita nei suoi aspetti essenziali; Lui che è stato ed è l’amico degli ammalati! La Chiesa insegna che “i malati che si uniscono alla croce di Cristo nella fede sono portatori di un mistero, davanti al quale non si può far altro che tacere, ammirare e ringraziare”.
Silvana Brianza
D- Che ruolo assume la preghiera nella loro vita? R- Fondamentale per loro è la fede coltivata nel corso della lunga esistenza. Le loro giornate sono un vero e proprio atto di culto. Non solo la preghiera tradizionale recitata secondo le canoniche definizioni, ma tutta la loro vita: apprezzano le cose semplici, quelle che a noi possono sembrare banali quali il sole, la pioggia, le stagioni, la natura, secondo una saggezza tramandata ma consapevolmente accolta. Di loro apprezzo quella palese volontà di trasmettere a chi le incontra la serenità, la pulizia interiore ed il decoro della vecchiaia che, pur ingabbiata nella dipendenza dai parenti, risulta essere ricca ed apprezzabile. Esprimono, insomma, un’accoglienza incondizionata nei confronti della vita. D- Hai avuto altri contatti con persone malate, magari in modo grave e drammatico? R- Mi piace ricordare la lunga frequentazione con un’amica che per numerosi anni ha convissuto con una malattia terribile che l’ha condotta in questi giorni alla morte: ho assistito alla sua graduale, ma incessante crescita spirituale, al suo cammino sereno e consapevole fino alla morte; per me è stata una vera grazia averla conosciuta
Camminiamo insieme
n. 30 marzo - maggio 2011
19
Vita Cristiana
Le vocazioni viste dai genitori
Quando un figlio sceglie la clausura
«M
amma. Papà, devo dirvi una cosa». Mariangela Pozzi stava lavando i piatti, era gennaio di quattro anni fa. «Ho deciso di entrare in convento». Paola aveva 22 anni, faceva l’Accademia di Belle Arti a Como, aveva dato tutti gli esami. «Siamo ammutoliti. Le abbiamo chiesto se ci aveva pensato bene. Abbiamo posto solo una condizione: che discutesse la tesi». Così è stato. Adesso la figlia è diventata suor Paola, vive nel Monastero domenicano di Pratovecchio, in clausura, e tra due anni potrà pronunciare la professione definitiva. Nell’epoca del laicismo assoluto, dominato dal fare e dall’avere, crea sconcerto una vocazione religiosa in famiglia. Mariangela prova a spiegare il suo smarrimento: «Paola è sempre stata vivacissima,
20
n. 30 marzo - maggio 2012
spensierata, le piaceva viaggiare. Non è che la vedessi sposata. Ma la vedevo “libera”. Il punto è che l’amore umano si capisce, quello spirituale no. Quando però ha fatto la sua professione temporanea aveva un sorriso così bello, luminoso, che se fingeva di essere contenta, fingeva proprio bene». A spiazzare i genitori, oggi, è l’età in cui si manifesta il desiderio di prendere i voti. «Siamo diciannove “sorelle”, dai 26 ai 98 anni: due hanno 31 anni, una 37, una 39, una 41 e poi si sale. L’ultima ad entrare era avvocato e il fratello, anche lui legale, alla prima telefonata le ha raccomandato di non firmare nulla!», scherza suor Giovanna, la “maestra” del Monastero di Pratovecchio, cioè responsabile delle giovani in formazione. Lei entrò a 25 anni, da segretaria d’azienda. «Molti vedono la clausura come chiusura, mentre per noi è
Camminiamo insieme
un mezzo, non il fine. Un padre e una madre stanno male perché per loro carriera e ambizioni sono messe in un pacco e buttate via. Magari era pronto l’abito nuziale. Ogni incomprensione poi però si ricompone». Così è successo a Diego Nava, 72 anni di Reggio Calabria, che quando la primogenita esordì «papà ti devo dire una cosa», le disse che lo considerava un “tradimento” verso di lui. «Bravissima a scuola, maturità classica, laurea in Scienze Biologiche e specializzazione in Patologia clinica con il massimo dei voti: insomma per me fu uno choc». Superato. Non sempre va così bene. Ricorda Mariateresa Zattoni, consulente familiare e docente all’Istituto Giovanni Paolo II: «Un padre per cinque anni non volle rivolgere la parola alla figlia. Era un piccolo industriale e quell’unica femmina, con la sua laurea in Economia, era perfetta per diventare amministratore dell’azienda di famiglia. Si sono ritrovati quando lui si è ammalato di cancro e lei per tre mesi, gli ultimi, lo ha assistito in ospedale ogni notte. Le disse infine: “Non ti conoscevo così”». Curiosamente, i più cattolici sono quelli che vivono con maggiore disorientamento la scelta del figlio. «È un paradosso. Una madre catechista incoraggiò il figlio ad andare prima dallo psicologo, altri si sono informati sui rapporti con le ragazze, come fosse quello il problema. Insomma, ho visto tota-
Vita Cristiana
le impreparazione dove era meno prevedibile», spiega don Mario Aversano, rettore del seminario propedeutico diocesano di Torino. «In alcuni casi l’opposizione dei genitori assume un peso talmente forte da far procrastinare la decisione o addirittura annullarla». Don Carmine Ladogana per undici anni ha guidato il seminario diocesano di Cerignola-Ascoli Satriano. Una vocazione adulta, la sua. «Lavoravo in Regione Puglia. Mio padre disse che me ne sarei potuto pentire. La preoccupazione sua, e di tanti genitori qui al Sud, è il celibato. Temono la solitudine. Ho sentito le stesse persone che consideravano in astratto una benedizione avere un figlio sacerdote poi disperarsi: “Proprio a me il Padreterno doveva togliermelo!”». «I miei sono stati perplessi, ma gli riconosco di non aver provato a farmi cambiare idea. E sì che non ho lasciato molto tempo per abituarsi. A luglio 2005 mi sono laureato in Scienze della comunicazione, e già collaboravo con una radio privata; a settembre ho detto che sarei entrato in seminario; a ottobre ero lì», sintetizza don Daniele Antonello, 31 anni viceparroco a Manzano (Udine). Nel 2009 in Italia sono stati ordinati 405 nuovi sacerdoti, sette in più rispetto al 2008. Don Massimo Camisasca, da 27 anni rettore al San Carlo di Roma, ha avuto circa 200 studenti, la metà è diventata sacerdote. «sono generazioni molto diverse, è come se fossero passati 200 anni. La prima reazione in casa è lo sconcerto, ed è naturale, ci sono tante aspettative su un figlio, magari unico, lo hanno visto laurearsi, portare a casa la fidanzata. Non sono assenti i ricatti affettivi, soprattutto da parte delle madri. Ma infine quando vedono il figlio contento e realizzato si placa tutto».
