Bollettino Dicembre

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n° 29 dicembre 2011 - febbraio 2012

amminiamo insieme C Periodico della ComunitĂ dei Santi Pietro e Paolo in Castrezzato


Sommario

Camminiamo insieme

Periodico della Comunità parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo in Castrezzato N.29 dicembre 2011 - febbraio 2012

Hanno collaborato a questo numero: mons. Mario Stoppani, don Claudio Chiecca, p. Aldino Cazzago, p. Giulio Cittadini, Mons. Vittorio Formenti, Mons. A. Vincenzo Zani, Silvana Brianza, Catechisti parrocchiali degli adulti, Commissione Famiglia e Pastorale sociale, Gruppo Missionario, Collaboratori dell’Oratorio. Contributi (testi): Commissione Nazionale Caritas, Sua Ecc.za Mons. Luca Brandolini, p. Renato e p. Alberto Modonesi Fotografie Erika Zani Segreteria Agostina Cavalli Impaginazione Giuseppe Sisinni

In copertina G. Gueggia L’Annunciazione - 2011 Tra le figure di spicco del tempo di Avvento, insieme a Giovanni il Battista e a Giuseppe, troviamo Maria di Nazaret, la piccola adolescente capace di contenere l’immensità di Dio…di accogliere e di tessere nel suo grembo l’immensità di Dio che vuole farsi uomo. Maria come tutte le ragazze in Israele, aspetta il Messia e la redenzione del popolo d’Israele, redenzione che tardava ad arrivare… Poi, un giorno, accade che Maria riceve la visita inaspettata di un messaggero celeste, di Gabriele l’arcangelo portatore dei grandi messaggi di Dio Padre per l’umanità. Dio desidera diventare uomo e ha bisogno di una Madre… Dio decide di venire! Maria di Nazaret ci viene presentata dalla Tradizione cristiana come modello di attesa, come esempio di discepolato e di ascolto della Parola del Signore. Giovane credente Maria accoglie la provocazione di Dio “Ecco concepirai un figlio…”(Cfr. Lc 1,31) che vuole venire, che vuole incarnarsi e chiede a Maria di diventare la porta per l’ingresso di Dio nel mondo. Maria accetta e mette il suo cuore in quello di Dio. Maria si fida di Dio, accetta, si dona e spalanca il suo cuore. Dio diventerà uomo, si farà carne, ossa, sorriso, sudore e fatica. Lei Maria di Nazaret prefigura già la nuova umanità che Gesù Cristo, suo Figlio e Signore della storia, inaugurerà sull’altare della Croce e nella realtà della risurrezione. Fin dal suo concepimento, Maria, è stata preservata dal peccato originale (per questo l’arcangelo le porge dei fiori bianchi, “immacolati”): guardando a lei, madre di Cristo e di ogni credente in Cristo, scopriamo come possiamo vivere da salvati: facendoci discepoli e dicendo il nostro “sì” a Dio che viene nel mondo, per essere accolto e ascoltato. don Claudio

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Sommario 3 5 8 11 16 18 22 28 30 36 43 48

Lettera del Parroco “Si fece carne”

Formazione spirituale Padre Nostro...

Speciale Caritas Caritas, 40 anni di fatti

Speciale Caritas Immigrazione e solidarietà

Spazio missioni Lettera di padre Renato

Briciole di vita Natale al fuoco

Spazio famiglia Adolescenza, una risorsa non un problema

Spiritualità Dio viene nel silenzio

Spazio oratorio Vita dell’Oratorio

Spazio oratorio Cresime e Prime Comunioni

Vita in parrocchia Commissioni, a che punto siamo?

Vita in parrocchia Ciao nonni, così voglio ricordarvi


Lettera del Parroco Perchè l’uomo possa rigenerarsi nello spirito e nelle opere

“Si fece carne”

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arissimi, il Natale con il suo insopprimibile messaggio di amore e di pace cade in un contesto mondiale ancora teso e lacerato. Anche oggi le tenebre invocano il bisogno della luce. “Veniva nel mondo la luce vera: quella che illumina ogni uomo”. Quanto è vera ed attuale questa frase del prologo del Vangelo di Giovanni. Se vogliamo che il Natale sia vero lasciamoci penetrare da questa luce, per rinascere dentro e poter illuminare gli ambienti umani dove ogni giorno viviamo a fianco degli uomini fratelli. Se Cristo si fa carne è perché l’uomo possa rigenerarsi nella sua totalità: nello spirito e nelle opere. Solo uomini nuovi possono dar vita ad un mondo nuovo. È questa la scommessa del Natale. Il Natale, lungi dall’essere una mera memoria storica della nascita del Salvatore, impegna tutti a vivere in pienezza lo stato di un’umanità redenta che sia trasparenza dell’umanità piena assunta dal Bambino di Betlemme. Dio ci ha amati per primo mandandoci suo Figlio, perché noi potessimo a nostra volta amarlo. Non che Egli avesse bisogno del nostro amore, ma perché noi non possiamo essere ciò per cui Dio ci ha creati, se non amandolo. Questo è il nostro impegno: fare in modo, quindi, che la nostra umanità personale e sociale esprima l’umanità altissima che il Verbo della vita ha realizzato in sintonia con la sua divinità. Questo vuole essere il filo che lega i vari artico-

li del numero natalizio di questo Bollettino parrocchiale. La novità cristiana si sostanzia nel creare sempre più una volontà di pace; nell’essere grati per il dono della vita; impegnarsi nell’educarla e nel valorizzarla anche se priva della piena efficienza esteriore oggi così esaltata; non chiudere l’orizzonte dell’uomo solo a questa terra ma aprirlo al Cielo. Quel Cielo che i

Magi hanno seguito per giungere all’incontro adorante con il Salvatore. Ci aiutino, pregando magari davanti al Presepio che abbiamo costruito nell’intimità delle nostre case, queste belle espressioni di una poesia natalizia intitolata “Si fece carne”. Buona Natale a tutti. don Mario

La luce guardò in basso e vide le tenebre. “Là voglio andare” disse la luce. La pace guardò in basso e vide la guerra. “Là voglio andare” disse la pace. L’amore guardò in basso e vide l’odio. “Là voglio andare” disse l’amore. Così apparve la luce e risplendette; così apparve la pace e affiorò il riposo; così apparve l’amore e portò la vita. E il Verbo si fece carne e pose la sua tenda in mezzo a noi. Camminiamo insieme

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Formazione spirituale Riflessione teologica sul Natale

Natale: Dio che da ricco si fa povero

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l termine di questo tormentato 2011, torna puntuale il Natale, “la più bella festa dell’anno”, la festa della famiglia, da celebrarsi in casa con i propri cari. Da due millenni questa radiosa festività non cessa di ispirarci sentimenti di bontà, di concordia e di pace. Ci chiediamo donde venga una così straordinaria forza spirituale. Per il credente, il Natale di Gesù Cristo è il paradossale farsi uomo di Dio, il suo entrare in comunione con noi nel tempo, il suo diventare «uomo per gli altri, per tutti». Nascendo da Maria Vergine, deposto in una mangiatoia, Dio, l’Immutabile, l’Eterno, si rivela a noi come l’amore misericordioso che non ci lascia soli. La liturgia cattolica esprime la realtà imprevedibile di questo mistero che ha cambiato la storia anche con le parole bibliche per le quali «Dio che era ricco si fece povero per arricchire noi che siamo poveri». Questa espressione mi sembra di grande attualità nel tempo che stiamo vivendo, tempo di grande crisi economica, politica e morale. Mi chiedo: di quale ricchezza si tratta? Dio è proprio un ricco che si fa povero? Bisognerà intendersi sui termini: Dio è ricco sul piano dell’essere, dell’esistere; ma è assolutamente povero sul piano dell’avere, in quanto non ha e non possiede assolutamente nulla. Dio infatti, insegnano i teologi, non

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ha niente perché è tutto. Non ha l’esistenza perché è il proprio esistere, non ha l’amore perché è l’amore stesso in persona. In parole povere il Signore Dio è il contrario di un arricchito che si è procurato e possiede molti beni ma che sul piano dell’essere è assolutamente in deficit. Se pensiamo al Verbo incarnato, a Gesù, questa divina lezione viene apertamente confermata. Gesù infatti è povero di beni, ma ricchissimo sul piano spirituale per la sua capacità di donare e di donarsi. Egli vive una povertà diversa da quella rigorosa, radicale, allarmata che era di Giovanni il Battista; Gesù possiede una bella tunica e il suo gruppo tiene una piccola cassa alimentata dalle pie donne, che serve per i loro bisogni e anche per aiutare i più poveri. La povertà di Gesù, quella che egli ci domanda di condividere ora più che mai, consiste nel liberare l’uomo dal dominio delle cose. Le cose, i beni terreni sono e devono essere per l’uomo e non viceversa. In questo tempo di crisi siamo diventati tutti più poveri in quanto, generalmente parlando, non abbiamo più tanti beni su cui contare. Il Natale, a questo punto, sembra suggerirci un forte e concreto ritorno alla vera ricchezza, quella di Dio, sul piano dell’esistenza e del dono. Stiamo forse vivendo una grande lezione storica che ci invita alla

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corresponsabilità solidale all’interno delle nostre famiglie e della, famiglia civile in cui viviamo. Paolo afferma che Dio ama coloro che sanno dare con gioia. Non ci sono povertà che ci impediscano di farci prossimi a qualcuno più povero di noi. La solidarietà dei poveri è una dimensione evangelica senza la quale la nostra fede sarebbe vana. Invitando i Corinzi che sono nell’abbondanza a una colletta in favore dei poveri di Gerusalemme, l’apostolo Paolo ci da una grande lezione di concretezza cristiana e di familiarità. Non si tratta, egli afferma, di impoverire nessuno per arricchire altri ma bensì di fare uguaglianza. Fare uguaglianza dunque dovrebbe essere la nostra doverosa risposta al Dio di Gesù in questo tempo di crisi. Dobbiamo dare meno importanza alle cose e darne molta di più all’uomo, privilegiando i bisogni primari ed essenziali degli altri nei confronti dei nostri bisogni indotti. Il Natale dunque ci invita ancora una volta a credere nel Vangelo, nella beatitudine dei poveri in spirito. Il Signore ci sorrida e renda sempre più gioiose le nostre famiglie con la sua benedizione natalizia. p. Giulio Cittadini


Formazione spirituale Il cuore del Vangelo: il Padre Nostro

Padre nostro...

I

l Padre Nostro è la sintesi di tutta la Sacra Scrittura. Non è una preghiera, è “la Preghiera”, e per questo i catecumeni, nei primi secoli della Chiesa, potevano recitarla solo dopo avere ricevuto il sacramento dell’iniziazione cristiana, il battesimo. È Gesù che la insegna ai discepoli. Gesù è preghiera vivente, la preghiera scandisce la sua vita terrena, numerosi passi del Vangelo lo sottolineano: «... e mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Santo» (Lc 3,21); «In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione. Quando fu giorno chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici» (Lc 6,12); «Circa otto giorni dopo questi discorsi, prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. E mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante» (Lc 9,28-29); «Giunto sul luogo, disse loro: “Pregate, per non entrare in tentazione”. Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà”» (Lc 22,40-42). I discepoli, che come ebrei erano abituati a pregare, sono attratti dalla preghiera del Maestro, diversa, che fa trasparire una relazione unica, speciale, con Dio e chiedono di partecipare della sua preghiera: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha

insegnato ai suoi discepoli» (Lc 11,1). Il Padre Nostro è, dunque, la preghiera dei discepoli, la versione estesa è in Matteo capitolo 6,9-13, la versione breve in Luca capitolo 11,2-4. L’incipit, “Padre”, è il vertice della Rivelazione e manifesta una verità inimmaginabile per l’uomo: il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei Patriarchi e dei Profeti, il Dio dell’Alleanza, il Dio trascendente che è “nei cieli”, è un “Padre”. Il termine aramaico “Abbà” rivela una relazione intima, familiare, affettiva tra il Creatore e la creatura. Gesù estende ai discepoli il suo rapporto con il Padre, non nel modo unico ed esclusivo in cui Lui

lo vive «Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (Gru 20,17), ma per partecipazione, facendoli figli adottivi, “figli nel Figlio”. San Paolo nella Lettera ai Romani scrive: «E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: “Abbà, Padre”. Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio» (Rm 8, 14-16), ed ancora nella Lettera ai Galati: «E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei vostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: “Abbà, Padre!”. Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per

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Formazione spirituale

volontà di Dio» (Gal 4,6-7). Il Padre Nostro ha una dimensione verticale, la prima parte, ed una dimensione orizzontale, la seconda parte. Nella prima parte il discepolo, ponendo Dio al di sopra di ogni cosa e dando priorità assoluta agli interessi di Dio, fa suoi i desideri di Cristo e chiede: «sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà». Dio solo è Santo ed Isaia ne ha la visione, «... io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato. Attorno a lui stavano dei serafini ... Proclamavano l’uno all’altro: “Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria”» (Is 6,1-3). Il nome, che manifesta la sua realtà, è Santo, e va santificato; Ezechiele afferma: «Così dice il Signore Dio: Io agisco non per riguardo a voi, gente d’Israele, ma per amore del mio nome santo, che voi avete disonorato tra le genti presso le quali siete andati. Santificherò il mio nome grande, disonorato tra le genti, profanato da voi in mezzo a loro. Allora le genti sapranno che io sono il Signore» (Ez 36,22-23). «Allora le genti sapranno che io sono il Signore», santificare il nome è rendere visibile la realtà di Dio, la sua santità, la sua maestà, operare affinché si realizzi la sua volontà

di bene e il suo regno di amore. «Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà»: le prime tre domande sono una educazione del desiderio per conformarlo a quello di Cristo. Con Gesù il regno di Dio si fa presente, all’inizio della vita pubblica e della predicazione, Gesù proclama: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,14). Nel capitolo 13 di Matteo, il regno è rappresentato dalla parabola del seminatore e dalle immagini del granellino di senapa, del lievito, del tesoro, della perla e della rete. Ma ai figli del regno, “il seme buono”, si oppone la zizzania, “i figli del maligno” e i discepoli sperimentano la fatica che costa lavorare per il regno nella realtà terrena, “il campo”. La seconda parte del Padre Nostro è, dunque, scandita da quattro invocazioni per chiedere, in un atteggiamento di filiale fiducia, perché Dio è Padre, l’intervento divino sulla fragilità della condizione umana. L’invocazione è corale, “noi”, è della comunità per la comunità, una comunità non solo locale ma universale, estesa ai confini della terra; lo spirito cristiano non è individualista, la Chiesa è ecumenica.

La quarta domanda pone l’accento sui bisogni della vita: «Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano». Viene chiesto quanto basta a soddisfare i bisogni di un giorno, “quotidiano”, in greco “epioùsios”, perché c’è totale abbandono alla Provvidenza: «Non cercate perciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l’animo in ansia: di tutte queste cose si occupa la gente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta» (Lc 12, 29-30). L’intervento provvidenziale di Dio si manifesta per mezzo del lavoro: «Il lavoro umano proviene immediatamente da persone create da Dio e chiamate a prolungare, le une con le altre e per le altre, l’opera della creazione sottomettendo la terra». Il lavoro va affrontato con responsabilità personale; infatti con la coscienza con cui attende al proprio lavoro, l’uomo partecipa al bene altrui e della società; « ... la vera qualità della nostra vita e della vita sociale dipende dalla retta coscienza di ognuno, dalla capacità di ciascuno e di tutti di riconoscere il bene, separandolo dal male, e di cercare pazientemente di attuarlo». Soprattutto, la presenza divina si manifesta per mezzo dei fratelli; ogni figlio del regno dei cieli è strumento della Provvidenza, ciascuno di noi è parola di Dio con la sua esistenza. Sull’insegnamento dei Padri della Chiesa, inoltre, non si deve perdere di vista un’interpretazione più estesa. Gesù «non permette di ridurre il bisogno dell’uomo al pane, alle necessità biologiche e materiali»; pane è la Parola, «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Alt 4,4); pane è il Verbo “fatto carne”, è l’Eucaristia. La quinta domanda invoca il perdono: «rimetti a noi i nostri debiti

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Formazione spirituale come noi li rimettiamo ai nostri debitori». I debiti, cioè i peccati: è, dunque, un’invocazione di perdono. Il perdono di Dio va prolungato ai fratelli, l’esperienza del perdono genera misericordia: «Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: “Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?”. E Gesù gli rispose: “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette”» (Mt 18,21-22). Prepariamo la remissione finale con il chiedere ogni giorno il perdono dei peccati e con il perdonare ogni giorno ai fratelli. Le ultime invocazioni sono un grido di aiuto: «Non ci indurre in tentazione ma liberaci dal male». Un grido di aiuto per resistere alla tentazione dell’apostasia, la tentazione di abbandonare la fede per fuggire l’odio del mondo: «Gesù si mise a dire loro: “Guardate che nessuno vi inganni! Molti verranno in mio nome dicendo: `Sono io’, e inganneranno molti”»(Mc 13,5), «Voi sarete odiati da tutti a causa del mio nome, ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato» (Mc 13,13), «Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, verrà l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre, né me» (Gr 16,1-3). Un grido di aiuto per essere liberati dal male, dalla “seconda morte”, da Satana. La Chiesa, che genera i “figli di Dio”, è odiata e perseguitata; infatti «Chi fa il male odia la luce e ne sta lontano perché la luce non faccia conoscere le sue opere a tutti»(Gv 3, 20). Le pagine del capitolo 12 dell’Apocalisse di Giovanni descrivono la drammatica lotta tra la donna e il grande drago «cioè il serpente antico, che si chiama Diavolo e Satana, ed è il seduttore

del mondo» (f 12,9), e sono di una impressionante attualità: la guerra tra Chiesa e mondo c’è sempre stata, ma oggi ha una radicalità speciale e un significato speciale perché una cultura anticattolica, bandita come aperta e progressista, si va diffondendo in paesi di antica tradizione cristiana, nell’Occidente. Dietro alla tentazione, dietro alla persecuzione c’è il Male, è in fondo, ed è l’ultima parola della preghiera. Ma la prima è Padre, «Alle spalle e di fronte mi circondi e poni su di me la tua mano... e mi afferra la tua destra» (Sal 138,5.10). Tra questi due estremi si dipana il mistero dell’uomo. Nel Pater Noster invochiamo la grazia della fede; Paolo ci esorta: «Tenete sempre in mano lo scu-

do della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio. Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiera e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi...» (Ef 6,16-18). Preghiamo, affinché il Padre ci conceda, mediante la sua grazia, di santificare il suo nome nella fedeltà alla Chiesa e alla nostra vocazione, e ci liberi dalla tentazione di chiudere il cuore all’altro.

