Bollettino Ottobre Novembre

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n° 28 ottobre - novembre 2011

amminiamo insieme C Periodico della ComunitĂ dei Santi Pietro e Paolo in Castrezzato


Sommario

Camminiamo insieme

Periodico della Comunità parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo in Castrezzato N.28 ottobre - novembre 2011

Hanno collaborato a questo numero: mons. Mario Stoppani, don Claudio Chiecca, Mons. Vittorio Formenti, p. Gabriele Ferrari, p. Sergio Targa saveriani, p. Matteo Fogliata, Consiglio Pastorale e Commissioni, Sabrina Frigato, Monica Ramera, Luca Serotti, Silvana Brianza, Catechisti e collaboratori. Contributi (testi): Papa Benedetto XVI, Conferenza Episcopale Italiana, Messaggero di Sant’Antonio, Opera di San Pietro Apostolo, Mons. Zenti, Insegnanti di Castrezzato, Sez. Avis-Aido di Castrezzato, Giornale di Brescia Fotografie Erika Zani Segreteria Agostina Cavalli Impaginazione Giuseppe Sisinni

In copertina Affresco di Santa Maria degli Angeli (Chiesa parrocchiale) Foto Erica Zani (anno 2011) Ospitiamo in copertina di questo numero del Bollettino l’effige di S. Maria degli Angeli, nel suo antico affresco trasportato in epoca imprecisata dal muro all’attuale tela collocata nell’altare a Lei dedicato. Nello scorso mese di luglio abbiamo potuto finalmente sistemare i due diademi preziosi sul capo di Maria e del Bambino. Questi diademi sono il risultato delle offerte di oggetti d’oro donati dalla popolazione ancora cinque anni fa e fatti fondere sul modello dei diademi più modesti (in argento dorato) collocati in epoca imprecisata. Una buona persona (ora defunta) ha voluto sostenere la spesa di questa sistemazione, a ricordo suo e dei suoi famigliari defunti. È stata forgiata una custodia sicura, con un robusto telaio in ferro e con vetro antisfondamento. Le siamo molto riconoscenti per questo gesto di fede e di devozione. Nei lavori di sistemazione abbiamo potuto verificare che il muro da cui è stato “strappato” l’affresco in tempi non documentati, era stato inserito nel muro dell’altare “a massello”, cioè tagliando il muro su cui era dipinta la Madonna ed inserendolo nel muro della chiesa nuova. Infatti dalle notizie storiche che possediamo, nella zona dell’attuale presbiterio della parrocchiale nuova, esisteva una chiesa di media grandezza dedicata a S. Maria, abbattuta per far posto alla nuova imponente chiesa dedicata ai santi Apostoli Pietro e Paolo (anni 1750- 1785). Alla Madonna degli Angeli sono sempre stati devoti i Castrezzatesi, soprattutto in tempo di guerra. In tempi non proprio remoti, permettendolo la Liturgia, si celebravano anche delle sante messe al suo altare e, in casi di preghiere speciali per malati o altre disgrazie, si chiedeva al Sacrista di scoprire l’immagine della Madonna. La devozione alla Madonna non è affatto superata: vale anche per noi, oggi. Potremmo dire che l’intelligenza della fede ha percepito uno stretto legame tra Maria e la divina Parola. Maria si colloca nel centro più intimo della verità cristiana. In realtà, l’incarnazione del Verbo non può essere pensata a prescindere dalla libertà di questa giovane donna che con il suo assenso coopera in modo decisivo all’ingresso dell’Eterno nel tempo. Ella è figura della Chiesa in ascolto della Parola di Dio che in Lei si fa carne. Maria è anche simbolo dell’apertura per Dio e per gli altri; ascolto attivo, che interiorizza, assimila, in cui la Parola diviene forma della vita. Per essere veri cristiani insomma, dobbiamo imparare da Maria. Chi ama Maria, prima o poi incontra Gesù. (d.M.)

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Sommario 3 5 8 10 13 15 22 24 26 33 40 42

Lettera del Parroco Un Sinodo Diocesano per le Unità Pastorali

Con la Chiesa Vivere con serietà

Con la Chiesa Incontro mondiale delle famiglie

Formazione biblica La sfida della castità

Formazione spirituale Io! Gli altri non esistono proprio

Spazio missioni Una testimonianza missionaria

Spazio famiglia Adolescenza, un tempo dal fascino ribelle

Con la parrocchia Settant’anni fa l’ingresso di don Agostino Bonfadini

Spazio oratorio Signore, insegnaci a contare i nostri giorni

Con la Parrocchia Sant’Annibale Maria di Francia

Vita in parrocchia Ciao, zio Carlino

Spiritualità Medjugorje ha invaso silenziosamente ma inesorabilmente il mondo intero


Lettera del Parroco

La Chiesa verso un futuro di maggior corresponsabilità

Un Sinodo diocesano per le Unità Pastorali

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arissimi, abbiamo tutti sentito dire in questi mesi che il nostro vescovo Mons. Monari ha indetto un Sinodo sulle Unità pastorali. Sull’ultimo Bollettino abbiamo riportato per intero la sua Lettera di indizione. Una delle motivazioni che il Vescovo espone, oltre a quella della scarsità dei sacerdoti e della necessità di collaborare tra varie parrocchie vicine per dei risultati pastorali più efficaci, c’è quella principale della nuova evangelizzazione. Già Mons. Sanguineti affermava che la nuova evangelizzazione era una priorità pastorale del suo episcopato. Di fronte alle grandi sfide del nostro tempo (tra le quali si è aggiunta recentemente la grave crisi economica di proporzioni planetarie) non c’è una formula magica che risolva i nostri problemi, anche nel campo religioso: “non una formula ci salverà, ma una persona e la certezza che essa ci infonde: io sono con voi”. Questa Persona è Gesù Cristo. Queste parole ce le rivolgeva già il beato Giovanni Paolo II oltre dieci anni fa, a conclusione del grande Giubileo del Duemila! Dobbiamo concentrare i nostri sforzi sulla formazione di cristiani adulti con una fede matura, capace di tenere insieme i vari aspetti della vita quotidiana. Il recente Congresso eucaristico di Ancona ce lo ha ricordato espressamente. L’invito del vescovo pertanto è di favorire la nascita delle Unità pastorali, intese non soltanto come

“insieme di parrocchie”, ma come comunione di risorse di fede e di pastorale che convergono secondo un piano studiato insieme. Il fine è di assolvere in modo più efficace alla missione evangelizzatrice e non di sopprimere le parrocchie. Occorre il “coraggio della pesca dopo una notte infruttuosa”. La fede è sottoposta oggi alla sfida del venir meno del senso di Dio e del valore dell’uomo. Questi mali sono, oggi, purtroppo, generalizzati. La nostra Chiesa deve attestarsi sulla centralità della fede e sul compito dell’educazione alla fede. Di conseguenza occorre attenzione e considerazione sulle giovani generazioni, sulla loro esperienza religiosa o no, e sulla loro presenza o assenza nella comunità cristiana. Bisognerà inoltre

attivare cammini adatti per chi vuole diventare cristiano o per chi ha abbandonato da anni la partecipazione alla vita della comunità credente e vuole tornare ad una vita cristiana genuina. Un altro obiettivo delle Unità pastorali è quello di promuovere la collaborazione tra parrocchie vicine e abbastanza omogenee. L’articolazione attuale del territorio in parrocchie è nata dall’esigenza di rendere presente la Chiesa tra la gente (questo è il significato del termine paroikìa/parrocchia, che significa chiesa tra la gente). Ora la situazione è mutata: c’è diminuzione del clero (le ragioni sono molteplici); la mobilità delle persone; la perdita parziale del senso di appartenenza alla realtà del paese; la riduzione pratica dei

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Lettera del Parroco

cristiani; la contiguità di territorio e quindi di relazioni. Tutto ciò suggerisce che, senza dimenticare il valore della parrocchia, si cerchino percorsi comuni tra parrocchie vicine. Le Unità pastorali sono dunque delle opportunità prezioseribadisce il vescovo. Ci sono però dei rischi nei quali potremmo incappare: 1- Vivere di memorie e dimenticare il presente. Qualcuno ha della Parrocchia e della Chiesa un’idea che non corrisponde più alla realtà concreta dell’oggi. Ignora il movimento di rinnovamento seguito al Concilio Vaticano II e frequentando di rado la vita della parrocchia è fermo al fatidico “una volta…”!. 2- C’è poi l’errore contrario, e cioè ritenere che tutto cominci oggi: constatando la scarsa incidenza delle iniziative delle singole parrocchie, immaginare che tutto si risolva con la collaborazione dei laici. Il problema oggi non è solo la trasmissione della fede, ma la stessa fede che rischia di essere rifiutata prima ancora di essere conosciuta. Insomma la crisi è più profonda e non può essere guarita con piccoli progetti di “ingegneria pastorale”! Per superare il pericolo di questi rischi sono utili alcuni atteggiamenti: - Apprezzamento “critico” della tradizione. Noi siamo anche quello che altri ci hanno permesso di essere. Dobbiamo essere grati ai cristiani che ci hanno preceduto.Non si può quindi né dimenticare il passato, né stare abbarbicati solo ad esso. - Apertura alla situazione concreta senza allarmismi: le trasformazioni avvenute nel nostro ambiente non erano presenti anni fa. E’ pertanto necessario rendersi conto di

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come oggi si vive, si pensa, ci si rapporta. - Ricerca di un progetto pastorale “mirato”. I programmi generici, che non tengano conto della situazione, non riescono ad incidere sulla realtà. Occorre abituarsi a pensare insieme, a confrontarsi, ad esercitare l’arte del “discernimento comunitario”. Questo compito spetta innanzi tutto al Consiglio pastorale parrocchiale. Due constatazioni fondamentali vanno fatte : 1) Il Vangelo ha ancora oggi la forza di aggregare le persone, di far superare il campanilismi e le gelosie. 2) Le scelte che si fanno manifestano nel bene e nel male l’immagine reale della Comunità. I collaboratori pastorali, una volta individuati i problemi principali delle Parrocchie dell’unità pastorale, devono mettere in atto un piano pastorale adeguato per affrontarli. L’Unità pastorale infatti, accanto al compito di guida dei presbiteri, dovrà dotarsi di un gruppo ministeriale stabile, formato da presbiteri, persone consacrate e laici e di un Consiglio dell’unità pastorale. Un rilievo mi permetto di fare: prima delle modalità di organizzare le parrocchie (insieme o singolarmente), prima di coinvolgere tanto o poco i laici (che tra l’altro non dispongono di tempo pieno per la parrocchia come dispongono giustamente i preti), occorre ancorare il lavoro globale delle Parrocchie a due punti-fermi dati alla Chiesa dal grande Beato Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica al termine del grande Giubileo dell’Anno 2000 (Novo Millennio ineunte) e che mi permetto di riportare integralmente: - “Che cosa dobbiamo fare?”. Ci interroghiamo con fiducioso ottimismo, pur senza sottovalutare i problemi. Non ci seduce certo la prospettiva ingenua che, di fronte alle grandi sfide del nostro tempo,

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possa esserci una formula magica. No, non una formula ci salverà, ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde ..Non si tratta di inventare un “nuovo programma”, perché il programma c’è già: è quello di sempre, raccolto dal vangelo e dalla vita. Si incentra su Cristo stesso, da conoscere, da amare, da imitare. E’ necessario tuttavia che esso si traduca in orientamenti adatti alle condizioni di ciascuna Comunità.(paragrafo 29); - Dobbiamo“Puntare alla perfezione, cioè alla maturità della carità”. Se nel battesimo siamo entrati per davvero nella santità di Dio, sarebbe un controsenso accontentarsi di una vita mediocre, vissuta all’insegna di un’etica minimalista e di una religiosità superficiale. Ricevere il battesimo, significa contemporaneamente voler diventare santo e le vie della santità sono molteplici e adatte alla vocazione di ciascuno. E’ ora di proporre a tutti la “misura alta”della vita cristiana ordinaria, cioè la santità. Ciò precisato, ben vengano le unità pastorali, ma con loro e prima di loro vengano la fede, la speranza, la carità, la centralità di Gesù Cristo, la santità, la preghiera, l’Eucaristia domenicale, il sacramento della Riconciliazione, il primato della grazia, l’annuncio della Parola, la spiritualità di comunione, lo stile della carità, la varietà delle vocazioni, l’impegno ecumenico, lo stile missionario dell’annuncio, l’esecuzione fedele del Concilio, l’esempio di Maria Santissima. A tutti l’augurio incoraggiante di un fruttuoso anno pastorale in compagnia di Gesù e di Maria. Grazie! Don Mario


Con la Chiesa

Vincere la tentazione della futilità

Vivere con serietà

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e vacanze sono passate e torna il tempo ordinario del lavoro e dell’impegno. La ripresa ci richiama alla serietà del nostro lavoro. Abbiamo certamente bisogno di vacanze per interrompere il ritmo, per occuparci di noi stessi e delle cose più importanti, per dare più tempo a Dio. Il tempo che ci è dato è tempo per costruire: è prezioso.