Padre Giovanni Piamarta è Santo Nel Concistoro del 18 febbraio 2012, sua Santità Papa Benedetto XVI ha comunicato che il 21 ottobre 2012, Padre Giovanni Piamarta, assieme ad altri sei Beati, sarà proclamato Santo.
Aratura L’aratro impietoso affonda le sue lame sull’erba prataiola ancora verdeggiante; fischiettando il contadino si rigira: osservando quelle zolle in lunghe trecce, assapora il profumo intenso della terra. Ormai pensa alla semina del grano, alle spighe dorate nel campo rigoglioso, all’acqua che muove la ruota del mulino, alla farina ed al pane cotto al forno, al suo desco nella cascina antica, alla moglie che lavora senza posa, ma col cuore è là, con lui, nella campagna. Romba forte il motore del trattore con le ruote sopra l’erba ancora in fiore: intravede il contadino la stagione della paglia, cuscino per le vacche e poi stallatico; egli pensa al latte, al burro casereccio, al suo cavallo che pascola nel prato e alle caprette che all’aurora con il gallo lo svegliano dall’ultimo piacere. Erba seppellita e messi biondeggianti fanno a gara con la fede di quell’uomo a ricordare che la terra benedetta è fonte primigenia della vita e gratuita provvidenza del Signore.
Elvira Serra
V.F.
Camminiamo insieme
n. 30 marzo - maggio 2011
21
Avvenimenti
Domenica 3 giugno 2012
Festeggiamo il 60° di Sacerdozio di don Giovanni Tossi I sacerdoti, il C.P.P. e i collaboratori dell’oratorio e della parrocchia hanno organizzato le celebrazioni per il 60° anno di Sacerdozio di don Giovanni Tossi. Il programma è il seguente: Sabato 2 giugno ore 21,00 Recital della Comunità Shalom Domenica 3 giugno ore 09,45 Accoglienza del Festeggiato in Piazza del Comune, con partecipazione delle Associazioni che lavorano sul territorio. Saluto da parte del Sindaco e della popolazione. Avvio del Corteo verso la Parrocchiale con accompagnamento della Banda di Castelcovati. ore 10,15 Santa Messa solenne presieduta da don Giovanni. ore 11,30 Aperitivo e buffet in Oratorio aperto a tutti e saluto al Festeggiato. ore 12,30 Pranzo comunitario al “Calesse” di Travagliato.
22
n. 30 marzo - maggio 2012
Camminiamo insieme
Spazio oratorio
Momenti di aggregazione e di formazione
Vita dell’oratorio
C
i eravamo lasciati alle porte dell’Avvento... Vogliamo ricominciare da qui la cronaca della vita del nostro Oratorio.
Rispetto ai mesi estivi, in questo particolare periodo dell’anno la vita dell’Oratorio ha più a che fare con la formazione a tutti i livelli, piuttosto che con l’aggregazione (anche se quotidianamente le attività del C.A.G. tengono banco e viva la vita pomeridiana dell’Oratorio). Infatti l’Avvento, tempo forte di attesa ha visto i nostri bambini e ragazzi degli itinerari del catechismo del Cammino Ordinario e dell’ACR a prepararsi bene all’attesa di Gesù. Abbiamo atteso il nostro Salvatore preparandoci con gli incontri di spiritualità e accostandoci al sacramento della Riconciliazione. Alcune iniziative di carattere aggregativo hanno caratterizzato questo periodo. L’iniziative riguardante la Santa Lucia che ha visto protagonisti grandi e piccini, impegnati anche ad essere solidali attraverso l’operazione “un dono in dono” verso una comunità di bambini di Bahia in Brasile, per i quali abbiamo raccolto del materiale didattico. Poi, presso l’arena dell’Oratorio, un gruppo di papà
e di giovani si sono impegnati ad allestire un bellissimo presepe che durante le festività natalizie si è colorato di luci e che molti dei nostri bambini con le loro famiglie e dei nostri giovani hanno contribuito ad animare. Il risultato, a mio modo di vedere e stato splendido, di più magnifico! Finite le celebrazioni del Natale e salutato il nuovo anno siamo partiti alla volta di Schilpario (Bg) per il Campo-Avventura invernale.
