Bollettino Marzo

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n° 34 marzo - maggio 2013

Camminiamo insieme Periodico della ComunitĂ dei Santi Pietro e Paolo in Castrezzato


Sommario

Camminiamo insieme

Periodico della Comunità parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo in Castrezzato N. 34 marzo - maggio 2013

Hanno collaborato a questo numero: mons. Mario Stoppani, don Claudio Chiecca, mons. Vittorio Formenti, Silvana Brianza, Suore delle Poverelle, P. Alberto Modonesi, Collaboratori Oratorio Pio XI, E. Maghini, Commissione Pastorale della Famiglia, Coro Don Arturo Moladori Contributi di: Quotidiano “Avvenire”, Settimanale “Città Nuova”, “Il Messaggero di Sant’Antonio”, Missioni Consolata, A.C. Castrezzato, Segreteria Parrocchiale, Sez. Avis-Aido di Castrezzato Fotografie: Erika Zani Segreteria: Agostina Cavalli Impaginazione: Giuseppe Sisinni

In copertina ISTANTANEE DA UNA VIA CRUCIS VIVENTE: Il CRISTO PORTACROCE

Nella Settimana Santa molte sono le rappresentazioni dal vivo della Passione del Signore. Sono espressioni della devozione popolare e di una fede ancora radicata nei nostri paesi. Quando si sente la parola croce o croci, si pensa subito a Gesù, il quale- dopo aver portato il suo patibolo al Calvario- vi ha consumato il suo supremo sacrificio per la redenzione dell’umanità. Ma la croce non riguarda solo Gesù: riguarda anche tutti i suoi seguaci. I Sinottici (Matteo/ Marco/ Luca) ci riportano questa esigenza perentoria di Gesù che non ammette “sconti” per nessuno. Dice – per esempio Gesù nel Vangelo di Mc. 8,34 “ E, chiamata a sé la moltitudine con i suoi discepoli, disse: Se uno vuol venire dietro di me, rinunci a sé stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la sua vita la perderà, ma chi perderà la sua vita per Me e per il Vangelo, la salverà”. Le condizioni per seguire Gesù sono tre: Rinunciare a vivere per sé stessi, cioè a mettere il proprio io al centro dell’interesse; Portare la propria croce, cioè avere disponibilità ad andare incontro anche alla morte; Seguire Gesù e camminare sulla sua strada di Figlio dell’uomo sofferente. Come si può notare, la rinuncia non viene richiesta per se stessa, ma solo quale presupposto dell’adesione radicale al Signore. La Croce non è la meta ultima: essa è – per Cristo e per noi – la gloria, la risurrezione. Buona Pasqua a tutti. don Mario

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Sommario 3 4 9 13 15 17 19 20 23 31 34 36

Lettera del Parroco Non è mai troppo tardi per Cristo

La rinuncia del Papa Un gesto d’amore che farà Storia

Papa Francesco Gesuita mite e umile figlio di italiani andati in Argentina

Con la Chiesa La domanda di una “nuova evangelizzazione”

Con la Chiesa Come va la famiglia così va la Chiesa e la società

Con la Chiesa Tribolati ma non schiacciati

Con la Diocesi Concluso il Sinodo diocesano

Spazio missioni Oltre le sbarre

Vita Cristiana “Ho pregato per te, perchè non venga meno la tua fede”

Con la Parrocchia Famiglia, Chiesa domestica

Vita in Parrocchia Diario storico delle attività delle Poverelle che hanno operato a Castrezzato

Vita in Parrocchia Gli interventi alla strutture parrocchiali


Lettera del Parroco

Prese un asciugamano e se lo cinse intorno alla vita e si mise a lavare i piedi dei discepoli (Gv 13, 4-5)

Non è mai troppo tardi per Cristo

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arissimi, conosciamo fin dall’infanzia il racconto dei due malfattori crocifissi con Gesù, uno a destra e l’altro a sinistra. Avevano camminato lungo gli stessi sentieri di Palestina e, forse, avevano già incrociato lo sguardo del Nazareno. Ora, i “tre crocifissi”, nel livido spettacolo del Golgota, sono irriconoscibili; ognuno preso e sfigurato dagli spasmi del proprio dolore. Fuori delle mura di Gerusalemme, sulla sommità della collina “luogo del cranio”, triste e arido come può esserlo una vecchia cava di pietra, tre patiboli striano e squarciano il cielo grigio. Da essi pendono un galileo, di Nazareth, con ai lati due “malfattori”; erano detti così, per marchiarli e disonorarli, i rivoluzionari che si opponevano al potere di occupazione romano. La crocifissione era la pena capitale riservata agli schiavi ed ai ribelli: pena infamante e atroce. La tradizione popolare, confluita nel vangelo apocrifo di Nicodemo, darà loro un nome: Disma (il buon ladrone) e Gesta (l’impenitente). I capi religiosi deridono e sfidano Gesù con espressioni che portano l’eco delle tentazioni nel deserto: “Ha salvato altri: Salvi sé stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto!”. I due malfattori, nello stordimento del dolore, odono quello

strano compagno di sventura proferire una inattesa, sconvolgente intercessione: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Condannato dai potenti, abbandonato da tutti, percosso, umiliato, intriso di sangue, Gesù prega e perdona. Chi può tanto, vicino alla morte? Chi si affida a Dio, chiamandolo “Padre”, chiedendo

non vendetta, ma solo perdono nasconde un mistero grande. Non dev’essere solo un innocente, vittima di un errore giudiziario. Ha qualcosa di divino, contro tutte le evidenze umane. Disma lo percepisce, forse nell’istante in cui incrocia lo sguardo di Gesù. Uno sguardo disceso dal cielo che lo strappa al suo inferno. Alla luce di quegli occhi, rilegge tutta la propria violenta, tormentata esistenza. Partecipa al dolore innocente di Gesù, senza trincerarsi dietro a giustificazioni. E confessa la pro-

pria colpa. Quel ladrone è “buono” perché intimamente “pentito” e professa la sua incondizionata fiducia nel Cristo (“Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”!). Ri-cordati, cioè portami nel tuo cuore, non lasciarmi qui, strappami dalla croce per portarmi nell’amore che vedo in te. Questa è la radice del perdono: affidarsi a Cristo. Gesù gli assicura “ Oggi, sarai con me in paradiso”. Il salvataggio è compiuto. Disma raggiunge una salvezza insperata e la sua storia dolorosissima si trasforma e diviene storia bella, lieta. Abbiamo vissuto la Quaresima come tempo forte che prepara alla Pasqua di Risurrezione. Ormai volge alla fine e sfocia nella luminosa Settimana Santa. Sapremo anche noi in questi giorni santi prendere coscienza di ciò che il male, voluto e compiuto, rende? Ritornerà anche per noi l’opportunità e la grazia di fare l’esperienza di Dio che, per strapparci dal male, non ha paura di mescolare le sue lacrime alle nostre? Sapremo ancòra far festa insieme, nell’abbraccio senza fine del perdono donato? “ Dio scampa dai pericoli al di là di ogni speranza umana” ( diceva S.Basilio ai suoi cristiani). Cristo che muore e risorge per l’intera umanità ci doni il suo perdono e la sua pace. Buona Pasqua!

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Vostro don Mario

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La rinuncia del Papa

Papa Benedetto XVI rinuncia al ministero di vescovo di Roma

Un gesto d’amore che farà storia La rinuncia del Papa al Ministero di Vescovo di Roma ha suscitato sentimenti di stupore e di gratitudine. Verità schiettezza e coraggio le doti che spiegano tale gesto.

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essuno ha amore più grande di chi dà la vita per i propri amici». Benedetto XVI, sin dall’inizio del suo ministero, ci ha stupiti perché con la semplicità e la radicalità del Vangelo ha parlato del suo rapporto con Gesù, e del rapporto che in Gesù siamo chiamati a vivere tra noi, nei termini più belli e intensi della nostra esperienza: l’amicizia. Il gesto inatteso con cui ha annunciato, nel corso del concistoro pubblico coi cardinali dell’11 febbraio, la sua rinuncia al ministero di vescovo di Roma e successore dell’apostolo Pietro, è il segno più elevato di questa amicizia di cui ci ha fatto dono. Un gesto alto, che non solo mette un sigillo straordinario su questo pontificato, ma che apre anche a una stagione nuova nel modo di intendere e gestire il papato. Ci hanno sempre colpiti, in verità, la schiettezza e la franchezza di questo papa nello svolgimento del suo servizio. Quelle parole con cui, il giorno della sua elezione, ha salutato la folla adunata in piazza San Pietro: «Sono un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore» non erano solo parole, ma esprimevano l’animo con cui egli prendeva dalle mani di Dio il gravoso compito che gli era chiesto appunto come un servizio di amore. A quasi otto anni da quel giorno, nello stesso spirito ha detto ai cardinali: «Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie

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Maria Voce

«Le vogliamo e le vorremo sempre tanto bene» La presidente del Movimento dei Focolari ha indirizzato al pontefice il seguente messaggio: «Il Movimento dei Focolari si stringe a lei in un commosso e grande ringraziamento per tutto l’amore paterno da cui si è sempre sentito accompagnato e sostenuto. Vorremmo che ci sapesse al suo fianco, in profonda e continua preghiera per la nuova fase che si apre ora nella sua vita e nella vita della Chiesa, con la sicura fede nell’Amore di Dio a cui ci ha particolarmente richiamati quest’anno. Le vogliamo e le vorremo sempre tanto bene».

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La rinuncia del Papa

«È un grande!» È la prima parola che mi è uscita dalla bocca alla notizia delle dimissioni di Benedetto XVI. Nel libro-intervista con il giornalista tedesco Peter Seewald, Luce del mondo, aveva già previsto questa possibilità: «Se un papa comprende di non essere più in grado fisicamente, psicologicamente e spiritualmente, di assolvere ai doveri del suo ufficio, allora ha il diritto e, in alcune circostanze, anche l’obbligo di dimettersi».

forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato í ministero petrino». E ciò, ha precisato, perchè «nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato». Ma questo gesto, mi sembra, travalica il significato, già per sé luminoso e intenso, della testimonianza personale e suggerisce qualcosa che ha una portata più vasta e che coinvolge lo stile della sequela di Gesù come Chiesa nel nostro tempo. Il papa non è una figura sacrale al di fuori e al di sopra dei ritmi che scandiscono la vita e la missione dei discepoli di Gesù. Egli, come tutti noi, è semplicemente un discepolo dell’unico Signore e Maestro. Anche se scelto a quel ministero

vertiginoso che lo chiama a corrispondere, con tutto se stesso, alla parola di Gesù: «E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli», e alla sua esigente domanda: «Mi ami tu più di costoro?». Lo stupore che proviamo dunque, si apre alla gratitudine per l’umiltà e il coraggio di un atto d’amore che farà storia. E che, facendoci tutti sentire come mai vicini al cuore di Benedetto XVI, ci fa sentire anche più vicini gli uni agli altri sui sentieri di luce, di speranza e di servizio tracciati dal Concilio Vaticano II. Così che possiamo far nostre, in questa nuova tappa del cammino della Chiesa, le parole con cui egli chiudeva, quel 19 aprile del 2005, il suo primo saluto: «Nella gioia del Signore risorto fiduciosi nel suo aiuto permanente andiamo avanti. Il Signore ci aiuterà e Maria sua Santissima Madre starà dalla nostra parte. Grazie». Grazie anche a te, papa Benedetto!

Nella lunga storia del pontificato romano si conoscono cinque o sei papi che hanno rinunciato alla loro carica, famosissimo Celestino V. È una possibilità contemplata nel Codice di diritto canonico. Eppure si tratta di una circostanza talmente rara e remota nel tempo che lascia tutti sorpresi. Sorpresi ed ammirati dalla lucidità e dell’umiltà della decisione. La presentazione che fece di se stesso all’inizio del pontificato come «semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore» non era retorica. Invera la richiesta di Gesù a “dimettersi”, dopo aver lavorato per la sua causa, come “lavoratore che ha compiuto la sua missione”. Sì, è un grande Benedetto XVI. Mostra a tutti che l’esercizio del potere è autentico servizio, al punto che quando non si hanno più le capacità per adempierlo, lo si lascia ad altri. Fabio Ciardi

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La rinuncia del Papa

La mancanza di forze dietro la rinuncia di Papa Benedetto XVI

Un uomo libero e mite L’annuncio ha scosso il mondo. Dopo 700 anni un Papa lascia la sede di Pietro. L’età avanzata e la mancanza di forze necessarie per guidare la Chiesa in un mondo che cambia velocemente spingono Benedetto XVI, dal 28 febbraio, a servire in un modo diverso: nella preghiera, nel sacrificio, nel silenzio e nell’amore.

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i è stato dato un Papa, Benedetto, che per otto anni ha servito la Chiesa come vescovo di Roma e pastore della Chiesa universale. Il primo atteggiamento che la fede ci suggerisce è il ringraziamento a Dio. È un dono, per la Chiesa, avere un vescovo che costituisce il centro della comunione cattolica, che conferma tutti gli altri vescovi nella fede, che dà a tutto il popolo di Dio la garanzia di essere sulla strada giusta, nella continuità con la fede che ci è stata trasmessa. Benedetto XVI ha svolto questo ministero in modo mirabile: nessuno, nemmeno tra i laicisti più accaniti, ha mai potuto dubitare della sincerità della sua fede, dell’autenticità della sua vita, della competenza del suo magistero. A un Papa non si chiede di risolvere tutti i problemi che la Chiesa si trova ad affrontare nel mondo contemporaneo; nessuno ha il potere di cambiare la testa alla gente, di raddrizzare tutte le idee storte che circolano, di sanare tutte le ferite che dolgono. A un Papa si chiede, invece, che insegni il Vangelo con chiarezza in modo che chi lo desidera possa confermare la sua fede alla luce della fede del Papa; e questo Benedetto XVI lo ha fatto con precisione. Grazie, quindi, con tutto il cuore, papa Benedetto. Adesso, a 85 anni, Benedetto sente che le sue forze declinano; questo non dovrebbe sorprendere

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nessuno. Sa, Benedetto - e lo ha ricordato ai cardinali proprio quando dava le dimissioni - che si fa il Papa insegnando e governando, ma anche pregando e soffrendo; questa modalità del suo servizio

può continuare a qualsiasi età, in qualsiasi condizione fisica. Ma ha ritenuto - sono sempre le sue parole - che oggi nella Chiesa, in un mondo tormentato come quello in cui viviamo, ci sia bisogno di un Papa che abbia anche forze fisiche sufficienti a portare il peso di un governo tutt’altro che leggero. Per questo ha deciso di dare le dimissioni e lasciare che i cardinali scelgano un altro Papa, che continui la sua opera e possa agire con energie integre. È una sua scelta? Certo: il Papa è assolutamente libero nelle scelte che riguardano il governo della Chiesa e nessuno lo può costrin-

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gere. Ma Benedetto ha spiegato ai cardinali di avere scrutato più volte, con sincerità, la sua propria coscienza. Questo non significa che ha analizzato i suoi stati d’animo per vedere se gli piaceva più continuare o smettere questo pesante servizio; significa invece che ha cercato di comprendere che cosa Dio gli stesse chiedendo in questo momento preciso della sua vita. Ed è arrivato alla conclusione che sia venuto il momento, davanti a Dio, di lasciare il servizio. Che questo momento possa venire anche per un Papa, lo aveva già insegnato il cardinal Ratzinger, prima di diventare Benedetto XVI. A un Papa possono venire a mancare le forze fisiche - Dio non è obbligato a fare un miracolo per conservarle sempre intatte; un Papa può valutare ci sia bisogno di forze superiori a quelle che gli rimangono per guidare efficacemente la Chiesa; e allora, per amore della Chiesa, un Papa può decidere di lasciare il suo ministero. Questo insegnava il teologo. Ora quel teologo, diventato Papa, ha fatto quello che insegnava. C’è da rimanere ammirati per la coerenza, la chiarezza, il coraggio di un uomo così. C’è da accogliere la sua decisione con il silenzio della meditazione, con la riconoscenza dell’amore. C’è da fare il nostro esame di coscienza: nessuno è indispensabile; noi siamo solo degli umili operai nella vigna del Signore.