Seriamente, non seriosamente Mons. Guido Conforti, che a breve sarà dichiarato “santo”, quindi proposto come modello per noi, diceva che il tempo “è prezioso quanto è preziosa la grazia, quanto è prezioso il paradiso e quanto è prezioso Dio”. Il tempo deve essere impegnato seriamente, non “seriosamente”, perché è un diritto anche quello di vivere serenamente nel nostro lavoro e poter, periodicamente, riposare. Gli antichi dicevano: Semel in anno licet insanire - una volta all’anno è lecito comportarsi da matti. Forse per questo una tradizione millenaria offre annualmente un periodo diverso dagli altri: il carnevale, in cui possiamo rompere la routine quotidiana. Ma oggi il carnevale ha subito un’abnorme dilatazione e siamo caduti in una forma di evasione permanente, che è vacuità e futilità.

cosiddetti divi o vip...; essere, in una parola, superficiali e frivoli. Probabilmente questa specie di mania collettiva viene dalla televisione; soprattutto, ma non solo, da quella commerciale e dai social network, dove si fa gara a chi è più leggero; dove si parla solo di feste, di musica, di sport, di gossip; dove si esagera nell’esternare i propri stati d’animo; dove abbondano gli esclamativi e si dimenticano, ahimè, le buone maniere... E non ci si accorge di regredire verso uno stadio infantile e di

smarrire le barriere della morale oltre che del buon gusto. Questa infezione collettiva di vacuità, viene con ogni probabilità da alcuni agenti patogeni che si chiamano benessere, insoddisfazione, voglia di evasione. Paura delle cose serie... Popoli più giovani dei nostri e genti più intraprendenti e serie, che non hanno tempo di ridere, perché occupati in problemi che spesso riguardano la loro stessa sopravvivenza, premono ai nostri

La moda di dire sciocchezze Ormai per essere alla moda, si deve ridere di tutto, raccontare barzellette, sganasciarsi in maniera isterica, dire sciocchezze e spettegolare sulla vita privata dei

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Con la Chiesa

confini: il futuro è loro, non nostro; anche se questo ci fa paura! Sarebbe sbagliato generalizzare e altrettanto sterile atteggiarsi a giudici inflessibili di questi comportamenti, senza rendersi conto della realtà più profonda nascosta dall’apparenza. Probabilmente la voglia di evadere deriva anche dalla paura di dover entrare in discorsi legati a questioni serie, come il lavoro, la formazione culturale, la precarietà, il futuro del nostro mondo; oppure legati ad ambiti sociali ed esistenziali decisivi per la nostra esistenza, che vanno dalla politica fino alla fede, argomento tabù per antonomasia. Molti adolescenti, che si allontanano dalla religione proprio nell’età in cui diventano autonomi, incappano nel vuoto e nella superficialità del nostro mondo adulto, dovu-

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to alla mancanza di riferimenti alti e al tramonto di un forte orizzonte di valori - re ligiosi o laici che siano - e vi si adeguano in fretta Segnali nuovi e positivi Grazie a Dio, intravediamo anche segni nuovi: giovani impegnati nel sociale. nel volontariato, nello sviluppo dei popoli più deboli: giovani che rivendicano la libertà e la crescita dei loro paesi (come in nord Africa); giovani “indignati” per la loro condizione precaria (come in Spagna); giovani che ritrovano il gusto della fede (la giornata mondiale della gioventù). Speriamo, certo, che tutto non si esaurisca in un momento di ritrovo di massa. Ma è incoraggiante vedere giovani che finalmente parlano di cose concrete e serie, che cercano una via d’uscita al

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modo di vita imposto dalle sbornie liberiste degli anni`90, che perseguono un rinnovamento capace_ di risvegliare la passione per il futuro e per le realtà invisibili: “quelle vere”, direbbe san Paolo. Tutto ciò potrà aiutare a recuperare in modo positivo la mentalità dei nostri padri, che sapevano quanto il benessere non fosse un dato acquisito una volta per sempre. E per questo si rimboccavano le maniche lavorando e facendo studiare i figli, perché avevano sperimentato quanto la vita fosse dura e dolorosa, ma che forse, proprio per questo, amavano anche più di noi. p. Gabriele Ferrari


Con la Chiesa

I problemi veri e le buone notizie dal mondo

I telegiornali del nostro Papa Anche il papa ha il suo telegiornale. Non è un servizio regolare quotidiano, a ore fisse, secondo un palinsesto prestabilito. È un telegiornale occasionale, ma molto seguito e con un’audience eccezionale da record. Generalmente approfitta dell’udienza generale del mercoledì, o più spesso sfrutta l’appuntamento domenicale dell’Angelus, dopo il messaggio principale e prima del saluto ai vari gruppi di pellegrini. L’udienza è assicurata, la presenza dei grandi media pure. E il papa ne approfitta per lanciare qualche notizia importante per l’umanità e per la Chiesa. Notizie che stanno a cuore al Papa, molto spesso trascurate dalle grandi reti di informazione nazionali e internazionali. Fanno notizia dopo che lui ne parla. Le notizie del papa: alcuni esempi. Il papa fa notizia quando riceve i rappresentanti di zingari e rom (11 giugno) e dice loro: “Cari amici, vi invito a scrivere una nuova pagina di storia per il vostro popolo e per l’Europa...”. Fa notizia quando ringrazia i donatori di sangue che “in modo silenzioso aiutano i fratelli in difficoltà” e invita i giovani a seguire il loro esempio (12 giugno). Fa notizia quando manda gli”auguri di pace e prosperità” alle autorità e ai cittadini del nuovo Stato del Sud Sudan, a maggioranza cristiana, dopo una lunga guerra con gravi e continue violazioni dei diritti umani (8 luglio). Fa notizia soprattutto il preoccupato appello per la Somalia e

tutta la regione del Corno d’Africa, “colpita da gravissima siccità e una tremenda carestia, che sta causando una catastrofe umanitaria”. E chiede una mobilitazione internazionale per inviare in fretta soccorsi adeguati (17 luglio). Spero faccia notizia anche quando mette i puntini sulle”i” verso le grandi istituzioni internazionali in riferimento alle gravi situazioni di gran parte dell’umanità: “Povertà e fame sono spesso il risultato di atteggiamenti egoistici... Non possiamo tacere il fatto che anche il cibo è diventato oggetto di speculazioni o è legato agli andamenti di un mercato finanziario che, privo di regole certe e povero di principi morali, appare ancorato al solo obiettivo del profitto” (1 luglio alla Fao).

zionale. Possiamo tornare a chiedere ai nostri direttori ed editori televisivi di farci vedere e sentire regolar mente le notizie reali del mondo: le notizie “brutte” e - possibilmente - le notizie “buone” dal mondo. Ce ne sono tante:basta voler scegliere.

I nostri telegiornali invece, ogni giorno e a orario fisso continuano a riproporci puntate su eccidi irrisolti, vecchie telenovele che sembrano interminabili. Viene da pensare che la regia o le regie - perché sono rare le eccezioni! - vogliano proporre e imporre questi comportamenti come cose da imitare; cerchino proseliti in modo da continuare la ...carneficina. Stiamo ormai arrivando alla “metastasi del male”. Eppure, non riusciamo a rassegnarci a questo andazzo, visto che “la speranza è l’ultima a morire”. Possiamo far sentire la nostra opinione e la nostra esigenza per notizie aggiornate e importanti, sia a livello locale che a livello interna-

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Con la Chiesa

La famiglia: il lavoro e la festa - Milano maggio giugno 2012

Incontro mondiale delle famiglie

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apa Benedetto XVI, a conclusione dell’Incontro tenutosi a Città del Messico nel gennaio 2009, disse: “Sono lieto di annunciare che il VII incontro mondiale delle famiglie si terra, Dio volendo, in Italia, nella città di Milano, nell’anno 2012”. Il tema di quest’anno: Famiglia, lavoro e festa un trinomio che parte dalla famiglia per aprirla al mon-

do. II lavoro e la festa sono modi con cui la famiglia abita lo “spazio” sociale e vive il “tempo” umano. Il tema mette in relazione la coppia uomo-donna con i suoi stili di vita: il modo di vivere le relazioni (la famiglia), abitare il mondo (il lavoro) e di umanizzare il tempo (la festa). Volontà dell’Incontro è di riflettere sulla famiglia come patrimonio di umanità suggerendo così l’idea

che la famiglia è patrimonio di tutti e contribuisce al tempo stesso universalmente all’umanizzazione dell’esistenza. Il logo rappresenta una famiglia in atteggiamento festoso, inserita nel profilo stilizzato del Duomo di Milano. Le guglie suggeriscono il profilo di una città industriale ricca di ciminiere. Lavoro, festa, famiglia si fondono in una immagine che assume il suo senso profondo nell’essere racchiusa nella chiesa cattedrale di Milano. Per incontrare e confrontarsi con i vissuti e le testimonianze delle famiglie provenienti dai cinque continenti, lasciarsi accogliere dalla Chiesa che è in Milano e in Lombardia, vivere la ricchezza culturale della città. Per essere confermati nella fede e fare festa insieme al Santo Padre e alle migliaia di famiglie provenienti da tutto il mondo. “Famiglie cristiane e comunità ecclesiali di tutto il mondo si sentano perciò interpellate e coinvolte e si pongano sollecitamente in cammino verso Milano 2012” (dalla lettera di Papa Benedetto XVI). Il tema della famiglia è troppo importante per lasciarci sfuggire questa occasione di riflessione e di preghiera. Anche nelle nostre parrocchie troveremo occasioni di catechesi, di incontri con le famiglie, e dovremo trovare il coraggio di riannunciare ai giovani il valore della famiglia secondo il disegno di Dio.

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Con la Chiesa

VII Incontro Mondiale delle Famiglie, Milano 2012

Dalla lettera del Papa Benedetto XVI

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l lavoro e la festa sono intimamente collegati con la vita delle famiglie: ne condizionano le scelte, influenzano le relazioni tra i coniugi e tra i genitori e i figli, incidono sul rapporto della famiglia con la società e con la Chiesa. La Sacra Scrittura (cfr Gen 1-2) ci dice che famiglia, lavoro e giorno festivo sono doni e benedizioni di Dio per aiutarci a vivere un’esistenza pienamente umana. L’esperienza quotidiana attesta che lo sviluppo autentico della persona comprende sia la dimensione individuale, familiare e comunitaria, sia le attività e le relazioni funzionali, come pure l’apertura alla speranza e al Bene senza limiti. Ai nostri giorni, purtroppo, l’organizzazione del lavoro, pensata e attuata in funzione della concorrenza di mercato e del massimo profitto, e la concezione della festa come occasione di evasione e di consumo, contribuiscono a disgregare la famiglia e la comunità e a diffondere uno stile di vita individualistico. Occorre perciò promuovere una riflessione e un impegno rivolti a conciliare le esigenze e i tempi del lavoro con quelli della famiglia e a ricuperare senso vero della festa, specialmente della domenica, pasqua settimanale, giorno del Signore e giorno dell’uomo, giorno della famiglia, della comunità e della solidarietà. Il prossimo Incontro Mondiale delle Famiglie costituisce un’occasione privilegiata per ripensare il lavoro e la festa nella prospettiva di una famiglia unita e

aperta alla vita, ben inserita nella società e nella Chiesa, attenta alla qualità delle relazioni oltre che all’economia dello stesso nucleo familiare. L’evento, per riuscire davvero fruttuoso, non dovrebbe però rimanere isolato, ma collocarsi entro un adeguato percorso di preparazione ecclesiale e culturale. Famiglie cristiane e comunità ecclesiali di tutto il mondo si sentano perciò interpellate e coinvolte e si pongano sollecitamente in cammino verso “Milano 2012”. Il VII Incontro Mondiale avrà, come

i precedenti, una durata di cinque giorni e culminerà il sabato sera con la “Festa delle Testimonianze” e domenica mattina con la Messa solenne. Mentre invoco l’intercessione della santa Famiglia di Nazaret, dedita al lavoro quotidiano e assidua alle celebrazioni festive del suo popolo, importo di cuore a Lei, venerato Fratello, ed ai Collaboratori la Benedizione Apostolica, che, con speciale affetto, estendo volentieri a tutte le famiglie impegnate nella preparazione del grande Incontro di Milano.

Preghiera per il VII Incontro mondiale delle famiglie Signore Gesù Cristo, e Padre nostro, noi ti adoriamo, Fonte di ogni comunione; custodisci le nostre famiglie nella tua benedizione perché siano luoghi di comunione tra gli sposi e di vita piena reciprocamente donata tra genitori e figli. Noi ti contempliamo Artefice di ogni perfezione e di ogni bellezza; concedi ad ogni famiglia un lavoro giusto e dignitoso, perché possiamo avere il necessario nutrimento e gustare il privilegio di essere tuoi collaboratori nell’edificare il mondo. Noi ti glorifichiamo, Motivo della gioia e della festa; apri anche alle nostre famiglie le vie della letizia e del riposo per gustare fin d’ora quella gioia perfetta che ci hai donato nel Cristo risorto. Così i nostri giorni, laboriosi e fraterni, saranno spiraglio aperto sul tuo mistero di amore e di luce che il Cristo tuo Figlio ci ha rivelato e lo Spirito Vivificante ci ha anticipato. E vivremo lieti di essere la tua famiglia, in cammino verso di Te, Dio Benedetto nei secoli. Amen

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Con la Chiesa

Il celibato ecclesiastico

La sfida della castità Perché molti si affannano a dimostrare che il celibato ecclesiastico è contro natura e dannoso per l’equilibrio psicofisico dell’essere umano? Perché mina alla base alcuni dogmi della modernità.

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’è un tema che ricorre costantemente sulla stampa e nei dibattiti televisivi: il celibato ecclesiastico. Di solito questo argomento emerge quando si manifesta qualche scandalo sessuale oppure quando si discute della crisi della Chiesa (in particolare in relazione a uno dei suoi sintomi più appariscenti, e cioè il calo delle vocazioni religiose). Di fronte, quindi, a due dei problemi più gravi che travagliano la vita del mondo cattolico in questi ultimi anni, e che sono legati a una delle questioni aperte più scottanti: quella della morale sessuale predicata dalla Chiesa e della sua distanza dalla mentalità dominante. Il comportamento di chi dà scandalo, ma anche la rarità delle vocazioni vengono fatti derivare dall’obbligo del celibato ec-clesiastico, condizione definita come l’im-possibilità di «vivere una vita sessuale normale» da parte dei sacerdoti. Questo concetto, e cioè l’idea che l’essere umano debba — pena il suo equilibrio — avere una vita sessuale non è certo nuovo, e venne fatto proprio anche da Lutero. Nuova è però la sfumatura scientifica che oggi ha assunto. Infatti, la scienza medica, che studia il corpo umano in senso strettamente materialistico, considera la pratica del sesso una funzione necessaria, quasi come il bere e il mangiare, mentre la psicanalisi la considera una necessità psichica che garantisce l’equilibrio com-

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plessivo dell’essere umano. A queste due visioni — qui ovviamente semplificate, ma che in fondo in questo modo arrivano nel senso comune — si aggiunge la rivoluzione sessuale, che ha diffuso la certezza che il sesso libero da ogni regola e da ogni costrizione costituisca la via sicura per la felicità umana. E neppure la costante smentita che, nella realtà della vita umana, riceve questa teoria, ha veramente intaccato la sua forza ideologica. È troppo attraente, infatti, la speranza che esista una felicità così a buon mercato. La castità, quindi, costituisce una sfida a dogmi fondanti della modernità: ci si rifiuta di considerarla una possibilità umana, un comportamento che si può esigere in parti-colari condizioni. Dimostrare che non può essere richiesta e praticata è così diventato un modo fondamentale di confermare e rafforzare teorie e prassi di vita dominanti, ma che proprio oggi stanno dando i primi segni di indebolimento. Riproporre dunque la castità per i sacerdoti, ma anche per religiose e religiosi — come fa il Papa e come di recente ha fatto in un bel documento diretto ai seminaristi il cardinale Mauro Piacenza — significa dare una prova sostanziale della diversità del cattolicesimo, del suo non essere una dottrina di «questo mondo», mutabile a piacimento come si fa con tutte le altre forme culturali umane. La praticabilità concreta

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del celibato, inoltre, costituisce una vera e propria sconfessione delle teorie evoluzioniste più antireligiose, secondo le quali l’essere umano è un animale come gli altri, solo più evoluto. Si può capire, quindi, come proprio questo punto sia oggi uno dei nodi ricorrenti e conflittuali del rapporto tra società e Chiesa, e come la sua cancel-lazione costituisca un obiettivo perseguito da molti, per i quali si tratterebbe di una opzione che non cambia nulla e che si può realizzare senza alterare strutture fondamentali. Si tratta invece di una scon-fitta della tradizione cristiana, e proprio per questo è una delle questioni cruciali poste dalla modernità. Difendere una via difficile — che richiede sacrificio (parola ormai aborrita), ma pone le basi non solo per una donazione completa della propria vita, bensì anche per l’addestramento a una disciplina indispensabile a ogni percorso spirituale — è quindi fondamentale, anche se i costi che oggi si pagano al senso comune sembrano così alti. Ma la Chiesa è realtà altra dal mondo, e non ragiona mai su piccoli guadagni immediati. Lucetta Scaraffia Messaggero di Sant’Antonio


Con la Chiesa

Seguendo la parola di Cristo si ritrova l’entusiamo nella ricerca della verità

Abbiamo bisogno di respirare aria pulita

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l cardinale Angelo Bagnasco presidente della Cei (Conferenza episcopale italiana), il 26 settembre a Roma, in occasione dell’apertura del Consiglio permanente della conferenza episcopale italiana, ha pronunciato una lunga prolusione nella quale ha proceduto ad una disanima rigorosa delle tematiche che affliggono la nostra società. La crisi economica e sociale che da alcuni anni mette a dura prova l’economia di tanti Stati non accenna ad allentarsi, si sta dimostrando molto più devastante di ogni previsione e diffonde nella popolazione un senso di sfiducia e di “oscuramento della speranza collettiva”. Sono tempi duri e la condotta privata e pubblica, incompatibile con il decoro che si richiede a chi ci governa, non aiuta certo a recuperare fiducia nel futuro. La corruzione della pubblica amministrazione, l’evasione fiscale, gli scandali che vengono alla luce ogni giorno coinvolgendo maggioranza ed opposizione, creano nei cittadini un senso di sfiducia e di disamore nei confronti dei nostri governanti e fa pensare che ormai non ci sia più possibilità di ripresa. Ebbene di fronte ad un’ “Italia disamorata e priva di slanci” il cardinale ricorda a tutti che solo seguendo la parola di Cristo si potrà uscire dall’ immobilismo e ritrovare nuovo entusiasmo, nella ricerca della verità senza la quale non vi è

democrazia. Negli ultimi anni si è assistito ad un indebolimento della fede da parte di molti e questo atteggiamento ha portato a far prevalere gli interessi individuali rispetto al bene comune. Il papa intervenendo ad Ancona al 25° congresso eucaristico nazionale ha affermato ”l’Eucarestia sostiene e trasforma l’intera vita quotidiana…Non vi è nulla di autenticamente umano che non trovi in questo sacramento la forma adeguata per essere vissuto in pienezza.”