Nel clima soleggiato del mese di gennaio, sono poi proseguiti gli incontri formativi di catechesi dei diversi gruppi di genitori del nuovo modello di iniziazione cristiana. È bello vedere il venerdì sera e la domenica pomeriggio, molti genitori accogliere positivamente questo nuovo modo di trasmettere la fede alle giovani generazioni. Chiedendo un po’ qua e là, sembra che queste occasioni siano un buon momento per questi genitori di uscire dal proprio guscio famigliare e mettersi a confronto con altri papà e mamme che vivono le loro stesse preoccupazioni e timori. Dal 7 al 12 Febbraio siamo stati poi coinvolti nella settimana di anima-
zione comunitaria e missionaria proposta alla nostra comunità dal nostro parroco unitamente al Consiglio Pastorale Parrocchiale. È stata una settimana molto fitta di incontri e, a mio modo di vedere, vissuta anche in modo intenso. Il tema di questa settimana è stato quello proposto alla Diocesi dal nostro vescovo Luciano per il cammino verso il Sinodo delle Unità Pastorali, “Tutti siano una cosa sola” (Gv 17,21). Dal “Buongiorno Gesù”, agli incontri a scuola, all’Operazione saponetta, alla “Marcia della Pace”, agli incontri serali per i gruppi parrocchiale e per quelli di volontariato e di impegno civile, all’incontro per le coppie e per le famiglie (inizio del cammino verso il convegno di Milano, dove ci incontreremo con il santo padre Benedetto XVI), mi pare che siamo stati inondati/travolti dalla luce di Cristo e dal buon profumo del Vangelo. In quei giorni la nostra comunità , realmente, ha potuto godere della particolare calore dello Spirito Santo (nonostante i giorni di freddo intensissimo!) e respirare la luce della Risurrezione di Gesù Cristo. Speriamo che l’abbondanza della parola seminata, come ci insegna Gesù in una sua
Camminiamo insieme
n. 30 marzo - maggio 2011
23
Spazio oratorio
Parabola riferita ad un granello di senapa, cresca forte (Cfr. Mc 4,3032). Colgo l’occasione per ringraziare di cuore le tante famiglie che ci hanno ospitato con i missionari di Villaregia e che ci hanno fatto sentire il calore umano dell’amicizia! Semplicemente grazie. Al termine del mese di Gennaio poi, anche quest’anno abbiamo celebrato la festa di don Bosco, con la memoria dei nostri giovani defunti Castrezzatesi e dei nostri benefattori, celebrando una santa Messa presso la bella Cappella del nostro Oratorio. Chi frequenta la nostra “casa”, così recita il nostro progetto educativo, sa che all’ingresso della Cappella ci sono le fotografie con i loro volti. Per ogni bambino e/o per ogni persona che varca la soglia del nostro Oratorio loro sono i nostri angeli custodi che ci accompagnano nel cammino della crescita nella vita di fede, come quei due bellissimi angeli raffigurati sopra il portale d’ingresso della nostra Cappella.
Quest’anno durante il Carnevale, per gentile interessamento di don Osvaldo, abbiamo avuto l’onore di poter ospitare in Oratorio il famoso “Mago Sales”, al secolo don Silvio Mantelli. Insieme a tanti bambini e alle loro famiglie abbiamo potuto godere di un bel pomeriggio di sole ammirando i bellissimi giochi di prestigio del Mago Sales. Tanti sono stati i messaggi che questo sacerdote salesiano ci ha donato. A me ha fatto impressione quando presentando un numero ha detto che la più bella magia di cui siamo diretti protagonisti, è il dono della vita e di una famiglia che ci ha
24
n. 30 marzo - maggio 2012
accolto e che ci vuole bene. Don Silvio ha poi commentato dicendo che queste sono premesse indispensabili per una buona crescita della fede. Alla fine di ogni numero, ci ha contagiato con il suo entusiasmo e la sua allegria al grido di “W Gesù” e “W don Bosco”. Verso fine Gennaio si è poi riunita la Commissione dell’Oratorio per fare il punto sulla situazione della vita del nostro Oratorio e per progettare i mesi a venire. Devo dire che è stata proprio una bella serata dove abbiamo discusso serenamente di tante cose utili per la vita e la crescita umana e spirituale dei nostri bambini, ragazzi e delle famiglie. Soprattutto è stato preso in considerazione il nuovo vademecum diocesano “La festa in Parrocchia”, contenente le indicazioni e le disposizioni pastorali per l’organizzazione e l’ospitalità di feste, eventi e manifestazioni negli ambienti della Parrocchia. Una cosa è emersa sopra tutte: occorre che le cose siano fatte bene, rispettando le regole in materia sanitaria e civile e sopratutto devono essere fatte con una finalità pastorale per amore del Signore e dei suoi piccoli. Ormai incamminati nel deserto quaresimale, stiamo mettendo i nostri passi nelle orme di Gesù, camminando per i suoi sentieri fino al giardino della risurrezione.
Anche per questo tempo forte sono tante le iniziative in cantiere: gli incontri di spiritualità; le iniziative di carità sempre accolte con entusiasmo dai nostri bambini e ragazzi, tra le quali una raccolta di generi alimentari a favore dei
Camminiamo insieme
bambini delle missioni peruviane dell’Operazione Mato Grosso (OMG) ed un incontro per gli adulti sulla realtà umana del carcere promosso dalla commissione della carità del nostro C.P.P; il Meeting zonale dei Chierichetti e, il 25 Marzo, solennità dell’Annunciazione, il pellegrinaggio a piedi dal santuario della Madonna in Pratis di Rudiano alla Chiesa di S. Maria Maggiore di Chiari. A metà del percorso della Quaresima sarà poi il tradizionale “Rogo della Vecchia” con relativo “Processo” a riaccendere e riscaldare le nostre serate. Sono ormai pochi gli Oratori dove si è mantenuta questa tradizione. Fortunatamente fra questi c’è anche il nostro. Questo “Rogo” segna il passaggio dalla stagione invernale a quella primaverile. Rientrati poi in Quaresima dopo questa breve pausa ci metteremo ancora in cammino incontro a Gesù Risorto. Da qualche giorno ormai negli ambienti oratoriani gira un Rebus, si tratta di un piccolo giochetto che il centro Oratori bresciani sta facendo girare per iniziare a divulgare il tema del Grest per la prossima stagione estiva; se volete provare anche voi a risolverlo potete trovare questo rebus qui accanto.