La rinuncia del Papa

Intellettuali a confronto con la decisione di Benedetto XVI

Tutti avrebbero qualcosa da imparare

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icordo la Cappella Paolina nella fase conclusiva del grande restauro, negli anni fra il 2008 e il 2009» rac-conta al nostro giornale il direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci, commentando — con un ricordo personale — le dimissioni di Bene-detto XVI. «Il Santo Padre più di una volta ha visitato il cantiere, più di una volta ha dato consigli improntati a grande sensibilità liturgica e finezza intellettuale. Per esempio quando ha voluto che venisse ripristinato l’assetto tradizionale dell’area presbiteriale, con una avvertenza tuttavia. Che l’altare della celebrazione eucaristica fosse discostato dalla parete absidale quel tanto sufficiente a consentire sia la messa versus cruce che quella versus populum». Della presenza di Benedetto XVI in Paolina, prosegue Paolucci, «un fatto è rimasto per me indimenticabile. Quel luogo, come tutti sanno, è celebre per gli affreschi di Michelangelo che raffigurano La Conversione di San Paolo e la Crocifissione di San Pietro. Ma non c’è solo Michelangelo in Paolina. La sua opera venne conclusa, molti anni dopo la sua morte, da altri pittori, importanti ma infinitamente meno celebri. Si chiamavano Federico Zuccari e Lorenzo Sabatini. Il nostro restauro aveva coinvolto i loro murali insieme a quelli del Buonarroti. Ebbene quando si trattò di scrivere in lati-

stimoniano i contributi comparsi su diverse testate che ripubblichiamo, in stralci, in questa pagina. Dare anche solo sommariamente conto delle reazioni occorse è impossibile. Ci limitiamo a ricordare qualche nome. Ad esempio, sul quotidiano bavarese «Siiddeutsche Zeitung», Heribert Prantl ha scritto che «questo ritiro fa saltare in aria una tradizione di duemila anni, fa saltare in aria la stessa immagine che il papato cattolico ha di se stesso. Ma non ha toccato la catena della tradizione, l’ha rafforzata».

no la lapide memoriale che testimonia, all’anno 2009, la conclusione del nostro lavoro, il Papa ha voluto modificare di suo pugno un testo che nella stesura originaria celebrava soltanto Michelangelo. Quodque Michaelangelus mirabiliter aliique artifices pinxerant: così ora sta scritto in epigrafe. Non solo il grande Buo narroti andava ricordato e onorato. Il testo voluto da Benedetto XVI si rivolge anche agli aliique artifices, a quelli che non hanno avuto in sorte la gloria e la fama. Lo scrupolo dello studioso, il rispetto della storia e la pietas del pastore, si incontrarono, quel giorno, in Cappella Paolina». Oltre al direttore dei Musei Vaticani, la decisione di Benedetto XVI è stata commentata dal mondo intellettuale e culturale, come te-

«Una decisione inaspettata e molto importante — scrive invece padre Adam Boniecki, direttore emerito del settimanale di Cracovia Tygodnik Powszechny — . Bisogna essere grati a Benedetto XVI perché ha mostrato come risolvere il problema del ministero, della vecchiaia e della debolezza con una grande fede». «Un gesto fortissimo» lo definisce Antonio Preziosi, direttore del Giornaleradio Rai. «In un mondo nel quale prevale l’attaccamento alle poltrone, a ogni posizione di potere, Benedetto XVI dimostra che si può lasciare quando non ci si sente più in grado di compiere il proprio servizio. Un gesto di umiltà, di umanità, ma anche di libertà, dal quale tutti — cattolici e laici — potrebbero avere qualcosa da imparare».

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La rinuncia del Papa

Benedetto XVI secondo “Il Messaggero di Sant’Antonio”

Innovatore incompreso

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hi non ha mai capito la portata innovativa della figura e del pontificato di Joseph Ratzinger, e ha continuato a vederlo e a interpretare le sue parole e le sue azioni come prova di conservatorismo e rifiuto del nuovo, è stato smentito clamorosamente dalle sue improvvise e impreviste dimissioni, una innovazione assoluta. Oltre che uno straordinario gesto di umiltà e di amore per la Chiesa. Perché Joseph Ratzinger è stato per molti versi nuovo: non c’è mai stato, almeno negli ultimi secoli, un Papa che fosse anche un grande intellettuale, capace di offrire interpretazioni nuove del momento storico che la Chiesa attraversava e proporre coraggiose vie di intervento per i cattolici. Il suo pontificato infatti è stato caratterizzato innanzi tutto da un grande e profondo lavoro intellettuale di comprensione del presente e di ricerca di nuove vie per rendere attuale il messaggio evangelico: non solo, infatti, i suoi tre libri dedicati a Gesù costituiscono una sintesi tra fede e ragione che permette un incontro con Gesù coerente e accettabile alla cultura del presente, ma molti dei suoi discorsi e delle sue catechesi gettano una luce nuova sulla situazione attuale densa di significati e ricca di proposte di intervento. Senza capire davvero cosa agita il mondo contemporaneo è difficile muoversi in qualsiasi direzione: è questo in sostanza il motivo della sua continua denuncia delle varie

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forme di relativismo, dell’appello ad accompagnare sempre la fede con la ragione per non venire cancellati dalla tendenza scientista in atto. Una costante volontà di capire che non ha escluso sorprese, come quando, davanti al Parlamento tedesco, ha elogiato le opinioni e le azioni di molti non credenti, che su certi temi sentiva più in sintonia di quelle dei cattolici. A cominciare dalla scelta del nome, Benedetto, non si è stancato di segnalare come priorità la nuova evangelizzazione dell’Europa, di un continente che sta dimenticando le sue radici cristiane. La necessità di avviare un nuovo processo di evangelizzazione è stata infatti considerata da Ratzinger la priorità del suo pontificato, insieme con la purificazione della Chiesa, condizione più che mai indispensabile per ridare credibilità al messaggio cristiano. E proprio il tema della purificazione — da lui enunciato come programma già prima di essere eletto — ha costituito il macigno che ha reso così pesante la sua azione di pontefice. Benedetto XVI ha dovuto pagare gli errori di altri portando sulle sue spalle il peso dello scandalo della pedofilia, da lui affrontato sempre con coraggio e verità già da Prefetto della Congregazione della Fede. Con il medesimo coraggio e ansia di verità ha continuato a denunciare, nei discorsi alla Curia, i velenosi effetti delle lotte intestine per il potere

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e il denaro. Questo è stato senza dubbio il tema più spinoso e insidioso che ha dovuto affrontare: e, proprio questo tema lascia come esigente eredità al suo successore. Con il suo stile mite e dolce, scevro da ogni carisma superficialmente inteso, ha saputo parlare alle folle e scaldare i cuori, rinnovando la fede e l’entusiasmo di giovani e donne, anziani e sacerdoti. Con uno stile personalissimo, che è stato apprezzato e riconosciuto da tutti. Non c’è dubbio però che il significato più forte del suo pontificato sta proprio in quest’ultimo gesto, una decisione che rivela fino in fondo la sua straordinaria statura spirituale. E, soprattutto, la sua fiducia in Dio, nelle cui mani ha rimesso il destino della Chiesa. La sua fiducia che lo Spirito Santo saprà farsi sentire — come è stato finora nei conclavi dell’ultimo secolo — spiazzando cordate e alleanze, e portando i cardinali a scegliere sempre il migliore, l’uomo adatto a quel momento storico. Così, anche se l’inaspettata decisione di Benedetto XVI sembra lasciare i cattolici che molto lo amano nella tristezza e un po’ anche nell’abbandono, si può guardare insieme a lui con speranza e fiducia a ciò che Dio riserva nel futuro della Chiesa. Lucetta Scaraffia


Papa Francesco

Il Papa venuto dalla fine del mondo

Gesuita mite e umile figlio di italiani andati in Argentina

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a ieri per il nuovo Pontefice Jorge Mario Bergoglio, che ha commosso il mondo con il suo saluto dalla Loggia pontificia, sarà difficile soprattutto dire addio alla sua diocesi di elezione, Buenos Aires quella che lui ama chiamare l’Esposa, retta per quasi 15 anni, e vivere tra le mura della città leonina. Un distacco che significherà per il Papa italoargentino lasciare i luoghi a lui più cari, i preti e i poveri dei barrios della capitale, visitati tante volte e raggiunti a bordo di un autobus o in metropolitana, e proseguire lungo il cammino tracciato dal suo predecessore Benedetto XVI. Famoso per la sua austerità e per la sua reticenza a concedere interviste proprio nei giorni che hanno preceduto il conclave Bergoglio, - come aveva evidenziato il quotidiano di Bueonos Aires Clarin - del suo predecessore aveva sottolineato «il coraggio di spazzare la sporcizia dentro la Chiesa». E proprio su questo fronte il nuovo Pontefice oltre a portare la ventata di novità del primo latino-americano sul Soglio di Pietro metterà al centro le stesse preoccupazioni e la medesima tensione pastorale che hanno animato e contraddistinto lo stile di Joseph Ratzinger. Un filo rosso la piemontesità, lo stile austero e la comune appartenenza all’Ordine di Sant’Ignazio lega idealmente Jorge Mario Bergoglio e Carlo Maria Martini: entrambi furono elettori di Bene-

detto XVI nel 2005. E toccante fu il ricordo di Bergoglio sul confratello biblista nel giorno della sua morte il 31 agosto del 2012: «Il cardinale Martini era un uomo che sape-

va ascoltare ed ha rappresentato una grande intuizione di Giovanni Paolo II. E ha saputo ascoltare la complessità dell’arcidiocesi diventando il primo catechista».

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Papa Francesco

Figlio di emigranti piemontesi, quattro fratelli, Bergoglio è nato a Buenos Aires il 17 dicembre del 1936, ha quindi 76 anni. Il padre Mario era un funzionario delle ferrovie, la madre, Regina Sivori, una casalinga con sangue piemontese e genovese. Jorge viene descritto come un ragazzo semplice e schivo, studia da perito chimico, ha un lavoro e una fidanzata. A 22 anni la svolta religiosa: I’11 marzo del 1956 entra nel noviziato dei gesuiti di Villa Devoto, si laurea in filosofia al Collegio Massimo San Josè de San Miguel e pochi giorni prima del suo trentatreesimo compleanno, nel 1969, viene ordinato sacerdote. Nel 1973 viene eletto provinciale della Compagnia di Gesù, un incarico che eserciterà per sei anni. Si tratta di un periodo molto turbolento per l’Argentina che sprofonda nel vortice della repressione e della violenza. Ed anche per la Chiesa, tentata dall’opzione rivoluzionaria sono anni di grandi convulsioni e di drammatiche spaccature. Il giovane provinciale dei Gesuiti si mostrò aperto al dialogo ma fermo nelle sue decisioni. «Se non ci fosse stato Bergoglio a capo della congregazione, le difficoltà sarebbero state molto più grandi», ha dichiarato alcuni anni fa al quotidiano La Nacion l’ex ministro per il culto Angel Miguel Centeno. Nel 1979 padre Bergoglio partecipa al vertice della Celam (Consiglio episcopale latino-americano) a Puebla ed è fra coloro che si oppongono decisamente alla teologia della liberazione, sostenendo la necessità che il continente latino-americano faccia i conti con la propria tradizione culturale e religiosa. È la caratteristica fondamentale di Bergoglio: grande attenzione ai poveri ed agli emarginati insieme con una rigorosa ortodossia dottrinale. A quei tempi non era facile sostenere una simile posizione in America Latina. L’ex provinciale

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gesuita si ritira nello studio. Viene nominato rettore del Collegio Massimo e delle facoltà di filosofia e teologia. Poi va in Germania a completare il proprio dottorato. Tornato in Argentina sente forte il richiamo per l’attività pastorale che eserciterà in una parrocchia di Cordoba. Nel 1992 il cardinale Antonio Quarracino, primate d’Argentina, lo vuole al suo fianco come vescovo ausiliare e poi coadiutore. E dopo la sua morte, avvenuta nel 1998, Bergoglio diventa arcivescovo di Buenos Aires. Nel 2001 viene creato cardinale da Giovanni Paolo II. Per sei anni (due mandati) ha guidato la conferenza episcopale argentina (2005-2011). Solo il 22 febbraio scorso Benedetto XVI aveva nominato il cardinale argentino membro della Pontificia Commissione per l’America Latina. Bergoglio fin dall’inizio del suo ministero episcopale ha scelto uno stile di vita semplice ed austero, quasi monacale. Abita in un piccolo appartamento, va in giro con la tonaca nera come un semplice prete e usa sempre autobus e metrò. E abituato ad alzarsi alle 4 e 30 di mattina, e dopo la Santa Messa e le preghiere si dedica a rispondere personalmente alle lettere dei suoi fedeli. Di lui dicono che «parla poco ma sa ascoltare molto». Autore di vari libri che trattano soprattutto di pastorale sociale, ha una grande capacità d’improvvisare discorsi ed omelie, cogliendo d’istinto gli umori di chi gli sta intorno. Uomo dì grande cultura è un appassionato lettore di Borges e Dostojevski, Dante e Manzoni ama la musica classica ed il tango. Senza dimenticare la sua passione per la poesia di Holderin e le note di Beethoven. Tra i suoi film preferiti, lo ha confessato lui stesso alcuni anni fa, c’è Il Pranzo di Babette. (Della figura di Bergoglio rimase affascinato lo stesso Roberto Benigni durante una sua

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visita in Argentina nel 2009, ndr.) Amatissimo nel suo Paese in un libro-intervista autobiografico, divenuto un bestseller uscito nel 2010 Il Gesuita scritto da Francesca Ambrogetti e Sergio Rubin il futuro Papa aveva spiegato le sfide che attendevano la Chiesa moderna: «L’opzione fondamentale è scendere per le strade e cercare la gente: questa è la nostra missione. Il rischio che corriamo oggi è quella di una Chiesa autoreferenziale: simile al caso di molte persone che diventano persone paranoiche e autistiche, capaci di parlare solo a loro stesse». E, da buon sudamericano, stravede per il calcio tifando per la squadra del San Lorenzo di Almagro da cui ha avuto in regalo una maglietta con gli autografi dei giocatori. Aperto al contatto con la gente, in tutti questi anni Jorge Bergoglio ha conquistato la stima e l’affetto dei porteñi, soprattutto dei più poveri che se lo ritrovano particolarmente vicino quando, a partire dal 2001, l’Argentina precipita nella catastrofe economica. Ha saputo ridare credibilità e prestigio sociale alla Chiesa, mantenendo una distanza critica nei confronti del potere politico di qualsiasi colore. Qualche anno fa in Vaticano pensarono di affidargli un importante dicastero. Ma lui si schermì: «Per carità, se mi chiudete in Curia io muoio». Eletto ora 265° successore di San Pietro porterà tra le mura dei Sacri Palazzi il suo stile di vescovo e di predicatore capace, come aveva già annunciato solo nei giorni scorsi durante le congregazioni generali del pre-conclave, di guardare a una Chiesa che si fa prossima alle persone là dove esse vivono portando ovunque «l’annuncio gioioso dell’amore e della misericordia di Dio». Fonte “L’Avvenire” Luigi Geninazzi e Filippo Rizzi


Papa Francesco

Non seguitemi a Roma: i soldi del viaggio dateli ai poveri

Il cardinale dei poveri che visita le bidonville

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e qualcuno aveva scambiato la sua mitezza per rassegnazione, ebbene si dovette ricredere. Nel 2002, nel bel mezzo del crac dell’economia argentina, il cardinale Jorge Mario Bergoglio usò parole taglienti, denunciando «la corruzione generalizzata che mina l’unità della nazione e ci toglie prestigio agli occhi del mondo». Ci ricordiamo tutti le dimostrazioni di piazza del dicembre 2002 in Argentina, la rabbia della borghesia che si ritrova improvvisamente sul lastrico, la repressione delle forze dell’ordine. Dalla finestra del

suo piccolo appartamento, vicino al palazzo della curia, l’arcivescovo di Buenos Aires vide coi propri occhi le scene di violenza e chiamò subito al telefono l’allora presidente De La Rua chiedendogli di fermare le cariche della polizia. Non ebbe un attimo di esitazione «il cardinale dei poveri». Attenzione, però. Quel che più gli stava a cuore non era la protesta rumorosa e violenta dei contestatori politici ma quella silenziosa e affranta dei padri e delle madri che piangono di notte, quando i figli dormono e nessuno può vedere la

loro cupa disperazione. «Piangono come quando erano bambini e la mamma li consolava. Si, solo Maria nostra Madre può asciugare le loro lacrime», disse il cardinale Bergoglio in un’omelia commovente e appassionata. Non si limitò a pronunciare belle parole. Tramite la Caritas diocesana organizzò immediatamente delle mense popolari, distribuì aiuti, accorse dovunque ci fosse bisogno della presenza materna e consolatrice della Chiesa. Ed alzò forte la sua voce a difesa di un popolo «strangolato dai meccanismi anonimi e perversi dell’economia speculativa».