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Speciale Caritas In quarant’anni più di 14mila opere sociali e sanitarie

Caritas, 40 anni di fatti Nell’anniversario della fondazione, Caritas Italiana si interroga sul senso delle oltre 14 mila opere sociali e sanitarie ecclesiali, a partire dai dati raccolti nella recente Rilevazione nazionale.

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orna, luglio 1971. Per volere di Paolo VI, nel lo spirito di rinnovamento avviato dal Concilio Vaticano II, la Cei istituiva «Caritas Italiana». Sono quindi quaranta le candeline spente nel 2011 dall’organismo pastorale per la promozione della carità, con un occhio alla storia e uno al futuro che, complice la crisi internazionale, si presenta carico di sfide. Molti gli appuntamenti organizzati per riflettere sul quarantennio trascorso; tra questi, in ottobre, il seminario “La pedagogia dei fatti. Educare attraverso le opere”, che in modo singolare nel titolo riesce a unire le due anime dell’ente: da una parte la scelta preferenziale degli ultimi, con le tante attività caritative ecclesiali in tutta Italia, dall’altra il ruolo educativo, meno noto ma altrettanto fondamentale. «Al di sopra dell’aspetto puramente materiale della vostra attività,

deve emergere la sua prevalente funzione pedagogica» affermò già nel 1972 papa Paolo VI, al primo Convegno nazionale delle Caritas diocesane. Con un salto all’oggi, la funzione pedagogica è sottolineata dagli Orientamenti pastorali della Cei per il decennio 2010-20 Educare alla vita buona del Vangelo, dove, al paragrafo 39, si legge: «La carità educa il cuore dei fedeli e svela agli occhi di tutti il volto di una comunità che testimonia la comunione, si apre al servizio, si mette alla scuola dei poveri e degli ultimi, impara a riconoscere la presenza di Dio nell’affamato e nell’assetato, nello straniero e nel carcerato, nell’ammalato e in ogni bisognoso». Un’educazione, dunque, nei confronti della base; ma c’è anche un’altra direzione, verso i vertici della società, come sottolineato da monsignor Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi e presiden-

te di Caritas Italiana: «La prevalente funzione pedagogica esige che non si accettino deleghe né dalla società civile né dalla comunità ecclesiale nel garantire a ciascuno i propri diritti e nel servizio della carità». In altre parole: sì alla sussidiarietà, no a una facile supplenza nello stile «tanto ci pensano i volontari». Monsignor Merisi individua un fronte educativo anche in chi detiene le redini dell’economia e della finanza: «Il capitolo terzo della Caritas in ventate apre in merito una nuova strada. Bisogna fare in modo che nell’immaginario e poi nella traduzione concreta della vita sociale, economica e finanziaria, il tema del dono, della fraternità, dell’amore sia dentro già in partenza, e non soltanto alla fine, dando per scontato che qualcuno aiuterà chi non riesce a stare al passo». Database della solidarietà Detto del tema educativo, bisogna fare il punto sui fatti. Quali e quanti sono? A questa domanda non risponde il censimento Istat in corso in queste settimane, bensì l’apposita Rilevazione delle opere sanitarie e sociali ecclesiali in Italia, svolta nel 2010 dalla Consulta nazionale ecclesiale degli organismi socioassistenziali e dall’Ufficio nazionale per la pastorale della sanità, insieme con il Servizio informatico della Cei. I risultati completi verranno presentati il prossimo gennaio, ma ampie anticipazioni sono state date anche

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Speciale Caritas nel corso del convegno di ottobre, relatore Maurizio Giordano, presidente nazionale dell’Uneba (Unione nazionale delle istituzioni e iniziative di assistenza sociale). Questo censimento è il quarto realizzato finora in Italia, uno ogni dieci anni, ma per la prima volta include anche i servizi di carattere sanitario. Fotografa una vicinanza della Chiesa a chi soffre che si concretizza in 14.246 servizi sparsi in tutto il territorio, animati da oltre 420 mila operatori, tra laici e religiosi, volontari e dipendenti. Tre gli obiettivi dell’analisi, sintetizzati così da monsignor Merisi: «Conoscere non solo le povertà, ma anche le risorse “buone” presenti nel proprio territorio; avere cura di queste risorse, sostenerle là dove ce n’è bisogno, o cambiarle se non più adeguate; infine tesserle in rete, a partire dagli ambiti comuni di impegno». Una galassia vitale Scorrendo i dati, i motivi di stu-

pore non mancano. Ad esempio il balzo in avanti numerico dei servizi. Nel 1999 la rilevazione ne aveva contati «appena» 10.938. Anche scorporando le 916 attività appartenenti al settore sanità, che non erano conteggiate nella ricerca di fine millennio, l’aumento è evidente. Tante le opere giovani, con 4.615 servizi sorti nell’ultimo decennio e 3.278 nel precedente. Si tratta per lo più di iniziative cosiddette «leggere», ovvero non residenziali. Una vitalità che, sottolinea Giordano, «testimonia una buona capacità interpretativa del bisogno da parte di queste opere, ma è anche sintomo di una società in cui le povertà elementari sono in espansio ne e manca una visione stra tegica di lotta all’esclusione». Da un punto di vista territo riale prevale il Nord, dove è radicato il 47,9 per cento dei servizi, mentre il 23,6 per cento è espressione del Centro Italia e il 28,6 del Sud e delle Isole. Nonostante il di vario rimanga grande, dieci anni

fa la situazione era an cora più marcata. «Linversio ne di tendenza — commenta Maurizio Giordano — è positiva, ma si conferma il para dosso di una maggiore pre senza di servizi per i poveri nelle regioni a più alto reddito». Inoltre, prosegue lo studioso, «le Regioni meglio organizzate sotto il profilo delle politiche pubbliche registra no anche la più alta presenza di opere “private”». Residenzialità in calo Altre indicazioni vengono dalle categorie di attività dei servizi. Il 62,3 per cento (ovvero 8.858 opere) del totale si occupa di assistenza socio sanitaria e sociale non resi denziale: in questo ambito rientrano i centri di ascolto e quelli di erogazione di beni primari, i consultori familia ri e i centri di aiuto alla vita, le mense e i centri diurni per disabili, i servizi di sostegno scolastico per minori. Sono invece circa la metà (4.440, cioè il 31,2 per cento) le opere che si caratte-

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Speciale Caritas rizzano per la residenzialità, come le case di riposo per anziani, i ser vizi per persone affette da di sturbi mentali o che abusano di sostanze stupefacenti, le residenze sanitarie assisten ziali per anziani, le comunità educative per minori e quelle per mamme e bambini. I promotori sono le parroc chie (27,5 per cento), in se conda battuta le diocesi (19), le associazioni di fedeli (18,1), gli istituti di vita consacra ta o società di vita apostoli ca (13,1). Sono attività «abi tate» da oltre 420 mila ope ratori, nella quasi totalità lai ci (il 96,1 per cento) e oltre i due terzi a titolo di volonta riato (66,5 per cento). La messe è molta, e gli operai — per quanto in numero significativo — restano sempre pochi ri spetto alle esigenze. Ciò non è motivo di tristezza, ma è mo tore di un rinnovato impegno, come ricordato anche dal car dinale Angelo Bagnasco: «Le opere di carità non devono surrogare la giustizia sociale che è scopo della vita politica, ma sappiamo che l’amore sarà sempre necessario, anche nel la società più giusta e organiz zata. Se da una parte la Chiesa ha sempre sollecitato un giu sto ordinamento dello Stato e della società, dall’altro non ha mai mancato di promuovere l’attività caritativa. Nessuna buona legge, infatti, può as sicurare l’amore nel cuore dei cittadini. Questo è un tesoro di ordine diverso, che sfugge ad ogni ordinamento pur ne cessario. È una ricchezza spi rituale, nasce dal cuore e ri sponde alla logica della gra tuita e del dono». Allora, buon compleanno, Caritas!

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La Caritas che vorrei

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re le parole scelte da Caritas Italiana per il suo anniversario: memoria, fedeltà, profezia. Ad alcuni organismi ecclesiali che con l’ente più hanno lavorato gomito a gomito, nel corso dell’incontro La pedagogia dei fatti. Educare attraverso le opere, è stato chiesto di delineare alcune piste di lavoro per il domani, secondo il tema «la Caritas che vorrei». Molto appassionato stato l’intervento di don Vinicio Albanesi, presidente della comunità di Capodarco, secondo il quale ci vorrebbe più coraggio: «Siamo cani randagi, abbiamo annusato che la povertà stava allargandosi. Dobbiamo tornare a essere profetici. La profezia è libertà di parlare in nome del messaggio che abbiamo. Perché dovremmo vergognarci?». Per Claudia Moderi, presidente della Società San Vincenzo de’ Paoli, «mai come ora è necessaria una Caritas che usi il suo ruolo pedagogico al fine di far ritrovare i valori fondamentali». Padre Wladimiro Bogoni, in rappresentanza della Cism (Conferenza italiana superiori maggiori), si è fatto portavoce di un preciso messaggio: «Alla vita religiosa piacerebbe che Caritas non sentisse i religiosi solo come manodopera, ma che provasse interesse anche per la loro specifica vocazione». Intensi i tanti «vorrei» messi in fila da Mirto Da Pro, del Gruppo Abele: «Vorrei una Caritas che sappia stanare i sommersi. Che si tiri indietro quando viene sfruttata. Capace di fare cultura, di essere un riferimento, di proporre una strategia comune, di essere faro e apripista, di avere parole politiche con la P maiuscola». Per Giovanni Ramonda dell’Associazione comunità Papa Giovanni XXIII, Caritas è «contemporanea alla storia. Sa leggere le vicende e richiamarci a prendercene cura. Chiede risposte che creino comunità, e che siano nuove. Vorrei che rimarcasse sempre più l’ascolto del grido dei poveri». Il neo presidente di Cnca (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza), don Armando Zappolini, ha chiesto voce per la denuncia, occhi per intercettare i bisogni, cuore «per rendere visibile il sogno di Dio di fare dell’umanità una terra bella». Ha concluso, infine, don Tonio Dell’Olio di Libera, che si è augurato per Caritas un futuro da «samaritano dell’ora prima», quello che previene l’aggressione dei briganti intervenendo sulle cause del disagio.

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Speciale Caritas Una parola chiave: integrazione

Immigrazione e solidarietà

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ntegrazione è la parola chiave nel rapporto con gli stranieri che ormai sono una realtà consistente nel nostro Paese in quella strada comune che ogni persona percorre per raggiungere obiettivi di convivenza con il “diverso”. Chiariamo, però, che alla base di tutto vi deve essere la cono scenza della realtà che vivono gli stranieri che secondo i dati del l’ultimo rapporto Istat e Caritas Migrantes ammonterebbero a circa cinque milioni sul territorio nazionale. È necessaria, dunque, una visione concreta di ciò che porta spesso ad un rifiuto inconscio di chi ha un colore diverso della pelle o professa una religione difforme dalla nostra e per questo è lontano dal comune modo di vivere la quotidianità. Per fare questo è sufficiente filtrare tutto ciò che vediamo e ascoltiamo attraverso la fede, che ci rende osservatori privilegiati del contesto sociale nel quale siamo chiamati ad operare. Da questo punto di vista, non sono di aiuto i mezzi di comu nicazione sociale di massa i quali tendono ad esasperare la pre senza degli stranieri in Italia enfatizzando singoli e isolati episodi di criminalità ad essi riconducibili, creando, quale reazione, forme di intolleranza e pericolose tendenze alla ghettizzazione. D’altro canto la resistenza di alcuni stranieri, presenti anche da lungo tempo in Italia, ad adeguarsi e rispettare le norme di legge vigenti nel nostro Paese non facilita l’accettazione della loro presenza.

Non si può che provare rabbia e sconcerto di fronte alle notizia di quattro bambini Rom che sono morti nel rogo della baracca abusiva dove vivevano in un campo da essi occupato nei pressi di Roma. Come è potuto accadere, ci chiediamo, nonostante vengono previsti istituti e servizi ad hoc dalla normativa in vigore che ha mostrato nel corso del tempo una sempre maggiore attenzione per gli immigrati? Alla domanda forse si può rispondere solo ammettendo che non bastano le leggi per risolvere i problemi, è necessario che ognuno ed in particolare i cattolici facciano di più, non solo a parole, ma siano essi stessi esempi di carità vivente, motore di vita e instancabili testimoni di valori evangelici, uscendo dal torpore nel quale si trovano da troppo

tempo. Il cristiano non ha vita facile. Egli è chiamato a prendere posizione in qualsiasi contesto si trova o meglio nel posto dove Dio vuole che sia (lavorativo, politico, sociale, familiare, etc.), anche se questo lo porta a vivere situazioni di contraddizione. I Santi ce lo hanno insegnato: è la “follia”della croce che è segno tangibile dell’appartenenza a Dio e non al mondo. Essi si sono consumati nell’amore per Dio e fatti strumento della Sua volontà ricolmando di opere buone il prossimo. Al fine di operare una statistica sugli stranieri presenti nel proprio ambito territoriale si può cominciare dagli osservatori sui Fenomeni Sociali istituiti normalmente presso gli assessorati alle Politiche Sociali delle regioni di apparte-

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Lettera del Speciale Caritas Parroco

Immigrazione Dossier Caritas 2010 Sono quasi quattro milioni gli immigrati regolari in Italia, con una incidenza del 6,7% sul totale della popolazione, leggermente al di sopra della media Ue. E la stima effettuata dalla Caritas italiana e dalla Fondazione Migrantes nel dossier annuale del 2010. I cittadini stranieri nel nostro Paese sono stimati oggi fra i 3.800.000 e i 4 milioni, come risulta nel dossier, dato che non è in contrasto con le cifre diffuse dall’Istat (quasi 3 milioni e mezzo di presenze) poiché si tiene conto anche delle presenze regolari che, a causa delle procedure burocratiche lunghe e complesse, ancora non sono state registrate nell’anagrafe. Nell’ultimo anno la popolazione straniera risulta aumentata di circa mezzo milione e la comunità straniera più grande, addirittura raddoppiata negli ultimi due anni, è quella romena, che conta 625 mila residenti. Al secondo posto gli albanesi con 402 mila presenze e subito dopo i marocchini a quota 366 mila. Mentre intorno alle 150 mila unità si collocano le collettività cinese e ucraina, con un milione di presenze stimate. Il 62,5% degli immigrati si trova al nord (oltre 2 milioni), il 25% al centro (poco meno di un milione) e circa il 10% nel mezzogiorno (quasi mezzo milione).