Terminato il mio resoconto della vita di Oratorio non mi resta altro che augurarvi ogni bene e tutto il bene possibile... alla prossima! don Claudio
Spazio oratorio
Mese della pace 2012
In cammino per la cultura della pace
D
omenica 12 Febbraio 2012 a Castrezzato si è tenuta la Marcia della Pace, organizzata dall’Associazione Cattolica parrocchiale con l’aiuto delle scuole Primaria e Secondaria. Questa iniziativa ha concluso la settimana di animazione comunitaria e missionaria che ha coinvolto gran parte degli abitanti del paese grazie a molteplici iniziative e incontri tenuti con Padre Sergio, Teresa e Padre Ramon presso la Parrocchia, le scuole, la casa delle Associazioni di volontariato e di impegno civile e la casa di riposo
“Maggi”. Sabato 11 Febbraio i ragazzi di prima e seconda media hanno svolto l’operazione “saponetta”, che consisteva nel raccogliere in tutte le case del paese prodotti per l’igiene per aiutare nella missione in Perù. Domenica 12 dopo la Santa Messa delle 9:30, celebrata da Don Sergio, bambini, catechisti, genitori e insegnanti si sono riuniti in piazza Pavoni per creare un corteo che ha attraversato il centro di Castrezzato fino al nostro Oratorio. Nonostante il tempo, la temperatura
era sotto zero e nevicava, vi è stata una grande partecipazione. Ogni gruppo ha marciato con striscioni, cartelloni, magliette e simboli della Pace. Giunti all’oratorio i bambini dalla prima elementare alla seconda media hanno eseguito su di un palco delle canzoni e poesie (alcune scritte anche dagli stessi bambini!) inerenti alla pace. Al termine della marcia sono state liberate due colombe bianche, uno dei simboli più concreti della pace.
Camminiamo insieme
Federica Mombelli
n. 30 marzo - maggio 2011
25
Spazio missioni
7 - 12 febbraio
Settimana di animazione della comunità missionaria di Villaregia Appena conclusa l'esperienza, mi sembra di esprimere un giudizio decisamente positivo. Non avevamo obiettivi "stratosferici": desideravamo dare un segnale di rivitalizzazione del tessuto cristiano della nostra Comunità ed offrire un annuncio di Cristo a quanti sono alla ricerca delle ragioni autentiche del credere. Esprimo le mie impressioni in brevi annotazioni. 1Buona e ben preparata la piccola Equipe dei missionari, veri fratelli in continuo dialogo tra loro e rispettosi dei sacerdoti locali. 2Efficace la metodologia: sia nell'annuncio ai bambini delle scuole, sia nei dialoghi
formativi degli adulti nei vari incontri. 3Serene e coinvolgenti le celebrazioni, sia eucaristiche, che della Parola. Forse un po' eccessiva la gestualità durante la liturgia, ma sempre motivata, spiegata ed accompagnata. 4Generosa e gentile l'accoglienza delle famiglie per i pasti dei missionari. 5La partecipazione della gente è stata a volte discreta, a volte ottima. 6Il modo di porsi alla gente è senz'altro originale, gradevole ed incisivo. Orientamenti per il futuro: L'obiettivo primario è di accogliere l'invito della Diocesi a predispor-
re scelte e stili in ordine all'Unità pastorale da costituire. Ciò non ci impedirà di tenere i contatti e di far ricorso ai missionari Villaregia quando le opportunità ce lo consentono (ospitalità per i ritiri, collaborazione per alcuni incontri formativi ecc...). Il nostro cammino però deve tener presenti le indicazioni di marcia della Diocesi. Mi pare che alcune scelte previste di Villaregia siano dei "doppioni" di quanto ogni Unità pastorale dovrà costituire (vedi per es. l'Equipe pastorale dell'U.P.) Le direzioni di cammino che ci siamo dati in questi anni sono chiare e su di esse bisogna perseverare. don Mario
Lettera ai missionari della Comunità di Villaregia Castrezzato, 18 febbraio 2012 Ai cari Missionari : Teresa, P. Sergio e P. J. Ramon, A nome personale, di don Claudio e di tutta la Comunità cristiana di Castrezzato, sono a ringraziarvi per la vostra generosa collaborazione nel portare tra noi la “bella notizia di Gesù” con modalità nuove, fresche e...simpatiche. Dio vi benedica! Sono testimone della gioia di tutti i parrocchiani, i quali hanno accolto con apertura e disponibilità la vostra fraterna presenza: nella scuola, in oratorio, tra gli ammalati e le famiglie. Avremmo piacere di raccogliere la vostra testimonianza circa la Settimana passata tra noi, per fame un resoconto sul notiziario parrocchiale. Certi di poter continuare anche in futuro una fruttuosa collaborazione in alcuni settori dell’evangelizzazione e della pastorale parrocchiale e missionaria, fraternamente ancora ringrazio e saluto nel Signore. La Quaresima è ormai alle porte. Ci scambiamo reciprocamente l’augurio di vivere intensamente questo Tempo di Grazia e di Salvezza don Mario Parroco di Castrezzato
28
n. 30 marzo - maggio 2012
Camminiamo insieme
Vita in Parrocchia
Chiari, 23 gennaio 2012
Verbale della riunione del Consiglio Pastorale Zonale
L
a riunione si apre con la preghiera a S. Angela Merici, Patrona secondaria della Diocesi di Brescia, essendo in prossimità della sua festa. Viene dato per letto e approvato il verbale della riunione precedente in quanto già allegato alla convocazione inviata ai vari membri del CPZ. Il Vicario Zonale introduce quindi la riunione odierna e si passa subito alla trattazione del punto centrale dell’incontro: la riflessione sulle prime tre schede proposte per i gruppi in preparazione al Sinodo Diocesano sulle Unità Pastorali. Dal confronto vivace e partecipato sull’argomento emerge quanto segue:
Per la scheda 1: Missione ecclesiale, Unità pastorali e territorio: 1. emerge che sul territorio c’è crisi di fede nelle persone; bisogna avvicinarle nei luoghi in cui sono; serve analisi del territorio anche per vedere cosa c’è e cosa bisogna fare; 2. la Chiesa deve abitare il territorio dando voce ai problemi che tutti i giorni toccano la gente; 3. per questa vicinanza e attenzione che diventa anche annuncio del Vangelo servono laici preparati, che si mettono in gioco in prima fila per questa missione; 4. emerge allora il problema della formazione dei laici con la difficoltà di riuscire a farli partecipare ai
30
n. 30 marzo - maggio 2012