Al congresso eucaristico di Ancona si è assistito ad una folta partecipazione di persone provenienti da tutta l’Italia; allo stesso modo ha colpito la massiccia affluenza di giovani che dal 16 al 21 Agosto hanno gioiosamente invaso Madrid. Erano quasi due milioni i ragazzi arrivati dai 193 paesi del mondo: allegri e scanzonati, ma profondamente seri nel corso dello svolgimento della catechesi e con una sorprendente capacità di silenzio durante l’adorazione eucaristica a scena aperta. Nei tre giorni di Madrid il papa è riuscito ad affascinare i giovani, si

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Con la Chiesa

è creata una magica sintonia che ha dato vita a momenti di altissima condivisione. Sono eventi che consolano, ridanno la speranza; tutti questi giovani credono ancora nel cambiamento, sono convinti che all’origine della nostra esistenza ci sia un progetto d’amore di Dio e che solo radicandosi alle parole di Cristo gli uomini possano trovare la via della salvezza. Il papa li ha invitati ad avere il coraggio delle proprie idee, a non lasciarsi intimorire da una società fondata sulla ricerca del potere, del possesso e del piacere. Bisogna combattere i falsi idoli, in un mondo che si è fatto liquido, dove tutto tende a sgretolarsi, le comunità cristiane devono porsi come modello di rigenerazione, tendente al superamento della crisi attraverso un cambiamento spirituale e culturale, contrapposto agli eccessi che si sono verificati nel corso dell’estate ed hanno portato alle violenze, ai saccheggi ed alla terribile strage di Oslo. La crisi che si pensava alle spalle ha dato segnali di recrudescenza ed i nostri politici cercano di minimizzare e di affrontare i problemi con palliativi che non sono in grado di portare a soluzioni efficaci, anche se impopolari. Manca l’autorevolezza che deriva da una condotta irreprensibile ispirata al bene comune. Di fronte a questa situazione la Chiesa denuncia i guasti della politica e se da un lato resta colpita dall’esibizione mediatica e dall’in-

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gente mole di indagini messa in campo (spesso in modo strumentale) per denunciare il degrado della condotta di certi governanti, dall’altro afferma con forza che comportamenti licenziosi sono molto negativi, ammorbano l’aria creando disequilibrio e confusione. “Chi rientra oggi nella classe dirigente del paese deve sapere che ha doveri specifici di trasparenza ed economicità: se non altro per rispettare i cittadini e non umiliare i poveri” La Chiesa in questi anni ha messo in atto molteplici attività anticrisi per aiutare i più deboli : il microcredito, i fondi di emergenza, i servizi di orientamento al lavoro, gli empori solidali, il credito della speranza e così via. La gestione degli enti che dipendono dalle diocesi si ispira a criteri di trasparenza; sono stati operati tagli alle spese per concentrare gli aiuti verso le popolazioni più povere del mondo, specialmente quelle del Corno d’Africa dove la carestia affligge milioni di persone. Se si dovessero accertare abusi nella gestione delle risorse, i responsabili saranno perseguiti secondo giustizia, in linea con le norme vigenti. I cattolici vivono il malcostume e la concezione individualistica della vita con un profondo senso di disagio, molti di essi cominciano a sentire sempre più pressante il bisogno di farsi parte attiva e responsabile delle scelte politiche. La Chiesa auspica che si facciano

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seri interlocutori con la politica e portino con sé “la linea del realismo cristiano e gli atteggiamenti culturali di innovazione, moderazione e sobrietà che da sempre la connotano“. Il cardinale non ha dimenticato di rivolgere un augurio a tutti coloro che si apprestano ad iniziare il nuovo anno scolastico. Auspica che gli studenti imparino a sviluppare un pensiero autonomo ed un senso critico indispensabili per non essere strumentalizzati dalla potenza mediatica che spinge verso un pensiero unilaterale. Si aspetta che i politici possano prendere decisioni atte a salvaguardare tutte le scuole dalla materna all’università, sappiano valorizzare il patrimonio della scuola cattolica e prendano atto che quando chiude un istituto paritario ciò comporta un aggravio per le spese dello stato. Un pensiero preoccupato e premuroso si rivolge ai quindici ostaggi prigionieri in Africa di un gruppo di terroristi, il cardinale augura che possano presto riabbracciare i loro familiari. Ricorda inoltre i parenti delle vittime che sono state uccise dai terroristi in ogni parte del mondo. Non manca un appoggio esplicito a quanti, sacerdoti e laici, sono sotto il tiro della malavita perché operano in nome della giustizia e della legalità. Chiude il suo intervento chiedendo a Maria, quale “mater unitatis” di indirizzare i nostri cuori e sostenere i nostri passi. Maria Antonia Galli


Formazione spirituale

Il vizio capitale della superbia si annida in tutti gli strati sociali

Io! Gli altri... non esistono proprio

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uoi sapere, non se sei, visto che lo sei — lo siamo! — ma quanto sei superbo? Sottoponiti a questo minitest. • • • • • • •

Vuoi sempre aver ragione? Ti piace metterti in vetrina? Tagli i ponti quando ti criticano? Le figuracce ti distruggono? Ti racconti sempre come un protagonista “vincente”? Su tutto dici la tua criticando tutto e tutti? Del parere altrui te ne freghi?...

Beh, può bastare! Come ti senti dopo il test? Per consolarti sappi che da Adamo ed Eva la superbia ha sempre tenuto banco. Pensa a quel fatidico pomo: cos’è stato se non uno stupido gesto di superbia: “farsi come Dio”. La voglia di elevarci di almeno un gradino al di sopra degli altri è talmente radicata in ognuno di noi che fin dall’antichità la superbia è detta “madre” e “regina” di tutti gli altri vizi. L’identikit Il superbo, anche se non allo stato puro, è una persona tremendamente antipatica e insopportabile. La sua presunta superiorità sprizza disistima da ogni poro quando non anche disprezzo. Solo lui sa cosa e come devono fare tutti gli altri: i politici, i calciatori, gli

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Formazione spirituale

economisti... e perché no anche il Papa. L’unica relazione che può instaurare è solo dall’alto in basso. Gli altri? Solo pedine da usare per la propria affermazione. Il superbo è un ambizioso affamato di riconoscimento, ma anche un presuntuoso, un vanaglorioso, un millantatore, un arrogante, un ipocrita e, per completare, uno smisurato egoista: basta a se stesso e non vuole dipendere da nessun altro. Ovviamente dispensa consigli a tutti, ma non ne accetta: lui sa! Nel superbo, purtroppo, ciò che può far bella la vita — stima di sé, qualità umane, capacità di autonomia, fiducia in se stessi, volontà di realizzarsi, ecc. -- viene esasperato nella ricerca di una irraggiungibile quanto irrealistica superiorità. Ma, nonostante le apparenze, la vita del “super” non è né facile, né felice. La mancanza di riconoscimenti lo sprofonda nell’invidia. Dalla padella alla brace. Ha scritto Salvatore Natoli: «Lucifero cade per la superbia, ma si danna nell’invidia». Non è difficile capirlo. Come sopportare chi fa ombra? Il confronto, quando è perdente, rode l’animo e quell’insopportabile senso di inferiorità spinge a cercare nuovi riconoscimenti e affermazioni anche a costo di svendersi al “potente” di turno. L’esperienza insegna che superbo si accompagna a servile. Un ritratto esasperato, al di sopra della realtà? Forse sì, forse no! In ogni caso uno specchio in cui guardarsi dentro. I tanti volti della superbia Ma la superbia è soltanto delle persone singole? Non proprio. Il vizio si annida pericolosamente allo stesso tempo in gruppi, società, culture. Per quanto tempo abbiamo coltivato il mito della superiore civiltà europea da esportare e imporre ai “selvaggi” degli altri continenti? Ma l’arroganza della superiorità degli uni sugli altri viene fuori ovunque: dai discorsi

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È l’esaltazione dell’ ego e del diritto alla propria autorealizzazione.

di certi politici, dai muri delle città e soprattutto dalla gente comune, cioè da noi tutti. Ad esempio, come stiamo guardando gli ultimi arrivati in casa nostra? Né più né meno come ieri il nord industrializzato ed evoluto guardava i “terroni” che lo invadevano? Sentirsi superiori a qualcuno è un virus che intacca ovunque. Ad esempio, chi abita nei quartieri bene malgiudica chi vive nel degrado di certe periferie. Le tifoserie in nome della propria superiorità si disprezzano reciprocamente. In molti paesi, ancor oggi, la donna viene considerata qualcosa di inferiore da usare e abusare. Sul lavoro non manca l’arroganza dell’incompetente capetto voglioso di carriera. Per completare il quadro: quanta violenza generata dall’arrogante superiorità degli interessi economici, politici, militari di una parte di mondo sull’ altra? È vero: la superbia infetta il cuore umano da sempre. Ma oggi, con l’aria che tira, non è che siamo diventati tutti un po’ più arroganti, intolleranti: più superbi? Pare di sì! Ognuno rivendica l’assolutezza del proprio io. Non si accettano né regole, né limiti: “io mi gestisco io”.

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Il senso della misura e del limite Dal momento che un po’ tutti — chi più, chi meno — dobbiamo fare i conti con questo disastroso sentimento, esiste una qualche strada per contenerne gli effetti perversi e così non rovinare la vita a se stessi e agli altri? Una constatazione: il superbo è la persona meno realistica di questo mondo. Gli manca l’unica cosa di cui ha veramente bisogno: il senso della misura e del limite: gli manca l’umiltà di accettarsi serenamente per quello che è e si ha: capacità e limiti, successi e insuccessi. È un problema di autostima. Una corretta stima di sé nasce dalla conoscenza e dall’accettazione di quello che si è e non si sarà mai; di quello che si ha e non si avrà mai. Solo così si matura come persone capaci di relazioni accettabili. Se il superbo si chiude nella sua presunta superiorità, la persona umile, realistica, al contrario, sa guardare oltre il proprio ombelico per relazionarsi con gli altri alla pari, nel senso che sa dare senza imporre; sa ricevere senza sentirsi sminuito; sa comandare senza umiliare; sa obbedire senza servilismo; sa gestire responsabilità e ritirarsi al momento opportuno senza risentimenti; sa valorizzare gli altri senza invidie o gelosie. In definitiva, l’umile è la persona matura, per nulla perfetta, ma consapevole del proprio limite, come delle proprie possibilità. Dal momento che la superbia è un vizio molto democratico che non risparmia nessuno, vale la pena ricordare che «chi si innalzerà sarà abbassato e chi si abbassa sarà innalzato» (Mt 23,12), perché «Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili» (Proverbi 3,34). Sabrina Frigato


Spazio missioni

In Bangladesh, a fianco di padre Sergio Targa

Una testimonianza missionaria “Lo spettacolo della carità, che viene da Dio, ha la forza di toccare e attirare la mente e i cuori degli uomini. E questo è l’unico germe di cambiamento reale nella storia degli uomini.” (Georges Marie Martin Cottier)

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uando ci è stato chiesto di raccontare l’esperienza vissuta a fianco di Padre Sergio Targa, in realtà abbiamo esitato … non tanto perché volessimo tenere tutto per noi, quanto perché non è facile spiegare in modo efficace e vero, senza scivolare in frasi fatte o banali, quello che abbiamo provato. Siamo tornati, ormai, da più di un mese dal nostro viaggio in Bangladesh e abbiamo ripreso la vita quotidiana con i soliti ritmi frenetici e incessanti, ma possiamo dire che qualcosa dentro di noi è cambiato… Ma procediamo con ordine.

quella di fuggire al più presto da un tale caos e da tutta quella sofferenza. Arrivati alla casa dei Saveriani però, siamo stati accolti con una tale gentilezza e cordialità che subito ci siamo sentiti in famiglia ed è stato facile superare lo shock iniziale. Il secondo giorno ci siamo messi in

viaggio, per avvicinarci il più possibile alla missione di Padre Sergio e, dopo dodici ore di pullman, abbiamo raggiunto Kulna, una delle più grandi città del Bangladesh, dove risiedono numerose O.N.G e missioni cattoliche. Qui abbiamo avuto modo di conoscere diversi modi di vivere e pensare la mis-

Il Bangladesh è un Paese affascinate e misterioso, dove si intrecciano e sopravvivono culture millenarie; Paese dai mille problemi e dalle indubbie contraddizioni, dove la religione islamica, dominante, convive senza troppe difficoltà con quella Indù. Dobbiamo ammettere che, l’impatto iniziale è stato forte e a tratti sconvolgente: gli scenari di miseria e degrado offerti dalla capitale Dhaka lasciano senza parole… Bambini, donne e disabili chiedono la carità ai bordi della strada, in balia di automobilisti isterici, dal clacson facile, che lottano nel selvaggio traffico cittadino per schivare i risha e guadagnarsi un metro di strada. Lo smog e l’umidità rendono l’aria irrespirabile e i volti cupi e tristi della gente, trasmettono un senso di precarietà e dolore estremo, tanto che la prima reazione è stata