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nenza. Tali osservatori ricevono anche i dati relativi alla presenza degli stranieri che provengono perlopiù dall’Istat e dalla Caritas Migrantes. In particolare, si tratta di dati più vicini alla realtà in quanto riguardano non solo quelli che acquisiscono le Prefetture dagli Uffici Immigrazione delle Questure, che sono relativi esclusivamente agli stranieri in possesso di regolare permesso di soggiorno, ma di tutti i soggiornanti. Infatti, anche i Comunitari, come è noto che possono entrare ed uscire dal nostro paese con la semplice carta d’identità, si rivolgono ai Comuni per richiedere la residenza e quindi questo consente un loro censimento. Oggi putroppo si registra una nuova forma di “clandestinità” proprio riguardo a questi ultimi, i quali, per sfuggire a qualsivoglia controllo, non richiedono la residenza e quindi la loro presenza è di difficile tracciabilità. Si riscontra, in ogni caso, una tendenza in aumento della presenza degli stranieri in Italia che ha deteminato, come già si accennava, una sempre maggiore attenzione nei riguardi di tale fenomeno. In particolare, le regioni hanno recepito la legge statale quadro e le diverse direttive europee istituendo degli Ambiti territoriali dove è presente l’Area immigrati. Presso ogni Comune sono attivi Sportelli informativi che hanno i seguenti fondamentali compiti: avvio pratiche per la richiesta del permesso di soggiorno: è disponibile, infatti, il kit postale per la richiesta del permesso di soggiorno; richesta carta di soggiorno; pratiche per il ricongiungimento familiare; pratiche relative ai cosiddetti flussi; pratiche per l’assistenza sanitaria; avvio di pratiche per il lavoro. Presso gli sportelli informativi gli immigrati hanno la possibilità di avere quelle fondamentali notizie per poter poi camminare da soli e

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costruirsi una nuova vita in Italia. Importante oggi risulta anche la figura del Mediatore linguisticoculturale, il quale svolge spesso una efficace attività di interlocuzione con gli stranieri o da parte degli stranieri verso le Istituzioni. “Ion è possibile improvvisare, anche nelle stesse associazioni di volontariato, conoscenze e modalità di approccio con gli stranieri che richiedono una professionalità tesa ad impedire conflitti che al contrario possono essere anche inconsapevolmente generati. L’impegno concreto delle Conferenze Vincenziane sull’argomento può partire proprio dall’instaurare un rapporto proficuo con tali servizi, stipulando, qualora siano individuati dei settori di interesse, protocolli d’intesa che producano una sinergia di forze per affrontare, ad esempio, il tema dell’integrazione sotto il profilo dell’acquisizione della lingua italiana, che è necessaria per ottenere la carta di soggiorno, oppure della religione, che è tema attualissimo. Organizzare, ad esempio, corsi di religione cattolica per bambini stranieri, figli di immigrati che da tempo si trovano in Italia o in caso di matrimoni o convivenze miste, è un progetto che guarda al futuro con la speranza di attenuare differenze ed operare conversioni. La sfida di San Paolo fu proprio quella di far conoscere alle “genti” la persona di Cristo, portando al cristianesimo intere comunità di pagani. È tempo, dunque, di mettersi all’opera, di confrontarsi concretizzando i nostri obiettivi di carità laddove siamo utili. Il resto lo opererà. Dio nella sua immensa Provvidenza, alla quale fiduciosi siamo chiamati ad abbandonarci all’inzio di ogni impresa. Caritas Nazionale


Speciale Caritas Il programma del Buon Samaritano

Sulla strada di Gerico: un cuore che vede

«V

à, e anche tu fa lo stesso» (Lc 10,37) Così si conclude la nota parabola del Buon Samaritano, suggestiva e “stringente” pagina, esclusiva del vangelo di Luca, unanimemente riconosciuta come l’evangelista dei poveri. Più che un comando si tratta di un vero “mandato” che, mentre risponde all’insidiosa domanda del dottore della legge riguardante il “prossimo”,

acquista sulla bocca di Gesù uno spessore particolare per chi vuole camminare al suo seguito e diventare discepolo. Un grande Padre della Chiesa ha definito Gesù “buon samaritano dell’umanità” che, soprattutto attraverso i gesti che compie, svela - come in filigrana - l’intera sua missione e - prima ancora - la sua identità di “Servo”, che compie le antiche profezie, venuto “per servire e dare la sua vita”

per portare la bella notizia della salvezza ai poveri e inaugurare i tempi nuovi di una fraternità universale. In questa prospettiva Gesù, come buon Samaritano, diventa per i discepoli “sacramento ed esempio” (San Leone m.). Noi vincenziani ci sentiamo particolarmente interpellati dalla sua “consegna”, tanto simile a quella analoga della lavanda dei piedi

Dalla Deus Caritas Est

Attenzione del cuore e competenza professionale Il programma del cristiano - il programma del buon Samaritano, il programma di Gesù - è «un cuore che vede». Questo cuore vede dove c’è bisogno di amore e agisce in modo conseguente. Secondo il modello offerto dalla parabola dei buon Samaritano, la carità cristiana è dapprima semplicemente la risposta a ciò che, in una determinata situazione, costituisce la necessità immediata: gli affamati devono essere saziati, i nudi vestiti, i malati curati in vista della guarigione, i carcerati visitati, ecc. Per questo per il servizio che le persone svolgono per i sofferenti, occorre innanzitutto la competenza professionale: i soccorritori devono essere formati in modo da saper fare la cosa giusta nel modo giusto, as-sumendo poi l’impegno del proseguimento della cura. La competenza professionale è una prima fondamentale necessità, ma da sola non basta. Si tratta, infatti, di esseri umani, e gli esseri umani necessitano sempre di qualcosa in più di una cura solo tecnicamente corretta. Hanno bisogno di umanità. Hanno bisogno dell’attenzione del cuore. Perciò, oltre alla preparazione professionale, a tali operatori è necessaria anche, e soprattutto, la «formazione del cuore»: occorre condurli a quell’incontro con Dio in Cristo che susciti in loro l’amore e apra il loro animo all’altro, così che per loro l’amore del prossimo non sia più un comandamento imposto per così dire dall’esterno, ma una conseguenza derivante dalla loro fede che diventa operante nell’amore (cfr Gal 5, 6). (Benedetto XVI)

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Speciale Caritas data agli apostoli mentre era a tavola con essi, la vigilia della sua passione. Un gesto che a prima vista sorprende e scandalizza Pietro, ma che poi vi si sottomette quando il Maestro lo lega - come condizione - all”aver parte” a ciò che è suo (cf. Gv 13,8 ss.), ovvero al suo Mistero di amore e di servizio. Due gesti distinti, attraverso i quali si manifesta il senso profondo del grande “mistero dell’incarnazione”, in forza del quale Gesù, amore incarnato di Dio, è consacrato dallo Spirito, per essere il Salvatore di tutto l’uomo e di tutti gli uomini, particolarmente degli ultimi, dei poveri di ogni genere, di quanti sono lesi nella loro dignità e nei loro diritti personali. È un dato che va sottolineato perché - come ben sappiamo - il mistero dell’incarnazione è il principio ispiratore e il criterio orientativo ed esplicativo del pensiero, della spiritualità e delle straordinarie inizia- tive di carità scaturite

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dal cuore di San Vincenzo. Possiamo ben dire che egli ha seguito totalmente e con genialità le orme del Buon Samaritano: si è chinato sui poveri, sempre fedele alla “legge stessa dell’incar- nazione” che presiede all’intera storia della salvezza e alla stessa pedagogia del Figlio-Servo di Dio fattosi uomo. “Con parole e gesti” cioè intimamente congiun- ti, nei quali l’amore divino per gli uomini si esprime e s’incarna offrendo loro una salvezza integrale. In questa prospettiva, che ci coinvolge e ci chiama in causa come vincenziani, la parabola del Samarita- no continua ad avere il suo “oggi”. Lo canta - tra l’altro - un noto prefazio del Messale italiano che così si esprime: «(Cristo) nella sua vita mortale passò beneficando e sanando tutti coloro che erano prigionieri del male. Ancor oggi, come buon Samaritano, viene accanto ad ogni uomo

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piagato nel corpo e nello spirito e versa sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza». (Cf. Prefazio comune, n. VIII). Vuol farlo, concretamente, attraverso lo sguardo, il cuore, le mani dei discepoli che, conformati a lui con la fede e i sacramenti, per un singolare carisma dello Spirito sono chiamati ad essere l’icona del buon Samaritano” per i poveri, antichi e nuovi, del nostro tempo. Poniamoci allora la domanda: come “concretamente” farsi prossimi dei poveri, seguendo Gesù sulla strada di Gerico? La parabola ci spalanca, a riguardo, la porta dell’imitazione e dunque del “fare”; del fare ciò che Lui ha fatto e come lo ha fatto Lui, figlio di Dio fattosi “prossimo” agli uomini. - Il samaritano era in viaggio: da Gerusalemme, la città santa del Tempio e del culto, a Gerico, la città della concretezza, dell’incontro


Speciale Caritas con i ciechi, i lebbrosi, i pubblicani e peccatori (come Zaccheo). Ci è chiesto anzitutto, perciò, di metterci in viaggio, che è quanto dire di vincere l’indifferenza oggi diffusa; di superare le certezze rassicuranti del comodo, che generano facilmente l’accidia; di uscire dal recinto del sacro per andare per le strade e i crocicchi ovvero nelle case ad incontrare gli uomini; farsi attenti ai loro bisogni e rispondere alle loro domande e attese. Questa è la missione! Mi sembra di trovare in questo dinamismo missionario il senso di quel andare e venire” che San Vincenzo proponeva soprattutto alle Figlie della Carità per farsi “prossime” ai poveri e servirli. - Se si percorrono le strade degli uomini si può correre il pericolo, oggi particolarmente, di farlo in fretta e distrattamente assorbiti dai ritmi frenetici del vivere quotidiano. È necessario accorgersi, anzi vedere chi ci sta vicino, ovvero ai margini della strada che percorriamo. Spesso ci si imbatte nella miseria, nel dolore, nella disgrazia..., nonostante il benessere conclamato o le apparenze contrarie. È indispensabile allora sapersi fermare; non però per curiosare, ma per “vedere” più in profondità coloro che ne sono realmente colpiti e riconoscere in essi il volto anche se sfigurato di Cristo. Spesso si è miopi, si hanno come delle cataratte che impediscono di andare oltre ciò che appare a prima vista, mentre è necessario farsi attenti. E a partire da questo atteggiamento che si realizzano l’accoglienza e l’ascolto che sono alla base del servizio, anche nella visita a domicilio, quando siamo noi che andiamo a trovare in casa chi soffre o è solo. - Così si diventa capaci di compassione. Attenzione però. C’è infatti una compassione che può umiliare il povero, perché è una sorta di “commiserazione che scende

dall’alto”, fa sentire la distanza e quindi può generare disagio e produce reazioni negative anche se malcelate. Il significato biblico della compassione è legato invece alla tenerezza, alla condivisione fraterna e operosa. Esige il “chinarsi” sul povero, tendergli la mano per restituirlo alla sua dignità di persona; farsi carico delle sue sofferenze, come ha fatto Cristo, il Servo di Dio e degli uomini. - È alla luce di questa compassione, non identificabile con la semplice solidarietà umana ma, come ricorda San Paolo (cf. Fil 2,9 ss.), con la “comunione” di vita, che si comprende a pieno l’altra espressione della parabola: (il samaritano) si prese cura di quel malcapitato, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino. La tradizione patristica, testimoniata tra l’altro dal prefazio appena citato, ha parlato e parla di “olio della consolazione” e di “vino della speranza”. Parole nelle quali è facile riconoscere la pedagogia, ovvero lo “stile” adottato da Gesù nella sua missione salvifica e cioè ‘`con parole e gesti strettamente congiunti” (cf. Dei Verbuin 2). Le parole della consolazione sono quelle che si dicono non soltanto per sollevare e confortare umanamente, ma che scaturiscono dalla presenza (in chi le pronuncia) del “Consolatore” cioè dello Spirito; Amore che il Signore riversa nel cuore dei discepoli (cf. Rom 5,5) e li muove ad agire. Ci sono poi i gesti che aprono alla speranza, perché orientati alla promozione di tutta la persona e dunque allo sviluppo integrale capace di schiudere ad un futuro migliore nelle condizioni di una vita globale e piena. In questo modo ci si prende cura di tutto l’uomo. Anche in ciò San Vincenzo è maestro e testimone.

nedetto XVI afferma, rifacendosi tra l’altro alla Populorum progressio di Paolo VI, che è lo “sviluppo” il nuovo nome della carità e ribadisce che questo non può ridursi alla semplice crescita economica; per essere vero e soprattutto integrale deve promuovere tutto l’uomo. - La parabola si conclude con un’annotazione di non poca rilevanza: afferma che il samaritano, dopo aver prestato al malcapitato le cure - per così dire - della “emergenza”, dopo averlo caricato sul suo giumento, lo condusse in un albergo. E non lo lasciò se non dopo aver pagato due preziosi danari e aver assicurato l’albergatore che gli avrebbe dato il resto “al suo ritorno”. Queste parole meriterebbero un’approfondita riflessione perché evocano espressioni presenti nel Vangelo ricche di suggestioni e di stimoli con riferimento anche all’escatologia (cf. Mt 25). Qui basterà un cenno all’albergo, nel quale la tradizione patristica ha visto un’ “icona” della Chiesa, e più precisamente della comunità cristiana. Solo in questa la cura dei poveri può essere assicurata in forme stabili e in strutture permanenti, che coinvolgono tutti e soprattutto consentono agli stessi poveri di diventare “soggetti” nella comunità e non semplicemente destinatari di un servizio di assistenza. Anche sotto questo profilo San Vincenzo ha molto da insegnarci! Mons. Luca Brandolini Responsabile della formazione spirituale dei Vincenziani

Nella Caritas in veritate, facendo eco a quanto già scritto nella prima enciclica (Deus caritas est), Be-

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Letteramissioni Spazio del Parroco Conferito il premio “Cuore Amico” ai due fratelli missionari Comboniani

Lettera di padre Renato

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ccellenza, Monsignor Luciano, (Signor Sindaco ) Signor direttore di Cuore Amico, e tutti voi sostenitori e amici di Cuore Amico, con commozione e gioia sono qui oggi come missionario comboniano e insieme a mio fratello Alberto, (che si scusa di non aver potuto venire dall'Egitto,) mi sento uniti anche tutti i missionari Comboniani che lavorano in tante parti del mondo. Ricevere questo "Nobel dei Missionari" é per me un grande onore e un impegno a continuare nell'annuncio del Vangelo e della promozione dell'uomo africano. A 21 anni pensavo di formare una mia famiglia, ma il Signore mi chiamò a seguire l'esempio di mio fratello Alberto che già si stava preparando per diventare missionario comboniano.

Dopo vari tentativi in altri Istituti, sono entrato nel seminario comboniano di Crema dove si preparavano le vocazioni adulte. Nonostante la mia età, ho iniziato con entusiasmo dalla prima media e, percorrendo le varie tappe degli studi, sono arrivato all'ordinazione sacerdotale nel 1969. Se sono missionario devo dire un grande grazie a mia mamma, per la sua fede e la sua preghiera. Mia mamma ha avuto la gioia di avere 13 figli, di cui tre religiosi. Dopo 5 anni di animazione missionaria in Italia, sono partito per lo Zaire, che ora si chiama Repubblica Democratica del Congo. È uno dei più grandi stati dell'Africa, 8 volte l'Italia, con una popolazione di 70 milioni di abitanti. La mia permanenza in Congo è durata 35 anni. Sono stati anni difficili e spesso

tragici per la guerra. Purtroppo le difficoltà non sono ancora terminate; come esempio, delle 25 cappelle che seguivo a Dungu, ne sono rimaste solo 5, le altre sono state distrutte e saccheggiate, le persone scacciate, e a volte mutilate e le donne violentate. Ho condiviso la povertà e la miseria della gente, però in ogni situazione, il Signore mi ha fatto sentire la sua presenza nel darmi la forza del Comboni, per affrontare la croce quotidiana. Il progetto del Comboni di “salvare l'Africa con l'Africa” si sta realizzando anche in Congo. Attualmente tutti i vescovi sono congolesi e i confratelli comboniani autoctoni sono più di 60. Tutto questo in poco più di 100 anni! In questo momento difficile, la Chiesa è nel Congo un segno di speranza per tutti, anche per chi non è cristiano. Ora sto svolgendo il mio ministero qui a Brescia, però ìl mio sogno è sempre di poter ritornare in Congo. Ringrazio sentitamente "Cuore Amico", perché è stato per me "un vero amico" nelle difficoltà incontrate. Ricordo don Pasini e in particolare don Monolo che mi ha seguito personalmente. Un grazie particolare a tutti voi, e vi assicuro il mio ricordo. p. Renato Modonesi

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Spazio missioni Situazione difficile in Egitto

Padre Alberto scrive dall’Egitto

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arissimi, so che mi siete sempre stati vicini, specialmente in questo periodo in cui il mondo arabo sembra tutto in ebollizione. L’Egitto per me non è nuovo, dato che ho vissuto in questo Paese per un periodo di 7 anni dal 1994 al 2001; però molte cose sono cambiate a tutti i livelli e non tutte per il meglio. Il futuro di questo Paese è molto incerto e l’equilibrio che si spera di ottenere dovrà forse essere guadagnato a prezzo di ulteriori lotte e di altro spargimento di sangue innocente.

Voglia il Signore risparmiarci altre carneficine ! Non vi è solo il problema del rapporto tra cristiani e mussulmani, ma anche, e forse più urgente, il problema del rapporto tra i mussulmani moderati e mussulmani rigoristi. Tutto questo si rivelerà in tutto il suo vigore “distruttivo” o “pacifico” nei prossimi mesi: tempo delle elezioni, della scelta del presidente che rimpiazzi Mubarak, della compilazione della nuova costituzione e della creazione di un governo nuovo. Per questo chiedo una preghiera a

tutti voi che mi volete bene, e che volete bene a questo popolo che soffre e ha paura. Vi ringrazio del vostro continuo gesto di solidarietà che sta dimostrando che il bene esiste sempre e che non cade mai nel vuoto. Vi assicuro che vi porto tutti nei miei incontri con Gesù nella celebrazione della Santa Messa. Pregate per me. Vi faccio fin da ora gli auguri di un Buon Natale e di un Felice Anno Nuovo.