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Papa Francesco

È lo stile pastorale del nuovo Pontefice: schierato decisamente a fianco del poveri e degli emarginati, critico con il potere ma alieno da posizioni ideologiche che riducono il cristianesimo a lotta di classe. In una delle sue rare interviste (Bergoglio non ha mai amato l’esposizione mediatica), confida al settimanale Trenta dìas: «Anche l’attuale imperialismo del denaro mostra un volto idolatrico.E dove c’è idolatria si cancella Dio, si cancella la dignità dell’uomo. Tanto le ideologie di sinistra quanto l’imperialismo del denaro tendono ad eliminare l’originalità dell’incontro con Cristo». Bergoglio è uno dei volti del nuovo del cattolicesimo latino-americano che marca la sua distanza dalla vecchia teologia della liberazione, ma non arretra di un millimetro quando si tratta di difendere i diritti umani, sociali ed economici dei più deboli. Lo si è visto chiaramente nei mesi drammatici della crisi. A fare emergere nel collegio cardinalizio e far conoscere al grande pubblico internazionale la figura di Bergoglio fu la sua partecipazione al sinodo dei vescovi del 2001 come relatore. Sobrietà e incisività. Sono le caratteristiche del nuovo Papa (il primo gesuita a salire sul soglio di San Pietro). Per Jorge Mario Bergoglio la preoccupazione per i poveri è sempre andata di pari passo con quella educativa. Subito dopo essersi insediato all’arcivescovado di Buenos Aires prese la decisione di creare un vicariato episcopale per l’educazione. Non una struttura burocratica, bensì un foro permanente per la formazione giovanile. «Il dramma della nostra epoca – ha detto una volta – è che l’adolescente vive in un mondo che a sua volta non è uscito dall’adolescenza. I ragazzi crescono in una società che non chiede loro nulla, non li

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educa al sacrificio e al lavoro, non sa più cosa sia la bellezza e la verità delle cose. Per questo l’adolescente disprezza la storia passata ed è spaventato dal futuro. Tocca alla Chiesa riaprire i sentieri della speranza». Nel segno della povertà, quando nel febbraio 2001 venne elevato alla porpora cardinalizia, Bergoglio non volle comprarsi una nuova talare e si fece adattare quella usata dal suo predecessore, il cardinale Quarracino. «Non è proprio la stessa taglia, ma pazienza», sbuffò il sarto. Quando, nel febbraio di quell’anno, riceve la porpora cardinalizia e i fedeli propongono di pagare il viaggio per la cerimonia di insediamento l’arcivescovo, colui che ama definirsi semplicemente «Jorge Bergoglio prete», chiede agli argentini di restare a casa e distribuire i soldi ai poveri. Certamente singolare di questo austero figlio di Sant’Ignazio è stata sempre nel 2001 la scelta da parte di Giovanni Paolo II di assegnare il titolo come cardinale presbitero della chiesa romana di San Roberto Bellarmino: un luogo di culto quasi sempre affidato a un cardinale gesuita latino-americano; titolari di questa parrocchia romana sono stati il primate del Perù e dell’Ecuador, gli ignaziani Augusto Vargas Azamora (1922-2000) e Pablo Munos Vega (1903-1994). Stella polare della vita e azione apostolica di Bergoglio in questi anni è stata la esortazione apostolica di Paolo VI Evangeli Nuntiandi. Il cardinale riprendendo le conclusioni del Consiglio episcopale latino-americano (Celam) di Aparecida del 2007 ha suggerito la via di una nuova evangelizzazione alla luce della missionarietà e dell’impegno concreto di amministrare e, allo stesso tempo, facilitare il battesimo e i sacramenti alle persone lontane da Dio, in maggioranza adulte ma anche bambini.

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È stata questa una delle frontiere privilegiate del ministero di Bergoglio nei barrios di Baires in questi 15 anni di ministero episcopale assieme ai suoi preti, a cominciare dal carismatico padre «Pepe» José Maria Di Paola. Di grande impatto è stata poi nel 2009 la decisione del cardinale di istituire un vicariato episcopale per la Pastorale delle «bidonville» nella capitale argentina. Un’emergenza quella di arrivare ai lontani che ha spesso spinto Bergoglio a non dimenticare gli ultimi di Buenos Aires perché «un certo neo rigorismo clericale» tende ad allontanare – è la sua convinzione – «il popolo di Dio dalla salvezza». Attento lettore della Bibbia ma soprattutto profondo conoscitore degli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio, Bergoglio ha sempre sferzato la società argentina a combattere i vizi capitali e si è sempre messo in guardia dai rischi di una secolarizzazione capace di sfigurare il volto della Chiesa. «La cosa peggiore che può capitare è quello che Henri de Lubac – ha raccontato in un’intervista a 30 Giorni di alcuni anni fa a Stefania Falasca – chiama “mondanità spirituale”. È il pericolo più grande per la Chiesa, per noi, che siamo nella Chiesa. “È peggiore”, dice De Lubac, “più disastrosa di quella lebbra infame che aveva sfigurato la Sposa diletta al tempo dei papi libertini”. La mondanità spirituale è mettere al centro se stessi. È quello che Gesù vede in atto tra i farisei: “Voi vi date gloria. Che date gloria a voi stessi, gli uni gli altri”». C’è da giurarci che ora da Pontefice metterà in guardia tutto il suo gregge e la sua amata Chiesa dai rischi di una «mondanizzazione spirituale». Fonte “L’Avvenire” Luigi Geninazzi e Filippo Rizzi


Con la Chiesa

Per decidere del proprio futuro nell’incontro con la persona e il messaggio di Cristo

La domanda di una “nuova evangelizzazione”

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he cos’è la “ nuova evangelizzazione”?

Il Beato Papa Giovanni Paolo II, nel primo discorso che avrebbe dato notorietà e risonanza a questo termine, rivolgendosi ai vescovi del continente latino americano, così la definisce: «la commemorazione del mezzo millennio di evangelizzazione avrà il suo pieno significato se sarà un impegno vostro come Vescovi, assieme al vostro Presbiterio e ai vostri fedeli; impegno non certo di rievangelizzazione, bensì di una nuova evangelizzazione. Nuova nel suo ardore, nei suoi metodi, nelle sue espressioni». Cambiano gli interlocutori e anche il tempo, e il Papa si rivolge alla Chiesa in Europa lanciandole un appello molto simile: «È emersa l’urgenza e la necessità della “nuova evangelizzazione“, nella consapevolezza che l’Europa non deve oggi semplicemente fare appello alla sua precedente eredità cristiana: infatti che sia messa in grado di decidere nuovamente del suo futuro nell’incontro con la persona e il messaggio di Gesù Cristo».

e le strade per tornare ad ancorarsi in modo solido alla presenza del Risorto che le anima dal di dentro. Bisogna che si lascino guidare dal suo Spirito, che tornino a gustare in modo rinnovato il dono della comunione col Padre che in Gesù vivono, e tornino ad offrire agli uomini questa loro esperienza come il dono più prezioso che possiedono. Le risposte pervenute al testo della traccia di verifica si sono ritrovate appieno in questa diagnosi di Papa Giovanni Paolo II. Rispondono a loro volta alla specifica domanda – che cos’è la nuova evangelizzazione? – molte riflessioni pervenute sono concordi nell’indicare che la nuova evangelizzazione è la capacità da parte della Chiesa di vivere in modo rinnovato la propria esperienza comunitaria di fede e di annuncio dentro le nuove situazioni culturali che

si sono create in questi ultimi decenni. Il fenomeno descritto è il medesimo nel Nord e nel Sud del mondo, in Occidente e in Oriente, nei Paesi in cui l’esperienza cristiana ha radici millenarie e nei Paesi evangelizzati da poche centinaia di anni. In seguito al confluire di fattori sociali e culturali – che convenzionalmente designiamo con il termine “globalizzazione” -, hanno avuto inizio processi di indebolimento delle tradizioni e delle istituzioni. Essi hanno intaccato molto velocemente i legami sociali e culturali, la loro capacità di comunicare valori e di dare risposte alle domande di senso e di verità. Il risultato è una notevole perdita di unità della cultura e della sua capacità di aderire alla fede e di vivere con i valori da essa ispirati. I segni di questo clima sull’esperienza di fede e sulle forme di vita ecclesiale sono descritti in modo

Nel suo momento iniziale,la nuova evangelizzazione risponde ad una domanda che la Chiesa deve avere il coraggio di porsi, per osare un rilancio della propria vocazione spirituale e missionaria. Occorre che le comunità cristiane, segnate dagli influssi che i forti cambiamenti sociali culturali in atto stanno operando su di esse, trovino le energie

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Con la Chiesa

molto simile in tutte le risposte: debolezza della vita di fede delle comunità cristiane, riduzione del riconoscimento di autorevolezza del magistero, privatizzazione dell’appartenenza alla Chiesa, diminuzione della pratica religiosa, disimpegno nella trasmissione della propria fede alle nuove generazioni. Questi segnali, descritti in modo pressoché unanime dai vari episcopati, mostrano che è tutta la Chiesa a doversi misurare con questo clima culturale. In questo quadro, la nuova evangelizzazione vuole risuonare come un appello, una domanda fatta dalla Chiesa a se stessa perché raccolga le proprie energie spirituali e si impegni in questo nuovo clima culturale ad essere propositiva: riconoscendo il bene anche dentro questi nuovo scenari, dando vitalità alla propria fede e al proprio impegno evangelizzatore. L’aggettivo “nuova“ fa riferimen-

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to al mutato contesto culturale e rimanda al bisogno che la Chiesa recuperi energie, volontà, freschezza e ingegno nel suo modo di vivere la fede e di trasmetterla. Le risposte giunte hanno mostrato che questo appello è stato raccolto in modo differente nelle varie realtà ecclesiali, ma il tono generale è di preoccupazione. Danno l’impressione che molte comunità cristiane non abbiano ancora percepito appieno la portata della sfida e l’entità delle crisi generate da questo clima culturale anche dentro la Chiesa. Al riguardo, ci si attende che il dibattito sinodale aiuti a prendere coscienza in modo maturo e approfondito della serietà di questa sfida con cui ci stiamo misurando. Più profondamente ci si attende che continui la riflessione sinodale sul fenomeno della secolarizzazione, sugli influssi positivi e negativi esercitati sul cristianesimo, sulle sfide che pone alla fede cristiana.

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Non tutti i segnali infatti sono negativi. Segno di speranza e dono dello Spirito è per molte Chiese la presenza di forze di rinnovamento. Si tratta di comunità cristiane, più spesso di gruppi religiosi e di movimenti, in qualche caso di istituzioni tecnologiche e culturali, che mostrano con la loro azione la possibilità reale di vivere la fede cristiana con il suo annuncio anche dentro questa cultura. A queste esperienze, ai tanti giovani che le animano con la loro freschezza e il loro entusiasmo, le Chiese particolari guardano con riconoscenza e con attenzione. Esse sono pronte a riconoscere il loro dono, spingendo perché questo dono diventi patrimonio anche del resto del popolo cristiano. Sono attente a seguire la crescita di esperienze che hanno nella relativa giovane età il loro punto forte ma anche qualche limite.


Con la Chiesa

Se la famiglia è solida anche la comunità umana, in senso ampio, è solida

Come va la famiglia così va la Chiesa e la società

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arlare di formazione dei giovani alla vita matrimoniale è molto di più che un semplice appello a frequentare i cosiddetti corsi prematrimoniali. Formarsi al matrimonio è un percorso che inizia presto, da ragazzi, educandosi all’amore. La formazione è sempre qualcosa di valoriale ed esistenziale, ha attinenza con la vita. La formazione, però, ha a che fare soprattutto col dopo il matrimonio, perché se viene meno la continuità, allora è anche inutile il percorso

di formazione al matrimonio. Sono profondamente convinto che la formazione dei giovani alla vita matrimoniale sia la più importante formazione che si possa dare ai cristiani adulti. Perché la famiglia è decisiva, rappresenta il massimo punto di aggancio con la vita, con la quotidianità. Se la formazione dei giovani non è “agganciata” alla famiglia che nasce dal matrimonio, è come “costruirla” in modo molto più parziale per problemi, per patologie. La vita

concreta si gioca II, nella famiglia e portare il Vangelo nella vita quotidiana e concreta vuol dire portarlo esattamente dove la gente vive la sua vita, che praticamente è la famiglia. Certi discorsi di formazione fatti negli ultimi mesi prima del matrimonio arrivano troppo tardi perché non incidono se non debolmente nel progetto di vita familiare. L’attenzione della Chiesa, per fortuna, si sta anticipando all’adolescenza e alla giovinezza

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Con la Chiesa

con preoccupazione e con interesse per formare alla affettività, alla sessualità e all’amore, tenendo conto anche di un pregiudizio, largamente diffuso tra i giovani, che giudica ottusa e inadeguata la dottrina della Chiesa sull’amore. Ne parla esplicitamente anche il Papa Benedetto XVI nella sua prima Enciclica (Deus caritas est, n. 3), quando allude a «una percezione molto diffusa: la Chiesa con i suoi comandamenti e divieti non ci rende forse amara la cosa più bella della vita? Non innalza forse cartelli di divieto proprio là dove la gioia, predisposta per noi dal Creatore, ci offre una felicità che ci fa pregustare qualcosa del Divino?». La formazione dei giovani nell’ambito della sessualità, dell’affettività e dell’amore umano alla luce del Vangelo è l’ambito nel quale è ormai indispensabile una collaborazione tra pastorale familiare, pastorale giovanile e pastorale vocazionale: è necessario aiutare i giovani a interpretare la sessualità e l’affettività alla luce di una vocazione di amore che riguarda tutti, non soltanto coloro che sono chiamati al matrimonio. Benedetto XVI nell’enciclica “Deus caritas est” afferma che la Chiesa non deprime, ma esalta l’eros e la sessualità. Oggi invece è un pregiudizio molto diffuso quello

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di considerare la Chiesa nemica dell’amore umano e della gioia di vivere. Bisogna ripetere continuamente, in ogni occasione opportuna, che è vero esattamente il contrario. Il disegno di Dio sulla sessualità, sul matrimonio e sulla famiglia è meraviglioso. Gi esseri umani sono chiamati a far dono della propria persona, cioè a orientare tutte le loro energie, corporee e spirituali, al bene proprio e altrui nello stesso tempo, per realizzare la comunione interpersonale, partecipando così realmente alla vita e alla gioia delle Tre Persone divine che sono un solo Dio. Ma senza il dominio sull’istinto non è possibile integrare la sessualità nella dinamica dell’amore, inteso come dono di se. È pertanto indispensabile educare le persone alla castità attraverso un cammino progressivo, evitando almeno che si abituino al vizio e diventino insensibili alla gratuità e alla dedizione generosa a Dio e al prossimo. Lo scenario mostra gli esiti della cosiddetta “rivoluzione sessuale”: esercizio ludico della sessualità genitale; privatizzazione della famiglia; aumento dei singles, molti dei quali per scelta; aumento dei divorzi e delle separazioni (ci sono anche i cosiddetti “divorzi grigi” degli ultrasessantenni); molti tipi

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di convivenze irregolari: di fatto, omosessuali, intermittenti, famiglie ricostituite (Benedetto XVI: “figli orfani per troppi genitori”), famiglie monoparentali per scelta (donne che vogliono il figlio, ma non il marito). II matrimonio è considerato obsoleto e destinato a sparire. C’è anche chi avanza la proposta di matrimonio come contratto a tempo. Nel futuro il sesso sarà staccato dalla funzione riproduttiva, affidata sempre più alla tecnologia. Possibilità di poli-amore e polifamiglia. Ideologia del gender (il sesso biologico non ha importanza come non ce l’ha il colore dei capelli. Conta solo il genere, cioè l’orientamento sessuale che si sceglie e si costruisce e si può cambiare). Crisi della natalità e invecchiamento della popolazione (in Europa due terzi delle famiglie sono senza figli; in Italia i figli unici sono il 50%; nel mondo ogni anno circa 50 milioni di aborti); si diffonde la fecondazione artificiale; l’invecchiamento della popolazione ha gravi conseguenze economiche, sociali, culturali; già adesso la società europea dà l’impressione di essere vecchia, statica, senza progetti strategici condivisi, senza ideali, senza gioia di vivere. La Chiesa punta molto sulla formazione dei giovani all’amore, perché crede nel ruolo essenziale, vitale e decisivo della famiglia. Giovanni Paolo II, durante l’Angelus del 5.10.1997 disse: ”Come va la famiglia così va la Chiesa e la società”. L’alternativa può essere la minaccia di Voltaire: “La nostra speranza si fonda sulla lussuria. Affoghiamo il cristianesimo nel fango”. Oppure la profezia di Miguel de Unamuno: ”L’agonia della famiglia è l’agonia del cristianesimo”.