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sione: abbiamo seguito per un pomeriggio una giovane suora in un poverissimo slum vicino al porto della città; abbiamo visitato un ospedale dove sei mesi all’anno dei medici di Parma operano gratuitamente i malati; abbiamo visto un laboratorio nel quale giovani donne lavorano la juta per sfamare la propria famiglia e tante altre realtà che lasciano ben sperare per il futuro e il miglioramento delle condizioni di vita dei bengalesi. Purtroppo, però, le piogge e i monsoni non ci hanno dato tregua, costringendoci a spostarci velocemente e impedendoci di vedere tutto ciò che Padre Sergio avrebbe desiderato mostrarci. Pertanto, in sella alla moto, abbiamo ripreso il nostro viaggio verso Borodol, l’attuale residenza del nostro stimato concittadino. Anche qui l’accoglienza è stata straordinaria: l’intero villaggio si è mosso per salutare Sergio, ma anche per

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osservarci da vicino… Non capita, infatti, tutti i giorni di vedere uomini bianchi! A Borodol abbiamo visto e partecipato all’intenso e faticoso lavoro che svolge quotidianamente P. Sergio, che è un punto di riferimento fondamentale per tantissime persone. Egli non si occupa solo della piccola comunità cristiana del villaggio, ma si fa carico dei problemi di tutti, indistintamente, con un’attenzione particolare alla situazione dei Rishi, i così detti “fuori casta”. Persone che vivono ai margini della società, escluse e disprezzate a causa di pregiudizi culturali che hanno radici antichissime e che a fatica si riescono a sradicare. Padre Sergio, con il suo operato e la testimonianza concreta, cerca di ridare dignità a queste persone, aiutandole a riconquistare identità e autostima. Ogni giorno, dopo la messa mattutina delle

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6:30, percorre molti Km con la sua motocicletta per visitare i vari villaggi della zona, portando conforto e aiuti a queste persone, delle quali nessuno si occupa. Egli entra nelle loro case, li ascolta, li consiglia e provvede alle necessità dei più bisognosi. Alcune volte, a causa delle limitatezza delle risorse, è costretto a selezionare e dosare gli aiuti, ma i poveri stentano a capire le sue ragioni. Questo ci ha fatto comprendere che non sempre è facile aiutare gli altri, ma soprattutto ha reso evidente la nostra impotenza e limitatezza, in quanto semplici uomini, di fronte a una così vasta e diffusa miseria. La fede e l’entusiasmo di Padre Sergio ci hanno, però, convinti che vale sempre la pena aiutare gli altri, consapevoli che non è possibile salvare il mondo, ma speranzosi che, con l’aiuto del Signore, piano piano le cose possono migliorare.


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Venti giorni a stretto contatto con Padre Sergio, i suoi confratelli e la povertà di questa gente, ci hanno cambiati dentro… abbiamo riscoperto e apprezzato la bellezza di una vita vissuta in modo semplice e sobrio, basata sull’autenticità dell’essere e non dell’apparire. Abbiamo avuto l’onore di conoscere tanti missionari: uomini meravigliosi, semplici, colti, generosi e totalmente dediti all’aiuto e al servizio a favore degli “ultimi”. Ognuno con una storia interessante e unica da raccontare, ma che probabilmente pochi sentiranno. Che amarezza sapere che la vita di questi grandi uomini, spesso passi inosservata nella nostra Patria… chi parlerà mai di loro e delle imprese che compiono ogni giorno in tante parti del mondo a sostegno dei poveri? Non certo alcuni giornalisti di casa nostra, troppo impegnati a pubblicizzare i vizi e le virtù dei vip e dei politici di turno o ad allarmare i cittadini con lo spauracchio della crisi economica! Per fortuna esistono persone come Padre Sergio, che si spendono quotidianamente per Amore di Dio e del prossimo! Vorremmo concludere questo articolo e salutarvi, con le parole di Anne Rice: “Sempre, se puoi scegliere, sii caritatevole. Ricordati dei poveri, degli affamati e dei miseri. Ricordati sempre di chi soffre e di chi è bisognoso. La più grande forza creativa di cui disponiamo sulla Terra, sia che siamo angeli, spiriti, uomini, donne o bambini, è quella di aiutare gli altri... I poveri, gli affamati, gli oppressi. Il potere più bello è quello di alleviare il dolore e dare gioia. Essere caritatevoli: questo è il miracolo umano, si potrebbe dire. È il tratto distintivo dell’umanità, e dei migliori angeli e spiriti: essere caritatevoli.” Luca e Monica

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Borodol, 24-9-2011

Lettera di padre Sergio Targa

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arissimi amici di Castrezzato, Sono già passati quasi due mesi dal mio rientro in Bangladesh e nonostante mi fossi ripromesso di scrivervi subito, non ce l’ho proprio fatta. Una serie di cose, alcune piacevoli altre decisamente meno (come la morte di un nostro padre), mi han tenuto super impegnato e senza la possibilità di trovare quell’attimo di concentrazione pur necessario per tentare di scrivervi qualcosa di sensato. Comunque sia, eccomi qua. La mia visita in paese questa volta è stata più breve del solito, ma non per questo meno significativa, anzi! L’accoglienza che trovo quando ritorno mi lascia sempre stupe-

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fatto, soprattutto perchè mi pare di non fare alcun chè per attirarla. I miei compagni della classe 1964 fra i primi: ancora non ero sbarcato dall’aereo e già mi telefonavano per organizzare una serata in compagnia. E via di seguito per amici parenti e conoscenti. Nonostante io sia per un sano mimetismo anonimo, alla fine mi sono trovato in piazza! E quest’anno non solo metaforicamente! La cena in Piazza Pavoni è stata davvero un evento... certamente per me! Generalmente, quando vengo a casa, parlo poco del Bangladesh, non faccio vedere immagini di bambini poveri, e soprattutto non chiedo soldi. Ciò nonostante la generosità dei Castrezzatesi, an-

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che in tempo di crisi economica, rimane encomiabile. Ma ancora di più rimane encomiabile l’affetto e la stima che in tanti modi mi sono stati manifestati. Durante la mia breve vacanza sono stato spesso avvicinato da persone che nemmeno conoscevo, le quali, assieme ad una bustina, stringendomi la mano mi facevano gli auguri per una felice continuazione della missione in Bangladesh. Ebbene, è per questo affetto e per questa stima che desidero sinceramente ringraziarvi. E un ringraziamento speciale va certamente ed indubbiamente a tutti coloro che con dedizione e impegno hanno organizzato e realizzato in tempi ristrettissimi la festa in piazza: dai commercianti al gruppo Amici di padre Sergio, dalle autorità comunali ai sacerdoti e a tutti quanti hanno partecipato o avrebbero voluto partecipare alla cena. A tutti un grazie semplice ma sincero. Cercando di spiegarmi poi, come mai tanta risonanza per un missionarietto di provincia come me, in un momento storico in cui certi valori sembrano annebbiati o addirittura scomparsi e certamente non di moda, non ho potuto non pensare alla tradizione Cristiana e solidaristica da cui noi tutti veniamo e che è nutrita dalle radici agricole e contadine delle nostre famiglie. Voglio credere che in fondo io non sono stato altro che un’occasione attraverso la quale il valore della solidarietà e dell’ umanità e della fratellanza universale


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sono stati rispolverati, tirati fuori dal semi abbandono a cui il vivere moderno ci ha abituati. Lungi da me l’essere presuntuoso, ma penso che in quanto missionario, divento il simbolo di un mondo possibile che tutti conosciamo e sogniamo e vogliamo pure, ma che non abbiamo spesso il coraggio di voler realizzare concretamente. Può darsi benissimo che questa mia interpretazione possa essere sbagliata. È una possibilità certamente. Io voglio invece e comunque credere che nonostante le apparenze spesso contradditorie e contrarie di atteggiamenti, parole e azioni che comunemente assumiamo, esista uno spazio in ciascuno di noi sul quale si può fare leva per ricreare una convivenza civile basata sulla solidarietà e il rispetto reciproco. Dunque essere simbolo di un futuro possibile mi sta anche bene ma alla condizione che l’impegno per la sua realizzazione sia condiviso da tutti come impegno appunto per ciascuno; che non venga cioè pi-

latescamente relegato a specifica responsabilità di qualcuno soltanto. L’evento in Piazza Pavoni può rimanere dunque come segno e sprono per quello che rimane ancora da fare, balcone sul giardino delle possibilità che ancora abbiamo da esplorare, promessa ottimistica che insieme, al di là dei colori e delle idee diverse, insieme, ripeto, si può e si deve costruire un mondo migliore per tutti. Ma quest’anno la visita in paese è stata speciale anche per un altro motivo: alla ripartenza questa volta mi sono portato dietro un pezzo di Castrezzato: Monica e Luca. Monica e Luca sono stati con me per una ventina di giorni. Venti giorni davvero intensi sotto tutti gli aspetti, cosi’ intensi che diventa davvero difficile rendere in parole l’esperienza che insieme abbiamo fatto. Dalle piogge torrenziali che hanno condizionato i nostri movimenti, alla povertà ed indigenza della gente che spesso ci ha commosso, all’esperienza della precarietà di noi missionari

culminata nella morte del nostro padre Fogliani colui che scherzosamente chiamavamo ”il Conte” e che la Monica e il Luca hanno avuto l’onore e l’onere di assistere da molto vicino fino a pochi giorni prima della sua morte. Insomma, per 20 giorni è come se Castrezzato fosse stato in Bangladesh: Monica e Luca mi hanno aggiornato su tante cose del paese di cui non sapevo, e assieme a loro ho vissuto eventi luttuosi come la morte di Carlino, che tutti e tre, nonostante le migliaia di chilometri di distanza, abbiamo ricordato ed onorato con nostalgia. La Monica e il Luca ci hanno allietato con la loro presenza sempre gradita e apprezzata da tutti. La loro semplicità e disponibilità sono stati magistrali: si sono saputi inserire nei nostri ambienti con estrema facilità. Insomma hanno saputo farsi voler bene. Grazie anche a loro e ... alla prossima. Ciao ciao.

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Sergio Targa Missionario Saveriano

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Ancora Volontariato? “ Niente si fa per niente “ ; “ Ognuno per sé e Dio per tutti “ ; “ Non fare il male che è peccato, non fare il bene che è sprecato “ Questa è la mentalità corrente. Questo può essere il modo di pensare e di agire civile e cristiano? La Caritas Parrocchiale propone una riflessione sull’impegno gratuito del cristiano nel quotidiano e nel volontariato organizzato. COS’È IL VOLONTARIATO  è una attività libera e gratuita mossa da fede religiosa, da spirito umanitario, da solidarietà, giustizia sociale, altruismo …  è un unione degli sforzi e delle volontà per aiutare chi è nel bisogno fisico, sociale, psichico, morale  è condivisione dei problemi e delle speranze, non pura assistenza o beneficenza  è denuncia degli squilibri, delle inadempienze, dei soprusi al fine di sollecitare risposte  è stimolo alla ricerca di soluzioni rispettose della dignità di ciascuno COSA FA IL VOLONTARIATO  Cerca di leggere i disagi sociali, che le istituzioni non vedono, e che invece necessitano di una presenza assidua, di una sollecitudine costante: handicap, tossicodipendenze, carcere, minori, immigrazione, anziani, prostituzione, senza dimora,…  “ inventa “ risposte concrete che partono dalla vita reale della persona;  mantiene desta l’attenzione per la popolazione debole, soggetta ad abbandono, a solitudine, a isolamento ed emarginazione PERCHÈ FARE ANCOR OGGI IL VOLONTARIATO  Nel momento in cui la potenza accresciuta dei mezzi di comunicazione contribuisce a creare lontananza e indifferenza, anziché vicinanza e prossimità, il volontariato può costituire un’opportunità concreta di vivere il messaggio evangelico di amore verso il prossimo. “ Non è bene che l’ uomo sia solo “ (Genesi….). La morte del rapporto con il prossimo è la morte della persona.  Il volontario è capace di tessere nuovi rapporti o rinforzare quelli divenuti troppo fragili, aiutare per superare diffidenza, paura e rifiuto : sentimenti oggi molto diffusi, che tendono ad isolare e a far morire ogni relazione. COME IMPEGNARSI  Il volontariato opera sia in ambito laico che ecclesiale. Esso costituisce la pratica del dono di sé e del proprio lavoro, la ricerca dell’’’altro’’ in un rapporto di “ prossimità “.  c’ è l’impegno quotidiano, familiare, di vicinato, di ambiente di lavoro…  c’ è l’impegno nelle associazioni e nei gruppi organizzati DOVE IMPEGNARSI  nella comunità ecclesiale, creando e sostenendo diverse occasioni di incontro, di solidarietà e di impegno verso vicini e lontani  nella comunità civile, aderendo alle iniziative proposte dalle diverse organizzazioni presenti in gran numero nella nostra realtà in risposta ai problemi specifici più urgenti

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Educare gli adolescenti ripensando ai propri 14 anni

L’adolescenza, un tempo dal fascino ribelle

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i siamo lasciati prima dell’estate con l’intento di raccontare l’adolescenza, senza cadere nel facile errore di giudicare questo difficile tempo di crescita personale: un periodo che ha il fascino del sogno e dell’avventura, carico di desideri e di evasione, che se ben attraversato porta ad una conoscenza più profonda di sé e della propria identità. È innegabile che questo percorso compiuto dai ragazzi, a volte, richieda molto tempo e implichi un complesso cambiamento nelle dinamiche familiari e nelle modalità educative che i genitori si trovano a mettere in atto, per poterlo affrontare e supportare nel modo più sereno e corretto. Infatti, i ragazzi hanno bisogno più che mai di occasioni per dialogare, ma sia ben chiaro… per dialogare con loro è necessario essere umili. Disponibili a cambiare punto di vista, o perlomeno ad accogliere il dubbio mettendosi nei panni dell’altro, consapevoli che alcune convinzioni possano essere superate e superabili. Da adulti non si deve avere voglia di vincere o convincere l’altro, nonostante la sua giovane età, ma si deve sapere dare luogo ad una discussione sottile e soprattutto aperta al compromesso. Coerenti con il nostro percorso di approfondimento, che ormai è evidente, vuole diventare una proposta alternativa per “leggere” consapevolmente l’originale e ribelle libro dell’adolescenza, ri-

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portiamo la testimonianza di una mamma, tratta dal testo “A scuola di adolescenza – Le esperienze di genitori a confronto” a cura di Fabio Dovigo e Alessandra Galizzi. “In terza media tutte le mie compagne portavano minigonne di je-

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ans e collant colorati. A me era vietato, con la solita scusa... “Cosa dirà la gente?”, dovevo accontentarmi – si fa per dire – di gonne scozzesi e calzettoni di lana. Tra tutti i parenti, per la festa del mio compleanno una zia mi regalò una bellissima minigonna in jeans. Ma continua-