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p. Alberto Modonesi

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Briciole di vita Omaggio alla civiltà contadina

Natale al fuoco

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no dei mutamenti ai quali la mia generazione ha dovuto assistere, suo malgrado, è stata la progressiva deforestazione di migliaia di alberi che, fino agli anni cinquanta, caratterizzavano la nostra rigogliosa campagna. Amo ricordare in particolare un’essenza ormai praticamente quasi del tutto scomparsa: i gelsi. La loro presenza era legata ad un’altra tradizione di ieri: l’allevamento dei bachi da seta i quali, a loro volta, richiamavano le vecchie filande, che hanno dato lavoro e pane a numerose famiglie dei nostri antenati. La più nota filanda che si possa ricordare da noi era quella di Chiari, laddove venne offerta occupazione anche a nume-

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rose donne di Castrezzato. È facile immaginarle il mattino presto e la sera già con il buio, in fila, estate e inverno, sulla strada di andata e ritorno che percorrevano quotidianamente a piedi. Ma anche in paese non mancarono in passato piccole filande dove venivano consegnati i bozzoli, prodotti dai bachi i quali, prima di rinchiudersi nella loro casa-prigione, erano ghiottissimi delle foglie di gelso, i nostri mùr. Gli alberi si coltivavano lungo i tracciati delle cavedagne che fungevano da confine tra una proprietà contadina e un’altra. Il frutto dei gelsi è commestibile e richiama le more e i lamponi, ma è più dolciastro e meno gradevole. Trattandosi di un albero assai

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frondoso, era bello rifugiarsi alla sua ombra per una pausa di riposo nella stagione estiva, quando il duro lavoro della campagna si svolgeva tutto manualmente. Prima, è il caso di rammentarlo, che i castrezzatesi Fratelli Cavalli con il padre Amerigo, con fantasia e creatività, inventassero dal nulla preziose macchine agricole che hanno fatto storia, consentendo ai nostri contadini di risparmiare tempo e tanta fatica. Il legno del tronco e dei rami del gelso è molto duro, e pertanto era particolarmente ricercato come legna da ardere. Riandiamo con la fantasia e, per chi ha i capelli grigi, con i ricordi, ai lunghi inverni di oltre mezzo secolo fa, quando la nebbia “si tagliava con il coltello”, e non era natale autentico se non c’era la neve. La campagna riposava, per cui i contadini ne approfittavano per “fare la legna” lungo i fossati e le stradelle sterrate di campagna, ricchi soprattutto di platani. Si provvedeva al taglio dei rami esterni, o alla scalvadùra. Si potevano sentire la lontano i colpi delle accette e lo stridere delle ràsseghe. Portati nelle grandi aie, tronchi e rami venivano segati a mano, ridotti in pezzi di uguali dimensioni e accatastati con accuratezza. Anche questo, a suo modo, era un lavoro d’arte. I ceppi più grossi venivano spaccati a furia di mazzate battute con forza sui cunei: un lavoro durissimo. La legna era combustibile unico per le modeste abitazioni, merce


Briciole di vita preziosa e indispensabile, e non si trascurava alcuna fatica per procurarsela. La scalvadura veniva programmata ogni tre-quattro anni, periodo sufficiente perché dal tronco si riformassero prima la fitta ramaglia e poi i grossi pali. Per scalvare gli alberi si salivano le scale di legno a pioli, oppure lo scalimpèrtec. I più semplicemente… si arrampicavano sui tronchi. Ma c’era una parte degli alberi che tutti potevano prendere con facilità e con libertà, senza tema d’essere accusati di furto anche quando gli alberi costituivano proprietà privata. Erano i tàper. Per quanto mi è dato di sapere, tale termine dialettale viene usato pressoché solo a Castrezzato e ristretti dintorni. I clarensi (i balì de Ciàre) non ne conoscono il significato (già, ma quelli sono “cittadini”!). Nella bassa bresciana sono generalmente denominati secaröle. Il tàper era la parte dell’albero le cui radici lambivano l’acqua dei fossi irrigui. L’umidità favoriva il processo di decomposizione del legno, che si staccava con facilità dal tronco anche con le sole mani. Dunque, la legna dei poveri. Sul camino bruciavano con rapidità, e lasciavano solo qualche traccia di languide burnìss, ma non le brace, preziose invece per arrostire le salamelle e le braciole del maiale macellato di fresco, nonché per riempire le padelle degli scaldaletti (le mònighe). Curiosamente in altre parti d’Italia lo scaldaletto veniva chiamato “il prete”. Chissà quali perfide e maliziose supposizioni avranno escogitato i nostri antenati inventando e mettendo in relazione i due termini, che hanno come denominatore comune il letto! Attingendo al mio vissuto, so per certo che, al momento della mia nascita, nel bel mezzo di un freddo e cupo inverno durante la grande guerra, quando “Pippo” compiva frequenti e temuti giri sopra le

nostre case, il dono più bello offerto a chi mi ha messo al mondo è stato un cesto di tàper. Servì a scaldare l’acqua nel paiolo necessaria per le incombenze del parto, e a dare un po’ di tepore all’unico vano dell’abitazione, un granaio trasformato in nido coniugale. Che tempi, gente! Certamente i camini non mancavano in ognuna delle vecchie case del paese, e consumavano montagne di legna, ma scaldavano relativamente. Arriveranno, negli anni cinquanta, le prime cucine economiche - stufe in ghisa piastrellate di ceramica bianca - a sopperire alla necessità di calore per la grande living room. Poi, negli anni settanta, con il benessere economico è arrivata la diffusione del riscaldamento a caloriferi radianti che ha portato il tepore anche nelle camere da letto, mandando in soffitta, definitivamente, i vecchi scaldaletto. Nelle case si è fatto così scempio anche dei vetusti camini, ritenuti ormai superati e inutili. Ma il tempo è sempre galantuomo, e la storia onesta. Oggi, per dare lustro e valore ad un appartamento in vendita , si attesta che è dotato di un caminetto. I vecchi “fuochi” si sono presi la loro rivincita. Trascorrere le lunghe serate natalizie davanti ad una fiamma che arde, gustarne lo scoppiettio magari leggendo un buon libro in una comoda poltrona, rilassa e gratifica. Anche se, purtroppo, non ci sono più i nonni attorno ai grandi camini accesi che raccontano le storie e che fanno recitare le preghiere. E pure se i giovani d’oggi non conoscono più i tàper. d. Vittorio Formenti

Nelle case che profumano di neve affacciati a balconi fioriti di stelle legati dai raggi di una luna sorridente miriamo l’orizzonte per scoprire l’aurora di un Natale rinnovato. Alla luce fioca dei camini accesi i nostri cuori ascoltano silenti i racconti dirompenti dei Vangeli accendendo sogni e rimembranze ed evocando stupore e meraviglia. Corriamo tutti a Betlemme per ritrovare il Bambino in fasce: Egli riempirà i vuoti e le paure e le tristezze diverranno gioia intensa perché la vita è solo l’infanzia di un futuro felice ed immortale. d. V.

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Formazione catechistica Ogni adulto è educatore

Testimoni credibili

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li orientamenti pastorali della Cei per il decennio 2010-2020 (“Educare alla vita buona del Vangelo”) dedicano un intero capitolo, il terzo, a “Educare, cammino di relazione e fiducia” Solo se si parte dall’assunto che il termine educare significa tirare fuori, cioè far emergere le qualità dell’altra persona, si riesce a comprendere che è un compito che richiede pazienza, cura e conoscenza. Per educare una persona bisogna poterla conoscere, bisogna imparare a conoscerla con i suoi pregi e con i suoi difetti. La prima forma di educazione avviene in famiglia dove i genitori aiutano i figli a crescere. L’educare, scrivono i Vescovi negli Orientamenti pastorali per il decennio, richiede “un impegno nel tempo, che non può ridursi a interventi puramente funzionali e frammentari; esige un rapporto personale di fedeltà tra soggetti attivi, che sono protagonisti della relazione educativa, prendono posizione e mettono in gioco la propria libertà”. Non è una questione, però, che si può demandare solo alle istituzioni preposte (la scuola o l’oratorio), ma è un qualcosa che chiama tutti a un atto di responsabilità. L’educatore non è solo chi esercita un ruolo diretto come puo essere il maestro, il catechista o l’allenatore, ma ogni adulto. “Ogni adulto è chiamato a prendersi cura delle nuove generazioni, e diventa educatore quando ne assume i compiti relativi con la dovuta preparazione e con senso di responsabilità.

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L’educatore è un testimone della verità, della bellezza e del bene, cosciente che la propria umanità è insieme ricchezza e limite. Ciò lo rende umile e in continua ricerca. Educa chi è capace di dare ragione della speranza che lo anima ed è sospinto dal desiderio di trasmetterla”. Per essere testimoni della verità del Vangelo, bisogna anche continuare a coltivare la propria formazione per attingere a quella forza in più che aiuta a superare le difficoltà inevitabili. I frutti dell’opera educativa si raccolgono solo nel tempo, bisogna avere la pazienza di seminare, poi altri molto probabilmente raccoglieranno l’eredità di una testimonianza positiva. Solo la formazione e la preghiera possono far spegnere l’intento di mollare tutto di fronte alla difficoltà del momento o alle incompren-sioni con le persone (magari anch’esse impegnate nell’opera educative). “La passione educativa è una vocazione” che si apprende alla scuola dei testimoni, alla scuola di quelle persone che abbiamo conosciuto fin da piccoli: “Il bambino impara a vivere guardando ai genitori e agli adulti”. Nell’opera educativa della Chiesa emerge con evidenza il ruolo primario della testimonianza, perché “l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, e se ascolta i maestri lo fa perché sono anche testimoni credibili e coerenti della Parola che annunciano e vivono. Nella storia della Chiesa in Italia sono presenti e documentate innumerevoli opere e istituzioni formative - scuole, università, cen-

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tri di formazione professionale, oratori - promosse da diocesi, parrocchie, istituti di vita consacrata e aggregazioni laicali”. Ci sono molte figuri esemplari che hanno fatto dell’impegno educativo una missione, fra queste piace ricordare San Giovanni Bosco. Ogni educatore ha, quindi, una maggiore responsabilità: quella di essere un modello per la persona che ha di fronte. Si pensi solo all’esempio di un Grest estivo, quando i bambini, tornando a casa, riferiscono ai genitori anche i piccoli dettagli che hanno visto o sentito uscire dalla bocca dei loro animatorieducatori. Non può non essere una chiamata alla responsabilità: chi frequenta l’oratorio e a maggior ragione chi ha incarichi educativi deve ricordarsi che si trova in ambienti che parlano, cioè con una storia e con un compito ben preciso. “Ogni adulto è chiamato a prendersi cura delle nuove generazioni, e diventa educatore quando ne assume i compiti relativi con la dovuta preparazione e con senso di responsabilità”. Anche in un qualsiasi progetto educativo dell’oratorio è ormai assodato che l’educatore (deve essere autorevole, non autoritario) in oratorio non è semplicemente chi fa il catechista, ma chi (adulto o giovane) è in oratorio. Puo essere questo un allenatore sportivo, il barista del bar o anche chi si ferma a guardare la televisione. Con la testimonianza si può instaurare una relazione di fiducia che aiuta il ragazzo ma anche l’educatore a crescere. I Catechisti degli adulti


Formazione catechistica I figli sono un dono ed un valore, la loro e la nostra Fede anche.

I figli, la loro e la nostra fede Genitori e catechismo, un’opportunità da cogliere adesso

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d un certo punto la nota introduttiva dei nuovi cammini di iniziazione cristiana recita così: “Bisogna curare continuamente il coinvolgimento della comunità e soprattutto dei genitori (o accompagnatori), la cui disponibilità a seguire il figlio e, quindi, a fare loro stessi un cammino di fede, partecipando anche ad appositi incontri di evangelizzazione, va ritenuta una condizione indispensabile perché il fanciullo stesso possa effettuare il cammino di iniziazione cristiana.” L’iniziazione cristiana è un cammino di fede che introduce alla vita cristiana e si sviluppa attraverso la conoscenza di Gesù e l’esperienza dei sacramenti (battesimo, eucarestia, cresima). L’itinerario prevede un tempo preliminare di evangelizzazione dei genitori (o accompagnatori), un tempo di evangelizzazione dei fanciulli, il tempo dell’approfondimento della fede, della celebrazione dei sacramenti ed il tempo della mistagogia (=approfondimento). Uno degli obbiettivi di questo nuovo itinerario è quello di offrire ai genitori la possibilità di scoprire o riscoprire la bellezza di alcuni aspetti essenziali del vangelo, perché nasca in loro il desiderio di una vita cristiana più intensa e la disponibilità ad accompagnare i propri figli nel cammino della fede. I genitori crescono con i loro ragazzi: sono coinvolti nelle attività scolastiche, sportive, ludiche, ma da molto tempo erano relegati in

ruoli da spettatori quando si parlava di fede, coinvolti solo nei momenti di preparazione prossima ai sacramenti. I tempi sono cambiati ed i genitori sono stati chiamati a diventare protagonisti del percorso di fede dei loro figli. Qui sta il nocciolo del cammino proposto alle mamme ed ai papà che si concretizza con la proposta di alcuni incontri domenicali. L’incontro (un appuntamento ogni due mesi) si sviluppa su un tema centrale diverso di anno in anno e per tutta la durata del catechismo dei propri figli. L’incontro non è una conferenza: si è invitati a rispondere personalmente e poi in gruppo a delle domande per entrare in argomento, si leggono e approfondiscono brani del vangelo, c’è il ritorno in gruppo e il lavoro che continua a casa, che diventa vita. La presenza dei genitori è costante anche se in genere non è la coppia che partecipa all’incontro; ci sono tante mamme e pochi papà segno che l’educazione dei figli, anche quella religiosa, è ritenuta ancora una prerogativa della donna. I bambini queste cose le vedono, le “registrano” e nel momento giusto le fanno notare anche a noi grandi! Un genitore diceva: chi ha aderito alla proposta, si impegna a viverla in modo serio e perseverante riesce sempre più a riannodare il filo della sua fede al filo che Dio sempre ci tende. Ci sono dei genitori che con entusiasmo ad ogni incontro si mettono in discussione,

parlano, si confrontano, si pongono delle domande e cercano delle risposte; molti dicono di essere poco praticanti, ma la voglia di conoscere e di mettere in pratica i suggerimenti della “buona novella” portata da Gesù è un desiderio comune. Quello dei genitori è un cammino che se fatto in coppia, o almeno se ripreso a casa con il coniuge assente, offre la possibilità di un confronto chiaro e sereno con alcuni aspetti della fede e della vita troppo spesso tralasciati, troppo spesso ritenuti retaggio di un’età in cui si poteva credere anche alle favole, appartenenti ad un tempo in cui coscienza e coerenza erano virtù che non avevano ancora fatto i conti con le stagioni della vita. E sono appunto coscienza e coerenza i cardini sui quali far reggere il valore di questi cammini di catechesi per genitori; dal catechista il bambino porta via il senso di una fede spiegata, dai genitori quello di una fede vissuta, a patto però che i genitori veramente la vivano ed abbiano l’umiltà di chi sa d’aver ancora da imparare ed il coraggio di chi sa che spetta a lui testimoniare.

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Spazio famiglia La stagione in cui tutto è messo in discussione

Adolescenza, una risorsa non un problema

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iovedì 24 novembre si è svolto presso il saloncino dell’Oratorio un incontro curato dai membri della Pastorale Familiare-Giovanile, dal titolo emblematico “Adolescenti: una risorsa, non un problema”. Nonostante l’esiguo numero dei genitori intervenuti, i presenti hanno comunque risposto, con interesse ed entusiasmo, alle riflessioni emerse nel corso dell’incontro. Dopo la lettura della Lettera agli Efesini (cap. 5, 8-20), che ha aiutato i partecipanti ad entrare nel clima della serata, è seguita l’accurata analisi, svolta da Don Claudio, di alcuni paragrafi del testo “Educare alla vita buona del Vangelo”, redatto dai Vescovi delle Diocesi Lombarde. Con occhio critico, ma anche amorevole, i Vescovi descrivono la situazione difficile degli adolescenti che: “percorrono le tappe della crescita con stati d’animo che oscillano tra l’entusiasmo e lo scoraggiamento. Soffrono per l’insicurezza che accompagna la loro età, cercano l’amicizia, godono nello stare insieme ai coetanei e avvertono il desiderio di rendersi autonomi dagli adulti e in specie dalla famiglia

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Spazio famiglia di origine. In questa fase hanno bisogno di educatori pazienti e disponibili, che li aiutino a riordinare il loro mondo interiore e gli insegnamenti ricevuti, secondo una progressiva scelta di libertà e responsabilità. […] Molti di loro manifestano un profondo disagio di fronte a una vita priva di valori e di ideali. Tutto diventa provvisorio e sempre revocabile. Ciò causa sofferenza interiore, solitudine, chiusura narcisistica oppure omologazione al gruppo, paura del futuro e può condurre a un esercizio sfrenato della libertà. A fronte di tali situazioni è presente nei giovani una grande sete di significato, di verità, di amore. Da questa domanda, che talvolta rimane inespressa, può muovere il processo educativo. Nei modi e nei tempi opportuni, diversi e misteriosi per ciascuno, essi possono scoprire che solo Dio placa fino in fondo questa sete.” Dal confronto tra esperienze personali e il messaggio contenuto in questo breve testo, è emerso che l’età dell’adolescenza è una stagione dell’esistenza in cui tutto è messo in discussione e alla prova, ma che allo stesso tempo la crisi è un passaggio indispensabile per trovare la propria identità e la vera fede. Il mondo degli adulti deve, quindi, aiutare i giovani ad armonizzare l’intelletto con lo Spirito e con il cambiamento fisico, in modo da evitare una chiusura narcisistica in risposta ai problemi quotidiani. Pertanto, in questa fase delicata della crescita, risulta fondamentale creare ed offrire sani contesti di vita e positive

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Spazio famiglia esperienze di condivisione, accogliendo quei messaggi impliciti che gli adolescenti con il loro comportamento e la sete di ribellione, inviano costantemente al mondo adulto.