Con la Chiesa

Storie attuali di persecuzione, fede e speranza

Tribolati ma non schiacciati

È

questo il titolo di un libro di Rodolfo Casadei (ed Lindau, Torino 2012), in cui sono riportate le terribili storie di persecuzione perpetrate contro la comunità dei cristiani in terre lontane, dove ancora non è lecito professare liberamente il proprio credo religioso. “La nostra Chiesa è considerata apostolica non solo perché fondata dagli apostoli, ma perché è martire come lo è stata la Chiesa degli apostoli. Speriamo che il sacrificio di 973 cristiani, fra loro un vescovo e cinque giovani preti, contribuirà ad un cambiamento dei cuori di tutti gli uomini, là dove la grazia divina avrà modo di esprimersi”. Questo la voce di Louis Sako, arcivescovo caldeo di Kirkuk (città irachena, capitale del Governatorato omonimo, la cui popolazione risulta composta da varie etnie, curdi, assiri, arabi) che ci sollecita a non dimenticare che le Chiese d’Oriente sono le radici della nostra fede. I cristiani dell’Iraq non conoscono ancora pace: sottoposti a pressioni prima e dopo l’avvento dell’Islam, non usufruiscono di progetti concreti da parte dei governanti per essere integrati in un’unica cittadinanza con diritti comuni; infatti, gli uomini di potere, mussulmani sciiti e sunniti, considerano unico punto di riferimento per l’azione politica la propria religione. I cristiani sono valutati a tutti gli effetti cittadini di seconda categoria e per loro è riservata una sorta di

tolleranza che nulla ha a che fare con la libertà e l’uguaglianza; è come se venisse loro ricordato in ogni istante “tu sei sbagliato, ma sopporto che tu esista”. Basta ricordare alcuni eventi sanguinosi per cogliere la tragicità della situazione. È il 31 Ottobre 2010 quando cinque o sei terroristi, affiliati ad Al Qaeda attiva in Iraq, insanguinano e devastano la chiesa di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, la cattedrale siro-cattolica di Baghdad: quattro ore e mezza di incubo, fra le 17 e le 21.30 in un quartiere dove la presenza di cristiani è significativa. Per realizzare il loro intento, i terroristi attuano una serie di azioni diversive: attaccano la sede della Borsa nelle vicinanze; uccidono due guardie; fanno saltare con un telecomando la Jeep imbottita di esplosivo parcheggiata all’altezza dell’abside. Entrano infine nel cortile della chiesa prendendo alle spalle guardie e poliziotti che vigilano al cancello d’entrata. All’interno sparano all’impazzata contro i fedeli che cercano di uscire; quindi uccidono a sangue freddo il diacono in capo della chiesa e i due sacerdoti che vi trovano; sparano ai giovani uomini lì in preghiera e contro quelle madri che non riescono a mettere a tacere i loro piccoli terrorizzati e intrappolati sotto i cadaveri dei padri; insultano, minacciano e feriscono a morte decine di cristiani dentro la cattedrale, lanciano granate nella sacrestia dove sono

asserragliate più di ottanta fedeli. Inoltre profanano la chiesa, distruggono gli arredi, sparano contro le immagini e gli oggetti. Infine il tragico epilogo. Recitano le ultime due preghiere rituali dell’Islam, quella del tramonto e quella della notte e, quando le truppe speciali del Ministero degli Interni fanno irruzione dopo quattro ore e mezza di assedio, si fanno esplodere con le loro stesse cinture esplosive o cadono sotto i colpi dei militari iracheni. Bilancio: cinquantasette le persone morte di cui quarantacinque cristiani presenti alla celebrazione della messa. Questo lo scarno riassunto dell’incredibile episodio, ma i particolari raccontati dai superstiti lo rendono ancor più macabro. È presente in chiesa una coppia con una bambina di appena tre mesi in braccio alla madre; la piccola piange disperatamente, i terroristi inveiscono, il padre risponde che non è possibile calmare la bambina; per tutta risposta viene falciato a colpi di mitra insieme alla giovane moglie, alla neonata e al padre. Un altro uomo colpito da un proiettile, geme di dolore e da terra grida “Noi moriamo, però viva la croce!”; accorrono numerosi assalitori che puntano le armi verso di lui e lo crivellano di colpi mentre grida ancora “Viva la croce!” Gli assalitori si rivolgono ai fedeli “Sporchi cristiani, noi andremo in Paradiso e voi all’Inferno!”, poi cercano i sacerdoti; padre Wassim esce dal confessionale e si offre

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Con la Chiesa

come ostaggio in cambio della vita dei suoi parrocchiani, ma un terrorista gli spara al torace da distanza ravvicinata; quando viene a sapere di aver colpito un prete, fa partire una seconda raffica sul sacerdote agonizzante. Padre Tahir, che presiede la messa, si trova nei pressi dell’altare al momento dell’irruzione, esorta i fedeli a rifugiarsi in sacrestia, si offre pure lui come ostaggio, inutilmente; va verso il fondo della chiesa, fa scudo con il proprio corpo ai chierichetti, quando ad un certo punto i terroristi l’afferrano e lo trascinano, lo spintonano per farlo cadere. Quindi lo mitragliano sotto gli occhi di sua madre già ferita. I testimoni sono concordi nel raccontare la fine di questo sacerdote: caduto sulle ginocchia, si porta le mani al petto e pronuncia le stesse parole di Gesù sulla croce riportate nel Vangelo di Luca: “Nelle tue mani, Signore, affido il mio spirito” Un’altra vicenda sconcertante è quella di May Chiadiac, definita “la martire vivente”, una giornalista conduttrice della LBC, il principale network televisivo libanese. Per anni ha animato il più importante spettacolo televisivo e condotto il tg in Libano, lanciando accuse contro l’occupazione siriana del Libano e contro le responsabilità siriane nell’omicidio del premier Rafic Hariri, che voleva restituire al suo Stato la piena indipendenza. Un giorno, qualcuno ha messo un chilo e mezzo di esplosivo nella sua auto, mentre lei era in chiesa a pregare, inginocchiata per l’ultima volta nella sua vita, poiché l’esplosione le ha strappato un braccio e una gamba, incendiato i vestiti e i capelli, causandole fratture in tutto il corpo. Era il settembre del 2005. Dopo aver lottato tre giorni contro la morte, è sopravvissuta; attualmente continua ad essere un personaggio pubblico di spic-

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co, con una forte connotazione cristiana. Infatti, adesso la fede cristiana modella il suo modo di concepire la politica e se stessa dentro la politica. May crede fermamente di essere sopravvissuta a motivo di un miracolo: aveva pianto e pregato, sentiva Dio molto vicino il giorno dell’attentato. Quando è salita in auto, si è girata per deporre sul sedile posteriore l’acqua benedetta e l’olio santo ricevuti nel santuario di San Charbel; quel movimento le ha salvato la vita. Spostando l’attenzione verso altri orizzonti, la persecuzione contro i cristiani non è meno violenta. In Sudan, i servizi di sicurezza arabi sono convinti che dietro le proteste degli studenti, che reclamano maggior libertà, vi sia l’azione dei sacerdoti; quando i cortei di protesta vengono dispersi con manganellate e lacrimogeni, gli studenti cercano riparo nelle chiese. I sacerdoti vengono arrestati e presi a calci e a pugni con le armi puntate addosso. Padre Nicholas viene arrestato con una trentina di prigionieri e accusato di essere un guerrigliero nascosto sotto l’abito talare per vigliaccheria; subisce pesanti interrogatori notturni e minacce oltre che oltraggi e violenze. Gli si dice che l’unica via per uscire da quella prigionia assurda è la conversione all’Islam. Lui resiste con la forza della fede in Dio. Pregando devotamente, riesce a sconfiggere la paura dei terribili interrogatori notturni, durante i quali gli vengono in mente le parole di Gesù: “Quando vi interrogheranno nei loro sinedri, non preoccupatevi di quel che direte, perché io vi ispirerò quel che dovrete rispondere”. E succede proprio così: dà le risposte giuste senza bisogno di prepararsi; non riescono a metterlo in difficoltà. Viene liberato fortunatamente dopo qualche mese su pressioni di ordine politico. Ad altri sacerdoti sono toccate sor-

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ti ancor più devastanti in Sudan. Padre Lino Sebit, arrestato nel 1998 a Khartoum con l’incredibile accusa di preparare un attentato contro una linea ferroviaria, viene liberato nel 2000 come gesto di distensione del governo nei confronti della Santa Sede in occasione del Giubileo. Durante la detenzione, subisce duri pestaggi e torture; inoltre lo fanno assistere più volte ai maltrattamenti inflitti ai suoi compagni di cella, fino alla morte sotto i suoi occhi. Libero, padre Lino non è più lo stesso, in preda ad una psicosi che nessuno riesce a guarire, neppure con terapie specializzate in Germania. Muore nel 2009, dopo aver vissuto i suoi ultimi anni nell’ombra della follia. La testimonianza dei martiri di oggi deve diventare per ogni cristiano occasione per riscoprire le ragioni dell’amore a Cristo. Attraverso l’unità del corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa visibile ed invisibile, ciascuno di noi partecipa misteriosamente alla testimonianza resa dai nuovi martiri, cioè della loro attuazione del bene, a condizione che riconosciamo la nostra unità con loro nell’azione corredentrice. Mi piace terminare con una citazione del compianto cardinale Carlo Maria Martini che nelle sue “Conversazioni notturne a Gerusalemme” afferma “… i cristiani che adottano l’opzione a favore dei poveri, devono aspettarsi persecuzioni ancora oggi; l’incontro con i poveri e la battaglia contro la povertà sono il luogo d’elezione dell’incontro con Dio nel nostro mondo.” Silvana Brianza


Con Conla laDiocesi Chiesa

Brescia 1 - 2 e 8 - 9 dicembre 2012

Concluso il Sinodo diocesano (documento finale)

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omenica 9 dicembre scorso si concludeva a Brescia il 29° Sinodo Diocesano, centrato sulle Unità Pastorali. Veniva votato dai presenti il documento finale, suddiviso in cinque capitoli e 103 numeri di riferimento. Ne riprendiamo velocemente solo alcuni e parziali, rimandando al testo completo che si può facilmente reperire sul sito intemet della Diocesi. Queste affermazioni non sono vincolanti finché il Vescovo non le approverà e solo se le approverà, come pare verosimile.

Definizione di UP - 16 (=Unità Pastorale). L’UP è una particolare unione di più parrocchie affidate dal Vescovo a una cura pastorale unitaria e chiamate a vivere un cammino condiviso e coordinato di autentica comunione, attraverso la realizzazione di un unico progetto pastorale missionario pluriennale aperto non solo al territorio, ma pure al mondo intero, in sintonia con le indicazioni pastorali diocesane. Elementi essenziali - 19. Tra gli elementi di una UP sono da ritenersi essenziali: la nomina, da parte del Vescovo, di un presbitero coordinatore responsabile dell’UP, cui compete: presiedere il Consiglio dell’Unità Pastorale (CUP), coordinare il gruppo di coloro che esercitano un ministero, presiedere la commissione economica, guidare la progettazione della pastorale dell’UP e verificarne l’attuazione, promuovere la co-

munione e forme di vita fraterna tra i presbiteri dell’UP, curare i rapporti dell’UP con la comunità civile, la costituzione di un consiglio dell’UP, la progettazione pastorale comune, un Regolamento sulla base di un modello diocesano da adattare alle specifiche esigenze delle singole UP. 35. Attraverso il CUP (= Consiglio dell’Unità Pastorale), spetta all’UP il compito di una comune progettazione pastorale per l’annuncio, la vita liturgica e la carità nell’ambito delle parrocchie che costituiscono l’UP. In particolare, nella vita liturgica si dovranno ripensare in modo organico gli orari delle celebrazioni eucaristiche cercando di garantire in ogni parrocchia una celebrazione eucaristica domenicale e curare la formazione degli animatori liturgici. 36. Nella catechesi si dovrà attuare il cammino dell’iniziazione cristiana secondo le disposizioni diocesane, prestando attenzione alla formazione dei genitori e dei catechisti. Quando risulti possibile e utile, la catechesi dei bambini e dei ragazzi sarà svolta nelle singole parrocchie. In questo caso, ogni parrocchia può prevedere incontri organizzativi per i propri catechisti. 42. Nella pastorale il volontariato e la gratuità sono valori da salvaguardare. In casi particolari e se necessario si potrà ricorrere a personale remunerato, che dia testimonianza di coerenza di vita

cristiana e di dedizione educativa. L’incarico di tali persone nelle UUPP avvenga per mandato esplicito del Vescovo. 44. ...b. È bene che in ogni parrocchia, se possibile, si mantenga la presenza dell’oratorio, almeno con una struttura minima per il servizio del catechismo, delle attività connesse alla iniziazione cristiana e all’animazione dei ragazzi... Commissione economica nell’UP - 85. Nell’UP si potrà costituire una commissione economica che cerchi di ottimizzare le risorse presenti e di sensibilizzare le parrocchie a “sovvenire” alle necessità della Chiesa. Si invitano le comunità a studiare e ad avviare percorsi di comunione tra le parrocchie, soprattutto in vista di un sostegno a quelle che si trovano in particolare difficoltà. Si potrà a tale scopo istituire un fondo comune dell’UP, affidato al presbitero responsabile dell’UP. I Consigli per gli Affari Economici delle singole parrocchie siano riuniti periodicamente per favorire l’armonizzazione dell’utilizzo delle risorse in funzione del progetto pastorale delle UUPP. 86. Può essere utile che nell’UP ci sia un segretario economico, nominato dal coordinatore dell’UP sentito il parere dell’eventuale commissione economica, che lo sollevi da alcune incombenze burocratiche, giuridiche e amministrative nelle parrocchie...

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Spazio missioni

Don Pierluigi Murgioni: testimone

Oltre le sbarre alla mia cella posso vedere il mare; stasera c’è una luna piena stupenda, bassa sul mare, rossa, con i fiocchi di nuvole davanti: tutto uno spettacolo. Sono piccole cose che ti aiutano a “essere fuori”. Bisogna saper accettare tutto con semplicità come è nella dolce e terribile logica del Vangelo. Dio è amore, morto e risuscitato e perciò: benedetti i puri di cuore, benedetti i poveri, benedetti voi che piangete, benedetti i perseguitati, benedetti i costruttori di pace». Così scrisse in una lettera dal carcere don Pierluigi Murgioni (1942-1993), sacerdote bresciano, missionario fidei donum in Uruguay. La sua drammatica ma nel con- tempo straordinaria vicenda umana è descritta nel libro pubblicato dall’Editrice Ave dal titolo: «Pierluigi Murgioni. Dalla mia cella posso vedere il mare».

«D

na e spirituale del prete bresciano, ingiustamente incarcerato e torturato durante gli anni bui della dittatura militare in Uruguay, dove si trovava come fidei donum in servi-

Ne è autore il professore Anselmo Palini, docente di materie letterarie nella scuota superiore, che ha al suo attivo diverse pubblicazioni sui temi della pace, dell’obiezione di coscienza, dei diritti umani e della nonviolenza. In questo libro egli approfondisce la storia uma-

zio pastorale nella diocesi di Melo, all’interno del piccolo paese sudamericano. La sua vicenda ricalca quella di tanti testimoni che incarnando lo spirito del Concilio Vaticano II e della Conferenza di Medellin, fecero la scelta dei poveri e di con-

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seguenza denunciarono le ingiustizie strutturali che in maniera pervasiva stravolgevano la realtà sociale e civile di tutta l’America Latina. La teologia della liberazione diede a queste persone i criteri evangelici per una corretta analisi della situazione e le Comunità di Base - autentica linfa vitale del cattolicesimo latinoamericano - diedero spessore ecclesiale alle scelte di posizione che questi profeti del secolo ventesimo facevano nella realtà in cui erano inseriti. Don Pierluigi era arrivato in Uru- guay nel 1968 nel contesto della cooperazione e comunione tra le chiese che, sotto il poderoso im- pulso dell’enciclica Fidei Donum di Pio XII, aveva incrementato notevolmente il numero dei sacerdoti diocesani italiani impegnati nei vari paesi così detti di missione. In Uruguay, in particolare, approdarono sacerdoti delle diocesi di Novara, Bergamo, Brescia e Verona. Una perfetta miscela piemontese-lombardo-veneta che, se pur dispersa negli angoli più reconditi dell’Uruguay, si ricompattava periodicamente attraverso degli incontri memorabili, capaci di risollevare lo spirito e il morale ai missionari italiani, anche nei mo-


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menti più duri, tale era l’amicizia, l’affetto e l’unione reciproca che stava alla base di questo legame. Di questi incontri, don Pierluigi era un po’ l’anima; purtroppo un amaro destino aveva riservato per lui un’esperienza missionaria del tutto particolare. Durante un’incursione notturna compiuta dai militari che avevano preso il potere tramite un golpe in cui avevano sospeso ogni garanzia costituzionale, venne arrestato nel maggio del 1972, con l’accusa di appartenere al Movimento di liberazione nazionale Tupamaros e senza nessuna spiegazione, portato e incarcerato in un luogo sconosciuto. A suo carico non fu mai esibito lo straccio di una prova che avesse infranto la legge uruguayana; però era tale l’astio dei golpisti nei confronti della Chiesa schierata apertamente e decisamente dalla parte degli oppressi, che essi vollero, attraverso lui, dare un esempio a tutti gli altri sacerdoti, al fine di raffreddarne lo slancio evangelico e solidaristico con chi era coinvolto nei cammini di liberazione sociali, civili e politici. Fu torturato sistematicamente, per il solo piacere sadico di infierire su un ministro del culto cattolico, che aveva manifestato solamente carità e solidarietà cristiana nei confronti degli appartenenti ai Tupamaros (cosa ben diversa dal condividere ideali e strategie di

lotta). Fu privato della possibilità di celebrare l’eucarestia in carcere e gli vennero tolti sia la Bibbia che il Breviario. Rapato a zero, con la casacca color kaki di tela grezza, sulla quale era cucito il numero 756, che era diventato per imposizione dei suoi carcerieri un suo secondo nome, venne fatto scendere nel calabozo (prigione sotterranea) dove, insieme ad altri ragazzi appartenenti alla miglior gioventù uruguayana, passò cinque lunghissimi anni della sua vita. Gli cambiarono cella e compagni diverse volte. Sistematicamente, ogni due-tre mesi, veniva fatto vestire con abiti civili, per fargli balenare la possibilità che «di lì a poco sarebbe stato rimandato in Italia»; ma era una tragica farsa, studiata dagli specialisti della Cia che stavano dietro le quinte dei golpisti uruguayani, per fiaccarne l’animo e lo spirito. Ma don Pierluigi fu forte, resistette a ogni tortura e condizionamento; i suoi compagni di sventura lo ricordano come colui che sosteneva la speranza di tutti, era un riferimento preciso nella disgrazia collettiva del carcere. Quando fu rilasciato, il 12 ottobre 1978, all’aeroporto di Montevideo, diversi furono i missionari italiani venuti a salutarlo e a ringraziarlo per la sua incrollabile testimonianza di fede offerta nei lunghi anni di detenzione. Il lungo abbraccio che