momenti formativi (a parte pochi casi isolati risulta difficile far vivere un percorso di catechesi sistematico) 5. serve preparare bene anche le comunità ad accogliere questa ministerialità/missionarità dei laici perché è ancora piuttosto difficile far accettare persone diverse dai sacerdoti o religiosi/e. 6. I Fidei donum in tutto questo potrebbero essere di stimolo a questo discorso portando la loro esperienza nella formazione e nel coinvolgimento dei laici (anche con formule di organizzazione pratica delle comunità). Per la scheda 2: Unita pastorali e segni dei tempi: 1. I cinque fenomeni espressi dalla scheda sono accettati e confermati rimarcando ancora una volta l’importanza di valorizzare i laici 2. Riguardo alla diminuzione del clero emerge di tenere presenti i religiosi/e presenti nel territorio e valorizzarli inserendoli anche stabilmente in un servizio, deciso con il Vescovo, in una parrocchia. - 3. Sarà importante pensare anche ai direttori laici di oratorio (formazione e mantenimento economico). I curati, dove ancora ci saranno, non potranno arrivare dappertutto. 4. Come coordinamento fra le parrocchia potrebbe essere un primo passo quello di studiare gli orari delle messe in modo che non si sovrappongano;
Camminiamo insieme
5. Per affrontare anche l’individualismo e il diverso legame con la vita comunitaria, almeno per le parrocchie vicine: riuscire a proporre avvisi settimanali in comune per far conoscere le varie iniziative/i vari cammini proposti. 6. Soprattutto per i più giovani sarà importante curare molto la pastorale scolastica nell’insegnamento della religione cattolica. Per la scheda 3: Fisionomia delle unità pastorali: 1. Meglio un solo parroco con presbiteri collaboratori (no al coordinatore) 2. Il gruppo ministeriale e il Consiglio dell’unità pastorale sembrano un doppione; creare un unico organo che rappresenti le varie comunità con il coordinamento del parroco 3. Riguardo ai criteri di costituzione sembra più opportuno tenere in considerazione il contesto storico-culturale e l’omogeneità dell’ambiente sociale; potrebbe essere opportuno anche riunire parrocchie di zone pastorali diverse, piuttosto che legarsi ai comuni o alle parrocchie vicine di una zona. L’incontro si chiude alle 22.45 circa fissando la data della prossima convocazione (5 marzo 2012) e con la preghiera finale e la benedizione. B. Marinelli
Vita in Parrocchia
Conferenza di don Adriano Santus sulla realtà umana del carcere di Brescia Mercoledì sera 7 marzo, nel saloncino dell’Oratorio si è svolta la conferenza/testimonianza del Cappellano delle Carceri di Brescia don ADRIANO SANTUS. L’obbiettivo era quello di ascoltare dal vivo l’esperienza di chi vive ogni giorno a contatto con i detenuti e conoscere le situazioni di chi sta scontando una pena. Anche se le persone intervenute non erano molto numerose, la conferenza/testimonianza di don Santus, Cappellano da oltre vent’anni del Carcere bresciano di Canton Mombello è stata stra-
ordinariamente efficace. Egli ha offerto il quadro reale e completo dell’attuale realtà umana carceraria della nostra Città. I Cappellani hanno un compito umano e spirituale “tutto speciale” all’interno del carcere. Colgono le situazioni particolari che altri non vivono e soprattutto possono essere vicini dal punto di vista umano e spirituale ai detenuti, portando anche in carcere “il lieto annuncio della salvezza”. Particolarmente tragica è la constatazione del rapporto esistente tra agire delinquenziale
e assenza (totale o parziale) del supporto familiare: insomma molti o moltissimi dei detenuti hanno alle spalle famiglie molto problematiche o totalmente inesistenti o addirittura nocive. Condivisa è l’opinione che il carcere così com’è non aiuta affatto il recupero di chi ha agito male. Si dovrebbero potenziare le possibilità di un lavoro dentro o fuori il carcere , che possa permettere , dopo aver scontato la pena, il rientro nella società.
Ultimato il restauro dell’affresco della Pietà Via Crucis quaresimale Sempre molto partecipate le Via nella cappella vicino al presbiterio Crucis dei venerdì sera di QuareDopo alcuni anni di osservazione e di studio, ottenute le necessarie autorizzazioni, è stato intrapreso e portato a compimento, sotto la guida della Soprintendenza, il restauro del più antico affresco presente nella nostra chiesa parrocchiale raffigurante la Pietà. L’opera necessitava di urgente recupero per lo stato di abbandono in cui giaceva, l’umidità e l’alterazione inarrestabile del colore in alcune parti della superficie pittorica. Si era parlato di questo progetto in occasione dei Festoni del 2007, senza giungere ad una soluzione, a motivo della previsione dei tempi lunghi che interventi di questo genere avrebbero richiesto. In questi ultimi tre anni abbiamo affrontato direttamente l’obbiettivo di recupero. Inoltre è stata restaurata anche la stanza-sacrestia dove è posizionato. Lo Studio Volta che ha dato la sua assistenza e ha diretto i lavori, ha fatto rilevare che il muro dell’affresco è cinquecentesco e fa certamente parte dei muri perimetrali della precedente
chiesa dedicata a S. Maria degli Angeli, dalla quale pure proviene il quadro dell’altare di S. Maria degli Angeli, ricavato da un affresco strappato. Anche l’antico mobile in legno grezzo, costruito appositamente nella cappella quando fu edificata la nuova chiesa dedicata ai Santi Patroni Pietro e Paolo, è stato restaurato. Ai parrocchiani sensibili che hanno sostenuto la spesa di questi interventi a ricordo dei loro cari Defunti va il nostro sentito ringraziamento. Essi sono: per l’affresco e la saletta settecentesca il signor Gianni Magoni che ha voluto ricordare i suoi cari genitori e le adorate Rosa e Franca; per l’imponente mobile antico la maestra M. Antonia Galli che ha voluto ricordare i suoi amati genitori Danesi Cecilia e Galli Luigi. Ai Restauratori Arrighini Tomasoni il nostro plauso per lo splendido lavoro svolto che rimarrà ancora nei secoli segno prezioso della fede. Sul prossimo bollettino daremo ulteriori informazioni sull’intervento.