A questo proposito i Vescovi ritengono: “Particolarmente importanti […] per i giovani le esperienze di condivisione nei gruppi parrocchiali, nelle associazioni e nei movimenti, nel volontariato, nel servizio in ambito sociale e nei territori di missione. In esse imparano a stimarsi non solo per quello che fanno, ma soprattutto per quello che sono. Spesso tali esperienze si rivelano decisive per l’elaborazione del proprio orientamento vocazionale, così da poter rispondere con coraggio e fiducia alle chiamate esigenti dell’esistenza cristiana: il matrimonio e la famiglia, il sacerdozio ministeriale, le varie forme di consacrazione, la missione ad gentes , l’impegno nella professione, nella cultura e nella politica.” Nasce allora la necessità della testimonianza da parte degli adulti, che hanno il compito ed il dovere di proporre modelli di vita che sappiano aiutare gli adolescenti ad accettare la sfida della giovinezza, a scegliere la propria strada e a comprendere l’importanza del valore della fede e dell’aiuto del prossimo. Per coinvolgere i partecipanti all’incontro e aiutarli ad immedesimarsi con gli adolescenti ed i loro vissuti, è stato proiettato un breve filmato dal titolo “La

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Spazio famiglia Mia Vita”, attraverso il quale si è messa in evidenza la frenesia di cui sono vittime i giovani d’oggi, inseriti in un contesto sociale che li bombarda continuamente di messaggi contraddittori e li spinge a credere che tutto ruoti attorno ai soldi, al sesso e al divertimento. Dopo questo documentario, il referente della Commissione Sergio Casali, con l’aiuto dei grafici riportati qui di seguito, ha illustrato e commentato i risultati emersi dal questionario proposto nei mesi scorsi ad un campione di circa 305 adolescenti della nostra parrocchia, la maggior parte dei quali appartenente ad una fascia d’età compresa tra gli 11 e i 14 anni. Tale questionario, in forma anonima, aveva lo scopo di indagare alcune specifiche aree che caratterizzano la vita degli adolescenti: il rapporto con i genitori, gli amici, l’oratorio e la fede. Il dibattito avviato dopo la presentazione dei dati è stato molto vivace ed interessante. Secondo alcuni dei genitori presenti gli adolescenti di oggi sono più insicuri rispetto alle generazioni precedenti (forse proprio per colpa degli attuali adulti che tendono a tenere i figli sotto una campana di vetro), altri invece hanno sottolineato la mancanza di punti di riferimento solidi per i ragazzi, che spesso si trovano ad affrontare da soli le sfide della vita. Tutti però si sono mostrati positivamente stupiti e sorpresi dai risultati emersi dal questionario. Forse si aspettavano più rilevanti contestazioni verso la famiglia e una maggior indifferen-

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Spazio famiglia za nei confronti della fede ma (come chiarito da Don Claudio) è importante non dimenticare la particolarità del campione a cui è stato sottoposto il questionario, costituito da ragazzi della Scuola Secondaria di Primo grado, ancora molto legati alla famiglia e al contesto dell’oratorio. È innegabile, però, che i risultati muterebbero notevolmente sottoponendo il questionario ad un campione di giovani d’età superiore; cosa che la Commissione dei Giovani del CPP si riserva di fare nel prossimo futuro. A conclusione della serata è intervenuto il nostro parroco Don Mario, spiegando che, a suo parere, i risultati del questionario evidenziano le contraddizioni della nostra società, che apparentemente sembra lontana da Dio, ma in realtà ha sete del Suo messaggio e della Sua parola. In quanto cristiani dobbiamo, quindi, riscoprire il fascino dell’incontro con Gesù e aiutare i nostri adolescenti a costruire la propria identità attraverso esperienze di fede, condivisione, aiuto e impegno concreto nel mondo.

“Gruppo Giovani” della Commissione Pastorale Sociale e della Famiglia

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Spazio famiglia Partono le prenotazioni per l’incontro delle famiglie con il Papa a Milano

VII Incontro Mondiale delle Famiglie

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are famiglie, nel trasmettervi i più sinceri auguri di un sereno Natale, riteniamo opportuno tentare di ridare un significato forte e genuino a questo Evento non lasciandoci condizionare dai format pubblicitari con i quali i media riducono la nascita di Cristo ad una festa in cui tutto si esaurisce con l’apertura dei regali. È invece un momento in cui dovremmo rinsaldare i legami affettivi riscoprendo l’amicizia, l’amore, il valore più intimo della Famiglia e raccoglierci attorno alla Famiglia di Nazareth ringraziando Dio per aver mandato suo Figlio a salvare l’umanità. Vogliamo sottolineare così l’importanza che riveste l’appuntamento del VII Incontro Mondiale delle Famiglie col Papa, che si svolgerà dal 30 Maggio al 3 Giugno 2012 a Milano. È un’occasione particolare di arricchimento personale ed un modo singolare per rilanciare la pastorale familiare, come ha detto il Santo Padre “sarà un’occasione privilegiata per ripensare il lavoro e la festa nella prospettiva di una famiglia unita e aperta alla vita, ben inserita nella società e nella Chiesa, attenta alla qualità delle relazioni oltre che all’economia dello stesso nucleo familiare.” (Benedetto XVI).

glie). Chi intendesse partecipare anche solo ad uno dei due incontri col Papa, dovrà iscriversi entro il 31-03-2012, registrandosi sul sito www.family2012.com. Siete tutti invitati. La Diocesi per una buona riuscita dell’evento, chiede venga tramesso il numero di partecipanti da parte delle Parrocchie, quindi è gradita una comunicazione alla segreteria dell’oratorio. È richiesta una mano a giovani e adulti volontari fortemente motivati e disponibili a dedicare del tempo a servizio dell’organizzazione (IMF). Chi fosse seriamente interessato può iscrivervi direttamente sul sito www.family2012. com sezione iscrizioni categoria volontari (entro il 29-02-2012).

Citiamo brevemente un passaggio del Messaggio che è stato consegnato per la 34° Giornata Nazionale per la Vita del 5-2-2012 col titolo Giovani aperti alla vita: “Educare i giovani alla vita significa offrire esempi, testimonianze e cultura che diano sostegno al desiderio di impegno che in tanti di loro si accende appena trovano adulti disposti a condividerlo… Occorrono adulti contenti del dono dell’esistenza, nei quali non prevalga il cinismo, il calcolo o la ricerca del potere, della carriera o del divertimento fine a se stesso.” Buon Natale dalla Pastorale Familiare

Vi anticipiamo che il 3 giugno 2012 partirà da Brescia un treno speciale per le famiglie per partecipare alla S. Messa col Papa che conclude l’IMF (Incontro Mondiale Fami-

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Lettera del Parroco Spiritualità Nel silenzio il vuoto che si fa domanda di significato

Dio viene nel silenzio

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mmettiamolo senza paure: nella nostra vita quotidiana è quasi impossibile vivere nel silenzio. Dalla mattina alla sera siamo continuamente circondati da mezzi di comunicazione, che non ci lasciano mai soli. In casa la televisione, la radio e il computer accesi ci fanno compagnia dal mattino presto a notte fonda. In viaggio le cose non vanno meglio. Ormai non si può più aspettare il treno con la silenziosa compagnia di un gior-

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nale o di un libro. Lungo le pensiline dei binari sono stati installati giganteschi monitor che diffondono in maniera ossessivamente ripetitiva messaggi pubblicitari e anticipazioni di film di prossima uscita. In treno si trova sempre un patito di musica, che oltre a stordire i propri timpani, non trova di meglio che rovinare un po’ anche quelli degli altri. Ascoltare interminabili conversazioni telefoniche su questioni di lavoro, sulle condizioni meteorologiche o sul nulla che

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il vicino farà dopo cena perché troppo stanco per uscire è ormai un’ulteriore tassa che chi viaggia deve immancabilmente pagare. Nei luoghi di incontro, dalle assemblee di condominio a quelle studentesche, da quelle di un consiglio comunale a quelle parlamentari, il silenzio di chi ascolta un interlocutore parlare è merce sempre più rara. Nella Chiesa e nella vita dei cristiani come vanno le cose? Anche qui il silenzio sembra essere diventato un’ospite poco gradito, da accogliere in fretta, desiderando che ci lasci il più presto possibile. Guardiamo più da vicino le cose. In una normale giornata di tanti cristiani il terreno del silenzio, su cui permettere anche ad una timida preghiera di prendere forma, è pressoché inesistente. Un quarto d’ora di televisione prima di uscire di casa per il lavoro o per la scuola è diventato indispensabile. Un’ora (o due) di televisione o di internet prima di andare a dormire è necessaria come l’aria che si respira e… addio preghiere della sera. Le nostre liturgie eucaristiche non raramente si dispiegano come un affannoso rincorrersi di parole e gesti senza veri momenti di silenzio, pur previsti, in cui lasciar emergere in tutta la sua bellezza il mistero celebrato. Il Signore, che nella celebrazione chiama a far memoria dell’«opera della nostra salvezza» (Sacrosanctum concilium, n. 2), sembra solo un pretesto per permettere a noi di parlare


Lettera del Spiritualità Parroco delle nostre faccende e dei nostri pressanti problemi come il disagio sociale, la disoccupazione, la guerra… In questo modo - come ha ricordato un giorno il Beato Giovanni Paolo II - le nostre assemblee liturgiche anziché «far spazio alla presenza di Dio» rischiano di «celebrare se stesse» (Orientale lumen, n. 16). La verità di ogni liturgia era ricordata così dallo stesso pontefice: «Niente di tutto ciò che facciamo noi nella liturgia può apparire come più importante di quello che invisibilmente, ma realmente fa il Cristo per l’opera del suo Spirito» (Lettera per il XXV anniversario della Sacrosanctum concilium, n. 10, del 4 dicembre 1988) . Quelli che una volta si chiamavano ritiri spirituali, nei quali il silenzio e il raccoglimento erano importanti, sono considerati reperti archeologici spirituali, buoni solo per qualche museo dell’anima. Infine, qualora le condizioni esteriori lo favorissero, del silenzio si preferisce sbarazzarsene così come si fa con un imprevisto e sgradito compagno di viaggio, perché di lui ragazzi, giovani ed adulti hanno semplicemente paura. Nel silenzio, infatti, si corre il rischio di «incontrare e stessi» e «di sentire il vuoto che si fa domanda di significato» come ha scritto ancora Giovanni Paolo II. «Tutti, credenti e non credenti -così egli proseguiva - hanno bisogno di imparare un silenzio che permetta all’Altro di parlare, quando e come vorrà, e a noi di comprendere quella parola» (Orientale lumen, n. 16).

disposizioni d’animo? Con il cuore colmo di che cosa? Nella Prima Domenica di Avvento la liturgia invita tutti ad andare «incontro con le buone opere al Cristo che viene». La prima «buona opera» potrebbe essere quella di far tacere tutte le nostre voci e di zittire tutto il nostro fare per lasciar spazio alla voce … del silenzio. «È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore» si legge nel Libro delle Lamentazioni (3,26). S. Giovani della Croce ha scritto parole che fanno spazio a quel silenzio così spesso esiliato dalla nostra vita: «Il Padre pronuncia una parola: suo Figlio. Questa parla sempre in un eterno silenzio e nel silenzio deve essere ascoltata dall’anima». L’Avvento è, allora, il tempo oppor-

tuno per permettere al silenzio divino di inviare il Verbo ad «abitare» (Gv 1,14) nel silenzio dell’uomo. A Betlemme, mentre il Figlio di Dio si faceva carne nelle sembianze di un bambino, alcuni pastori, all’aperto, vegliavano «tutta la notte» (Lc 2,8) il loro gregge. Un unico silenzio avvolgeva quel bambino e quei pastori. L’unico silenzio che dimorava ieri nel cuore di Maria e nella grotta Betlemme e perdura oggi nell’uomo che spalanca il suo cuore alla grazia di Dio. La gioia del Natale riempie il silenzio del cielo e della terra. È per questo che gli angeli esclamano: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama» (Lc 2,14). P. Aldino Cazzago

La redazione e i collaboratori augurano alla Comunità di Castrezzato

un sereno Natale e un felice 2012

L’Avvento Avvento e Natale stanno per giungere una volta ancora. O, sarebbe meglio dire, noi ci stiamo una volta ancora inoltrando verso l’Avvento e verso il Natale. Con quali

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Spazio oratorio Diario delle attività oratoriane

Vita dell’Oratorio

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’anno Oratoriano si è aperto anche quest’anno con la S. Messa in Oratorio durante le feste di S. Luigi nello scorso mese di Settembre. La S. Messa è stata celebrata a memoria di Davide Serotti, un nostro caro collaboratore recentemente scomparso. Nella settimana seguente le Feste di S. Luigi si sono aperte le iscrizioni al Catechismo e alle attività dell’ACR. Sono sempre grato al Signore di poter contare tutti gli anni su cristiani che si impegnano nella trasmissione della fede alle nuove generazioni sia nel Cammino Ordinario di Catechesi che all’ACR. Vi racconto un segreto: anche quando qualche gruppo rimane scoperto, oppure quando manca qualche volontario per ricoprire questo o quell’incarico, senza scoraggiarmi, dico una preghiera allo Spirito Santo che mi illumini aiutandomi a trovare un collaboratore e subito la sua vicinanza si fa sentire e l’illuminazione così diventa realtà! Nulla manca a chi confida nel Signore! Ogni anno quando si tratta di ricominciare è un po’ come una scommessa per trovare sempre nuove energie e creatività pastorale al fine di condurre tutti al Signore. Sicuramente le iscrizioni al Catechismo non mancano, come non mancano gli iscritti all’ACR. Forse oggi quel che manca è un po’ più di convinzione da parte di tutti. Oggi siamo tutti a diverso livello educatori nella fede (famiglia, Sacerdoti, Catechisti, Educatori,

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ecc.) perciò nessuno si deve sentire escluso da questo impegno, ci ricordava don Mario nel suo intervento all’inizio dell’anno Catechistico e associativo di Azione Cattolica presso il Teatro dell’Oratorio. A questo proposito i nostri vescovi italiani nelle linee pastorali per il decennio 2010-2020, Ci ricordano che ogni adulto è chiamato a prendersi cura delle nuove generazioni, e diventa educatore quando ne assume i compiti relativi con la dovuta preparazione e con senso di responsabilità. Continuano poi i nostri Vescovi: quanti accettano la scommessa dell’educazione possono talvolta sentirsi disorientati. Viviamo, infatti, in un contesto problematico, che induce a dubitare del valore della persona umana, del significato stesso della verità e del bene e, in ultima analisi, della bontà della vita. Ciò indebolisce l’impegno a trasmet-

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tere da una generazione all’altra qualcosa di valido e di certo, regole di comportamento, obiettivi credibili intorno ai quali costruire la propria vita. Tali difficoltà, però, non sono insuperabili; sono piuttosto, per così dire, il rovescio della medaglia di quel dono grande e prezioso che è la nostra libertà, con la responsabilità che giustamente l’accompagna. Illuminati dalla fede nel nostro Maestro e incoraggiati dal suo esempio, noi abbiamo invece buone ragioni per ritenere di essere alle soglie di un tempo opportuno per nuovi inizi. Occorre, però, ravvivare il coraggio, anzi la passione per l’educare. È necessario formare gli educatori, motivandoli a livello personale e sociale, e riscoprire il significato e le condizioni dell’impegno educativo. Infatti, a differenza di quanto avviene in campo tecnico o economico, dove i progressi di oggi possono sommarsi a quelli del passato, nell’ambito della formazione e della crescita morale delle persone non esiste una simile possibilità di accumulazione, perché la libertà dell’uomo è sempre nuova e quindi ciascuna persona e ciascuna generazione deve prendere di nuovo, e in proprio, le sue decisioni. Anche i più grandi valori del passato non possono semplicemente essere ereditati, vanno fatti nostri e rinnovati attraverso una, spesso sofferta, scelta personale . Il mese di Ottobre si è aperto con qualche appuntamento veramente importante per il nostro Ora-