Da 20 anni, il 24 marzo, anniversario dell’assassinio di Oscar Romero (1880), arcivescovo di El Salvador, si celebra la «Giornata di preghiera e di digiuno in memoria dei missionari martiri». Per tale giornata, presentiamo la figura di Pierluigi Murgioni, missionario fidei donum in Uruguay dal 1968 al 1977, durante la dittatura militare, quando predicare Vangelo e parlare di giustizia significava essere un pericoloso avversario del potere e si rischiava di essere messi a tacere. Don Pierluigi, infatti, fu imprigionato e torturato per cinque anni e poi espulso dal paese. È morto a soli cinquantun anni, lasciandoci come ultimo regalo la traduzione in italiano del Diario di Oscar Romero,

ci scambiammo prima che lui salisse sull’aereo resta uno dei ricordi più belli e indelebili che tutt’ora mi porto nel cuore. Rientrato nella sua Brescia, don Pierluigi riprenderà il suo servizio sacerdotale come parroco in una suggestiva località sul lago di Garda, dove tra le altre cose porterà a termine la traduzione del Diario di mons. Oscar Romero. Anselmo Palini con questa sua fatica ha voluto raccogliere lettere e testimonianze di persone che hanno condiviso la vicenda umana e spirituale di don Pierluigi. Ne è uscito un libro ricco di pagine toccanti che aiutano a scoprire i veri testimoni del Vangelo nei tempi in cui viviamo. Mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina, bresciano come don Pierluigi, compagno di studi e di ordinazione sacerdotale, durante la presentazione del libro, avvenuta nell’Aula Magna dell’Istituto dei padri Comboniani di Brescia, il 24 ottobre 2012, ha detto che questi testimoni vanno tolti dalla cerchia degli affetti familiari e territoriali e fatti conoscere a un più vasto pubblico, specialmente giovanile, per mostrare la loro fede cristallina e la loro coerenza evangelica di vita, della quale sono portatori nel contesto storico ed ecclesiale dei nostri giorni. Sicuramente la lettura di questo libro aiuterà molti a ritrovare il gusto dell’appartenenza alla Chiesa, proprio perché si scopriranno compagni di viaggio di testimoni che hanno saputo offrire la loro vita nell’annuncio del Vangelo e nella difesa dei diritti dell’uomo.

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Don Mario Bandera Direttore Missio Novara

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Situazione ancora confusa in Egitto

Lettera di P. Alberto Modonesi

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arissimi, vi scrivo dopo aver saputo della decisione del Papa Benedetto di lasciare la responsabilita’ della guida della chiesa. Ho ammirato la sua scelta che e senza dubbio frutto dello Spirito e della sua umiltà Lo so che sto facendo un parallelo che forse può sembrare indiscreto o addirittura irriverente, ma ormai mi sono compromesso e voglio esprimere un mio sogno. Quanto desidererei cioè che molti dei nostri capi del Medio Oriente (e del cosidetto mondo occidentale) seguissero lo stesso esempio. Quello che manca a questi capi in modo particolare è la capacità di mettersi in ascolto della voce della coscienza e dei lamenti di milioni di persone che vivono sull’orlo della fame, della disperazione.

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Ciò che rende la situazione più dolorosa è il fatto che la religione diviene un mezzo di sfruttamento e ingiustizia. Mi chiedo in continuità che significato ha per me, missionario comboniano, essere qui in Egitto. L’unica risposta che so darmi è quello di rivedere la mia esperienza nel Sudan, (che ha fatto lo stesso doloroso calvario dell’Egitto) e convincermi sempre più che per me, prete in questo paese, è sufficiente sentire e condividere le gioie e soprattutto i dolori di questo popolo. Non vedo nessun spiraglio di luce in questa atmosfera annebbiata dai gas lacrimogeni, dalla sete di potere, dal fanatismo religioso e dalla violenza. Il sapere dare speranza e instillare la fiducia là dove tutto sembra crollare è lo scopo

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fondamentale del mio essere qui. Questa è un’impresa che solo il Signore sa condurre a termine. La Pasqua di quest’anno è preceduta quindi da una Quaresima dolorosa, ma ridonerà certamente la forza di credere e la volontà di sperare, perchè siamo convinti che il cammino verso la libertà è fatto in Sua compagnia. La sua presenza rinfocolerà la fiammella fumigante della nostra debole fede e darà a ciascuno di noi e a tutte le chiese del Medio Oriente in particolare, il coraggio di proclamare che Cristo è veramente risorto e che non possiamo più stare nel sepolcro a marcire. Buona Pasqua. P. Alberto Modonesi modonestalberto@gmailcom


Vita Cristiana

I rinnegamenti di Pietro (LC 22,54-62)

“Ho pregato per te, perché non venga meno la tua fede”

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tiamo vivendo una Quaresima unica, direi: storica. Una Quaresima che ci vede in preghiera per accogliere il nuovo Pietro dopo che papa Benedetto XVI, immenso, ha concretizzato l’anno della fede col più inatteso e luminoso gesto che poteva compiere un Pontefice: ricordare a tutti che è Cristo a guidare la Chiesa. Per questo motivo vorrei offrirvi alcune riflessioni a partire dal testo del Vangelo di Luca circa i rinnegamenti di Pietro durante la Passione del Signore. La narrazione dei rinnegamenti di Pietro nei confronti di Gesù contempla sullo sfondo una particolare situazione che la Chiesa dei primi credenti, comunità dei discepoli del Signore, sta vivendo. Per la Chiesa è un contesto di prova, di difficoltà nel mantenersi fedele, perseverante e assidua alla Parola del Maestro: molti sono tentati ormai di abbandonare il Vangelo! Per questi primi credenti l’evangelista Luca rievoca la vicenda di Pietro nella sua debolezza radicale, nel suo tradimento ripetuto, quasi un invito esplicito a vigilare, a stare attenti, a non essere ingenui davanti al mondo;

se ciò è avvenuto per il primo tra i chiamati al discepolato dietro a Gesù può verificarsi anche per tutti gli altri. In secondo luogo, Luca ricorda alla comunità dei credenti che la prova fa parte del cammino dei disce-

poli del Vangelo; nemmeno essi sono esentati dalla tentazione e dalla possibilità di rinnegare il Maestro. A questa Chiesa che sperimenta la fatica della sequela, Luca ricorda il pentimento e il pianto di Pietro, ma ancor di più l’evangelista mette l’accento sullo sguardo compassionevole del Signore sul suo discepolo amato. È da quello sguardo che scaturisce un cammino di ritorno, di conversione e di vera conoscenza del Signore Gesù e di chi lui è per le nostre vite.

Dopo l’arresto al Getsemani, nella notte Gesù è condotto nella casa del Sommo sacerdote per un primo interrogatorio e Pietro lo segue ‘da lontano’. Da questa prima annotazione non si può certo affermare che Pietro manchi di coraggio. Anche nella condizione di arrestato egli segue Gesù il Maestro; entra nel cortile del palazzo del Sommo Sacerdote; non si muove di soppiatto, non si sottrae agli sguardi di quanti hanno arrestato Gesù con la complicità di Giuda, uno dei Dodici. Di fatto, il testo di Luca ci narra che Pietro si siede in mezzo a loro in quanto nel cortile del palazzo è stato acceso un fuoco; anche Pietro sta con loro attorno alla fiamma. L’apostolo, inoltre, occupa una posizione nella quale può intravedere Gesù, ma anche essere visto da lui. Dunque, Pietro non intende nascondersi o procedere nell’anonimato; in qualche modo si espone e si compromette. In tale contesto, una donna fissa lo sguardo su di lui e richiamando l’attenzione degli astanti afferma: ‘Anche questi era con lui’. Essa lo dichiara discepolo di Gesù ovvero facente parte di quella cerchia di persone che Gesù aveva scelte

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e chiamate perché stessero ‘con lui’ (cfr. Lc 5,10-11). Alla provocazione Pietro risponde dichiarando di non appartenere a Gesù: ‘Non lo conosco’. In effetti, Pietro non lo conosce ancora. Solo dopo lo sguardo compassionevole di Gesù e il pianto che ne scaturirà, l’apostolo incomincerà a conoscerlo. Non è stato sufficiente, infatti, aver camminato con Gesù, aver condiviso con il Maestro la tavola, aver visto i suoi segni, aver ascoltato le sue parabole, essere stato con lui al monte santo della trasfigurazione, essere stato con lui al Getsemani nel giardino dell’arresto. Infatti, sarà solo dopo la Pasqua che Pietro incomincerà a conoscere il Signore Gesù e ad appartenergli radicalmente. Trascorre un poco di tempo e un altro tra i presenti rimette in questione la posizione di Pietro dichiarandolo ‘dei discepoli’. Quest’uomo vede in Pietro un discepolo ovvero uno della fraternità – comunità di Gesù. Anche a lui Pietro risponde senza esitare: ‘No. Non lo sono’. Pietro in questo caso, in realtà, non rinnega solo Gesù, ma anche la comunità di appartenenza,

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i legami di fraternità che lo univano agli altri. Qui vi è nascosta una profonda verità: quando si mette in discussione l’appartenenza a Gesù il Signore, fondamento della Chiesa, non c’è più alcun motivo per il quale ci si senta legati alla sua comunità. Un altro incalza dopo un’ora riportando Pietro al centro di quel gruppo attorno al fuoco: ‘Anche questo era con lui; è anche lui un Galileo’. Oltre a riconoscere Pietro come un discepolo di Gesù, come aveva fatto la donna, quest’uomo aggiunge un particolare che rimanda al suo territorio di origine, riconoscibile probabilmente dalla sua parlata. Ma la cosa diventava, di fatto, molto pericolosa e imbarazzante in quel contesto, perché ‘Galileo’ equivaleva a rivoluzionario, sovvertitore e violento. Anche in questa occasione la risposta di Pietro è decisa: ‘O uomo, non so quello che dici’. Pietro, dunque, rinnega anche la sua provenienza. Ora egli è nella sua più radicale solitudine. Non ha più una terra, un’identità, una fraternità. Pietro è solo nella sua povertà più miserevole; è abban-

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donato a se stesso senza più punti di riferimento: né maestro, né amici/fratelli, né comunità, né terra di appartenenza. Il quadro drammaticamente risulta fosco se si considera anche l’annotazione del canto del gallo, come del resto Gesù aveva preannunciato in Lc 22,34. In quel momento, durante la cena ultima con i suoi, dopo aver annunciato il tradimento di Giuda uno dei dodici, Pietro aveva dichiarato di essere più forte di qualsiasi insidia di Satana e di essere pronto a dare la vita per Gesù il Maestro. A quell’entusiasmo di Pietro, Gesù aveva risposto che in quello stesso giorno (oggi) egli l’avrebbe rinnegato tre volte (cfr. Lc 22,31-34); ma Gesù gli aveva anche assicurato che avrebbe pregato per lui (cfr. Lc 22,32), perché Pietro doveva, comunque, compiere una missione: confermare i suoi fratelli nella fede. L’importanza che Lc attribuisce allo sguardo di Gesù nei confronti di Pietro è veramente straordinaria. Anzitutto, si può notare come davanti al triplice rinnegamento dell’apostolo è Gesù stesso a prendere l’iniziativa e a volgere lo sguardo sul volto di Pietro. È una vera iniziativa compassionevole e misericordiosa quella di Gesù verso l’apostolo amato. In secondo luogo, non è ingenuo osservare come da quello sguardo scaturisce un duplice atteggiamento: Pietro ‘si ricordò…’ e uscito dal cortile del palazzo del Sommo sacerdote ‘pianse amaramente’. Dallo sguardo di Gesù, dunque, scaturisce in Pietro, anzitutto, il ricordo. Quella di Gesù non è un’occhiata di giudizio, di condanna e nemmeno di denuncia fine a se stessa. È uno sguardo compassionevole che ravviva la memoria certamente del rinnegamento messo in atto dall’apostolo, ma anche e soprattutto la memoria di


Vita Cristiana

quanto Gesù stesso gli aveva preannunciato durante la cena: ‘Ho pregato per te, perché non venga meno la tua fede’. Pietro, da un lato, è invitato a riflettere sul suo comportamento, sulle sue dichiarazioni e a pentirsi del suo triplice rinnegamento, ma soprattutto è chiamato a ricordarsi della parola di Gesù, il quale non ha mai smesso di pregare per l’apostolo amico, anche nel tempo della prova e del tradimento. Tutto ciò rivela il particolare interesse di Gesù per Pietro, l’apostolo che gli è caro e al quale ha affidato una missione ben precisa all’interno della sua comunità. Nel racconto, però, c’è anche un altro intento che sta a cuore all’evangelista, il quale ha davanti a sé una Chiesa che, come Pietro, è tentata di rinnegare e misconoscere il suo Signore. Come è possibile superare la tentazione nel tempo della prova e della fatica del cammino? L’evangelista risponde: ‘facendo memoria’ continua della Parola-Promessa di Gesù. Pertanto, alla Chiesa comunità dei discepoli del Signore, è dato di superare la prova della fede mantenendo vivo il ricordo della parola efficace del suo Signore; questa parola è una promessa di vicinanza, di protezione provvidente e di presenza mai venuta meno. Dallo sguardo di Gesù a Pietro scaturisce anche il pianto di pentimento, vero lavacro di purificazione che permette all’apostolo di incominciare un cammino di sequela dietro a lui. Il pianto e l’uscita di Pietro dal cortile del palazzo del Sommo Sacerdote non è un fuggire, ma un cercare tempo e luogo in cui fare memoria vivifi-

cante di quello sguardo compassionevole del Maestro schernito, vilipeso e crocifisso. Si tratta dell’inizio di un autentico cammino di conversione bagnato dalle lacrime non della disperazione, ma del ricordo amante del suo Signore che l’aveva chiamato per primo ad essere tra i suoi amici, ma che l’aveva costituito anche ‘roccia’ della sua Chiesa, punto di riferimento per il cammino e la fede dei suoi fratelli.

Nel cammino di sequela dietro a Gesù, il discepolo del Vangelo è chiamato a fare continuamente memoria della Parola del Maestro e non a confidare su se stesso, sulle proprie forze o sulle sue presunte conoscenze a proposito di Gesù e del Vangelo. Non basta confessare una retta fede in Gesù il Signore; è necessario stare dietro a lui in umiltà e obbedienza imparando ogni giorno ad acquisire il pensie-

ro di Cristo servo (cfr. Mc 8,34). In Pietro, la roccia scossa dalla prova non calcolata né prevista, ogni credente è chiamato gradatamente ad imparare a conoscere sempre meno se stesso per apprendere ad incontrare e conoscere il Signore della vita, fondamento della nostra speranza. Guardando a Pietro, illuminato dallo sguardo misericordioso di Gesù, anche noi impariamo a far memoria della sua Parola, della sua Promessa e della sua Presenza amante che ci sostiene quando lo smarrimento, lo sconforto e la delusione possono avere il sopravvento su di noi. La fatica del cammino di ogni discepolo è costantemente sorretta dalla parola fedele di Gesù: “Ho pregato per te, perché non venga meno la tua fede”. Nel cammino non siamo lasciati soli a noi stessi; Gesù intercessore grande e fedele presso il Padre prega per noi perché gli apparteniamo, siamo suoi e per noi tutti egli ha manifestato il suo amore consegnando interamente se stesso, perché tutti abbiano vita definitiva nel suo nome. Dunque, un messaggio di speranza traspare dalla narrazione dei rinnegamenti di Pietro; questa speranza è consegnata alla Chiesa perché perseveri vigilante nella memoria della Parola del Signore che non l’abbandona nel tempo della prova, ma la sostiene con sguardo di misericordia.