sima. Anche i ragazzi del catechismo hanno collaborato con impegno a preparare le preghiere ed a leggerle nelle varie soste. Molto curate le varie soste presso le famiglie. Le cose ben fatte piacciono al Signore e danno soddisfazione anche a noi. Alla Commissione Liturgica, a don Claudio, ai chierichetti, sempre molto numerosi va il nostro grazie.
Ringraziamento L’Oratorio ringrazia sentitamente i Sig.ri Orizio Claudio e Volpi Adriano e la ditta Due Gi. di Guerrini, per avere gentilmente offerto il restauro della campana e la manutenzione della relativa torretta della Cappella dell’Oratorio. Grazie di cuore!
Camminiamo insieme
n. 30 marzo - maggio 2011
31
Vita in Parrocchia
Da Alagoinas, in Brasile, il vescovo Paulo Romeo
Gradita visita di un vescovo brasiliano alla nostra comunità
A
i primi di marzo è venuto tra noi Mons. Paulo Romeo, vescovo di Alagoinas (Stato di Bahia- Brasile). È giunto in Italia per impegni del suo ministero ed ha colto l’occasione per visitare alcuni collaboratori (tra i quali alcuni della nostra Parrocchia) e quindi anche la nostra Parrocchia. Nonostante il suo timore di non
32
n. 30 marzo - maggio 2012
parlare speditamente l’italiano, ha celebrato una spendida S. Messa festiva per i ragazzi e le famiglie ed ha posato per una simpatica foto di gruppo. Mons. Paulo guida da dieci anni una vasta Diocesi di 800.000 fedeli ed ha solo 60 sacerdoti collaboratori. Lo ringraziamo con tanta riconoscenza e lo ricordiamo nella
Camminiamo insieme
preghiera. Il Gruppo missionario ha manifestato concretamente la solidarietà della Comunità di Castrezzato.
Nella foto: Mons. Paulo Romeo posa con i nostri ragazzi dopo la Messa
Vita in Parrocchia
Il dono dei padri Saveriani
Una reliquia di San Guido Conforti L’amore di Cristo sia sempre nei vostri cuori! Al Rev. Padre Provinciale dei Saveriani di Parma Caro Confratello, sono il parroco di Castrezzato (Diocesi di Brescia), di cui è nativo p. Sergio Targa, ora in servizio missionario in Bangladesh. Con la presente sono a chiedervi il dono di una reliquia di San Guido Conforti da venerare nellla nostra Comunità per tenere vivo l’esempio di questo umile e grande cristiano, missionario e vescovo. Sarà anche un modo di sentirci sempre in unità con un figlio di questa terra che è nella vostra Congregazione. Potrete esaudirci? Ne saremmo molto contenti. Nel qual caso, diteci se possiamo rivolgerci ai Saveriani di Brescia, ma sempre sotto vostra iniziativa. Resto in attesa. Ringrazio fraternamente, anche a nome di nostri fedeli che ne sarebbero molto felici. Grazie. don Mario Stoppani
Il Superiore di Parma ha risposto positivamente. La reliquia è stata donata alla nostra Comunità nel pellegrinaggio parrocchiale del 22 marzo scorso. Ringraziamo di cuore i Padri Saveriani.
26 febbraio 2012, benedizione della nuova autoambulanza del COSP
Camminiamo insieme
n. 30 marzo - maggio 2011
33
Vita in Parrocchia
A Prevalle per rendere omaggio al compianto maestro
Omaggio a don Arturo Moladori
D
omenica 12 febbraio 2012 la Schola Cantorum ha voluto rendere omaggio al suo fondatore, Don Arturo Moladori, recandosi a Prevalle. Verso le 9 siamo partiti in pullman e, dopo aver reso omaggio alla tomba di Don Arturo, abbiamo partecipato alla Santa Messa con i nostri canti. È stata per noi un’esperienza commuovente ed intensa; la comunità di Prevalle ci ha accolto con molto calore e ci ha manifestato la sua gioia per la nostra presenza. Ma ancora di più lo siamo stati noi. Poter ricordare Don Arturo Moladori
con i nostri canti e pregarlo affinché l’avventura di questa Schola possa durare nel tempo e perché ognuno di noi riesca a dare la sua disponibilità e il suo impegno con serenità e amore. Questo è quello che Don Arturo ci ha testimoniato e noi vorremmo continuare ad essere autori della suo insegnamento. Ci hanno fatto molto piacere i complimenti ricevuti dopo la messa da gente che non conoscevamo, ma che abbiamo reso partecipe con il nostro canto. Da sottolineare come, al termine della S. Messa, tutti i presenti si siano fermati ad
ascoltare il “Gloria” di Vivaldi, partecipi dell’emozione espressa con il canto. A nome di tutto il coro ringrazio la comunità di Prevalle e il parroco don Vittorio Bonetti per la calorosa accoglienza. Ringraziamo inoltre il gruppo Alpini e il presidente Franco Moladori (nipote di Don Arturo), per il rinfresco organizzato. Una intensa nevicata ci ha poi riaccompagnato nel viaggio di ritorno a Castrezzato. A.T.
Il Coro “Don Arturo Moladori” durante un’esecuzione nel Duomo di Milano il 15 settembre 2010.