Spazio oratorio torio. La festa del Ciao, proposta dall’Azione Cattolica; le iniziative riguardanti l’Ottobre missionario coordinate dal nostro Gruppo Missionario Parrocchiale, la Castagnata con la Tombolata presso il Bar dell’Oratorio ed un incontro culturale molto importante. Ogni inizio anno associativo (solitamente nella prima metà di Ottobre), l’Azione Cattolica propone ai suoi iscritti ma anche a tutti gli altri bambini e ragazzi una domenica di festa in Oratorio, la “festa del CIAO”. L’entusiasmo dell’attesa per questo momento è sempre alto nei più piccoli e tutti gli sforzi degli educatori, degli aiuto-educatori e di tante altre persone di buona volontà sono volti per far sì che tutto riesca per il meglio in un clima di serenità e di amicizia. L’ACR per questo nuovo anno pastorale ha accolto il nuovo tema educativo «Punta in alto». L’ambientazione simbolica di tutte le attività dell’ACR sarà per quest’anno la montagna... Una montagna da scalare stando “insieme”. Con questo tema gli associati di AC dovranno cercare di tendere alla vetta, all’incontro personale e comunitario con il Signore che è un incontro sempre “alto”, che porta ad incontrare difficoltà e ostacoli ma anche gioia. Come quando si va in montagna in cordata, attraversando sentieri e passaggi anche difficili, i ragazzi saranno chiamati a raggiungere la meta non in salita solitaria ma insieme con gli altri.... La scalata è cominciata!

potuto sentire la testimonianza di due nostri giovani che lo scorso Agosto si sono recati in Bangladesh a trovare padre Sergio e dove hanno condiviso con lui un po’ del loro tempo; la testimonianza di una ragazza in partenza per il Brasile con L’Operazione Mato Grosso (OMG) e la testimonianza delle nostre suore dell’Oratorio, suor Ernesta e suor Margareta, che ci hanno raccontato qualcosa della cultura e dei paesi da dove provengono. Domenica 23 Ottobre è stata celebrata poi l’85a Giornata Missionaria Mondiale, dal tema “Testimoni di Dio”. In questa giornata il Gruppo Missionario Parrocchiale ha allestito una bancarella con i prodotti del mercato Equo-solidale e ha diffuso il messaggio del nostro papa per questa appuntamento della Chiesa universale. Il ricavato della bancarella così come tutte le offerte raccolte alle S. Messe in

questo giorno speciale sono state donate alle Pontificie opere missionarie a favore di tutti i missionari della Chiesa Cattolica. A fine Ottobre abbiamo vissuto poi in Oratorio la Castagnata. Un bel pomeriggio di festa dove, oltre alle castagne, al Bar dell’Oratorio grandi e piccini si sono divertiti giocando a tombola. Era da un po’ di tempo che pensavo ad attivare questa iniziativa, ma facevo un po’ fatica a collocarla. Comunque, grazie all’aiuto generoso di qualche bravo giovanotto all’abbrostolitura (credo di aver coniato un neologismo!) delle castagne e di qualche gentil donzella che mi ha aiutato da organizzare la tombola, la cosa si è potuta realizzare. L’iniziativa è riuscita veramente bene e speriamo che possa mantenersi nel tempo. Grazie di cuore a quanti mi hanno generosamente aiuta-

Altre iniziative fondamentali per la vita dell’Oratorio ma anche per la vita di tutta la Parrocchia, sono le iniziative dell’Ottobre missionario. Il Gruppo Missionario Parrocchiale, al fine di sensibilizzare alla cultura missionaria ha proposto una Veglia di preghiera Missionaria e la “Cena del Povero”. Chi ha partecipato a questa iniziativa ha

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Spazio oratorio to a realizzarla. Tanto eravamo lanciati quella domenica che poi, la sera, non ancora stanchi, abbiamo anche proposto anche un torneo di calcetto al Bar che è risultato partecipatissimo da adolescenti, giovani e ... papà! Bellissimo!!! Sempre a fine Ottobre la “Commissione Culturale” del Consiglio Pastorale Parrocchiale ci ha offerto presso il Teatro dell’Oratorio un incontro di rara bellezza... Infatti i membri della Commissione guidati dal nostro Parroco hanno invitato il Sig. Lino Zani di Temù (Bs) che per anni è stato la guida alpina del beato papa Giovanni Paolo II. Il Sig. Zani ci ha raccontato la sua bellissima esperienza di vita accanto a questo gigante della fede presentando il suo libro “Era santo, era uomo. Il volto privato di papa Wojtyla”. L’incontro è stato veramente intenso, piacevole e a tratti commuovente. Sono stati raccontati molti fatti riguardanti le visite del papa in Adamello. Nel corso della serata abbiamo potuto ammirare tante belle immagini del papa e abbiamo anche avuto il privilegio di sentir parlare del rapporto speciale che il papa aveva con Dio attraverso l’amore per la natura ed in particolare con il suo

amore per la montagna. Il Mese di Novembre ha fatto da contenitore ad alcuni momenti liturgici importantissimi: la solennità di tutti i Santi con la memoria dei fedeli defunti; la festa del Ringraziamento per i frutti della terra e del lavoro dell’uomo e, per la prima volta nella nostra Parrocchia, la celebrazione unitaria dei sacramenti della Cresima e della Prima Eucaristia per quarantasei ragazzi dei Gruppi Antiochia, così come prescrive in nuovo cammino di iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi della nostra Diocesi bresciana. Questi appuntamenti hanno ritmato anche la vita dell’Oratorio. Per la solennità dei Santi e la memoria dei fedeli defunti i bambini e i ragazzi dell’ACR con i loro educatori e con i Giovanissimi hanno decorato dei bellissimi lumini che poi sono stati proposti alle persone durante queste ricorrenze. È stato un buon lavoro di squadra e di sensibilizzazione per aiutare i bambini e i ragazzi a rendersi conto del nostro pellegrinaggio terreno verso il paradiso. La festa del Ringraziamento, poi, grazie all’aiuto dei nostri bravi agricoltori, ha acceso gli entusiasmi dei nostri bambini alla vi-

sta di tanti trattori e tanti attrezzi agricoli schierati in piazza Pavoni, aiutandoli a capire l’importanza del lavoro quotidiano e soprattutto cosa vuol dire l’espressione del Padre nostro “dacci oggi il nostro pane quotidiano”. La celebrazione unitaria dei sacramenti della Cresima e della Prima Eucaristia, infine, è stata veramente una esplosione commuovente di gioia nel vedere i nostri ragazzini affrontare con coraggio e fierezza questo appuntamento atteso da tanto tempo con il Signore. Un grazie sincero alle loro Catechiste ed Assistenti, agli ed Educatori e aiuto dell’ACR, ma anche alle loro famiglie che li hanno accompagnati bene a questo momento collaborando attivamente e che speriamo continuino così anche per il futuro! Semplicemente grazie! Verso fine Novembre, abbiamo avuto due appuntamenti importanti riguardanti i nostri Giovanissimi (ragazzi dal primo anno della scuola Secondaria di secondo grado in su). Il primo fa riferimento al lavoro svolto dalla “Commissione delle problematiche giovanili” del Consiglio Pastorale Parrocchiale che ha proposto a tutti i genitori una serata dove è stata presentata una ricerca sui nostri ragazzi e sulle loro abitudini circa la fede, la famiglia, la vita. Infatti durante i tempo estivo i membri di questa Commissione operativa del nostro Consiglio Pastorale hanno sottoposto ad un campione di adolescenti e giovani frequentanti vari ambiti (Oratorio, piazza, bar, ecc.) un questionario i cui risultati sono stati illustrati in questo incontro. Non mi dilungo a parlarvene perché penso che i membri di questa Commissione scriveranno un articolo a proposito. Il secondo appuntamento fa riferimento all’esperienza molto bella che i nostri Giovanissimi (che so-

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Spazio oratorio litamente si ritrova la domenica sera) hanno vissuto in Oratorio incontrando Alessio Tavecchio, un ragazzo di Monza, che per un banale incidente in motocicletta è rimasto paralizzato. L’incontro è stato pensato dagli educatori dell’Azione Cattolica Giovani (A.C.G.) e del Centro di Aggregazione Giovanile (C.A.G.) al fine di sensibilizzare i nostri ragazzi ad un corretto comportamento circa la sicurezza stradale. L’incontro è stato molto partecipato e molti sono stati gli spunti di riflessione: il significato della vita e della morte; il tema della sicurezza stradale; il tema dell’amicizia; il tema della famiglia; il tema del rapporto con Dio e della fede; ecc. Il sapere affrontare i momenti difficili della vita, ma soprattutto il non darsi per vinto, hanno aiutato questo ragazzo a diventare un campione nel nuoto vincendo anche alcune medaglie d’oro alle paraolimpiadi di Atlanta. I nostri ragazzi hanno partecipato a bocca aperta all’incontro che, speriamo abbia fatto breccia nei loro cuori ma soprattutto porti frutto alla loro giovane vita. Penso sempre che in Oratorio abbiamo una gran fortuna: tutte queste attività e tutto questo correre a volte rischierebbe di essere senza senso, di essere sterile se non fosse legato alla vita dello Spirito. Siamo proprio fortunati in Oratorio ad avere un gruppo di preghiera che tutti i giovedì si ritrova a pregare insieme il santo Rosario e per adorare l’Eucaristia ogni primo giovedì del mese. A questi appuntamenti può partecipare chiunque. Queste persone, semplicemente, offrono la loro preghiera a sostegno delle attività del nostro Oratorio e della nostra Parrocchia e per le varie necessità della vita cristiana. Penso che questo sia veramente un momento importante per la vita cristiana del

nostro Oratorio, perché cerca di fare unità tra la molteplicità delle iniziative proposte mettendole nelle mani di Dio e della Madonna e soprattutto ricorda a tutti noi che prima di tutto occorre cercare il regno di Dio e la sua giustizia che il resto verrà dato in aggiunta (cfr. Mt 6,33). Ormai l’Avvento è iniziato e i nostri bravi papà hanno già cominciato a costruire il bellissimo Presepe Vivente nell’arena dell’Oratorio; i bambini e i ragazzi sono già impegnati negli incontri di spiritualità e tutto ormai tende alla grande luce del Natale. Quello che possiamo fare in questo tempo di prepara-

zione è stare svegli, non dormire il sonno dello spirito, per vivere la nostra interiorità di cercatori di Dio. Iniziamo il tempo della resistenza e della resa al Dio d’amore, dell’interiorità, della preghiera, della speranza. Se Dio diventa uomo, vuol dire che non si è ancora stancato di noi. Se Dio diventa uomo, allora l’uomo può imparare da Lui a essere veramente uomo. Se Dio diventa uomo, allora la vita merita Dio. Vegliamo, dunque, aspettando Dio che viene!

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don Claudio

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Spazio oratorio 20 novembre 2011 - Solennità di Cristo Re

Omelia di Mons. Zani al conferimento della Confermazione ed Eucarestia C ari Ragazzi, genitori, padrini e madrine, cari fedeli, oggi nella vostra comunità parrocchiale si svolge una celebrazione particolare, con il vostro percorso di iniziazione cristiana, vengono amministrati insieme due sacramenti: la Confermazione e l’ Eucarestia. E Voi ragazzi, insieme ai Vostri genitori e catechisti, avete compiuto un intenso cammino di preparazione che Vi ha fatto comprendere quanto sia importante vivere in modo pieno e gioioso la vita cristiana, non da soli, ma inseriti nella comunità di coloro che condividono con Voi gli stessi valori, la stessa fede. Forse, alla Vostra età, non riuscite a comprendere fino in fondo cosa significhi essere cristiani nella società di oggi, ma dovete fidarvi di coloro che Vi hanno educato e guidato a vivere questo momento importante della vostra storia personale; dovete fidarvi dei Vostri genitori, dei sacerdoti, dei catechisti e delle altre persone che Vi aiutano a crescere. Spalancate le porte del vostro cuore e della vostra mente a Gesù, il Figlio di Dio che viene oggi in Voi con la sua Luce, il suo corpo e la sua grazia; se fate questo la vostra vita sarà diversa. Accogliere Cristo vuol dire non vivere mai più da soli, rinchiusi su se stessi, ma mettersi in dialogo ed in compagnia con Lui, che è Dio, che ci parla in continuazione e che ci invita a donare tutto di noi stessi a Lui e ad amare il prossimo. Nella preparazione alla Cresima e alla prima Comunione, Vi è stato detto quanto è importante leggere, conoscere la Sacra Scrittura e metterla in pratica, perché è la Parola di Dio che ci svela la verità e ci indica la via da seguire. Oggi è la

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festa di Gesù Cristo Re dell’universo che conclude l’anno liturgico; dalla prossima domenica, infatti, inizierà l’ Avvento, cioè il periodo di preparazione al Santo Natale. Abbiamo ascoltato una pagina molto bella e forte del Vangelo di Matteo, dove Gesù pronuncia un discorso che ci fa fare un profondo esame di coscienza. Egli ci dice che un giorno ritornerà sulla terra, convocherà tutti i popoli e separerà quelli che avranno compiuto il bene e potranno entrare in possesso del suo regno da coloro che avranno compiuto il male e ne saranno esclusi; poi pronuncerà la sentenza. Voi cari ragazzi, frequentate la scuola, avete degli insegnanti che Vi trasmettono tante conoscenze poi fanno delle verifiche e alla fine di un ciclo scolastico si svolgono gli esami per valutare quanto e come avete appreso di quello che Vi è stato insegnato. Così è anche della vita. La nostra vita si svolge in due tempi. Il primo tempo è quello terreno, quello che stiamo vivendo ora, è quello della nostra salvezza; in questo tempo i nostri genitori, i sacerdoti e gli educatori (catechisti,formatori, buoni amici) ci aiutano ad incontrare Cristo e noi liberamente decidiamo di seguirlo, mettendo in pratica i suoi insegnamenti. Poi arriverà il secondo tempo, che inizierà con la veduta finale di Cristo <<buon pastore>>; Egli farà l’esame conclusivo che sarà un bilancio su come avremo speso la nostra esistenza terrena e alla fine ne trarrà le conseguenze. Su che cosa verremo esaminati? Gesù non ci nasconde nulla e già conosciamo il testo dell’esame. I vangelo di Matteo ce lo ha det-

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to molto bene : ci verrà chiesto se avremo amato Dio con tutto il cuore, la mente e le forze, e soprattutto se avremo compiuto le opere di misericordia che esprimono in concreto l’amore senza limiti verso i nostri fratelli: dare da mangiare e da bere ai bisognosi, ospitare i forestieri, assistere i malati, i carcerati e così via, in ognuno di chi versa in queste condizioni Gesù dice che è presente Lui stesso (l’amore verso il prossimo). Le opera fatte gratuitamente e per amore disinteressato del prossimo sono premiate da Dio. Questo Re e Giudice che verrà alla fine dei tempi è lo stesso Gesù di Nazaret, il crocifisso, colui che sperimentò la fame, la nudità, la solitudine , il dolore. Questo Re e Signore, che si identifica con i più piccoli e poveri, vive sotto le spoglie sconosciute dei suoi fratelli, Affinché abbiamo la forza, l’energia spirituale ed il coraggio di amare, Gesù ci viene incontro con la sua grazia, con i segni sacramentali che la Chiesa ci conferisce. Infatti Egli ha istituito l’Eucarestia ed ha inviato il Consolatore, lo Spirito Santo con i suoi sette doni, perché ci guidi a conoscere la verità e a testimoniarla davanti a tutti gli uomini. Con il sacramento del Battesimo siamo diventati figli di Dio, è stato innestato in noi il principio della vita nuova che è la stessa vita di Dio, e quindi possiamo amare con lo stesso amore di Dio che Egli ha posto dentro di noi. Ma perché la vita, il fuoco, la luce che Dio ha messo in noi possano svilupparsi e produrre frutti abbondanti, occorre amare Gesù e rimanere legati a Lui, essere creature nuove e con la sua grazia amare i nostri