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va a essermi vietata a scuola. Una mattina la misi nello zaino insieme ai libri e, appena arrivata a scuola, corsi nei bagni a cambiarmi. Ero felicissima. Non avevo fatto i conti col fatto che abitavamo vicino alle scuole e mia mamma passava spesso di lì sulla strada delle compere. I conti li dovetti fare al ritorno da scuola a mezzogiorno. Mi presi una sonora “sculacciata” con relativa urlata e “sequestro” della gonna fino all’estate. Oggi devo scendere a compromessi con mia figlia per una maglia che arriva a stento all’ombelico. Però, tutte le volte che sento montare dentro di me l’irritazione per un capo di abbigliamento di mia figlia che non mi piace, vado col pensiero alla mia minigonna di un tempo e al suo significato, che solo molti anni dopo ho avuto la possibilità di capire. La minigonna di allora voleva dire esplorarmi, sperimentarmi, osare. Così, oggi, riesco a riconoscere che cambiano le forme – un tempo era la minigonna, oggi l’ombelico di fuori – ma il desiderio di speri-

mentarsi appartiene a ogni ragazzo. Qualche mese fa mia figlia ha cominciato a parlare di piercing. Come fa lei, prendendola da lontano. All’inizio ero piuttosto sconcertata, non sapevo come trattare la questione. Gliel’ho detto, le ho detto “sai, faccio fatica a capire che cosa pensarne”. Subito l’ho vista sollevata, come se la mia sincera dichiarazione di “impreparazione” avesse sottratto miccia alle polveri. Ci siamo dette parliamone, esploriamo insieme questo mondo. Lei ha fatto qualche ricerca in Internet che poi mi ha mostrato. Io ci ho capito qualcosa di più, anche se la mia idea di fondo si è addirittura rinforzata: non mi piacciono i piercing perché sono una modificazione permanente, in questo senso ben altra cosa rispetto alla mia innocente minigonna che potevo togliere la sera per ritornare in un attimo quella di prima. No a me non piace, ma mi accorgo anche che è un mio giudizio, che dipende dalla mia età e so che se mia figlia continuerà a desiderare di farsene uno – ovviamente

all’ombelico – sceglieremo insieme un centro specializzato che ci possa garantire per lo meno condizioni igieniche sicure. Per ora sto ancora aspettando.” Sicuramente per un figlio è importante trovare margine di dialogo per negoziare quali siano le possibilità che all’interno della famiglia può avere per costruire la sua nuova immagine. La spinta alla ricerca e all’esplorazione va guidata saggiamente, l’importante non è cedere a tutto e concedere tutto, ma i figli incarnano il nuovo che avanza e hanno bisogno di attenzioni, di tempo, di energia e tanta presenza. Serve in particolare stare loro accanto mentre recitano molte parti, nell’attesa che si scelgano quella per loro più calzante ed adeguata per avventurarsi nell’età adulta, che noi sappiamo bene …va attraversata e gestita con profondo equilibrio. Monica Ramera

Giornata del Ringraziamento 13 novembre 2011 Come ogni anno celebriamo la Festa del ringraziamento nella seconda domenica di novembre. Il programma è suppergiù quello dello scorso anno. Subito dopo la messa dei ragazzi, alle ore 10,30, in Piazza Pavoni saranno benedette le macchine agricole. Seguirà alle ore 11,00 la celebrazione della Messa solenne nella Parrocchiale. Poi il pranzo sociale in un ambiente prestigioso, a Villa Valenca di S.Giuseppe. Le modalità di iscrizione sono le medesime dell’anno scorso, presso i medesimi incaricati. All’offertorio saranno portati all’altare i cesti con i frutti della terra , delle aziende e delle officine. Nella S.Messa pregheremo per tutti i lavoratori e agricoltori defunti. Ringraziamo fin d’ora chi ci aiuterà nell’organizzazione.

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Con la Parrocchia Nel 1941, l’amato arciprete entrava nella parrocchia di Castrezzato

Settant’anni fa l’ingresso di don Agostino Bonfadini

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n questi giorni ricordiamo i 70 anni dell’ingresso come Arciprete di don Agostino Bonfadini, avvenuto il 12 ottobre 1941, durante la II Guerra mondiale. Don Bonfadini è nato a Clusane l’11 novembre 1898 ed è stato ordinato sacerdote il 10 giugno 1922. Fu mandato come coadiutore a Nave dove rimase per 19 anni. Aveva il diploma di maestro e lo esercitò tanto da ottenerne la pensione. Il giorno dell’ingresso era di domenica . L’autunno- appena iniziato regalò una giornata piena di sole. L’incontro con il nuovo Parroco era stabilito per le ore 9 presso la Casa di riposo-Ospedale Maggi dove arrivò in carrozza accompagnato da mons. Zammarchi, che lo conosceva e lo stimava assai. Ad incontrarlo c’era tantissima gente. Tra la moltitudine anche le Autorità Civili e, ben evidenti, le associazioni di Azione Cattolica sia maschile che femminile con la loro bandiera e stendardini. Tra i Sacerdoti c’erano don Pierino, don Arturo e don Sandro con i Parroci della Vicaria di Trenzano – Cossirano - Berlingo. Il corteo si avviò per una prima sosta al monumento dei Caduti, poi proseguì verso la Chiesa per la S. Messa cantata delle ore 10,30. Salito sul pulpito, don Agostino abbracciò con uno sguardo sereno tutta la folla sottostante ed esordì affermando che una chiesa

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bella come quella di Castrezzato (ed in quel giorno era meravigliosamente parata) meritava un Arciprete migliore. Continuò poi ad esprimere pensieri commentando il vangelo della circostanza – La Preghiera di Gesù – (come sul retro della immaginetta ricordo). Il suo primo impegno fu quello di fare visita alle famiglie per conoscerle; un percorso che durò da novembre fino alla settimana di Passione (che precede la S. Pasqua). A gli iscritti dell’Azione Cattolica raccomandava la buona armonia in famiglia, sul lavoro, ovunque! La stessa ragione di impegno e coerenza cristiana la richiedeva ai Catechisti, che voleva presenti per la formazione ogni giovedì sera in canonica; da ottobre a Pasqua. Da abile maestro come era stato sempre insegnava l’arte e la capacità di educare l’animo dei fanciulli, mentre i due Curati trattavano altri argomenti. Sostenne e potenziò il settore del catechismo, esigendo dai catechisti esemplarità di vita. Tappe salienti del Parrocchiato di Don Bonfadini furono il 29 giugno 1954 il 60° di messa di mons. Zammarchi Protonotario apostolico e la prima messa dei due novelli cugini sacerdoti don Giuseppe e don Osvaldo Mingotti. All’altare della Pietà era ben disposto tutto il necessario per celebrare la S. Messa; ogni capo aveva il suo adatto sup-

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Con la Parrocchia

porto per mostrarlo visibile nel suo significato (questo l’estro di don Arturo). All’Altarone stavano i cantori ben disposti per la S. Messa del Perosi, preparati con bravura da don Sandro e don Arturo; e diretti con talento e maestria dal grande Agostino Orizio! Don Bonfadini gioiva quando i suoi Sacerdoti si prodigavano in preparativi per dare solennità alle ricorrenze. Sarebbe troppo lungo passare in rassegna le iniziative pastorali di don Agostino. Ricordiamo tra le tante opere materiali la costruzione del cinema teatro “Aurelius”, dove ora sorge Piazza L. Pavoni, poi venduto al Comune per far posto alla Piazza. Per un voto fatto alla Madonna degli Angeli – secondo il quale, se la guerra avesse risparmiato il paese dai bombardamenti, la Parrocchia avrebbe effettuato il restauro del-

la chiesa parrocchiale, la promessa solenne fu mantenuta. Terminato il lavoro di rifacimento don Dario insistette con il Parroco di far sistemare anche le 16 colonne (di colore verdino allora), con un colore chiaro in finto marmo. E così fu fatto! Come la vediamo ora la Chiesa ha l’aspetto di una Cattedrale. Per questo don Bonfadini, dopo tutti i lavori eseguiti a perfezione, auspicava che il Tempio fosse decorato con il titolo di “Basilica Minore” ma non fu concesso! Ogni martedi celebrava all’altare della Madonna degli Angeli la S. Messa; mentre il sabato la messa era cantata;. L’intento era che proteggesse i soldati del paese che erano al fronte. Con loro ebbe fitta e paterna corrispondenza fornendo a tutti un prezioso aiuto per tenere alto il morale in tempi di scoramento generale.

Don Agostino è ricordato come persona di austero riserbo, di pochi complimenti, parsimonioso e molto rigido con se stesso. In ricorrenze liete o tristi, in circostanze o situazioni particolari, con semplicità sapeva tuttavia assai ben manifestarsi uomo di grandi sentimenti. Tantissimi parrocchiani sono rimasti dispiaciuti che sia stato sepolto a Clusane anziché a Castrezzato. Gesto delicato e gentile fu quello di Mons. Osvaldo Mingotti che curò la collocazione della lapide ricordo in marmo nero nella chiesa del Cimitero a perenne ricordo del suo ministero operoso , retto e lungimirante. A tutti noi l’impegno di pregare per i nostri sacerdoti defunti ed essere loro riconoscenti per il bene che ci hanno fatto.

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Lo storico-cronista

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Spazio oratorio

Cronaca della vita di Oratorio

Signore, insegnaci a contare i nostri giorni!

C

ari amici vorrei con questo mio contributo al nostro Bollettino Parrocchiale ripercorrere un pezzo di vita d’Oratorio che ha caratterizzato il periodo estivo appena trascorso, per fare il punto su tante bellissime esperienze vissute insieme a bambini, ragazzi adolescenti e giovani, adulti e famiglie. L’estate quest’anno da un punto di vista meteorologico si è fatta desiderare un poco. Dopo aver passato il Mese di Maggio con temperature elevate per il periodo, il mese di Giugno si è presentato con una certa instabi-

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lità meteorologica, infatti vento, pioggia e freddo ne hanno caratterizzato l’inizio. Siamo partiti dall’Oratorio a metà Giugno de-

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stinazione Tires (Bz) nel cuore del parco naturale delle Dolomiti del Catinaccio per vivere il “Campo Avventura2000+11”. Durante il nostro soggiorno abbiamo vissuto un’esperienza d’amicizia molto bella ed intensa accompagnati da tanta allegria. Il posto in cui eravamo ha facilitato le attività di aggregazione, i giochi e anche lo spirito. In montagna, amava dire il beato papa Giovanni Paolo II, lo spirito si eleva più facilmente verso Dio e la contemplazione della natura orienta l’animo verso quella bellezza di cui il nostro mondo ha tanto bisogno. Al maso


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“Manösherhof” il panorama sulle dolomiti è impareggiabile e la natura la fa da padrona. Le giornate sono passate in un soffio, tra canti, giochi, partite a pallone, a pallavolo e a basket. Le nostre attività di aggregazione e di riflessione al Campo sono state basate sulla favola di “Alice nel paese delle meraviglie”. Ottimo è stato il clima nel team educativo (educatori e assistenti) e in quello di cucina; penso che ognuno di noi abbia dato il meglio di se per la buona riuscita del Campo. A tutti vanno i miei ringraziamenti e la mia stima; grazie anche alle famiglie che hanno condiviso con noi questo progetto. Intanto in Oratorio a Castrezzato già dai primissimi giorni di Giugno, alcuni giovani aiutati da alcuni adulti proponevano il tradizionale Torneo notturno estivo di Calcio (giunto alla sua quattordicesima edizione dopo lo stop di alcuni anni) in memoria di Isidoro Artunghi. È questa un’esperienza molto bella che dà la possibilità nei mesi estivi di potersi ritrovare la sera tra amici all’Oratorio a tifare la propria squadra (a volte devo dire anche con un po’ troppo trasporto) del cuore al termine di una giornata di lavoro con la propria famiglia. Modo bello questo per vivere l’Oratorio d’estate, anche inoltrata, poiché il torneo termina sempre verso metà Luglio. Un grazie di cuore a quanti in questa iniziativa mettono cuore, energie e soprattutto tempo. A fine Giugno, al ritorno da Tires, abbiamo vissuto in Oratorio la settimana educativa in preparazione al Grest. Il tema educativo scelto per quest’anno dal Centro Oratori Bresciano (CoB) è stato “Battibaleno. Insegnaci a contare i nostri giorni” (dal Salmo 89), centrato sull’idea del tempo che deve essere impiegato bene per fare del bene. Il Grest è un’attività di carattere aggregativo di cui l’Oratorio

ha la titolarità e la gestione, ma che però è realizzato in collaborazione e con il sostegno dell’Amministrazione comunale. Nella settimana educativa in preparazione al Grest sono stati molti gli adolescenti e i giovani . È proprio bello vedere tanti ragazzi impegnati a prepararsi a fare del bene agli altri. In questa settimana la cosa importante è stata quella di amalgamare un gruppo di ragazzi (alcuni alla prima esperienza di Grest altri invece già navigati dell’ambiente) a lavorare insieme, superando il proprio limite personale verso un’esperienza solidale di gruppo. Grande è stato l’entusiasmo di questi ragazzi come grande è stato il loro cuore e la loro generosità. Avere a che fare quotidianamente con un mare di bambini e di ragazzi durante le settimane del Grest non è cosa facile...

Occorre veramente pensare a tutto! Già di buon mattino la vita del Grest è frizzante: educatori e assistenti che già dalle 7.30 accolgono i bambini che hanno i genitori che lavorano; mamme alle prese con le pulizie; Renzo con Carlino che si sono occupati della pulizia dei cortili e dello smaltimento dei rifiuti; le segretarie che distribuivano i buoni mensa e indicazioni utili alle mamme; e così via... Alle 8.30 poi comincia ad arrivare pian piano il resto della brigata, fino a quando poi, verso le 9.00 i cancelli dell’Oratorio vengono chiusi per motivi di sicurezza e si comincia la giornata cantando e ballando l’inno e facendo insieme la preghiera. Il nostro Grest è strutturato secondo ingredienti molto semplici che ne costituiscono l’ossatura: preghiera, canti, bans, laboratori, giochi, piscina, una gita per i più piccoli e altre uscite per i ragazzi più grandi. Le settimane del Grest sono volate in un clima di gioia e allegria. Non sono mancate le difficoltà, che sempre però abbiamo cercato di risolvere con il sorriso sulle labbra favorendo un clima d’ascolto reciproco tra educatori, assistenti, bambini genitori e famiglie. Per quanto riguarda il Grest

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abbiamo aiutato tante famiglie castrezzatesi in difficoltà, persone diversamente abili (ritenendo che la loro presenza in Oratorio sia una grande ricchezza umana ed una grande esperienza di vita da vivere insieme) e non solo i “soliti extracomunitari” come qualcuno malamente e scorrettamente asserisce. Cosa bella al Grest è che, come al Bar, nei campi da gioco, e durante l’anno al C.A.G. e per tutte le attività aggregative proposte (estive e non), si persegue l’integrazione fra le persone di diversa razza, cultura e religione, cercando di creare un clima di collaborazione, tolleranza e di rispetto altrui. Quest’anno al Grest abbiamo avuto anche la gradita visita del Prefetto della provincia di Brescia Sig.