Camminiamo insieme
n. 30 marzo - maggio 2011
35
Poesia dello Spirito
La Pasqua nella poesia Morte e Resurrezione
Vita
Dalla morte: la vita
O Signore, già nell'Ultima Cena, tu ci annunci la Tua donazione, perchè, quel sacro rito, sia ripetuto nel tempo.
Un passaggio tu sei. Ricordo d'un passato, lontano e pur vicino, sognante o già reale e scorri lungo il viale.
O Padre. Quanto ci hai amato e quanto ci ami! Ieri, oggi, domani perchè in Te, non cè tempo. Quale dono ci facesti nell’amarci tanto, da donarci Tuo Figlio. Contempliamo la Croce e Colui che, per amore nostro, è lì. Già il Suo farsi uomo, fu donazione, il morire poi, fu l’olocausto più sublime. Quale atto d’amore! Non ci sarebbe stata morte, senza Resurrezione, perchè nella Sua rinascita, sta la nostra. Per questo, la vita, dovrebbe essere un ascesa continua e oblazione a Te, in virtù, di quel prezioso riscatto, che potrà sublimarci.
Così inizia la Tua Passione, già racchiusa in quella condanna. L'uomo, che poco prima, ti aveva osannato, ora ti flagella. Ti corona di spine, addossandoTi la Croce. Ti percuote, ti sputa, ti rende un visibile rifiuto, agli occhi di tutti, spegnendo la Tua dignità.
Or bimba sognante, delicata e coccolata, baciata d'un amore, che penetra nel cuore. Poi.... mamma. Tre germogli si schiudono alla vita. Scorre il tempo... Lacrime e gioie si confondono in stretta compagnia, nella tormentosa via.
Che sta avvenendo? Ora Ti inchioderanno, ancor vivo, sulla Croce. Proprio Tu, che per gli uomini, donasti la Tua stessa vita, che, per lo stesso amore, l’hai assunta. Oh! ... Nulla è cambiato o Signore, ogni giorno Ti coroniamo di spine e pronunciamo quella sentenza. Ma Tu, dall’alto della Croce, ci perdoni e ci rialzi, sconfiggendo la morte, con lo splendore della Resurrezione, aprendo e donando a tutti, la Vita Eterna. Quanto amore!
36
n. 30 marzo - maggio 2012
Insieme si curan le tante ferite, aiutando altre vite. È gioia nel cuore, se si dona amore. Sola tu resti. Fragile donna nel segnato destino. È la fine dell'incontro di due anime fuse, nello stesso cammino. Un germoglio si stacca, il primo; così verde e radicato, Corre ... corre su in alto, cerca il padre, che vita le ha dato. Ancor si intendon fra loro, nel Cielo argentato.
Camminiamo insieme
Liliana poetessa dello Spirito
Calendario liturgico
Calendario liturgico pastorale Marzo 04 I Domenica di Quaresima. 11 II Domenica di Quaresima 18 III Domenica di Quaresima 25 IV Domenica di Quaresima 30 Ore 9,30 S. Messa in onore dell’Addolorata per mamme e spose 27 Domenica III di Quaresima (La samaritana) 29 Martedì. Centri di Ascolto e Radio Quaresima.
Aprile 01 Domenica delle Palme. S.S. Quarantore. (I) Ore 8,00 S. Messa. Ore 10,00 Raduno in Oratorio. Ore 10,15 Benedizione dei rami di ulivo ed inizio della Processione; itinerario: Via Gatti Piazza Zammarchi - Piazza S. Maria degli Angeli - Chiesa. Ore 10,30 S. Messa pro popolo e proclamazione della Passione. N.B. La messa delle ore 11,00 è accorpata a quella delle ore 10,30. Ore 14,30 Adorazione eucaristica per i ragazzi. Ore 15,30 Adorazione eucaristica per gli adulti Ore 18,00 S. Messa vespertina. 02 Lunedì Santo - S.S. Quarantore (II) Sante messe ore 8,00 - 9,30 - 20,00. Esposizione e adorazione del Santissimo Sacramento, sia il mattino che il pomeriggio (dalle ore 15 in poi). 03 Martedì Santo (III) Come il Lunedì Santo, con l’aggiunta della solenne Processione eucaristica della sera. Itinerario tradizionale: Chiesa – Piazza - Via Battisti - Vicolo Abbandonato Via Risorgimento - Via Torri - Chiesa. 04 Mercoledì Santo Ore 9,30 Pasqua dell’Ammalato alla Casa di Riposo. Ore 20,30 Liturgia penitenziale per tutti e confessioni individuali in chiesa 05 Giovedì Santo: Istituzione dell’Eucaristia e del Sacerdozio. Ore 7,30 Ufficio delle letture e Lodi
Ore 9,30 (In Cattedrale a Brescia : Missa Chrismatis per tutti i presbiteri della Diocesi. Ore 20,30 S. Messa in Cena Domini in Parrocchia. Lavanda dei piedi. Adorazione fino alle ore 23,30 (per chi vuole) 06 Venerdì Santo. Giorno della Morte del Signore. Digiuno e astinenza. Ore 7,30 Ufficio delle Letture e Lodi. Ore 14,00 Ora della Divina Misericordia. Ore 15,00 Liturgia della Passione e Morte di Cristo. Adorazione della Croce. Benedizione dell’affresco della Pietà recentemente restaurato. Ore 20,30 Liturgia della Parola - Vangelo della Passione secondo Giovanni - Processione con il Cristo Morto (Itinerario tradizionale). 07 Sabato Santo: Gesù nel Sepolcro. Giorno senza liturgia. Confessioni pasquali. Ore 7,30 Ufficio delle Letture e Lodi. N.B. In giornata, possibilità di visitare e dare il bacio al Cristo Morto in chiesa. Ore 20,30 Solenne Veglia Pasquale con i Battesimi Comunitari. 08 Pasqua di Risurrezione: S.S. Messe Ore 8,00 9,30 - 11,00 e 18,00. Ore 17,20 Vespri. 09 Lunedì dell’Angelo: S.S. Messe con orario festivo. 10 Martedì dopo Pasqua da oggi fino alla fine di settembre entra in vigore l’orario estivo delle Sante messe: Feriale serale Ore 20,00; festiva del sabato e domenica sera Ore 18,30 15 Domenica II di Pasqua o della Divina Misericordia. Ore 15: Ora della Divina Misericordia. Adorazione Eucar. 16 S. Bernardette Soubirous, religiosa. 22 Domenica III di Pasqua 25 S. Marco Evangelista 29 Domenica IV di Pasqua. Memoria di S. Caterina da Siena, Patrona d’Italia . 30 S. Pio V Papa.