Spazio oratorio fratelli per costruire già su questa terra il suo Regno, cioè un mondo rinnovato dal suo amore che agisce in noi. Non è un’ impresa facile, soprattutto oggi. Troverete tanti ostacoli nel mondo ….. ma occorre essere forti, allenarsi, affrontare la vita come una gara, una corsa. E si deve partecipare per vincere. Volete essere creature nuove? Volete custodire nel vostro cuore l’amore vero di Dio? Volete avere in Voi la vita vera e la gioia? Ebbene, perché ciò avvenga dovrete impegnarvi ad osservare i suoi comandamenti e soprattutto a vivere il comando fondamentale che consiste nell’amare Dio e il prossimo con tutto il cuore, la mente e le forze. Ma dovrete anche conoscere sempre meglio e vivere la sua Parola. Cari ragazzi, i sacramenti che ora ricevete sono le sorgenti della grazia divina, sono la fonte dell’energia, della luce e della forza interiore di cui avete bisogno per diventare cristiani autentici. Voi avete compiuto un intenso percorso di preparazione per questo momento, e conoscete bene il significato dei due sacramenti che state per ricevere. La Cresima o Confermazione conferisce il dono dello Spirito Santo, lo stesso Spirito che ha fatto nascere la prima comunità cristiana dopo la Pentecoste. Vi invito a seguire attentamente la liturgia, perché in ognuno dei suoi passaggi è richiesta la vostra piena adesione interiore perche accogliate i doni che il Signore ha preparato per voi. a. Anzitutto, il primo passaggio consiste nella rinnovazione delle promesse battesimali. Nel sacramento del Battesimo che avete ricevuto, vi è già stato dato anche il soffio dello Spirito, ma ora rinnoviamo la nostra decisa volontà di rinunciare al male e a tutte le opere che vengono dal maligno, a tutto ciò che è contro l’uomo e contro Dio, esprimiamo il nostro desiderio fervoroso di credere in Dio Padre, nel Figlio suo Gesù e nello spirito, ed insieme di aderire alla Chiesa, la comunità dei credenti. b. Nel secondo passaggio, vi saranno imposte le mani. Il Ce-

lebrante, insieme al vostro Parroco, compirà questo gesto biblico di imporre le mani per invocare la discesa dello Spirito Paraclito, il Consolatore potente, colui che dona la sapienza, l’intelletto, il consiglio, la fortezza, la scienza, la pietà e il santo timore. c. Il terzo passaggio è il cuore del sacramento della Confermazione. Il Rappresentante del Vescovo, ungendo la fronte con il crisma, pronuncerà queste parole : “ Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono “. L’unzione è segno di appartenenza. Gesù è colui che possiede il sigillo di Dio, è l’unto di Dio, è il consacrato del Padre; e voi cresimandi che siete “segnati” con questo stesso sigillo venite assimilati in modo speciale a Cristo e come Lui siete mandati a testimoniare nel mondo le meraviglie che Dio Vi ha dato in Cristo. d. L’ultimo passaggio è il gesto di pace. Poiché Cristo dopo la sua morte e Risurrezione, apparendo ai discepoli e alle donne porge sempre il saluto: “ Pace a Voi“, anche al termine del rito della Cresima il sacerdote augura la pace ed invita ogni cresimando ad essere nella sua vita costruttore e testimone della pace che viene dall’alto. Insieme alla Confermazione, riceverete anche l’Eucarestia. Per la prima volta Vi accosterete alla Santa Comunione con il Corpo di Gesù, che accoglierete in Voi tante altre volte nella vita. Egli, durante l’ultima cena aveva detto agli apostoli due frasi molto importanti che ci spiegano il significato dell’Eucarestia. La prima: “ Prendete e mangiate, questo è il mio corpo “. L’Eucarestia è veramente il corpo di Gesù che si fa presente quando il sacerdote celebra la Messa; è il corpo di Gesù che rimane presente nel pane consacrato anche dopo la Messa e viene custodito nel tabernacolo, (con accanto una piccola luce sempre accesa), a significare la sua presenza. Egli però ha voluto diventare il nostro cibo, il nostro sostegno per alimentare la vita

interiore, la vita dello Spirito che abita in noi. La seconda frase pronunciata da Gesù, nell’ultima cena, è la seguente: “ Fate questo in memoria di me “. Quando noi partecipiamo alla Santa Messa, facciamo memoria di Gesù, cioè ascoltiamo le sue parole che vengono proclamate nelle letture, entriamo nella sua vita e poi accogliamo Lui nel nostro cuore con l’Eucarestia per fare memoria e unirci a Lui. Non è un semplice ricordo, ma è entrare nel mistero della salvezza, nel suo amore, per non dimenticare mai che Egli ha dato la sua vita, è Morto sulla croce, è Risorto per noi e continua a donarsi. Gesù ci ripete anche oggi : “Fate questo in memoria di me “. Non dimenticatevi che sono morto per Voi e anche Voi dovete dare la Vostra vita per me e per i Vostri Fratelli “. Ecco il senso profondo dell’ Eucarestia che ci unisce in modo speciale al Signore e che, se è vissuta veramente, ci spinge a diventare sempre più uniti tra di noi e con tutti gli uomini, eliminando ogni differenza per diventare con tutti una sola famiglia, quella dei figli di Dio. Cari ragazzi, per diventare testimoni autentici e cristiani maturi occorre tempo, impegno, fedeltà e coraggio di ricominciare sempre, di camminare in mezzo alle difficoltà del mondo e con l’animo libero, aperto, con lo sguardo rivolto verso Dio e con la certezza che Lui si fa compagno sincero e fedele della nostra esistenza. E allora diciamo al Signore nel nostro cuore : <<Gesù, noi crediamo che tu ci ami e desideriamo amarti : donaci lo spirito di verità perche ci faccia comprendere e mettere in pratica tutte le tue parole che sono vita. Mandaci il Consolatore, colui che difende dal maligno e ci fa ricordare quanto siamo amati da Te. Con i sacramenti della Confermazione e dell’Eucarestia conduci noi tutti alla verità, alla dolcezza della Tua amicizia , alla sicurezza della pace>>. Amen. Mons. A. Vincenzo Zani Sottosegretario Congregazione per l’Educazione Cattolica - Roma

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Sacramento della Confermazione


Sacramento della Confermazione



Prima Comunione


Prima Comunione


Vita in parrocchia

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Vita in parrocchia Gruppi di lavoro pastorale

Commissioni, a che punto siamo?

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anca poco al Natale e alla fine dell’anno solare ed eccoci a relazionare quanto le commissioni di lavoro stanno realizzando o intendono proporre, intrattenendo un dialogo costruttivo con la società, nello spirito del Vangelo. Commissione Cultura Giuliano, Paola ed Elisa stanno operando in modo da perseguire la finalità generale della commissione di cui fanno parte: stimolare la consapevolezza e la riflessione sui molteplici aspetti della realtà attuale attraverso la realizzazione di eventi a sfondo culturale. Realizzazioni: è stato attuato un incontro serale in oratorio con la guida alpina Zani, che ha presentato il suo libro sulla frequentazione calorosa e straordinaria con il papa Giovanni Paolo II; inaspettata l’affluenza di ascoltatori che sono stati piacevolmente stimolati dall’esperienza di questo bresciano chiamato ad un ruolo davvero speciale; soddisfazione per gli organizzatori che si sono prodigati in vario modo, ma soprattutto attraverso un contatto personale con i parrocchiani e non, a pubblicizzare l’evento. Programmazione: a breve termine, Paola ed Elisa stanno lavorando per proporre brevi spettacoli teatrali che vedranno in primo piano i nostri bambini dell’oratorio, attori e produttori delle scene che sicuramente stimoleranno riflessione e divertiranno gli spettatori

che vorranno aderire all’invito. A lungo termine, la commissione intende impegnarsi nel concretizzare alcuni progetti culturali meritevoli di attenzione: potrebbero essere visite a mostre artistiche di indiscusso pregio; passeggiate culturali in città di interesse storico, religioso ed artistico; camminate in ambienti naturali, alla “riscoperta” di una dimensione umana spesso offuscata; occasioni particolari per riflettere sull’essenza dei valori familiari... Difficoltà: è necessario impegnarsi nella ricerca di formule stimolati per la crescita culturale e sostanzialmente umana di ciascuno di noi, nell’intrattenere contatti interpersonali, stimolando un coinvolgimento individuale; nello sfondare l’isolamento in cui le persone tendono a rannicchiarsi. Bisogni: si cercano idee da condividere, contributi concreti alla loro realizzazione da parte di ogni individuo di qualsiasi età, condizione.. ma dotato di buona volontà! Commissione Caritas Mariangela, Donatella ed Ettore sono fortemente coinvolti nell’agire secondo lo spirito missionario della Chiesa e nell’esprimere concretamente sostegno a quella parte, ahimè oggi ancor numerosa, della nostra società costretta per svariate motivazione ad affrontare l’indigenza, le difficoltà economiche, spesso in solitudine ed isolamento. Realizzazioni: da anni la commis-

sione intrattiene contatti stretti con il territorio per conoscerne le esigenze, palesi e meno manifeste, in modo da poter agire, in stretta collaborazione con i sacerdoti, i quali hanno possibilità di “toccare il polso della situazione”. Il mercoledì, la sede della Caritas locale, rimane aperta per la distribuzione di quanto può essere utile alle persone che si affacciano per particolari richieste (alimenti, “la spesa” come la definiscono comunemente, abbigliamento, piccoli arredi...); il giovedì, per il ricevimento di offerte da parte delle persone generose e sensibili a questo problema. Programmazione: dalla collaborazione con i servizi sociali locali, e con la Diocesi di BS, si stanno cercano formule più adeguate ad assolvere alle incalzanti necessità di natura alimentare, considerando che le famiglie indigenti hanno al loro interno più di un bambino in tenera età; si pensa di organizzare in paese, uno spazio adeguato alla raccolta e alla conservazione di alimenti proveniente da un centro gestito dalla Caritas diocesana (sotto la supervisione della diocesi) e stabilire una distribuzione quindicinale. Ovviamente, ciò esige che uomini e donne di buona volontà si prestino alla fattibilità dell’impresa. Difficoltà: risulta necessario per un’azione efficace un sondaggio serio e concreto sulle necessità del territorio; ora si presentano alla porta della Caritas soprattutto famiglie immigrate, ma è chiaro che

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Vita in parrocchia anche alcuni dei nostri compaesani richiederebbero interventi di sostegno. La commissione accoglie informazioni dai bambini che frequentano il nostro Oratorio e dal parroco, quale interlocutore privilegiato per chi vuol esprimere il proprio disagio in perfetto anonimato. Se le problematiche sono di una certa entità, gli interessati vengono orientati verso gli uffici della Caritas, in Brescia. Bisogni: è indispensabile un’azione congiunta delle agenzie territoriali (Comune, Parrocchia, Oratorio) insieme alla collaborazione costante e discreta dei volontari; la nostra mentalità, pur modificata e migliorata nel tempo, risulta ancora restia a considerare la povertà nella giusta dimensione. Commissione Anziani e Ammalati Felice e Luisa oltre ad essere membri della commissione, da tempo operano nella Parrocchia anche in qualità di ministri straordinari della S. Comunione; essi tengono

un costante e costruttivo contatto con diverse realtà attinenti le finalità della commissione stessa: sostenere, avendone cura, aiutare le persone anziane, malate e diversamente abili, quali membri a pieno titolo della comunità parrocchiale. Realizzazioni: Luisa, ogni lunedì, accompagna i degenti della Casa di Riposo Maggi nella recita del Santo Rosario offrendo loro la possibilità di ricevere la S. Comunione. Programmazione: i membri della commissione valutando la Casa di Riposo, nella sua specifica funzione, il miglior referente per l’individuazione di particolari necessità di persone anziane e malate, hanno preso contatti con il presidente della struttura, al fine di intrattenere un confronto periodico, in modo da condividere sia ricorrenze o eventi particolari, sia problematiche palesi o nascoste circa la situazione di vita dei nostri anziani. Bisogni: il parroco assolve a molteplici ed importanti azioni nel rap-

Festa degli Anniversari di Matrimonio Domenica 15 gennaio 2012 celebreremo in Parrocchia la festa degli Anniversari di Matrimonio secondo le modalità già collaudate. Le coppie che nel corso del 2011 hanno celebrato degli anniversari significativi di nozze sono invitate alla Messa delle ore 11 e al pranzo che seguirà presso Villa Valenca ( Località San Giuseppe di Rovato). Informazioni presso l’Ufficio parrocchiale, nelle giornate di lunedì e martedì (mattino e pomeriggio). Sul tavolino, in chiesa sono disponibili i fogli informativi sull’iniziativa. Le iscrizioni devono pervenire entro la Festa dell’Epifania. Invitiamo le coppie di sposi che hanno ricordato gli anniversari di matrimonio e soprattutto il 25° e il 50° a prendervi parte, estendendo l’invito a parenti e amici. Ai partecipanti sarà dato un ricordo della ricorrenza.

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porto con i malati o con i degenti in ospedali, avvalendosi della collaborazione di persone che con una particolare sensibilità si avvicinano alla sofferenza; tuttavia, nuovi contributi sono sempre ben accetti per poter essere adeguati alle varie necessità. Commissione Missionaria Una decina di persone sono impegnate da tempo nella gestione delle attività connesse alla prioritaria necessità di fondare ed incrementare il ruolo missionario della parrocchia tramite svariate modalità: dal sostegno economico ai nostri missionari nel mondo, alla preghiera, all’annuncio del messaggio cristiano. Realizzazioni: è stata attuata la “bancarella dei panettoni” in prossimità del S. Natale; i ragazzi dell’oratorio sono stati invitati a portare materiale scolastico in occasione della S. Lucia, durante l’operazione “Un Dono in dono”; la tombola missionaria in oratorio fa accorrere molte persone che generosamente devolvono a favore dei nostri missionari e di associazioni di volontariato nel mondo. Programmazione: ogni ricorrenza che scandisce i momenti significativi nel nostro calendario è spesso fatta corrispondere ad un’occasione per donare, per condividere con chi è meno fortunato moltiplicando, quindi, la nostra gioia. Bisogni: il gruppo missionario è aperto a tutte le collaborazioni per poter assolvere agli impegni sempre più impellenti; lancia un caloroso appello a quelle donne e a quegli uomini che sanno realizzare semplici manufatti, che si divertono nel creare con le proprie mani oggetti e che potrebbero insegnare ad altri particolari tecniche, per alimentare un piccolo ma importante commercio. Silvana Brianza


Vita in parrocchia

Concluso il corso di preparazione al matrimonio Nei mesi di ottobre,novembre e dicembre 2011 si è svolto l’itinerario dei fidanzati in preparazione al matrimonio. Le coppie erano sedici e si sono dimostrate interessate e partecipi. Riportiamo qui alcune testimonianze immediate e sincere di alcune coppie. Ai fidanzati auguriamo buon cammino e tanta felicitĂ .

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Spazio Vita in parrocchia oratorio Il saluto ad un caro amico

Benedetto Botticini, una vita per la comunità

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l venti ottobre scorso, dopo una breve ma implacabile malattia, si è spento Benedetto Botticini, un uomo che tanto ha significato per la comunità Castrezzatese. Conosciuto e benvoluto da tutti ha vissuto una vita piena, non solo in ambito familiare e lavorativo ma anche a livello sociale. Benedetto è ricordato soprattutto per essere stato Presidente dell’Associazione AIDO negli ultimi quattordici anni, incarico a cui si è dedicato con sincera passione, serietà e spirito di abnegazione. Tuttavia il suo operato nell’ambito del volontariato va ben oltre: membro attivo dell’AVIS è stato per anni donatore di sangue ed ha sempre collaborato alle varie iniziative di questa associazione cercando anche di promuove la cultura della donazione. Per anni inoltre, è stato volontario del Centro Operativo di Soccorso Pubblico, il COSP, prestando la sua opera di solidarietà verso i bisogni della cittadinanza. Da non dimenticare la concreta e fruttuosa collaborazione che Benedetto ha sempre dato alle diverse associazioni presenti sul territorio, facendosi così testimone del vero spirito di solidarietà che dovrebbe animare ogni membro di una comunità. Benedetto non ha mai mancato di essere presente là dove c’era un bisogno: negli anni ’70, insieme ad altri castrezzatesi, si era recato in Friuli a prestare soccorso ai terremotati; nel corso degli anni si è sempre dedicato ad opere di

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raccolta fondi per varie iniziative benefiche o associazioni di volontariato prestando particolare attenzione non solo ai bisogni della sua comunità ma anche a quelli di realtà lontane, promuovendo donazioni ai missionari e sostenendo, a distanza, bambini orfani o bisognosi. Il lutto familiare che lo aveva colpito, ha rafforzato in lui la sensibilità verso i bisogni del prossimo e potenziato la capacità di vedere, oltre le apparenze, la sofferenza umana. Ma il suo contributo più prezioso va, senza dubbio, all’associazione AIDO alla quale ha dedicato, nel corso degli anni, tanto tempo ed energia. Benedetto credeva fermamente nella donazione, di sangue , di midollo o di organi ed ha sostenuto ogni iniziativa possibile affinché sempre più persone conoscessero queste realtà e le condividessero. Ha guidato l’as-

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sociazione con competenza riuscendo a mantenere una fattiva collaborazione, sia con le altre associazioni AIDO della zona sia con l’AIDO provinciale. Commoventi sono le parole con cu diversi presidenti AIDO ed il Presidente AIDO provinciale Lino Lovo lo ricordano. Instancabile e tenace, nel 2009, in occasione del 35° anniversario della fondazione dell’associazione AIDO a Castrezzato, ha voluto che questa ricorrenza fosse un momento memorabile secondo il suo stile ed il suo carattere che non lasciava mai niente al caso ma ogni cosa studiata e messa al posto giusto. Ogni uomo o donna è solo di passaggio su questa terra ma qualcuno riesce a lasciare un segno tangibile della sua esistenza o un messaggio che viene raccolto e seguito. Senza dubbio l’eredità più bella che ci ha lasciato Benedetto è il suo entusiasmo, l’entusiasmo di un uomo semplice che non si arrende davanti alle difficoltà ma continua il suo cammino perché crede in ciò che fa. Nel mondo in cui viviamo è sicuramente un’eredità importante perché semplicità e perseveranza sono oggi qualità veramente rare ma preziose per far crescere una comunità. L’ultimo saluto dagli amici dell’AIDO Caro Benedetto, È difficile per noi trovare le parole per porgerti l’ultimo saluto