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don Claudio

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Con la Chiesa

Papa Ratzinger nei ricordi di don Vittorio Formenti

Per amore della Chiesa

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n Vaticano corre una battuta simpatica: sapete cos’è il “segreto pontificio”? Sono le notizie “riservate” che tutti conoscono ad eccezione del Papa. Ma, almeno per una volta, il detto è stato smentito. La comunicazione delle dimissioni di Benedetto XVI ha lasciato infatti stupiti ed increduli per primi i Cardinali presenti al Concistoro pubblico dell’11 febbraio scorso, ma la decisione era stata presa da tempo, a disdoro di ipotesi giornalistiche legate a chissà quali pruriginosi dossier che contengono tutto e il contrario di tutto, ed era nota almeno ai vertici della Segreteria di Stato. Se vogliamo ipotizzare un segno premonitore, dobbiamo tornare alle immagini di Papa Benedetto il quale, il 4 luglio 2009, deponeva il pallio -uno dei segni della sua carica di Pontefice ricevuto al

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momento dell’elezione- sulla tomba di Papa Celestino V a Sulmona. Dunque, per una volta, il “segreto pontificio” è rimasto rigorosamente tale. Quanto è successo subito dopo lo conosciamo tutti. La notizia ha travalicato seduta stante ogni confine ed ha avuto un’eco dirompente nei media di tutto il mondo. In ritardo è giunta anche in Cina, da dove è partito un timidissimo segnale di dialogo con la Chiesa di Roma. Ognuno si è fatto un’opinione sulla storica decisione di Benedetto XVI, e ogni opinione va rispettata. Anche quella di coloro che si ostinano a leggere ogni avvenimento che interessa la Santa Sede come il risultato di intrighi (parola sovente ricorrente sulla stampa) e lotte intestine di potere e carriera. Mi si consenta a proposito un

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mio personalissimo parere, dopo trentatré anni di permanenza e di lavoro in Segreteria di Stato: ho assistito, a proposito di cose e vicende vaticane, a valutazioni diverse, a discussioni, anche vivaci, come avvengono in ogni famiglia, ma non ho mai avuto la sensazione di trovarmi in un campo di rovi e zizzania. Fra i mille pareri sulla decisione delle dimissioni espressi da articoli di giornale, interviste, cito quello di un filosofo che si definisce non credente: Massimo Cacciari. “La Chiesa non deve adattarsi al mondo, deve trovare la capacità di dare scandalo con le sue proposte al mondo. Benedetto XVI, con la sua scelta nobile politicamente e spiritualmente ha tolto il velo al dramma in cui si consuma la Chiesa”. Molti non hanno creduto alla veridicità delle parole del Papa: “Dopo avere ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare il modo adeguato il ministero petrino”. Credo che Papa Benedetto non si sia mai nascosto dietro le parole. Lo testimoniano il coraggio con il quale ha affrontato i problemi drammatici dei suoi difficili otto anni di pontificato, dalla pedofilia alla crisi della fede e delle vocazioni nel mondo occidentale, dalla denuncia di un Islam violento ai temi che la Chiesa ritiene non negoziabili, dal rapporto tra religio-


Con la Chiesa

ne e biotecnologie al ruolo della donna nel cattolicesimo, dalle fughe in avanti nell’applicazione dei decreti del Concilio allo scisma dei Lefevriani. Quando queste mie considerazioni saranno stampate, avremo già il nuovo Pontefice, per il quale si sprecano, naturalmente, i pronostici di tuttologi, giornalisti e gente comune. Ma ora che Papa Benedetto ha scelto di continuare a servire la Chiesa mediante la preghiera e la solitudine, vorrei ricordarlo come ho avuto la fortuna di conoscerlo e di servirlo, cominciando da un incontro che risale a prima del pontificato. Tornavo dalla Baviera, dove ero stato ad amministrare il sacramento della cresima a figli di emigrati italiani in occasione della Pentecoste. Al ritorno, all’aeroporto di Monaco trovai il Cardinale Ratzinger. Il caso volle che poi sull’aereo fossimo uno accanto all’altro. Dopo essermi presentato, gli manifestai la mia somma meraviglia: viaggiavamo con un vettore della Compagnia di bandiera tedesca. Gli dissi che quella Italiana non avrebbe giammai permesso che un cardinale di Santa Romana Chiesa viaggiasse in classe economica, nonostante il tipo di prenotazione. E lui, il già notissimo Cardinale Ratzinger, viaggiava tra… la plebe. Sorridendo mi disse. “Vede, se fossi in business class sarei solo, mentre qui abbiamo la possibilità di conversare e di farci compagnia.” E cominciò tra noi un dialogo che conservo nella memoria del mio vissuto come un dono prezioso. Dopo lo spuntino offerto ai viaggiatori, mi chiese scusa e quasi il permesso di dedicare un po’ di tempo ad alcuni suoi appunti estratti dalla borsa di viaggio. Quando era Cardinale ci incrociavamo e ci salutavamo cordialmente ogni mattina in Piazza San Pietro. Camminava spedito con il suo

interesse, ti guardava con gli occhi innocenti di un bambino ottantenne, curioso ed attento ad ogni dettaglio del discorso. “Sapesse mi disse durante l’ultimo incontro nel febbraio 2012 - quante volte consulto il suo Annuario Pontificio…”. Che emozione, gente!

immancabile basco nero in testa. Ma il suo tempo, ed i suoi passi, erano cronometrati al secondo, come quelli del filosofo tedesco Immanuel Kant, “l’orologio di Konigsberg”. Durante uno dei ventiquattro defatiganti viaggi pastorali da lui compiuti nel mondo, gli venne offerto di ristorarsi ad una ricca selezione di vini, liquori, bevande e quant’altro. Lui rispose con semplicità disarmante: “Vorrei una Fanta”. È risaputo che egli pasteggia non a champagne come gli osannati personaggi del gossip mondano - la sua pensione vaticana di “Vescovo emerito di Roma” di 2.500 Euro mensili (meditate, politici italiani!) forse non glielo consentirebbe - ma ad aranciata. Piccoli flash di quotidianità che confermano la sua autopresentazione al momento dell’elezione: un “umile servo nella vigna del Signore”. Aggiungerei: una mente di teologo d’alto livello e di pensatore mite prestata alla guida della barca di Pietro. Durante l’intero pontificato ho avuto la singolare possibilità di incontrarlo personalmente ogni anno per la presentazione del mio lavoro, relativo alle dinamiche numeriche della Chiesa nel mondo. È stato sempre un vero godimento il parlare con lui: ti ascoltava con

Ora, dopo gli ultimi, commossi bagni di folla ed il congedo come Pontefice da tutti e singoli i Cardinali, ha scelto di deporre l’abito bianco e di trascorrere l’ultimo segmento della sua vita nel silenzio del monastero “Mater Ecclesiae”, voluto dal Beato Giovanni Paolo II al centro dei giardini vaticani, un edificio trasudante la preghiera delle contemplative di quattro ordini monastici femminili che si sono alternati nell’ultimo ventennio. Il luogo mi è personalmente caro: vi ho trascorso tanti “veglioni” di fine anno salmodiando con le monache e aprendo l’alba degli anni nuovi celebrando per loro l’Eucaristia nella bella cappella mariana, ricordando anche la Comunità dove sono nato e sono stato generato alla vita cristiana. Come bresciani, ci sia lecito un parallelo: le affinità di Benedetto XVI con Paolo VI. Sono tante. Anche Papa Montini ipotizzò di dare le dimissioni se la salute non lo avesse sorretto, ed aveva anche individuato il suo cenobio: guarda caso il monastero di Montecassino, accanto alla tomba di un altro grande Benedetto, il patrono d’Europa. Affinità di anime sublimi, che ci continuano ad accompagnare: Paolo VI dal cielo, in attesa della ormai prossima beatificazione, Sua Santità Padre Benedetto - così personalmente amerei chiamarlo - nella solitudine orante di un romitorio dei tempi moderni.

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Don Vittorio

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Spazio oratorio

Mese della pace 2012

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Spiritualità

Pensando alla Via Crucis

Lettera a Gesù

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aro Gesù, anche quest’anno stai per finire in croce. Trentatre anni di vita intensa, in una terra a dir poco inquieta e poi questo tradimento per trenta denari. È vero che poi risorgi e questo ci fa ben sperare ogni volta. Ma tutta quella sofferenza della Via Crucis, francamente, è dura da mandar giù. Chissà cosa starai pensando adesso, che sono trascorsi quasi duemila anni, eppure in Palestina continua a tirare una brutta aria e poco più in là, c’è gente che muore e che viene tradita, magari per qualche soldo in più, tenuto conto dell’inflazione e del prezzo del petrolio. Farisei in giro se ne vedono parecchi anche adesso, buoni samaritani un po’ meno. Di Maddalena non parlerei, anche perché, dalle nostre parti, il pentimento di donne dall’esistenza vivace è oggetto di gossip più che di testi sacri. I bambini muoiono dalle tue parti e non solo. Pensa che ci sono un mucchio di guerre nel mondo. Noi qui siamo abbastanza fortunati, ma non ce ne rendiamo del tutto conto. Siamo convinti di portare la croce ogni giorno e invece è soltanto un modo di dire. E poi, caro Gesù, mi sono accorto che quelli che soffrono davvero spesso lo fanno in assoluto silenzio, senza protestare. Del resto anche tu, quella volta, ti sei lasciato flagellare e deridere, hai perdonato, hai alzato gli occhi al cielo (ma almeno tu potevi rivolgerti direttamente a tuo padre). Chissà cosa

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starai pensando adesso. Ci sono ragazzini che muoiono perché derisi e sbeffeggiati solo perché sono un po’ speciali, e io immagino che da piccolo ti avranno preso in giro più di una volta, perché eri molto intelligente e sapevi cose che i tuoi coetanei ignoravano. Ci sono padri che ammazzano le mogli perché scoprono che sono

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stati traditi, mentre tuo padre terreno, Giuseppe, si è comportato da vero uomo, credendo allo Spirito Santo e volendo un gran bene a Maria, che a dire il vero se lo meritava ampiamente. Ci sono mamme che accompagnano i figli in macchina fino all’università, mentre Maria ti ha portato per qualche anno a dorso d’asino e poi hai camminato da solo e tanto. Chissà cosa starai pensando adesso. Spero che tu non ti sia pentito, che ancora adesso faresti il tuo percorso fino alla fine, fino al Calvario, per salvare I’ umanità intera. In fondo, la tua buona novella è un racconto di speranza per tutti. Cercherò i tuoi occhi, in queste sere, in quelli dei tanti poveri che percorrono le nostre ricche strade. Cercherò una spiegazione dentro di me. Cercherò di fermare il tempo e di dare un senso e un ordine alle cose che accadono. Cercherò un po’ di pace dentro. E. Maghini

Trova anche tu la pace interiore: è l’augurio di Buona Pasqua per te e per la tua famiglia


Con la Parrocchia

Ogni famiglia cristiana come la Sacra Famiglia

Famiglia, Chiesa domestica

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are famiglie, la chiesa domestica, ossia la famiglia cristiana fondata sul sacramento del matrimonio, è simile alla Sacra Famiglia. La Famiglia di Nazareth è speciale, Giuseppe e Maria sembrano irraggiungibili, ma dobbiamo ricordarci che essi sono un uomo ed una donna che testimoniano con la vita un intreccio di amore e di fede rispondendo al disegno di Dio. Tutti noi sposi nel Signore abbiamo accolto la chiamata ad essere con la vita familiare una comunità in dialogo con Dio, salvata e salvante. La Famiglia di Nazareth non è stata risparmiata dalla fatica quotidiana dell’educare, del lavorare, dell’essere ammalati, incompresi, soli, della fatica del dolore e del lutto. Maria e Giuseppe hanno vissuto nel segno del dono di sé e del servizio, per questo sono il prototipo per ogni famiglia che “riceve la missione di custodire, rivelare e comunicare con l’amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo Signore per la chiesa sua sposa” (F.C.17). E noi? A questo proposito, ci permettiamo di proporvi una sorta di linea guida, suggerita dal nostro Vescovo Luciano nella lettera di Natale alle famiglie: Egli ci ha ribadito che le nostre case, fatte di legami di comunione e amore, abitate dal sorriso e dalle lacrime, possono diventare luogo ospitale per Gesù, grembo fecondo di crescita e di te-

stimonianza cristiana. Perché ciò si realizzi dobbiamo però condividere alcune certezze. 1) La Vita: ”C’è bisogno di riconoscere con maggior forza e chiarezza che la vita è, prima di tutto, dono di Dio. Come tale, quindi, va accolta e alimentata, secondo l’integralità di ogni persona (nel corpo e nello spirito), curandone la fragilità e accompagnandola in ogni momento e situazione...” 2) La Comunione: “… La famiglia esiste in quanto comunione di persone che camminano all’interno di legami di alleanza… Ritornate a pensare alla grandezza della vostra vocazione! Divisioni e discordie non fanno la felicità e non portano a Dio..” 3) La Fedeltà: “… Senza fiducia, affidamento e fedeltà non potremmo ne vivere, ne amare, come è vero che il respiro ha bisogno dei polmoni… voi famiglie siete portatrici di una chiamata originale e originaria per insegnare a crescere nella capacità di fidarsi ed affidarsi, nell’accompagnare cioè persone degne di fiducia.” 4) Misericordia e Perdono: “La misericordia e il perdono sono caratteristiche principali dell’identità e dell’agire dei cristiani.. noi crediamo che sia possibile perdonare ogni offesa ricevuta, ogni tradimento subito, memori della consegna di Gesù col segno della lavanda dei piedi: “sapendo queste cose, sarete beati se le mettere-

te in pratica” (GV 13,17) …” In tempo di Quaresima non vogliamo però dimenticare quanto contenuto nel messaggio di Papa Benedetto XVI per la Quaresima 2013 che ha parlato di carità: - “…La fede è conoscere la verità ed aderirvi, la carità è camminare nella verità” - “ Con la fede si entra in amicizia con il Signore, con la carità si vive e si coltiva questa amicizia” - “La fede ci fa accogliere il comandamento del Signore e maestro; la carità ci dona la beatitudine di metterlo in pratica.” - “Nella fede siamo generati come figli di Dio; la carità ci fa perseverare concretamente nella figliolanza divina portando il frutto dello spirito santo.” - “ La fede ci fa riconoscere i doni che il Dio buono e generoso ci affida; la carità li fa fruttificare…” Sperando che facciate tesoro di queste riflessioni durante tutto il tempo della Santa Quaresima, di seguito vi diamo il resoconto della serata del 16 febbraio animata dai missionari della comunità di Villa Regia: È stata una serata stupenda, con una discreta partecipazione. Chi c’era ha vissuto un momento intenso guidato con estrema maestria dai nostri amici missionari di Villa Regia. Dopo le parole introduttive del nostro parroco Mons. Mario Stoppani, che ha ricordato le innumerevoli occasioni in cui

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il Papa Benedetto XVI ha parlato di Famiglia ( non ultimo l’Incontro mondiale delle famiglie), con lui abbiamo ringraziato Dio per averci donato un Capo spirituale di tanta capacità e umiltà. Padre Sergio ha iniziato l’incontro proponendoci il passo del vangelo di Giovanni (Gv4), in cui la samaritana , recandosi al pozzo ad attingere acqua, incontra Gesù che le chiede di dargli da bere. Anche lei ha sete , ma soprattutto sete di amore che solo Gesù le può donare. Ma di quale acqua parliamo? Parliamo di quell’acqua che solo Dio può donarci. Non c’è uomo o donna che nella sua vita, non si trovi, come la donna di Samaria, accanto a un pozzo con un’anfora vuota, nella speranza di trovare l’esaudimento del desiderio più profondo del cuore, quello che solo può dare significato pieno all’esistenza. Occorre quindi discernere i molti pozzi che si offrono alla sete dell’uomo per evitare di non cadere in preda a delusioni, che possono essere rovinose. Come Gesù al pozzo di Sicar, anche la chiesa sente di doversi sedere accanto agli uomini e alle donne di questo tempo per rendere presente il Signore nella loro vita. Chi riceve la vita nuova dall’incontro con Gesù, a sua volta non può fare a meno di diventare annunciatore di verità e di speranza per gli altri. La chiesa è lo spazio che Cristo offre nella storia per poterlo incontrare. La serata è continuata con un breve filmato dove si vedono molte persone che, dopo aver ricevuto un gesto gentile da sconosciuti, compiono a loro volta una buona

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azione. Sta a noi rendere concretamente accessibili esperienze di Chiesa, moltiplicare i pozzi a cui invitare gli uomini e le donne , assetati e lì far loro incontrare Gesù, offrendo oasi nei deserti della vita . Al termine del filmato Teresa, ci ha ricordato che la bellezza della fede deve risplendere nella coppia, prima cellula della chiesa. Nella coppia non esiste l’IO egocentri-

co, ma l’IO tu per me e l’IO io per te. Occorre quindi in una coppia, mettersi in relazione per comunicare. Nelle famiglie tutti i nostri IO e i nostri TU, devono insieme formare un circolo al centro del quale c’è Dio. In questo modo nasce un nuovo rapporto tra TUTTI. Al centro adesso c’è un NOI e non un IO né un TU, e Dio è presente in questa nuova maniera di vivere. Divisi poi in gruppi di circa sei persone, abbiamo toccato il punto più alto della serata, naturalmente sempre sotto la guida di Teresa (la carisma-