Camminiamo insieme
n. 30 marzo - maggio 2011
37
Calendario liturgico
Calendario liturgico pastorale Maggio 01 Festa di S. Giuseppe Lavoratore Ore 20,30 Inizio del mese di Maria, per tutti, in chiesa. 02 Ore 20,30 Inizio della recita del S. Rosario nei vari rioni del paese. 03 S. S. Apostoli Filippo e Giacomo. 04 Primo Venerdì del mese, dedicato al Sacro Cuore. S. Comunione ai malati e anziani. Festa di S. Gottardo a Trenzano. 6 Domenica V di Pasqua 8 Beata Vergine di Pompei 11 Madonna del Frassino (Peschiera) 13 Domenica VI di Pasqua. Battesimi Comunitari. Nostra Signora di Fatima. 14 S. Mattia Apostolo 20 Solennità dell’Ascensione del Signore 22 S. Rita da Cascia
24 Incontro zonale dei Sacerdoti a Castrezzato. 26 S. Filippo Neri. Festa della Madonna di Caravaggio. 27 Solennità di Pentecoste. Ore 11,00 S. Cresime (Arciv. Mons. Lorenzo Voltolini) 31 Festa della Visitazione della Beata Vergine Maria. Ore 20,00 S. Rosario e S. Messa di chiusura del mese mariano in chiesa.
“Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Matteo 25,40). A nome dei curati dell’Oratorio Pio XI di Castrezzato, che hanno conosciuto e beneficiato della bontà, della generosità e dello spirito cristiano di servizio umile e nascosto di Lavinia vorrei esprimere alcune parole di sincero ringraziamento. Cara Lavinia, tu ora stai alla finestra della casa del Padre, dove ci vedi, ci sorridi e continui ad accompagnarci. Sì, sorridici
38
n. 30 marzo - maggio 2012
Camminiamo insieme
ancora cara Lavinia... Noi affidiamo la tua cara anima alla Madre di Dio (che noi qui a Castrezzato veneriamo con il titolo di “Santa Maria degli Angeli” a cui tanto eri devota e alla cui Compagnia appartenevi). Lei tua Madre, che ti ha guidato ogni giorno della tua vita, ti guiderà adesso alla gloria eterna del Suo Figlio, Gesù Cristo nostro Signore ed i nostri santi patroni, Pietro e Paolo, con l’aiuto del nostro Carlino ti avranno aperto e spalancato le porte del paradiso. Grazie di cuore! don Claudio
Anagrafe parrocchiale
Anagrafe parrocchiale Rinati in Cristo (battesimi)
Nella luce di Cristo (defunti)
Corsini Nicolò di Cristian e Cassis Denise Pagani Lorenzo di Ezio e Andrini Laura Lupatini Cristian di Sergio e Fogliata Eleonora Andrini Matteo di Fabio e Laurini Veruska
Mondella Maria Rosa di anni 80 Bianchi Rosaria di anni 98 Franceschini Luigia di anni 82 Bianchi Federica di anni 76 Begni Luigi di anni 66 Festa Isidora di anni 86 Formenti Lavinia di anni 82 Zani Suor Josephina di anni 87 Biscaro Giovanni di anni 86 Borella Anna di anni 96 Mercandelli Natalina di anni 94
Cara nonna Anna, 96 anni sono tanti, tanti come le rose del cuscino posto sulla tua bara, 96 anni che hai vissuto accompagnati da momenti tristi e felici. Sei stata una donna dal carattere molto forte, a volte all’apparenza “scontrosa” nei modi esteriori, ma dentro colma di amore, bontà e saggezza, che solo chi ti conosceva bene poteva intravvedere. Hai ricevuto e coltivato un dono prezioso, la fede, che ti ha sorretto in ogni difficoltà e ha illuminato la tua vita fino la momento della sofferenza e del distacco da questa terra. Ti ho visto pregare con fervore nel momento in cui ricevevi il sacramento dell”’unzione degli infermi”: il mio pensiero è andato al mio papà, alla grande fede che tu gli hai trasmesso. Nonna, sei stata una roccia, forte e sicura nei tuoi valori: non dimenticherò mai i tuoi racconti, i tuoi consigli, i nostri segreti all’ora della merenda. E così pure i nostri piccoli litigi che subito svanivano nelle tue parole: ”tanto domani sei qui ancora”. Grande è l’affetto che ci lega! Il tuo sguardo era già lontano quando l’altra sera mi hai chiesto di stare con te la notte del sabato perchè avremmo dormito entrambe, tu però lo sapevi che il tuo sonno sarebbe stato eterno. Ora sono sicura che tu sei contenta di aver trovato finalmente la pace e il riposo che in questi ultimi mesi hai cercato più volte. Cara nonna e carissimo papà, vi ringrazio e, ora insieme proteggeteci tutti con il vostro sguardo amorevole. Ciao, un bacio Raffaella
Camminiamo insieme
n. 30 marzo - maggio 2011
39
Non aspettare fratello Non aspettare di essere ricco per donare. Non attendere di essere luce per illuminare. Non rimandare ad essere umile per perdonare. Non sperared’esser sapiente, per capire. Non attendere d’essere felice, per sorridere. Non volere essere amato, per amare. Esci da te stesso e dona oggi quello che hai. Nulla si perderà . Liliana