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ra Narcisa Brassesco Pace, con il nostro Sindaco Sig.ra Gabriella Lupatini. Un momento molto bello dell’incontro che abbiamo avuto è stato quando i nostri bambini e ragazzi hanno cantato al Prefetto l’inno nazionale di Mameli in occasione del centocinquantesimo anniversario della fondazione della nostra Repubblica omaggiando poi la Signora Prefetto di un orologio simbolo del Grest costruito artigianalmente dai nostri ragazzi e con un bel mazzo di fiori colorati. Il Grest si è concluso poi con una bellissima festa finale organizzata dagli educatori e dagli assistenti, dove i nostri bambini sono stati i protagonisti assoluti e dove i loro genitori (tutti orgogliosi!) hanno potuto assistere alle loro perfor-

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mance. Al termine della bellissima festa tutti i nostri occhi sono stati puntati dall’arena verso il grande schermo montato sulla parte dell’edificio del nostro Oratorio… È il momento delle fotografie (accompagnato quest’anno dai fuochi d’artificio)… Il migliore… Ma anche il più triste… Attimo dopo attimo scorrono i ricordi di tre settimane uniche e indimenticabili: i giochi, i bans, i laboratori, le gite, ma soprattutto loro…i veri protagonisti: i nostri bambini e i nostri ragazzi!!! A rimediare ai retroscena non sempre positivi fra noi “grandi”, c’è stato sempre il loro sorriso e la loro gioia. A proposito calza a pennello il detto di Gesù: “Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete ne


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regno dei cieli (Mt 18,2)”. La proposta poi del Follest serale è sempre attesa con entusiasmo dai ragazzi. Si tratta di serata programmate ad hoc per gli adolescenti e giovani (in alcuni casi hanno partecipato anche dei papà!), momenti “divertenti”, trai quali la “Notte bianca” e i vari tornei di “Beach Volley”, “Beach Tennis” e di “Calcio ad Acqua”, nei quali adolescenti e giovani si incontrano liberando fantasia, creatività, dinamicità e amicizia. La partecipazione è stata buona e altrettanto positivo l’impegno messo in atto dagli educatori, capaci di coinvolgere altri giovani nelle diverse azioni aggregative ed educative. Buona anche la partecipazione dei genitori che si sono interessati delle attività proposte ai loro figli e la loro presenza come spettatori ai tornei e alle iniziative proposte. Al termine del Grest agli educatori e agli assistenti del Grest è stato proposto un Campo Amicizia in tenda ai Lidi Ferraresi con un gita a Mirabilandia. Nonostate il tempo inclemente (due notti su tre passate in tenda

al campo abbiamo imbarcato acqua a causa di temporali!), il morale della ciurma è sempre stato alto e positivo tanto che insieme resistemmo laddove anche Noè dovette arrendersi. Insomma, l’allegria ha sempre la meglio e la solidarietà aiuta a vincere le difficoltà! Al ritorno da Lido di Spina pensavo ormai a ciò che avevamo vissuto con i ragazzi durante le esperienze estive, cercavo di riflettere con l’aiuto di alcuni collaboratori su ciò che avevamo fatto, annotando scrupolosamente sul mio diario personale le cose da migliorare a venire, quelle che erano andate bene da riproporre l’anno venturo e quella da lasciare perdere... Pensavo orami a cominciare ad organizzare le attività d’inizio anno pastorale in Oratorio. Invece... Purtroppo per il nostro Oratorio qualche momento amaro era dietro l’angolo. Il 6 Agosto ritornava alla casa del padre il nostro Carlino, che per anni ha svolto un servizio umile presso il nostro Oratorio. Da qualche tempo non stava bene, ma chi

poteva immaginare che ci lasciasse così prematuramente. La sua morte ci ha lasciati tutti senza fiato. Sono sicuro che dalla sua finestra del paradiso Carlino ci guarda, ci sorride. Altrettanto sono sicuro che Carlino, anima umile e bella, non farà mai mancare al nostro Oratorio insieme a tutti i volontari che hanno già raggiunto il paradiso la sua benefica protezione. Verso fine Agosto poi, il nostro Oratorio è stato oggetto di pesanti accuse del settimanale lo-

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cale (in)Chiari week. Abbiamo già risposto con una lettera del Consiglio dell’Oratorio a quelle affermazioni, ma ci auguriamo che le persone frequentino l’Oratorio rendendosi conto di persona della validità della sua funzione aggregativa ed educativa. Il nostro Oratorio è un’istituzione ecclesiale che svolge da sempre un’opera di promozione anche sociale e non è corretto assistere passivamente alla sua denigrazione. Non è facile vivere da discepoli in questi nostri tempi oscuri; non è facile vivere in una società formalmente cristiana, dove però a prevalere e ad orientare le scelte, non sono i valori che derivano dal vangelo ma piuttosto una mentalità egoistica e piccina. Una società non educata alla libertà diventa una società anarchica, che rivendica la libertà di provare ogni emozione, che fa diventare la coscienza del singolo l’unico metro di giudizio. Tutto il resto: l’egoismo, la corruzione, il pettegolezzo, la violenza verbale, la calunnia, la pornografia, sono manifestazioni di una libertà personale che non è stata educata ai valori grandi di responsabilità, di solidarietà, di condivisione, di dialogo e di rispetto della dignità. Nel cuore dell’uomo spesso alberga la falsa idea di un Dio che punisce, che giudica, che controlla... Gesù è venuto a liberarci da questa immagine demoniaca di Dio raccontandoci il volto di un Padre che desidera fortemente il perdono. Perdono che è dono gratuito, possibilità offerta, occasione di rinascita. E il discepolo deve poter condivide questo perdono. Perdono che, nella miope prospettiva odierna, è visto però come una debolezza. Quanto è difficile perdonare! Ci vuole del tempo, una forte fede, una profonda conversione per perdonare chi ha provocato il male! Quando, in televisione, vedo un giornalista che si avvicina al famigliare di una vittima chiedendo se perdona l’assassino del figlio mi

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sento il groppo in gola: è una cosa seria il perdono! Ci vuole tempo e pazienza per costruirlo. Il perdono non è un’emozione buonista, ma una dolorosa, adulta e robusta scelta sanguinante! Comunque volevo cogliere l’occasione per ringraziare le tante persone che ci hanno fatto sentire la loro solidarietà, la loro vicinanza e tanto calore umano. Grazie di cuore! Per concludere, il mese di Settembre si è aperto con delle scelte non semplici da prendere in merito alle feste di S. Luigi visto i ritardi nel rifacimento e messa a norma delle cucine dell’Oratorio. Sono stato contento di come il Consiglio dell’Oratorio ha saputo orientare con coraggio le sue scelte. Non è stato facile, ma insieme abbiamo saputo reinventare qualcosa di speciale senza lasciarci vincere dalla sconforto e soprattutto senza rinunciare alla tradizione delle feste. Abbiamo saputo fare scelte intelligenti e soprattutto coraggiose per il bene dei nostri bambini, ragazzi e degli adulti. Questo la dice lunga su come a volte basta poco per sentirsi liberi di creare e di proporre qualcosa di nuovo, evitando di lasciare incatenata la fantasia e la positività. Grazie per aver accolto la sfida; grazie a chi ha lavorato con amore e grazie a chi ha partecipato. Non ho mai capito bene se le Feste di S. Luigi per il nostro Oratorio segnano la fine di un periodo, quel-

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lo estivo, oppure aprono il nuovo anno Pastorale. Non so. Io le vivo un po’ come se fossero uno spartiacque, come un qualcosa che mi aiuta a chiudere un periodo, quello estivo, per iniziare le attività del nuovo anno Pastorale. In questi giorni, (nonostante il sole e il caldo inaspettato siamo già in Autunno) abbiamo ripreso le attività del Catechismo e dell’ACR, attività che costituiscono il cuore del nostro essere Oratorio e del nostro essere discepoli. La trasmissione della fede è per il nostro Oratorio l’azione primaria e per questo la si deve fare bene. Devo dire che a Castrezzato ci sono tante persone che si adoperano a collaborare generosamente sia nel campo della trasmissione della fede ai bambini e ai ragazzi, sia negli incontri con i loro genitori. Persone generose (non perfette!) che hanno a cuore l’annuncio della Parola e soprattutto il non semplice compito dell’educazione alla fede delle nuove generazioni. Abbiamo ormai iniziato il nuovo anno pastorale, ringraziamo il Signore che ci dona ogni giorno la forza per andare avanti, accogliamo le sfide che verranno con coraggio ricordandoci sempre di confidare nella divina provvidenza, che invocata, mai a nessuno a negato la sua consolazione e la sua benevolenza. Vorrei concludere con le parole che il santo padre Benedetto XVI ha rivolto in uno dei suoi interventi ai giovani riuniti a Madrid per la Giornata Mondiale della Gioventù: “Cari amici, che nessuna avversità vi paralizzi! Non abbiate paura del mondo, né del futuro, né della vostra debolezza. Il Signore vi ha concesso di vivere in questo momento della storia, perché grazie alla vostra fede continui a risuonare il suo Nome in tutta la terra”. Con stima e amore! don Claudio


Spazio oratorio

Parrocchia e Comune insieme per i giovani

C.a.g. “La stanza”: non perdere l’occasione dell’Aggregazione!

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er ricordare e spiegare bene che cos’è il centro di aggregazione giovanile (C.a.g), vi diciamo che è un servizio realizzato in collaborazione con il Comune di Castrezzato e fruibile dai bambini della scuola Primaria fino ai giovani della scuola Secondaria di secondo grado. Il C.a.g. è un servizio aperto nella fascia pomeridiana e serale: il lunedì e il giovedì pomeriggio è per i ragazzi della scuola secondaria di primo grado; il mercoledì e il venerdì pomeriggio per i bambini della scuola primaria, e alcune sera durante ola settimana è aperto per gli adolescenti e i giovani. Le attività proposte durante l’anno sono molteplici e si differenziano in base alle fasce d’età, nelle quali il gioco e il divertimento sono i veri protagonisti. Gli spazi vengono occupati inoltre da laboratori

manuali, attività ludico-ricreative e di supporto scolastico. Tutte queste attività sono Durante le serate di apertura del C.a.g. settore adolescenti e giovani è stato realizzato un cortometraggio, attraverso un progetto di “Media Education”, finanziato con i fondi della Legge regionale 285/II. I ragazzi, con l’aiuto delle educatrici e di un esperto del settore, tra gennaio e marzo di quest’anno hanno inventato, recitato e realizzato un cortometraggio intitolato “Il curioso caso del marito Gino”, proiettato in occasione del giovedì grasso e del consueto “Rogo della Vecchia”. Il DVD prodotto è disponibile, prenotandolo, presso la Segreteria

dell’Oratorio ma... con un finale inedito, registrato dal vivo durante la serata di presentazione. Per cui non perdete questa occasione! Il C.a.g. è risultato essere un sostegno costante sia per gli utenti che per le famiglie, cercando di rispondere in modo mirato alle esigenze e ai bisogni dettati dalle varie fasce d’età; a questo proposito nella scorsa primavera è stato organizzato e realizzato in collaborazione con il Comune di Castrezzato un corso sulla genitorialità che ha visto la partecipazione di un buon gruppo di genitori e che ci proponiamo di poter realizzare anche prossimamente. Potete trovare informazioni sulle attività del C.a.g., sugli orari di apertura sulle bacheche del nostro Oratorio e anche sulla pagina facebook “Cag LaStanza”.

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Le educatrici e i volontari

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Spazio oratorio

Si avvicina la consumistica festa

A proposito di Halloween

“H

alloween fa guardare alla morte più con un clima da sagra, o da carnevale, che con la serietà che essa merita. Non è detto che la morte debba essere considerata solo con l’occhio che ne fa intravedere la tragicità. Il cristiano sa bene che la morte viene riscattata dalla fede nel suo superamento, nel mondo dei risorti in Cristo. Tuttavia, è realtà estremamente seria. Quanto meno, pone fine ad una fase dell’esistenza e impone non pochi interrogativi problematici di carattere esistenziale e culturale. Se l’obiettivo di Halloween è ridurre una tale realtà ad una sorta di pura virtualità, chiunque ha senso di responsabilità educativa non può non rendersi conto del rischio a cui espone. La morte, infatti, non va esorcizzata anche con queste sagre. Essa va affrontata nella crudezza della sua realtà. Assumendone le problematiche, per affrontare le quali conviene mettere insieme gli apporti culturali ispirativi di cui si è attrezzati, non ultimo quelli che attingono dalla fede cristiana. Fatta questa puntualizzazione di carattere valoriale si potrebbe obiettare che nessuno ha il diritto di ostacolare la festa di Halloween in uno spazio di libertà democratica; ma questa festa viene massicciamente introdotta là dove, da tradizione, si celebrano due feste di carattere cristiano, profondamente radicate (Tutti i Santi e la Commemorazione dei defunti). Se proprio non era evitabile, la festa di Halloween poteva

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trovare spazio in altra data. La sovrapposizione smaschera la chiara intenzione di soppiantare la festa di Tutti i Santi e quella consecutiva dei defunti. È sopraffazione. Che è di altra natura rispetto ai valori della democraticità. Con il fondato timore che la stessa protesta si risolva in un ,boomerang: potrebbero accusare chi protesta di intolleranza. E anche questa logica iniqua sa di dittatura. Va da sé

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che anche in nome del solo buon senso le comunità cristiane non si prestano a dare attuazione a tale fenomeno. Che altro non sa se non di paganesimo consumistico. Il cristiano ha ben altro da testimoniare nei riguardi dei defunti che ci hanno .preceduto nella realtà del mondo dei risorti nel Risorto, nostra vera speranza”. Mons. Zenti, Vescovo di Verona