Vita in parrocchia perché non avremmo mai voluto perderti. È più facile invece dirti grazie per tutto ciò che hai fatto; grazie per essere stato un membro attivo all’interno della nostra associazione, per aver creduto nell’ideale della donazione e per esserti sempre fatto testimone dell’AIDO. Grazie per essere stato una colonna portante del nostro gruppo, un Presidente sempre attento e disponibile ad ogni iniziativa. Grazie per l’impegno che hai sempre messo in ciò che facevi e per l’entusiasmo che hai saputo trasmettere anche nei momenti in cui sarebbe stato molto più facile mollare tutto. Grazie per il tempo che hai speso, anche quando ne avevi poco, perché non hai mai voluto trascurare nessun impegno e tanto meno far le cose a metà. Grazie per aver sempre parlato con la gente e sensibilizzato la popolazione all’importanza della donazione di organi, portando l’AIDO di Castrezzato ad oltre 400 iscritti. Grazie per la perseveranza con cui hai svolto i compiti più difficili, anche esponendoti in prima persona per raccogliere fondi o promuovere progetti a sostegno del prossimo. Grazie per essere sempre stato disponibile alla collaborazione anche con le altre associazioni locali, in modo particolare l’AVIS con cui hai voluto condividere numerose iniziative con lo spirito di percorrere insieme l’ unico cammino della solidarietà. Grazie per essere stato testimone dello spirito del volontariato e un esempio di altruismo per l’intera comunità, in un’epoca in cui regnano sovrani l’egoismo e l’indifferenza. Ed infine grazie per essere stato, prima di tutto, un amico sincero, generoso e sempre presente. Oggi non ti piangono solo la famiglia e gli amici ma un paese intero dove il tuo ricordo, siamo certi, sopravvivrà a lungo. Ciao Benedetto

Betlemme La strada la dientàa semper piö bröta predù ramm a treèrs e büze fonde Bèpi ‘l supiàa la fomna l’era möta e l’àzen poarì ‘l tiràa le onde [...] E ghè gnit fosc, ‘na sera frèda e nèta con dele stèle ‘n cel che parìa sass ghera mia tat de girolà ‘n spalèta ma bisognàa sercà de riparàs. J’è ‘ndacc a cassas dèt an dè ‘n baitèl per tèra i ga truat an möcc dè fé i la quarciat zò töt con de ‘n mantèl e pò i s’è ‘ndurmentacc an sima le. Sarà passat, chè soi, forse ‘n quart d’ura, quando Maria la sa mèt dré a tremà: “Bèpi ga som, l’è che cal là dè sura, adès ‘scùltem be se ghè de fà: ‘mpissa sö ‘l föc pò varda ‘n dela spòrta ghè déter an lensöl piegat sö bé pòrtemel ché e va’ föra dela porta che per al rést ma range dè per mé.” L’è ‘ndat lü là de fò come i gh’ia dit ma ‘n del vardà per aria che laur! Ròbe che a dile giü l’è gnè cridit: al cel al ghia ciapàt n’alter culur! [...] Lü l’era là, ‘n ciurciat an dè ‘n lensöl, co j’öcc amò seracc e töt bagnat e a le sò spale un àzen e ‘n manzöl i ghera ‘l sò defà a tignìl scaldat. Che burdelère, che vuzà, che ghèt ma ‘l pòpó ‘l sa squassàa gne ‘n pitinì mia che ‘l fös surt ma l’era per rispèt dei sò pastur che j’era lé vizì. (Da Bibbiù - Achille Platto)

I tuoi amici dell’AIDO

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Vita in parrocchia Battista e Lucia nei ricordi nel nipote

Ciao nonni, così voglio ricordarvi

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ccomi qua davanti a questo foglio ad un mese dalla tua partenza. Don Mario ha chiesto di scrivere qualcosa di voi. Con te, nonno,se ne è andato un pezzo di Castrezzato e pochi mesi prima, a febbraio, se ne era andata la nonna: solo la morte è riuscita a dividervi, se pur per poco tempo, e ora, ne sono convinto, siete in Paradiso senza più dover fare i conti con quegli acciacchi che ultimamente vi avevano colpito e minato sia nel fisico che nella mente. La vostra famiglia era un pezzo della storia di Castrezzato ed eravate, per motivi sicuramente diversi, conosciuti da tutti. Nella mia mente tu, nonna, sei ancora china su quella macchina da cucire dalla quale proveniva un continuo tamburellare monotono e costante prodotto dall’ago che, in maniera continua, entrava ed usciva dal tessuto. Vedo ancora il tuo volto, concentrato sul lavoro illuminato dalla lampada ad incandescenza, la stessa che evidenziava le numerose rughe che solcavano il tuo volto, frutto di una vita dedicata alla famiglia e al lavoro. Quante le persone, ogni giorno, venivano nella tua casa a chiedere di sistemare o accorciare gonne, pantaloni e camicie? Quante persone venivano a ritirare i loro capi e si sorprendevano del lavoro che avevi svolto. Sul tuo volto spuntava un sorriso e la loro soddisfazione era per te motivo di orgoglio: i tuoi occhi, di quel particolare colore grigio, si illuminavano al pensiero di essere riuscita a soddisfare

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così pienamente i desideri dei tuoi clienti. Dopo pochi mesi ti ha raggiunto il nonno; anche di lui serbo nel cuore moltissimi ricordi che ho già in parte ricordato in un lettera. Del nonno ricordo quel carattere più espansivo e gioviale alla continua ricerca delle persone, a quel suo modo di intrattenere la gente e soprattutto all’attaccamento che provava per quell’altro suo grande amore, il Corpo dei Bersaglieri. Quante feste ti hanno visto protagonista? Quanti amici hanno brindato con te, ridendo e piangendo, ricordando i momenti tristi e dolorosi legati alla guerra, ricordi che con il passare degli anni perdevano la loro amarezza e diventando più dolci e sopportabili grazie al tempo che, passando, sanava le ferite cancellando i ricordi più strazianti e le esperienze più crude.

Camminiamo insieme

L’indelebile e più doloroso ricordo che, in una commistione di rancore e astio ti portavi dentro, spero sia scomparso quando varcando il portale del Paradiso hai rivisto Beniamino, fratello perso cosi giovane per mano dei tedeschi nel 1945. Quante volte cara nonna, velando gli occhi di lacrime, ricordavi tuo fratello assassinato in una rapina a Milano, quante volte ti ho visto, in silenzio, chinare il capo e pensare alla tua nipotina Valentina. La vostra vita è stata dedicata al lavoro, per quanto io possa ricordare, e sono sicuro che grazie all’unione dei vostri caratteri, supportatati da una fede cristiana e genuina, riuscivate a sopportare in silenzio tutte le croci e i dolori che la vita vi ha riservato. Ho negli occhi le scene in cui, durante la serata di Santa Lucia la nonna (tu nonno non partecipavi direttamente a questo rito ma lo gioia traspariva da una luce di felicità dei tuoi occhi) mettevi in fila tutti noi nipoti consegnandoci una piccola mancia. Al termine ti dirigevi verso la zia Maria e, guardandola, le porgevi la parte che sarebbe toccata a Valentina perché, dicevi, non volevi fare differenze. Ricordo anche la parte dura del carattere della nonna, probabilmente forgiato dal lavoro nei campi e da quelle ristrettezze economiche che aveva subito nella sua giovane adolescenza, la schiettezza con cui rispondeva alle provocazioni. Tanti sono i ricordi legati alla


Vita in parrocchia nonna che riaffiorano nella mia mente: quel tuo soprabito marrone contornato da una pelliccia sul collo che usavi nei giorni di festa, i grembiuli, il modo in cui prendevi il mio volto nelle tue mani e me lo baciavi tirandolo verso di te, le lunghe chiacchierate tra te e il nonno che udivo al mio rientro a casa la sera e che, pur non capendone il contenuto, mi fermavo ad ascoltare solo per perdermi nel ritmo dolce e amorevole delle vostre voci, le lunghe chiacchierate la sera sul ciglio della strada con i vicini, le interminabili partite a tombola alla domenica, il Natale passato in casa vostra dove in tutti noi, figli e nipoti, riaffiorava quel senso di famiglia che ora sembra perduto in questa società. Gli ultimi ricordi che ho di te, nonna, sono di una donna all’apparenza fragile ma, studiando i tuoi occhi, capivo che il tuo animo determinato e forte albergava ancora in quel corpo che, orami, era solo un contenitore esteriore e sono sicuro che al momento della tua partenza tu stessa hai gioito della libertà ritrovata: la tua anima, finalmente libera, sarà salita in Paradiso per riabbracciare tutte le persone a te più care. Nonna ricordo le sfuriate miste a grida e i rimproveri che rivolgevi al nonno quando la sera lo portavo a casa e lui, malfermo sulle gambe, nel cortile ti intonava una canzone accompagnandola con ampi gesti delle mani nel tentativo di abbracciarti e tu, scansandoti, lo rimproveravi ad alta voce salvo poi, amorevolmente, aspettarlo a letto restando in attesa che la sbornia passasse e lasciasse il posto ad un russare sonoro e pesante che ti dava la certezza che il tuo compagno era ormai li accanto a te. Non so come, con due caratteri cosi diversi, siate riusciti ad incontrarvi : voi mi avete insegnato che l’Amore esiste, che l’unità della famiglia si rafforza nei momenti più difficili (quando uno dei due è

malato, non c’è cibo a sufficienza o ci sono difficoltà economiche). Nei vostri gesti, nelle vostre parole e nei vostri comportamenti ho capito come nella vita si può litigare ed avere visioni opposte per medesimi problemi ma che, se affrontati assieme, tutti i problemi si possono superare. Vi immagino lì in Paradiso mentre guardate e proteggete tutti noi, anche i vostri pro-nipoti che avete conosciuto per poco tempo. Nonni noi siamo qui in questo mondo che ultimamente sembra aver perso quell’umanità che mi avete insegnato, vi prego, dal Paradiso, di continuare a tenere acceso quella luce che mi mostri la via da percorrere e, pur sapendo che molte volte sbaglio e sicuramente sbaglierò, aiutatemi a tenere il timone della mia vita su quelle rotte che voi avete già percorso per poter solcare quel mare, a volte agitato, che è la vita in famiglia e nella società sperando che, anziano, possano i miei nipoti vedere nei miei occhi la serenità e la tranquillità che io ho visto nei vostri prima di dirvi addio. Potrei continuare a scrivere per ore di te e del nonno, dei vostri aneddoti e dei vostri racconti, della guerra che avete vissuto in maniera diretta, del modo in cui vi siete incontrati, della voglia di vivere che fino all’ultimo vi ha accompagnato, della dolcezza con cui, quando dormivo da voi, mi insegnavate a pregare e chiedere la protezione della Madonnina (al tempo mi sembrava un inutile perdita di tempo e che solo oggi, invece, rivaluto) quelle stesse preghiere che ora sto insegnando, anche se per molti è fuori moda, ai piccoli Lorenzo ed Enrico e solo ora, pregando con loro, riecheggiano in me le vostre voci e sento che la nostra Preghiera si espande e viene accompagnata, direttamente da voi, nell’alto dei cieli. Ciao Nonno Battista, Bersagliere nel cuore, ciao nonna Lucia, “satu-

ra de Castresat”, ora vi immagino li in cielo a litigare per un nonnulla forse, da quanto ho potuto capire, è l’unico modo che conoscete per poi avere la scusa di riappacificarvi e sintonizzarvi sulla giusta frequenza del vostro Amore senza che gli estranei possano capire che quello non era un litigio ma un esondazione dell’affetto, a volte impossibile da controllare, che provavate l’uno per l’altra. Vostro nipote G. Battista Cavalli

Rinnovo abbonamento al bollettino per l’anno 2012

Le Incaricate passeranno a ritirare la quota di abbonamento per l’anno prossimo, che rimane ancora di € 15,00. Vi ringraziamo per la fiducia che ci accordate! Camminiamo Insieme, il nostro bollettino, rimane ancora la via più diretta per seguire la vita della Parrocchia e dell’Oratorio e offrire occasioni di formazione cristiana delle famiglie. Alle Incaricate per la distribuzione il nostro vivissimo ringraziamento.

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Calendario liturgico

Calendario liturgico pastorale Dicembre 2011 4 Domenica II di Avvento. 8 Solennità dell’Immacolata Concezione. Orario festivo delle sante messe 11 Domenica III di Avvento 14 S. Giovanni della Croce 15 S. Maria Crocifissa di Rosa, Fondatrice delle Ancelle della Carità 18 Domenica IV di Avvento 21 Mercoledì Ore 9,30 Confessione delle donne. Ore 20,30 Liturgia penitenziale per tutti. Confessioni. 24 Sabato. Vigilia di Natale. Tempo dedicato alle confessioni, mattino e pomeriggio, soprattutto per gli uomini. Ore 24,00: S. Messa nella Notte Santa. 25 Domenica. Solennità del Natale di Nostro Signore Gesù Cristo. 26 Festa di S. Stefano. Orario festivo delle S. Messe 27 S. Giovanni apostolo ed evangelista. 28 S.S. Innocenti Martiri. 31 S. Silvestro Papa. Ore 18,00: S. Messa solenne. Te Deum di Ringraziamento (Indulgenza Plenaria) Ore 21,00 - 23,00: Adorazione nella Chiesa di S. Lorenzo

Gennaio 2012 – Mese della Pace 1 Domenica Solennità di Maria Madre di Dio. Orario festivo. Giornata Mondiale della Pace. Ore 17,15 Vespri cantati - Veni Creator (Indulgenza Plenaria) 6 Epifania di Nostro Signore. Giornata dell’infanzia Missionaria. Orario festivo. N.B. Nel pomeriggio S. Messa e benedizione dei bambini. Bacio a Gesù Bambino. 8 Domenica Festa del Battesimo del Signore. Ore 11,00: Battesimi. 15 Domenica II del Tempo Ordinario. Festa della Famiglia. Ore 11: S. Messa degli Anniversari di Matrimonio (Con la Corale) 16 - 17 - 18 Benedizione delle stalle e degli animali per la festa di S. Antonio Abate 17 Festa liturgica di S. Antonio Abate. Dal 18 al 25 gennaio: Ottavario di Preghiera per l’Unità dei Cristiani. 21 S. Agnese Vergine e Martire

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25 Festa della Conversione di S. Paolo. 26 Giovedì Ore 20 Ufficio per tutti i Defunti del Sacro Triduo. Inizio dei Sacri Tridui. 27 Venerdì S.S. Tridui dei Defunti. Sante Messe ore 8,00 - 9,30 - 18,00. Adorazione in mattinata e nel pomeriggio fino all’ora della messa vespertina. 28 Sabato S.S. Tridui. Sante Messe ore 8,00 - 9,30 - 18,00. Adorazione (matt. e pom.) 29 Domenica IV del T.O. Ultimo giorno dei S.S. Tridui. Ore 18,00 S Messa con ricordo per Tutti i Defunti della Parrocchia dell’anno 2011. 31 Festa di S. Giovanni Bosco, Padre e Maestro dei giovani. Ore 20,30 (in oratorio) S. Messa per tutti i Giovani Defunti della Parrocchia. Febbraio 2012 2 Festa della Presentazione di Gesù al Tempio (Candelora). Ore 20,30: S. Messa per tutti i collaboratori della Parrocchia. 3 S. Biagio vescovo. Benedizione della gola. 5 Domenica V del T.O. Giornata Nazionale per la Vita. N.B. In questa settimana la Comunità Missionaria di Villaregia anima molte iniziative per tutte le categorie della comunità. Il programma sarà fatto conoscere a tempo opportuno. 11 Beata Vergine di Lourdes. Giornata mondiale del Malato. 12 Domenica VI del T.O. Domenica dei Battesimi (Ore 11,00) 15 S.S. Martiri Faustino e Giovita Patroni della Città e Diocesi. 17 Memoria dei Sette Santi Fondatori, fondatori dei Servi di Maria. 19 Domenica VII del T.O. 22 Mercoledì delle Ceneri: inizio della Quarersima (magro e digiuno) S.S. Messe ed imposizione delle Ceneri: Ore 8,00 - 9,30 - 16,00 (Casa Riposo) - 17,00 (Ragazzi) - 19,00 e 20,30. 24 Venerdì (nei Venerdì di Quaresima è prescritta l’astinenza dalle carni). Inizio della Via Crucis comunitaria. 26 Domenica I di Quaresima


Anagrafe Lettera parrocchiale del Parroco

Anagrafe parrocchiale Rinati in Cristo (battesimi)

Nella luce di Cristo (defunti)

Braga Filippo di Massimiliano e Effretti Raffaella

Botticini Benedetto di anni 73

Chiari Davide di Raffaele e Lamenta Irene Deviardi Marta di Marco e Amadei Emanuela Iandoli Simone di Davide e Torri Michela Corsini Matteo di Gianpaolo e Guerrini M. Francesca

Corsini Francesca di anni 63 Dominici Carmelo di anni 37 Cuneo Vincenzo di anni 79 Goffi Giuseppe di anni 67 Borella Pierina di anni 89 Gusmini Lucio di anni 53

Delera Paolo Giovanni di Matteo e Tricòl Marta

Rossi Giampiera di anni 62

Dotti Christian di Luca e Maifredi Roberta Massimo Melissa di Mauro e Machina Sabrina Olmi Andrea di Tiziano e Bosio Flavia Pagani Martina di Luigi e Brescianelli Monica

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