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tica), ci siamo scambiati dei piccoli episodi di vita vissuta che ci ha colpito in modo positivo e li abbiamo condivisi. Tenendoci per mano, abbiamo pregato per i nostri vicini di gruppo e con loro abbiamo ringraziato Dio per il momento intenso che stavamo vivendo. A fine serata, con un piccolo rinfresco si è concluso il momento di condivisione della parola di Dio e con il cuore colmo di buoni propositi siamo tornati alle rispettive dimore. Ringraziamo quanti ci hanno permesso di poter vivere questa stupenda serata: i nostri sacerdoti Don Mario e Don Claudio, i nostri relatori padre Sergio e Teresa. Ma un grazie particolarmente affettuoso a Voi, che avete risposto al nostro invito partecipando con gioia alla serata, sperando di potervi rivedere anche nei prossimi incontri! Carissimi sposi e famiglie, augurandovi di cuore una serena Pasqua speriamo che insieme possiamo accogliere di più e meglio Gesù, restituendo bellezza al nostro vivere quotidiano tra le stanze della vita familiare. Con Lui in casa avremo sempre qualcuno in cui credere e a cui affidarsi. Buona Pasqua. La commissione della Pastorale Familiare

Prossimo appuntamento Mercoledì 1 maggio Pellegrinaggio delle famiglie al Santuario Madonna della Corona


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Elenco Suore delle Poverelle che hanno operato a Castrezzato Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor Suor

Fedele Cefis ...................................................... dal 29/01/1895...................................................................al 31/10/1909 alessandrina Valoti ........................................ dal 21/09/1908...................................................................al 19/06/1915 Giuseppa Morlotti ........................................... dal 21/11/1909...................................................................al 09/06/1918 Miriam Moreschi.............................................. dal 26/06/1915...................................................................al 09/06/1918 Giovannina Selini ............................................. dal 19/06/1918...................................................................al 04/06/1921 Aquilina Pellegrini ........................................... dal 19/06/1918...................................................................al 08/03/1922 Valeria Costardi ................................................. dal 11/06/1921 .................................................................al 30/05/1924 Modesta Bandelli ........................................... dal 30/05/1924....................................................................al /05/1927 Benvenuta Guerini .......................................... dal 16/05/1927 ..................................................................al /09/1927 Gregoria Svanera ............................................. dal 29/09/1927....................................................................al /10/1028 Reparata Molari .............................................. dal 28/11/1928...................................................................al 21/04/1934 Malvina Vieceli.................................................. dal 30/09/1931...................................................................al 09/02/1938 Eletta Tedeschi ................................................. dal 29/04/1934...................................................................al 28/03/1940 Orante Monacelli ............................................. dal 09/04/1938...................................................................al 28/05/1949 Valburga Brembilla ........................................ dal 01/03/1939...................................................................al 30/06/1942 Annangela Lovato........................................... dal 01.10.1939 ....................................................................al 30/04/1947 Fosca Lazzarotto .............................................. dal 05/09/1945 .................................................................al 08/09/1970 Annalina Marostica ........................................ dal 24/04/1950...................................................................al 01/09/1973 Ernestina Belotti ............................................. dal 30/04/1951...................................................................al /11/1957 Angelamaria Bonamin ................................. dal 30/09/1952...................................................................al 07/09/1956 Arcangela Belotti ............................................ dal 10/10/1957...................................................................al 28/05/1963 Lucrezia Sozzi .................................................. dal 29/05/1963...................................................................al /08/1969 Angelamaria Bonamin ................................. dal 19/08/1965...................................................................al 10/07/1970 Grazia Cattaneo .............................................. dal 28/08/1969...................................................................al 16/08/1972 Piercostanza Roscioli .................................... dal 28/09/1970...................................................................al 23/08/1979 Generosilla Seri ............................................... dal 17/08/1972...................................................................al 24/08/1975 Pinarosa Facheris ............................................ dal 15/09/1973...................................................................al 21/07/1976 Rosalinda Cassol ............................................. dal 28/09/1973...................................................................al 30/03/1975 Isagrazia Bertorelle ........................................ dal 27/08/1975...................................................................al 22/08/1981 Gianersilia Paccani ........................................ dal 20/08/1977...................................................................al 18/08/1985 Mariselda Massetti ......................................... dal 28/08/1979...................................................................al 17/08/1981 Piergiuditta Pedruzzi ..................................... dal 06/09/1981...................................................................al 06/09/1987 Gesualma Frigo ............................................... dal 22/08/1985...................................................................al 09/09/1988 Isagrazia Bertorelle ......................................... dal 23/08/1988...................................................................al 18/08/1991 Teresina Cassia ................................................ dal 15/10/1978...................................................................al 02/08/1986 Agripina Busi .................................................... dal 15/09/1972...................................................................al /06/1992 Eldarosa Medeghini ..................................... dal 02/09/1987...................................................................al 16/08/1993 Marisangela Bonfanti .................................... dal 25/08/1992.................................................................. al 0/00/1994 Generosina Tosca ........................................... dal 26/11/1992...................................................................al 27/09/1995 Flores Bonfanti ................................................ dal 16/08/1993.................................................................. al 0000/1994 Martina Gasparini .......................................... dal 29/09/1995...................................................................al 15/09/1997 Piergiuditta Pedruzzi ..................................... dal 16/09/1997................................................................... al 00/0/2006 Nunzialice Noli ................................................ dal 23/08/2000.................................................................. al 0000/2006 Eldina Buffoli .................................................... dal 02/09/2000................................................................... al 00/0/2005 Pierioseffa Bracca ........................................... dal 23/08/2002................................................................... al 00/0/2005

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Pubblichiamo la prima parte del diario storico

Diario storico delle attività delle Poverelle a Castrezzato

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a Direzione dell’Ospedale “Maggi“ di Castrezzato (BS), venuta a conoscenza delle opere di Don Luigi Palazzolo, fondatore dell’Istituto delle Suore Poverelle di Bergamo, chiese ed ottenne alcune Suore delle Poverelle di Bergamo, alle quali venne affidata l’assistenza degli ammalati. L’attività delle Suore Poverelle ebbe inizio il 29 gennaio 1890. La prima Madre delle Suore dell’ospedale, dal 29 gennaio 1895 al 19 novembre 1909, fu Madre Fedele Cefis, alla quale nel 1903 fu mandata una terza Suora perché si occupasse della cucina eonomica a pro dei numerosi poveri che si presentavano all’ospedale per la refezione. Le successe Madre Giuseppa Morlotti dal 21/11/1909 al 19/06/1918, indi Madre Aquilina Pellegrini dal 19/06/1918 all’8/03/1922. Frattanto in una stanza attigua all’ospedale, le Suore accoglievano alcuni bambini del paese ai quali venivano insegnate le prime verità della fede e preparati così a ricevere i Sacramenti della Confessione, dell’Eucarestia e della Cresima. A poco a poco il numero dei bambini aumentò e il primitivo raduno prese l’andamento funzionale di un Asilo Infantile. Sul luogo si formò una commis-

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sione che ottenne da Bergamo un soggetto idoneo all’insegnamento nella Scuola Materna e nel 1908 si diede così ufficiale inizio anche a questa nuova opera. L’asilo richiamò altre opere, quali l’Oratorio festivo e la Scuola di Lavoro. La Madre dell’Ospedale non poteva assumersi la Direzione anche dell’Asilo e delle Opere Parrocchiali e i superiori decisero di suddividere le mansioni. La Direzione dell’Asilo fu quindi affidata alla Rev.da Madre Alessandrina Valoti dal 21/09/1908 al 19/06/1915, alla quale successero: Madre Miriam Moreschi dal 26/06/1915 al 09/06/1918, Madre Giovannina Selini dal 19/06/1918 al 04/06/1921, Madre Valeria Costardi dal 11/06/1921 al 30/05/1924. A quest’ultima fu affidata temporaneamente anche la Direzione delle Suore dell’Ospedale in un periodo di transizione per essoRipresero La Direzione del solo Asilo: Madre Modesta Bandelli dal 30/05/1924 al Maggio 1927, Madre Benvenuta Guerini dal 16/05/1927 al settembre 1927 (ritirata a Bergamo per malattia) le successe : Madre Gregoria Svanera dal 29/09/1927 all’ottobre 1928, Madre Reparata Molari dal 28/11/1928 al 21/04/1934,

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Madre Eletta Tedeschi dal 29/04/1934 al 28/03/1940, Madre Annangela Lovato dal 01/05/1941 al 19/04/1947. Nel periodo di reggenza di quest’ultima Madre, periodo bellico, l’Asilo infantile fu occupato da ragazze dai 14 ai 20 anni, iscritte alla G.I.L. (Gioventù Italiana del Littorio), sfollata da Ferrara. L’occupazione avvenne il 17 luglio 1944. Le ragazze, sistemate così dalle Autorità Civili di allora, misero a disagio le Suore per un tempo che non ci è possibile specificare. Alla Madre Annangela successe Madre Ernestina Belotti dal 30/04/1951 al novembre 1957. IL 7 Gennaio 1952 è stata ritirata la Madre dell’Ospedale e lasciate le due Suore per l’assistenza degli ammalati. La direzione di detto Ospedale venne intanto affidata alla Rev. da Madre Ernestina, anno in cui le successe Madre Eustochio Berta per l’ Ospedale e Madre Arcangela Belotti per l’Asilo. Fin qui la cronaca è sintetica perché prima dell’anno 1961 non è mai stata fatta. Anno 1961 Attualmente nell’Asilo Infantile di Castrezzato vi sono quattro Suore, compresa la Madre. Esse si dedicano all’educazione dei bimbi, alla scuola di lavoro e


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alle Opere Parrocchiali. Il contributo mensile dato a ciascuna Suora dall’Amministrazione dell’Asilo è di £ 5.500 mensili. Le Suore godono dell’Assicurazione alla Previdenza Sociale. Nella scuola di lavoro le frequentanti sono 20, i bambini dell’Asilo sono 150, le frequentanti l’oratorio festivo sono 110, quelle delle scuole di catechismo sono 120 suddivise in quattro classi. Visita Canonica della Rev.ma Madre Generale Oggi, 8 Agosto 1961, abbiamo avuto la visita Canonica della Rev. ma Madre Generale Suor Angela Francoli, accompagnata dalla Segretaria Generale Suor Massimilla Bassi. Tale visita ci fu graditissima anche perché tanto desiderata. La Rev.ma Madre ha rilevato che la cucina ha bisogno di essere imbiancata e riordinata e la Cronaca della Casa aggiornata. La visita è stata breve, ma la Rev. ma Madre ci ha ricevute tutte e ci ha esortate al meglio per lo spirito e per l’apostolato. 12/10/1961 firma: Suor Angela Franchi Anno 1962 La sera del 5 gennaio, vigilia della Solennità dell’Epifania s’è tenuto in casa un corso di S. Esercizi chiusi per le ragazze dai 16 anni in poi. Le partecipanti furono 80. Sono state abbastanza raccolte. Il giorno 18 sera al 20 dello stesso mese s’è fatto un altro corso per le adolescenti. Anche queste erano una sessantina. Sono state anche queste molto raccolte. Anno 1963 Il 29 Maggio 1963, a Madre Arcangela Belotti, successe Madre Lucrezia Sozzi. Anni 1964-1965 Dal 01/11/1964 al 10/05/1965 si

è tenuto un corso di Ragioneria pratica, dattilografia e stenografia, hanno frequentato e conseguito il diploma 23 ragazze. Il giorno 5 giugno sera e il 6 giugno mattino si è tenuto nel nostro salone il ritiro per tutte le giovani dai 16 anni in poi; è stato seguito con vero impegno da 50 ragazze che hanno espresso la loro soddisfazione e il desiderio che questi ritiri fossero più frequenti. La sera del 6 giugno si è chiuso il mese della Madonna con l’offerta dei fiori e fioretti alla grotta con poesiole e canti in onore della Madonna e con la fiaccolata alle ore 20,30 ben riuscita e commovente, anche se la pioggia ha smorzato un poco l’entusiasmo. Il giorno 27 maggio 1965, 108 bambine si sono portate Sotto il Monte, la Madonna del bosco e in casa Madre dal B. Fondatore, sono tornate tutte contente e piene di entusiasmo e hanno formulato i loro piccoli ma pratici propositi di bene. Marzo 1965 si è sistemato il cortile antistante alla casa ed è stata collocata una piccola statua del Sacro Cuore. Gennaio 1965 è stato aumentato lo stipendio, su richiesta del Presidente Signor Pierino Magoni da £ 300.000 annue a £ 400.000 annue. Settembre 1965 è stato fatto l’impianto di riscaldamento. Ottobre 1965 Mediante l’interessamento del Sindaco Gandolfini sono state arredate 3 aule dell’Asilo tutto offerto dalla Provincia di Brescia che ci ha pure fornito anche diversi utensili di cucina unitamente al servizio completo da tavola per 50 bambini, il ferro da stiro completo del cavalletto metallico.

vani, sono state molto raccolte, silenziose ed alla fine molto soddisfatte. Anno 1966 Da gennaio a giugno 1966 si è tenuto mensilmente il ritiro per giovani dai 14 anni in poi, frequentato da 50 ragazze che sono state veramente raccolte e silenziose ed hanno dimostrato di capire il valore e l’utile spirituale di questi ritiri. Dall’1 al 10 maggio 1966, nel nostro salone si è tenuto un corso di conversazioni sul valore del cinema per le giovanissime in commemorazione del loro ventennio. Hanno frequentato assiduamente 30 ragazze – si sono mostrate molto soddisfatte. Il 31 maggio vi è stato il solito incontro di tutte le giovani con la consacrazione alla Madonna, recitata davanti alla grotta. Alla sera alle 9 raduno di tutte le bambine per l’omaggio di fine mese alla Vergine S.S. La partecipazione è stata soddisfacente. Il 20 novembre si è tenuto l’incontro con le giovani della Parrocchia ed hanno partecipato oltre 100 giovani. L’undici dicembre si è tenuto, sempre nel nostro salone, il ritiro, le partecipanti sono state solo una trentina, però hanno partecipato con tanta serietà. Firmato da Suor Nandina Bonacina (continua)

05/12/1965 In preparazione alla festa del’Immacolata si è tenuto nel nostro salone un bellissimo ritiro dalle ore 8.00 alle ore 12.00; hanno frequentato più di 50 gio-

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Riepilogo cronologico dal 2004 al 2012

Gli interventi alle strutture parrocchiali

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ome si era accennato nello scorso numero del Bollettino parrocchiale, il CPAE (Consiglio amministrativo parrocchiale) presenta la relazione degli interventi di manutenzione, restauro e costruzione degli ultimi otto anni, delle strutture parrocchiali (da quando è entrato in servizio l’attuale arciprete). •

Sistemazione dell’androne della sacrestia (che era pericolante); degli ambienti annessi alla sacrestia (ripostiglio arredi sacri, stanze dei chierichetti ed atrio di accesso porta secondaria della sacrestia, serramenti, porte e finestrelle) ed al pavimento salone dell’exSalone Silvio Pellico, situato al I° piano.

Restauro storico-artistico completo della facciata della chiesa parrocchiale ed impianto di allontanamento dei piccioni (ponteggio, opere edili e di pittura). Rilievo geometrico laser dell’immobile chiesa ed edifici annessi. Restauro completo dei sette finestroni della chiesa (120 mq). Rifacimento dell’impianto di riscaldamento ad aria forzata della chiesa parrocchiale (passaggio dalla caldaia a gasolio al gas metano) Restauro storico dei portoni esterni ed interni della chiesa (sei portoni minori e il portone centrale). Rifacimento del castello cam-

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panario e suoneria della Torretta della chiesa. Restauro e rifunzionamento della piccola campana della chiesa di san Lorenzo. Sostituzione del generatore (caldaia) ad aria della chiesa di san Lorenzo, come richiesto dalle norme di sicurezza vigenti. Nuovo impianto di amplificazione nelle chiese di san Lorenzo e di san Rocco al Cimitero. Restauro del portone e della porta laterale della chiesa di san Rocco (Cimitero) nonché dei mobili di sacrestia. Dipintura della sacrestia. Risistemazione manutentiva dell’impianto di illuminazione della chiesa parrocchiale. Restauro dell’affresco della Pietà nell’ex-sacrestia, dell’antico mobile rustico ivi custodito e dell’ambiente secentesco dov’è posizionato l’affresco (stucchi e pavimento). Restauro completo dei due grandi confessionali chiusi della chiesa parrocchiale. Restauro del portone d’ingresso della chiesa di san Pietro e del portone di accesso alla torre di san Pietro. Restauro inginocchiatoio sposi, basi e pedane per statue. Restauro totale delle statue lignee dei quattro evangelisti, di san Giuseppe, di sant’Antonio di Padova, di san Luigi


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Gonzaga e relativi mobili di sostegno (restauratore Giorgio Manenti). Acquisto di Mobili artistici in stile dell’atrio della sacrestia per i paramenti sacri. Restauro dell’intonaco della facciata dell’edificio destinato alla Caritas prospiciente piazza Pavoni. Messa in sicurezza totale dell’edificio storico denominato “Cascina dell’Oratorio” ; rifacimento del portone d’ingresso da Via Circonvallazione); sistemazione del cortile della cascina. Nuova cucina dell’Oratorio posizionata parzialmente dell’excorte della cascina (costruzione, pavimenti, impianti elettrico, idraulico e di riscaldamento, porte, finestre, imbianchino e soprattutto attrezzature tecnologiche ed arredo della cucina vera e propria).