Con la Parrocchia

A Castrezzato la reliquia del Santo messinese

Sant’Annibale Maria di Francia

S

ono P. Matteo dei rogazionisti di Desenzano. Sapete che i nomi delle congregazioni non sono molto conosciuti o distinti tra noi. Meritano solo i grandi ordini (benedettini, francescani, domenicani) o le grandi congregazioni (salesiani, orionini). Ma le piccole purtroppo non tanto. Questo diventa sfida per i membri di tali famiglie religiose affinchè con la loro attività divulghino insieme al bene, la simpatia del loro nome. Intanto la provenienza dal sud, il nome apparentemente un pò astruso ed altri aspetti sono di peso. Il nome rogazionisti è stato sempre confuso in Italia e per quanto ricordi anche in Brasile e adesso in Polonia dove sto. Solo alcuni esempi: “Padri organisti”, “Padri ragazzi onesti” e in Polonia: ”Padri Cornuti”. Anche il nome del Fondatore non è scappato: il Canonico Annibale Maria di Francia: “Can. Annibale” con allusione a cannibale. Anche in Polonia il dover scrivere Hanibal, la pronuncia è quasi uguale a kanibal. Intanto il nome Annibale è interessante. Viene dal fenicio e significa: hani baal: “mia grazia è il Signore”. Questa spiegazione potrebbe invogliare i genitori a dare tale nome ai propri figli. Ho voluto fare questa digressione non certo piacevole per indicare le difficoltà di inserimento dei religiosi nella realtà culturale dei fedeli ed anche ecclesiale con i preti diocesani. Ma voglio arrivare al dunque del titolo di questo articolo. Da tempo volevo anch’io

come buon religioso rogazionista fare propaganda del mio ormai santo fondatore, che nonostante sia originario di Messina, per la sua intuizione carismatica, per la sua attività in favore dei poveri e per la sua produzione letteraria è una persona che merita essere conosciuta ed ammirata. Posso garantire che come ogni santo, anche lui è stato completo nel pensiero e nella azione come persona carismatica, cioè sostenuta dallo Spirito Santo. Sono nato cento anni precisi dopo di lui. Celebro “i suoi centenari”. Ho adesso sessanta anni e e ne faccio trentatrè di sacerdozio. Ho provato presso i sindaci di precedenti legislazioni sondare la possibilità di intitolare una via del nostro paese al mio Fondatore. So che confratelli miei e nostri ex-allievi hanno

felicemente realizzato questa impresa anche in alcuni paesi della provincia di Brescia. Accarezzavo anch’io questa idea: gli abitanti della via avrebbero avuto ”l’obbligo” di conoscere il mio Fondatore, ci sarebbe stata una cerimonia con discorsi e benedizione e distribuzione della biografia. Ma poi la cosa sarebbe passata rimanendo solo la targa con il nome. Ho avuto allora una intuizione quando rimettendo in ordine libri, quaderni, appunti e prediche, nell’armadio ho trovato un astuccio con la reliquia del mio Fondatore e un libretto delle sue preghiere per ottenere i Buoni Operai alla Chiesa. Ho pensato allora – come il lettore finalmente intuisce – di offrire alla nostra Parrocchia la reliquia e il libretto di preghiere, più che copia della biografia, che si può facilmente trovare sull’internet. Ci vorrebbe un piccolo ostensorio non molto caro per completare il dono. La festa di Sant’Annibale Maria Di Francia cade il Primo Giugno. I due miracoli riconosciuti li ha fatti a una bambina brasiliana e ad un’altra filippina. È stato beatificato nel 1990 e canonizzato il 2004 (tra gli altri con Don Orione, che erano amicissimi a Messina) dal papa Giovanni Paolo II. La caratteristica del mio Fondatore è che non ricevette la parrocchia all’inizio del suo ministero, ma scelse di essere presente nel quartiere più povero di Messina, Avignone (adesso questo quartiere non c’è più, ma, come in tan-

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Con la Parrocchia

tissime altre città, ne sono apparsi altri). Precedentemente alla sua vocazione ebbe l’intuizione che bisognva pregare per ottenere i buoni operai per la Chiesa. Il generale Garibaldi e le leggi del di recente installato Regno d’Italia soppressero ordini e congregazioni. Annibale come buon fedele pregava secondo questa intenzione, ma nei libretti di preghiere (per es. nella Filotea del Riva) non ne trovava. Si accorse un anno dopo che il comando di pregare per i buoni operai sta scritto nel Vangelo di Matteo 9,37-38 e di Luca 10,2. Questa fu la sua intuizione carismatica insieme al prodigarsi per i poveri e ragazzi e ragazze senza famiglia. Fondò le Figlie del Divino Zelo nel 1887 e i Rogazionisti nel 1897. Si vede che i due nomi provengono dallo zelo per il comando di Gesù. Rogazionisti proviene invece dal latino: Rogate = pregate il Padrone della messe che mandi operai alla sua messe. Quindi preghiera e azione ( = rogazione) per

suscitare da Dio Padre nuove vocazioni efficaci e sante. La reliquia farà parte della collezione di altre reliquie di cui è ricco il tesoro della nostra Parrocchia. Se poi si farà l’adorazione il giovedi per le vocazioni, la reliquia richiamerà l’intercessione di Sant’Annibale. Abbiamo bisogno di nuovi buoni operai per sostenere i poveri e per educare la gioventù per la società e per la Chiesa. La casa a Desenzano i Rogazionisti l’hanno ricevuta nel 1949. Là ho fatto le medie. È sul lago. Ogni anno è allestito il presepio. C’è la scuola media e liceo. È casa di ospitalità in vista delle cure termali a Sirmione. Questo posso aggiungere per avvicinare la mia congegazione alla vostra conoscenza. Penso che sia una buona idea la reliquia del Santo a Castrezzato per sempre. Che Castrezzato dia ancora buoni e bravi operai e poi anche preti, religiosi, suore, maestri e maestre e specialmente ottimi genitori. P. Matteo Fogliata

Auguri alle neo laureate Silvia Cortinovis Laureata il 20 Luglio 2011 al Politecnico di Milano in Architettura d’interni con 100/110

Coelli Stefania Laureata il 27/09/2011 al Politecnico di Milano in Ingegneria Biomedica con 110 e Lode

Coelli Elena Laureata il 30/03/2011 all’Università degli Studi di Brescia in Economia e Gestione Aziendale Alle neo dottoresse i nostri complimenti e l’augurio che possano, dopo il successo scolastico, godere delle altri grandi gioie che la vita ci può regalare.

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Vita in parrocchia

Al matrimonio dopo un periodo di prova? L’itinerario di fede dei fidanzati.

La preparazione al matrimonio nell’era delle convivenze

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gni anno, circa 400 mila uomini e donne, da Nord a Sud, si presentano in parrocchia per chiedere di sposarsi. Provengono da situazioni sociali ed economiche diverse. Hanno alle spalle gli studi, esperienze di lavoro o di disoccupazione,i percorsi personali più svariati. Non sono più ragazzi, visto che il 55 per cento ha più di trent’anni e vivono con fatica il loro essere cristiani, oppure hanno abbandonato per vari motivi l’esperienza della fede. Il loro impegno- per lo meno implicito- è facile desumerlo dalla volontà di sposarsi davanti all’altare, nonostante ciascuno di loro, senza distinzioni, sia stato immerso per anni in una disorientante cultura di qualunquismo spirituale. Viviamo tutti sommersi da tante sollecitazioni mediatiche segnate dalla leggerezza relazionale ; da affettività a tempo determinato; da pansessualismo ossessivo e ludico. Eppure adesso sono lì, insieme, davanti al parroco, a chiedere di capire qualcosa in più di questo matrimonio cristiano che fino a ieri avevano considerato, se non con perplessità e sospetto, almeno con grande cautela o addirittura con timore. Nel 2007 sono state quasi 170 mila le coppie che si sono sposate in chiesa. Tutte hanno frequentato un corso in preparazione al matrimonio, sebbene almeno una su tre avesse già sperimentato la vita in comune. L’esplosione delle convivenze non lascia indifferenti nè i

genitori, nè i parroci: come parlare dell’amore cristiano a persone già in età matura, che dell’amore pensano di sapere tutto? Eppure c’è molto da dire e forse bisogna farlo prima, nell’adolescenza, quando le relazioni sentimentali e i primi approcci sessuali si impongono nella realtà dei fatti. In quel momento va detto che l’amore non è uno scherzo ma è la scommessa di una vita, che i sentimenti non vanno messi alla prova ma coltivati con pazienza e convinzione. Dice un educatore (Franco Garelli) che “i giovani sognano una famiglia ma non scommettono su sè stessi, sono poco disposti a mettersi in gioco, hanno bisogno di prove e si illudono che la convivenza possa dare garanzie per un

futuro di felicità”. Pertanto anche i cosiddetti CORSI PER FIDANZATI devono tener conto dell’aumento dell’età dei futuri sposi e dall’altra dall’estendersi del fenomeno delle convivenze. Una delle soluzioni obbligate sta in un rinnovato sforzo di educazione ai sentimenti e all’affettività, cominciando dagli adolescenti. Perchè è a 16/17 anni che si inizia ad imparare ad amare. L’amore vero, però! Chi decide di sposarsi “ufficialmente” (o in Comune o in Chiesa) dimostra di non dare ascolto agli uccelli di mal’augurio che – statistiche di separazioni e divorzi alla mano—invitano a “non rischiare”, perché molto probabilmente “andrà a finir male”! d.M.

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Vita in parrocchia

Avviato il corso per fidanzati. Un augurio sincero ai futuri sposi L’amore non ha confini, quando il cuore, si apre alla vita e alla vita vera, fissata in Cristo e, affrancata dalla sua Parola e dal suo esempio. L’amore di due giovani che, nell’immenso numero degli uomini, si “incontrano” e si “scelgono”, è un miracolo della volontà di Dio per noi. Il loro “sì”, è una risposta accogliente della volontà del Padre, di costruire, attraverso le loro mani, un mondo migliore e più buono. Un piccolo “sì”: un grande amore, che dal cielo si apre sulla terra. Dal cuore materno di Dio, scende e risale l’amore per voi; e il vostro, per tutti noi. Grazie, per esservi “riconosciuti” nel marasma degli incontri. Grazie, per esservi accolti e fidati l’una dell’altro. Grazie, per averci fatto partecipi, della vostra “agape” primaverile. A voi, il compito di coltivare sempre, questo nuovo “seme della vita” tra gli uomini. A noi, la responsabilità di esservi testimoni e compagni di viaggio, nel vostro tener fede alla promessa d’un amore eterno. Non lasciate che la paura distrugga i vostri sogni. Auguri nell’oggi e per il domani. Non siete soli. Dio è con voi, se a Lui resterete ancorati. Lasciate aperte, le porte dei vostri cuori e farete miracoli. Da noi tutti un augurio di Felicità e un abbraccio fraterno.

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Roberto Campana ringrazia Io sottoscritto Campana Roberto di Castrezzato, voglio fare un grosso ringraziamento al Primario e staff medico – infermieristico del reparto chirurgia e del reparto medicina dell’ Ospedale di Iseo, così pure al Primario e staff medico e infermieristico del reparto Ematologia e Day Hospital dell’Ospedale Civile di Brescia. Ringrazio pure il Don Gnocchi di Rovato , il Centro diurno di Castrezzato , il Primario e staff medico - infermieristico del Centro Trasfusionale dell’ Ospedale di Chiari per le analisi effettuate – l’Associazione AVIS per le donazioni di sangue ricevute – i Volontari del COSP - gli amici e conoscenti che hanno chiesto mie notizie - mio fratello e sua moglie che mi hanno assistito durante la mia lunga degenza nei vari ospedali (più di 4 mesi!) Infine vorrei rivolgere un appello a tutti i giovani a uomini e donne dai 18 anni ai 65 perché siano disponibili a diventare volontari dell’AVIS - AIDO – COSP o di altre le Associazioni benefiche che si propongono di salvare di salvare vite umane. Roberto Campana - Avisino emerito

Il saluto delle colleghe alla maestra Augusta Perego

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ara Augusta, o meglio maestra Augusta per quelle generazioni di alunni che Ti sono stati affidati e che Tu con amore hai guidato nei primi e fondamentali apprendimenti. Noi docenti e amiche della scuola primaria vogliamo rivolgerti l’ultimo saluto. Ci costano fatica queste parole, pensando che d’ora in poi non potremo più intrattenerci con Te in un dialogo sempre caldo e fruttuoso. Nonostante lo scorrere degli anni, è vivo in noi il ricordo della tua dolcezza espressiva non disgiunta, però, dalla forza di un carattere energico e deciso, volto ad orientare l’ azione verso mete importanti. La gestione della classe, l’impostazione didattica delle discipline, il ruolo di docente educatrice si sono ispirati a valori radicati nella nostra cultura cattolica.

Camminiamo insieme

La scuola è stata per Te l’occasione di esprimere la ricchezza del tuo mondo interiore, le risorse innate e coltivate, pur attenta a sentire le esigenze dei piccoli alunni, alla ricerca della personale identità. Sempre corretta e affidabile, discreta e premurosa, da Te abbiamo ricevuto solo parole di sostegno per attuare le nostre scelte. Certe che la morte fisica nulla toglie alla vitalità del Tuo Spirito. Ti ringraziamo per esserci stata amica e collega ci mancherai !!!


Vita in parrocchia

Tra la gente per portare il messaggio della donazione

Marcia della solidarietà “vita per la vita”

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’ultimo sabato di luglio, è partita la marcia della solidarietà “Vita per la vita” che, per l’edizione 2011, ha visto i volontari dell’AVIS e dell’AIDO arrivare fino in Australia. Partita da Coccaglio, la marcia ha esordito con il passaggio in tutti i paesi della nostra zona: Chiari, Comezzano-Cizzago, Rovato, S. Giuseppe, S. Andrea e Castrezzato. Come ogni anno, lo scopo della marcia è quello di portare tra la gente il messaggio della donazione: nello specifico la donazione di sangue e di organi ma più in generale la donazione intesa come aiuto verso il prossimo. La marcia, che ha ormai più di trent’anni, ha sempre avuto un’accoglienza calorosa, non solo nel bresciano, sua terra d’origine, ma anche nei paesi stranieri che ha visitato. In modo particolare, quest’anno i corridori/volontari sono stati accolti dai numerosi discendenti degli emigranti bresciani che si erano recati in Australia per lavoro e che poi hanno deciso di risiedervi stabilmente. E’ stato questo un momento importante sia per rivivere la nostra storia e ricostruire un “ponte” con alcuni dei nostri connazionali, sia per riflettere sul tema degli emigranti, oggi così attuale e fonte di tanti pregiudizi, ricordando il tempo in cui gli emigranti eravamo noi. In Piazza Ludovico Pavoni, la marcia è stata accolta dal Parroco Monsignor Mario Stoppani, dal Sindaco Gabriella Lupatini , dal

Presidente dell’AVIS Roberto Rossini e dal Presidente dell’AIDO Benedetto Botticini. Il tedoforo, che portava la fiaccola della marcia, il castrezzatese Domenico Anni (presente fin dalle prime edizioni degli anni ’70) e gli altri corridori sono stati accolti alle porte del paese dal gruppo locale dei ciclisti. Presenti all’arrivo in Piazza Pavoni anche una rappresentanza della popolazione del paese che, dopo un breve rinfresco, ha augurato ai volontari un “buon cammino”. L’iniziativa della marcia ha sempre avuto un esito positivo e l’opera di sensibilizzazione ha dato buoni frutti: anche a Castrezzato il numero dei donatori AVIS è in aumen-

to, così come quello degli iscritti all’AIDO. Non mancano, inoltre, altre associazioni di volontariato come il COSP, il cui supporto ai bisogni della popolazione è veramente prezioso. Dopo 25 giorni, la marcia è rientrata a Bergamo accolta da una bellissima cerimonia che, simbolicamente, ha voluto essere un ringraziamento verso quanti si dedicano al volontariato. Per chi non fosse ancora iscritto all’AVIS e all’AIDO, ricordiamo che la nostra sede, presso il centro civico “Maestro Bruschi”, è aperta tutte le domeniche mattina per qualsiasi informazione.