L’elenco è necessariamente sommario, ma è quasi completo. Non comprende alcuni arredi significativi donati alla Parrocchia (pulpito in S. Lorenzo; il nuovo ambone liturgico intagliato e dorato; due grandi angeli lignei collocati nell’abside; sedie e sede centrale per il celebrante nella chiesa parrocchiale; ovviamente le risorse - pur notevoli - destinate alle opere vive di carità e di solidarietà missionarie, nonché le uscite permanenti della vita ordinaria (utenze, assicurazioni ecc…) Il grazie lo dobbiamo innanzi tutto

In evidenza la squadra di calcio dell’oratorio

Complimenti alla Squadra dell’Oratorio che sta facendo un ottimo campionato provinciale ANSPI Amatori girone “G”. Formazione in piedi da sinistra: Vescovi Daniel (allenatore), Bianchi Francesco, Pasinelli Stefano, Piantoni Massimiliano, Casaletti Roberto, Noci Luca, Nava Marco, Venturi Matteo, Panizzi Gianluca. Seduti da sinistra: Briceno Gerald, Bergomi Antonio, Bosetti Andrea, Ranghetti Dario, Xhafa Denis, Nicolini Cristian, Locatelli Michele, Zammarchi Claudio (presidente). Inoltre: Serina Andrea, Bonelli Michele, Alghisi Giovanni. al buon Dio che ci assiste e a tanti parrocchiani generosi che hanno sostenuto con amore e fedeltà la loro Parrocchia. A tutti va il nostro grazie convinto e cordiale. A chi si è sobbarcato l’onere - spesso nascosto - di seguire da vicino questi lavori (con gli annessi grattacapi)

va la nostra più viva riconoscenza. Ai benefattori Defunti il nostro ricordo nella preghiera. Se qualcosa abbiamo dimenticato, ne chiediamo venia. Il Parroco con Il C.P.A.E della Parrocchia

Maifredi Santina, ha conseguito la Laurea in Scienze della formazione primaria con voto finale di 106/110. Alla dottoressa Maifredi i nostri complimenti e l’augurio che possa aver assaporato nel successo scolastico solo la prima delle grandi gioie che la vita ci può regalare.

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Alla ricerca di voci nuove

Il Coro don Arturo Moladori

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ar parte di un coro è un’esperienza bellissima se la si vive con lo spirito richiesto, vale a dire lo spirito della “coralità”: tutti insieme a servizio del coro per un unico risultato condiviso. Con questa disponibilità, ed un direttore con i requisiti necessari, si ottengono risultati eccezionali. Il nostro Maestro Direttore Giuseppe Gelmini è considerato da tutti noi del coro uno dei maestri più quotati della provincia, infatti sotto la sua accurata e raffinata direzione, abbiamo ottenuto successi importanti in ogni luogo che ha ospitato le nostre esecuzioni. Brescia, Milano, Parma, Genova,

Venezia, Firenze, Roma…. in tutte queste città abbiamo sorpreso chi ci ascoltava per il livello di esecuzione. Infatti i nostri concerti, ascoltati da persone competenti, vengono recensiti come meritevoli di plauso. Non siamo un coro di professionisti, non facciamo grande selezione: basta una discreta voce una buona intonazione e tanta voglia di fare! Nel nostro ci sono coristi con spiccate qualità canore, altri un po’ meno, ma con lo spirito che dicevo prima. Tutti insieme riusciamo ad ottenere risultati che ci rendono orgogliosi di far parte del coro

“Don Arturo Moladori” di Castrezzato. L’impegno però a volte risulta gravoso, soprattutto quando si è in pochi a sostenerlo, allora subentra la poca voglia di fare, l’insofferenza e l’incomprensione. Abbiamo bisogno di forze fresche, di voci nuove che diano vigore ed entusiasmo ad un gruppo che in questi vent’anni ha dato tanto. Spero che questo mio appello possa far crescere in voi, che mi avete letto, il desiderio di aiutarci a riprendere slancio per il bene del coro e di tutta Castrezzato.

Il Coro “Don Arturo Moladori” durante un’esecuzione nel Duomo di Milano il 15 settembre 2010.

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In ricordo della cara nonna Eugenia

Grazie Genia

L’

anno vecchio, purtroppo segnato da gravi lutti per la nostra comunità, si è portato via, tra tante persone giovani, anche una cara, anziana “quercia” del nostro paese: Eugenia Turra, morta il 16 ottobre scorso all’età di 94 anni. Molti in paese conservano di lei un ricordo vivo e intenso, testimoniato dalle numerosissime, commosse visite di commiato presso la sua casa. Veramente toccanti i ricordi e i racconti densi di particolari di quanti, soprattutto mamme e donne di ogni età, hanno reso omaggio alla sua salma. Racconti di quasi un secolo di vita castrezzatese… In queste occasioni, così cariche di calore umano, ci si rende perfettamente conto di quanto bene una persona semplice, ma eccezionale come lei, abbia fatto per la sua numerosa famiglia, ma anche per l’intera comunità, alla quale Eugenia era profondamente legata. La precoce vedovanza la orientò subito ad una stile di intraprendenza e fortezza. Il suo amore alle quattro figlie era modulato ogni giorno dalla fatica del lavoro quotidiano, dalla preghiera sincera e genuina, dalla semplicità dei modi e dello stile di vita. Dopo la perdita del caro sposo Italo, un altro gravissimo lutto la

colpì: la morte della sua piccola, dolcissima bimba Itala, di soli 6 anni, dopo una tremenda malattia durata due anni. È soprattutto dopo questo fatto doloroso che la fede di Eugenia diventò più profonda: non uno strato superficiale di credenze appiccicate alla vita reale, ma una vera forza interiore, un respiro dell’anima che la affinò al colloquio personale con Cristo. La sua fede è stata quindi genuina, sostanziata di opere buone, espressa nel lavoro, nell’accoglienza serena dei suoi cari, e nel servire gli altri con altruismo e bontà. Tanti la ricordano, in tempi duri e di difficoltà economiche di tante famiglie, condurre con grande disponibilità e generosità un negozietto di alimentari e generi vari,

collocato in piazza Mons. A. Zammarchi. La stessa fede ha mosso Eugenia a testimoniare e lavorare come catechista, impegnandosi con energia e positività come “Delegata” dell’Azione Cattolica del paese. “Premurosa, materna e attentissima al numeroso gruppo di bambini che seguiva in oratorio e durante le varie funzioni religiose di Castrezzato”; così la ricorda oggi uno dei tanti adulti che era stato, allora, un suo “fanciullo”…. Spirito sereno, libero e intelligente, nella sua vita ha dimostrato una rara e tenace capacità di accoglienza, soprattutto verso i bambini. Dei piccoli si è sempre circondata volentieri, fino alla fine della sua lunga vita: pur con la piena lucidità mentale, ma nell’infermità fisica e tra mille acciacchi, si dimostrava nei loro confronti benevole e ben disposta ad un dialogo educativo vivace e spontaneo, avviando sempre al “bene” anche i più esuberanti. Carissima nonna Genia, la tua vita ha reso Castrezzato più bello e la Chiesa più materna e trasparente. Sei stata un esempio per molti e chi ha avuto la fortuna di conoscerti ha percepito, attraverso di te, qualcosa del grande cuore di Dio. Grazie Genia. Non ti dimenticheremo mai!

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Vita in Parrocchia

Due donne che hanno saputo donare se stesse

Due vite che continuano anche oltre la morte

I

n questi ultimi mesi, la nostra comunità piange la perdita di due giovani vite stroncate una da un tragico incidente, l’altra da un’impietosa malattia. Entrambe si chiamavano Michela ed entrambe, morendo, hanno donato al prossimo una parte di loro stesse che ancora continua ad esistere in chi si trovava in una situazione di grande bisogno e che sarà loro eternamente grato per il dono ricevuto. Infatti, le famiglie Lupatini e Tognoli hanno acconsentito all’espianto degli organi permettendo così ad altri, in condizione di estrema sofferenza fisica, di continuare a vivere. Quando una persona cara ci lascia, qualcosa sopravvive sempre in quanti l’hanno conosciuta: il ricordo di un momento felice, di un’emozione provata, di un sorriso o anche solo di uno sguardo.

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Alle famiglie di Michela Lupatini e Michela Tognoli va il sincero ringraziamento della comunità castrezzatese perché nel momento della disperazione, anche davanti alla morte, hanno saputo scegliere la vita. Permettere l’espianto degli organi è un gesto di grande civiltà e solidarietà che va oltre l’egoismo personale e oltre la grande sofferenza del momento. E’ un gesto che vuole dare ancora più senso alle vite che si sono spente e che non sono transitate su questa terra solo di passaggio ma hanno lasciato così un’impronta concreta: un cuore che continua a battere, dei polmoni che continuano a respirare, degli occhi che continuano a vedere … Per le persone che hanno ricevuto questi doni, le nostre concittadine sono diventate gli “angeli della salvezza” che hanno permesso loro di uscire dall’incubo della malattia. Ogni anno, nel mondo, muoiono migliaia di persone, soprattutto bambini, poiché non vi sono organi disponibili per il trapianto che salverebbe loro la vita. La cultura della solidarietà deve crescere affinché tutti possano capire l’importanza della donazione a fini terapeutici: la donazione del sangue, del midollo e degli organi. La vita è un diritto, ma per alcune persone è solo un lista d’attesa interminabile per un trapianto che non arriverà mai. L’Italia è uno dei primi paesi al mondo per la donazione degli organi e Castrezzato conta un nu-

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mero di iscritti all’A.I.D.O. (associazione italiana donatori organi) tra i più alti della zona. Dunque la nostra è una comunità che risponde ai bisogni del prossimo in modo positivo e ciò deve essere motivo di orgoglio ma soprattutto esempio positivo e costruttivo per le generazioni future, nonché stimolo ad un continuo miglioramento perché, quando si tratta di solidarietà, si può sempre fare di meglio. L’associazione A.I.D.O. di Castrezzato, oltre a Michela Lupatini e a Michela Tognoli, vuole ricordare anche gli altri concittadini che in passato hanno donato gli organi: Ombretta Zammarchi, la prima giovane donatrice, di cui la sezione locale porta il nome, Iole Cavalli, Flora Pontoglio e Giuseppe Goffi. Questi nomi resteranno scritti nei nostri cuori.


Vita in Parrocchia

Una mamma con la M maiuscola

La famiglia Tognoli ringrazia

I

l 23 dicembre dopo una determinata battaglia contro il cancro è venuta a mancare la nostra grande Michela. Nei giorni di grande dolore per tutta la nostra famiglia la vicinanza di tutte le persone venute a dare l’ultimo saluto è stata per noi una grande forza.

lasciare in lui un bellissimo ricordo: il suo amore e la voglia di sorridere sempre.

È stato bello sentirsi parte di una grande famiglia dove un semplice abbraccio e dei semplici gesti ci hanno fatto capire che anche una persona meravigliosa come lei è riuscita a seminare tanto amore. Amore che nonostante le sue grandi difficoltà e le tante assenza per i vari ricoveri, è stata per Edoardo una mamma con la M maiuscola, riuscendo a

La famiglia Tognoli ed il piccolo Edoardo

Vogliamo anche ringraziare tutte le persone che con piccoli e grandi gesti aiutano il nostro piccolo Edoardo. Grazie di cuore.

In memoria di Vincenzo Cuneo I nipoti ricordano il nonno Vincenzo per la sua disponibilità verso il prossimo.

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Calendario liturgico

Calendario liturgico pastorale Marzo 23 (sabato): Nel pomeriggio i ragazzi dell’oratorio iniziano le Quarantore con l’adorazione al Santissimo Sacramento in chiesa 24 Domenica delle Palme. S.S. Messe Ore 8,0010,30-18,00. Quarantore. Ore10 Raduno nel cortile dell’oratorio per la processione verso la chiesa parrocchiale. Benedizione dei rami di ulivo. Ore 10,30: S. Messa solenne pro populo. Proclamazione della Passione. Ore 14,30 Adorazione degli adulti 25 Lunedì santo. Quarantore. Messe alle ore 8,00- 9,30-20,00. Adorazione (dopo le messe). 26 Martedì santo. Quarantore. Messe alle ore 8,00- 9,30-20,00 (seguita dalla processione Eucaristica secondo l’itinerario tradizionale: Piazza S. Maria - Piazza Zammarchi - Via Battisti - Vicolo Abbandonato - Via Risorgimento - Via Torri - Chiesa parrocchiale. 27 Mercoledì santo. Ore 9,30 Messa (Pasqua dell’ammalato - alla Casa di Riposo) 28 Giovedì santo. Ore 7,30: Ufficio delle Letture Ore 20,30 S. Messa solenne in Cena Domini e adorazione fino alle Ore 23,00. 29 Venerdì santo. Giorno di astinenza e di digiuno. Ore 7,30: Ufficio delle Letture e lodi. Tempo utile per le confessioni. Ore 15,00: Azione liturgica in morte Domini. Adorazione della Croce. Ore 20,30: Liturgia della Parola e Processione solenne con il Cristo Morto. 30 Sabato santo. Ore 7,30 Ufficio delle Letture e Lodi. Giornata destinata alle confessioni e Bacio a Cristo Morto. Ore 20,30 Solenne Veglia Pasquale in Pascha Domini. 31 Pasqua di Risurrezione. Sante Messe Ore 8,009,30-11,00 e 18,00. N.B. Ore 17,30: Vespri di Pasqua.

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Aprile 01 Lunedì dell’Angelo. Messe con orario festivo. 02 Martedì dell’Ottava di Pasqua. Da oggi entra in vigore l’orario estivo delle sante messe: Feriali: Ore 8,00 e 20,00 Festiva della Vigilia: Ore 18,30 Festive: Ore 8,00-9,30-11,00-18,30. 07 Domenica II di Pasqua (Divina Misericordia) 14 Domenica III di Pasqua. Battesimi comunitari. 21 Domenica IV di Pasqua. 50° Giornata mondiale di preghiera per le Vocazioni. 23 S. Giorgio martire. 25 S. Marco Evangelista. 28 Domenica V di Pasqua. Ore 9,30 Celebra Mons. Voltolini Vescovo missionario. 29 S. Caterina da Siena. Maggio 01 Pellegrinaggio parrocchiale per le famiglie alla Madonna della Corona. Ore 20,30: S. Rosario e inizio del mese di maggio in chiesa. N.B. Dal 2 maggio prende avvio la recita del S. Rosario nelle varie santelle e Rioni del paese. 03 Festa dei Santi Apostoli Filippo e Giacomo. 05 Domenica VI di Pasqua. 12 Solennità dell’Ascensione del Signore 13 Nostra Signora di Fatima. 14 S. Mattia Apostolo. 19 Solennità della Pentecoste. S. Cresime in Parrocchia( Ore11,00) 20 S. Bernardino da Siena. 22 S. Rita da Cascia. 24 Festa di Maria Ausiliatrice. 26 Solennità della S.S. Trinità. 31 Festa della Visitazione della Beata Vergine Maria. Ore 20,30: conclusione del mese di Maggio in chiesa.


Anagrafe parrocchiale

Anagrafe parrocchiale Rinati in Cristo (battesimi)

Nella luce di Cristo (defunti)

Lanza Valentina di Alessio e Sala Simona Rubaga Monica di Massimo e Zucchetti Paola Vigani Edoardo Marco di Marco e Mazzoleni Luisa Neris Ronchi Mattia di Oliviero e Zanardelli Anna Vermi Giulia di Roberto e Vizzardi Claudia Facconi Filippo di Andrea e Nicolini Carla Presti Ester di Ugo e Gervasoni Sara

Tognoli Michela di anni 40 Torriani Paolina di anni 75 Bombardieri Faustina di anni 85 Festa Dante di anni 76 Abiendi Cesare di anni 59 Mambretti Francesca di anni 72 Boldini Marilena di anni 53 Vezzoli Rosa di anni 89 Pisciali Virginia di anni 88 Platto Antonio di anni 80 Facchetti Santina di anni 90 Cannatella Eduardo di anni 75 Garbellini Ester di anni 69 Donna Savina di anni 84 Arrighetti Ferdinando di anni 51 Sala Angela (Lina) di anni 88 Zini Maddalena di anni 92 Cominardi Veronica di anni 91 Coelli Marina ved. Fra di anni 90 Zanini Emanuele di anni 59 ParmaMaria Antonia di anni 88

Uniti in Cristo (matrimoni) Ferrari Marco con Lancini Eleonora

Auguri alla Comunità per una Santa Pasqua L a redazione di “Camminiamo Insieme” e i collaboratori tutti, augurano ai lettori e alla Comunità parrocchiale i migliori auguri di una Santa Pasqua di resurrezione Camminiamo insieme

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Grazie

Papa Benedetto XVI


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