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Vita in parrocchia

Dalla riunione del 29 settembre 2011

Incontro dei referenti del Consiglio Pastorale Parrocchiale

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l 26 settembre 2011 scorso si sono ritrovati in canonica i Referenti delle Commissioni operative del CPP ( Catechesi, Caritas, Missioni, Bollettino Parrocchiale, Pastorale Sociale (Famiglia e Giovani), Commissione Anziani e Malati, Cultura per confrontarsi e decidere insieme alcune iniziative per il prossimo Anno pastorale. Erano presenti: Iore Giuliano, Butti M.Luisa, Antonia Galli, Felice Manenti, Domenico Rodella, Donatella Bordonali, Adriano e Sergio Casali. Dopo un sereno confronto, sono state approvate le seguenti indicazioni ed iniziative: 1 - Riunire prossimamente i seguenti gruppi di animazione pastorale che necessitano di consolidamento: Caritas (collaboratori vecchi e nuovi); Commissione Anziani e Malati; Commissione sociale e familiare. Quest’ultima dovrà avere un occhio di attenzione nella preparazione del VII Convegno mondiale delle Famiglie che avrà luogo a Milano l’anno prossimo ed avrà come tema “La famiglia, risorsa per l’umanità”. 2 - Per il settore culturale, si proporrà alla popolazione un incontro molto interessante con il Maestro di sci Lino Zani che fu amico personale di Papa Giovanni Paolo II e suo mae-

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stro di sci sulle nevi dell’Adamello. L’incontro aperto a tutta la cittadinanza, avrà luogo nel saloncino dell’Oratorio il 28 di ottobre p.v. Sentiremo notizie su Giovanni Paolo II del tutto inedite. 3 - Per il Settore Famiglia si consegnerà ai collaboratori di questo settore il Vademecum di Pastorale familiare emanato recentemente dalla Chiesa perché abbiano modo di approfondirlo e di applicarlo alla nostra Realtà. Inoltre si informeranno i fedeli che il 15 ottobre p.v. si terrà presso il Centro pastorale Paolo VI il Convegno diocesano della Famiglia in preparazione al grande raduno delle famiglie che avrà luogo a Milano. 4 - Il Gruppo del Bollettino proseguirà con la sua collaborazione, preparando articoli utili alla pubblicazione. 5 - Infine il Gruppo missionario si impegna ad animare il Mese missionario (Ottobre), con le seguenti iniziative: nelle domeniche di ottobre, preparare due intenzioni per la preghiera dei fedeli; organizzare una Veglia parrocchiale missionaria per sabato sera 22 ottobre, alle ore 20,30, nella cappella dell’Oratorio; organizzare la tradizionale Cena del Povero, sabato sera 29 ottobre, in Oratorio; organizzare l’iniziativa dei panettoni del Mercato Equo e

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Solidale a favore delle Missioni; sostenere economicamente i nostri Missionari castrezzatesi e la Missione della nostra Suor Teresina Sala già passata all’altra vita; aiutare il Seminario di Mons. Lorenzo Voltolini. Inoltre il gruppo missionario si impegna a collaborare per la buona riuscita della Giornata Misionaria Mondiale di domenica 23 ottobre. Quest’anno la testimonianza della cena del povero sarà affidata a Monica e Luca che hanno trascorso – la scorsa estate - un mese con P. Sergio Targa in Bangladesh.

Il segretario verbalizzatore


Vita in parrocchia

Anno pastorale 2011 - 2012

Catechesi del mercoledì alle donne

È

ripreso in settembre l’itinerario di catechesi delle donne nella messa del mercoledì mattina, alle ore 9,30. Al folto gruppo di donne che ci ha seguito in questi anni,va il nostro plauso e il nostro incoraggiamento. Quando si è nutriti spiritualmente, si è in grado anche di testimoniare e di perseverare. La traccia che seguiremo quest’anno, ci è offerta dal documento della Conferenza episcopale italiana intitolato Lettera ai cercatori di Dio. Ci si potrebbe chiedere il perché. Le nostre mamme sono spesso alle prese con chi della fede si disinteressa, oppure con chi la snobba e la contesta. Dove possono attingere motivi e ragioni per perseverare e nel continuare con serenità il loro impegno educativo se non sono esse stesse ben radicate e fondate nella fede? Presentiamo qui di seguito gli argomenti delle catechesi nella loro scansione annuale. Sarà data a tutti la possibilità di avere il libretto-guida per poter seguire più agevolmente la catechesi. Naturalmente non sarà trascurato il riferimento continuo al cammino che la Diocesi sta facendo verso il Sinodo Diocesano sulle Unità Pastorali; la proposta della Missione Popolare dei Missionari di Villare-

gia, nonché il cammino quotidiano fondamentale della Liturgia . A tutte le gentili mamme e donne della Comunità l’augurio sincero di un buon cammino di fede tra le “tribolazioni del mondo e le consolazioni di Dio”. Grazie! Argomenti delle catechesi (Dalla Lettera ai cercatori di Dio)

I - Per avviare la ricerca 1 Il senso e il contenuto dell’itinerario pag.5-6. 2 Le grandi domande dell’esistenza: felicità e sofferenza pag. 7-15 3 Amore e fallimenti pag.16-20 4 Lavoro e festa pag. 21-27. 5 Giustizia e pace pag. 28-33. 6 La sfida di Dio pag. 34-41

II - La speranza che è in noi 7 Quale speranza? Pag 44-45 8 La speranza cristiana ha un nome: Gesù pag 47-49 9 La novità di Gesù pag 49-52 10 Mistero pasquale e speranza : la morte di Gesù pag 52-53 11 Speranza cristiana e risurrezione pag 54-58 12 La Comunità dei discepoli di

Cristo è illuminata dalla speranza pag 58-60 13 Il nostro Dio è Trinità: Padre, Figlio, Spirito Santo pag 61-64 14 La Trinità relazione di amore pag 65-67 15 La Chiesa di Dio: quali caratteristiche (Il nuovo Popolo) pag 68-73 16 La vita nuova secondo lo Spirito pag 74- 78 17 La promessa della vita piena pag 78-79 18 Maria, Madre della speranza pag 80-83

III - Come incontrare il “ Dio di Gesù Cristo”? 19 La preghiera pag 89-93 20 L’ascolto della Parola di Dio pag 94-98 21 I Sacramenti, luogo dell’incontro con Dio pag 99-100 22 Sacramenti e vita nuova nello Spirito pag 101-104 23 il servizio: il discepolo è uno che serve pag 105-107 24 Il dialogo: stile di servire pag 109-113 25 La vita eterna: la speranza ultima pag 114-118 26 Il Paradiso: l’eterno gaudio. Conclusioni.

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d.M.

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Vita in parrocchia

Il saluto dei nipoti al funerale di Carlino, 9 agosto 2011

Ciao, zio Carlino

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uando qualcuno dei nostri cari ritorna al Padre, il nostro pensiero va a ciò che potevamo dire e non abbiamo detto a ciò che potevamo fare e non abbiamo fatto, a ciò che di essi potevamo apprezzare e non abbiamo pienamente apprezzato. Ognuno di noi viene al mondo con un compito, il tuo è stato quello di insegnarci il “dare” senza pretendere nulla in cambio, con negli occhi la gioia di un bambino. Tu, zio Carlino, sei stato speciale perché con la tua semplicità hai saputo entrare nella vita di tutte le persone che hai incontrato sul tuo cammino. Domani forse fiorirà una nuova stella nel firmamento, e noi tutti nelle notti d’agosto, alzando gli

occhi al cielo, la vedremo cadere sulla terra per portarci il saluto di un uomo, che con un brivido, ci ricorderà quanto è stato importante per noi. Hai sorriso, nella tua trasparenza e innocenza alla vita, e dalla vita hai ottenuto generazioni di ragazzi dell’oratorio che ti hanno voluto bene e che continueranno a volerti bene. Perché se è vero che i nostri cari diventano per noi angeli tutelari è vero anche che per i ragazzi dell’oratorio, tu rimarrai sempre Carlino, l’angelo che li custodisce e protegge. Ricordati anche di noi, la tua famiglia, e per noi nipoti abbi un’attenzione particolare, sicuri che qui tra noi tu sia stato l’incarnazione

Castrezzato, l’addio a Carlino Un personaggio semplice che mandava tutti «in ferie» CASTREZZATO Se n’è andato all’improvviso, nel bel mezzo delle ferie, lui che - con rara simpatia - quando lo salutavi in paese di prima mattina, ti invitava «ad andare in ferie» o, se quella mattina girava storta, direttamente «in prigione». «Va en ferie» o «va en pregi», ma capivi che, nell’un caso o nell’altro, non c’era malanimo alcuno. Perchè Carlino Vezzoli - èl principino, come lo si chiamava -, era un uomo buono come pochi. E quella sua «svaghezza», quel suo essere un po’ assente, quel suo camminare a passi lunghi e ben distesi rispondendo a modo suo ai saluti della gente, ebbene - quel suo modo d’essere - non gli ha mai impedito d’essere benvoluto da tutti. Da un bel po’ di anni era di ramazza all’oratorio, dove aiutava nel tenere ordine e pulizia e dove controllava con una diligenza rara l’andare e il venire. Questa mattina ci saranno i funerali. E se è vero che in Paradiso hanno un posto d’onore gli uomini semplici, al nostro Carlino «Principino» uno di quei posti spetta di diritto. dal Giornale di Brescia

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di quello che diceva Gesù: “Ti benedico o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” Aiutaci ad essere piccoli e trasparenti come te, zio, per conoscere e vivere con semplicità e gioia, come tu ci hai insegnato, la bellezza di essere in Gesù. Ricordati anche della nonna Lina che ti ha accompagnato in tutta la tua vita, molto più di una sorella, una mamma, il tuo punto di riferimento. Con il sorriso sulle labbra ci hai sempre “mandato in ferie” . Te ne sei andato prima di ferragosto... questa volta in ferie ci sei andato tu! Magari in Africa! Ciao zio Carlino ti vogliamo bene.


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Il ricordo delle piccole cose di ogni giorno

Carlino: la grandezza dell’essere semplice

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hissà cosa avrà pensato Carlino Vezzoli dal Paradiso, dove la certezza della fede ci fa pensare sia andato dritto dritto, avendo saputo che il “Giornale di Brescia” ha parlato di lui. Sulle pagine della stampa ci si finisce quando si commette qualche imperdonabile errore. Talvolta invece - ma le cronache sono sempre tanto parche in tal senso - quando si è stati protagonisti di qualche gesto positivo di eclatante rilevanza. Lui non è incorso in nessuna delle due categorie. E perché al suo funerale si è ripetuta l’impagabile consuetudine di vedere la nostra chiesa parrocchiale piena di fedeli? Ho gli anni e buona memoria per ricordarlo prima che una malattia infantile, ora curabile, ma allora insidiosa e sovente letale, ne menomasse in parte le facoltà dell’espressione e del rapporto con il prossimo. Era un bimbo bello, come tanti altri, vivace e intelligente, bravo a scuola e a catechismo. Ricordo i suoi genitori, la sua famiglia, modesta come la maggior parte delle nostre famiglie, pur se indicata in paese con un simpatico soprannome che fa riferimento all’alto lignaggio delle corti reali. A Carlino, naturalmente, l’amore dei familiari non ha mai fatto difetto. Dopo la scomparsa dei genitori sono state le sorelle ad accudirlo con altrettanta amorevolezza. Ne era prova, tra le altre, la cura esterna della persona. Alla Santa Messa domenicale, alla quale non ha mai marcato assen-

za, si presentava sempre elegante, con l’immancabile coppoletta tra le mani. Con tutti noi sacerdoti, nativi o in servizio pastorale a Castrezzato, indistintamente, è stato costantemente prodigo di saluti e convenevoli, con quell’espressione che ti rendeva particolarmente gradito il contatto umano e ti strappava il sorriso anche nei giorni di tormenta. E proprio tutti i sacerdoti che lo hanno conosciuto sono passati a salutarlo per l’estremo commiato. Già. Perché tutti gli dovevamo un debito di riconoscenza per quanto ha operato per tanti anni per il nostro Oratorio. Con la grandezza dei veri generosi egli ha svolto un servizio tanto

umile quanto prezioso, come è stato doverosamente ricordato da don Mario nella bella omelia della Santa Messa funebre. Carlino mi ricorda una frase di Oscar Wilde: “Stupisco sempre me stesso. È l’unica cosa che rende la vita degna di essere vissuta”. Quello di Carlino è stato lo stupore dei semplici, ma di quei semplici che lasciano dietro i sé una traccia importante, positiva e indelebile. È quella evangelica delle beatitudini, del manifesto di un Dio che continua a rovesciare i potenti dai troni - è cronaca recente - a ricolmare di beni gli affamati e ad innalzare gli umili. Don Vittorio

Carlino con il Cardinale Pio Laghi (morto nel Gennaio 2009) durante gli ultimi Festoni del 2007.

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Spiritualità

Agosto 2011: una settimana a Medjugorje. Testimonianza di un pellegrino “per caso”

Medjugorje ha invaso silenziosamente ma inesorabilmente il mondo intero Il titolo è riportato testualmente dal libro scritto da don Pietro Zorza “Medjugorje, Cari figli, grazie per aver risposto alla mia chiamata”, Italy 2007

M

i viene concessa una sola mezz’ora per decidere se intendo aggregarmi al gruppo dei pellegrini che ormai da alcuni anni attuano il viaggio verso l’Erzegovina, per vivere l’esperienza d’incontro con i famosi “veggenti” che, attraverso visioni mistiche, ricevono messaggi dalla “Gospa”, Maria nella loro lingua croata. Si sa l’estate è il periodo dell’anno più atteso in cui, liberi dagli impegni lavorativi, si può finalmente folleggiare un poco, alleggerire l’animo divertendosi o dedicandosi alle attività che meglio ci soddisfano. L’invito mi raggela, quasi: non mi va di passare delle belle giornate di sole (finalmente arrivato con prepotenza dopo le piogge prolungate di luglio) in preghiera, col rosario in mano, magari nel “buio” di una chiesa... oppure in processione...immersa nella sofferenza fisica di chi è meno fortunato di me.. sorbendo passivamente delle prediche...in coda per una confessione... Tuttavia, nonostante tutte le mie elucubrazioni mentali, non riesco a dire di no ed eccomi pronta al pullman con le valigie fatte e con la chiara intenzione di utilizzare gran parte di queste giornate a leggere, finalmente, qualche pagina della pila di libri che mi aspettano da tempo; “starò nella mia

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stanza e nel tempo libero leggerò tutto quanto mi sono portata; nessuno me lo vieterà!”. Ora, ad esperienza conclusa, mi fa sorridere questo mio assurdo e quasi infantile comportamento di ribellione ad un progetto che non mi stava per essere imposto dall’esterno, ma che in me era sempre stato profondamente radicato e vivo. Prima d’ora non avevo mai vissu-

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to l’esperienza di un vero pellegrinaggio religioso che potesse rinvigorire e riaccendere il vincolo indissolubile che l’uomo ha con il suo creatore. Seduta in pullman, indispettita per la prospettiva di dover affrontare il disagio di un estenuante viaggio notturno, mi sento presa dalla morsa di una rigidezza che quasi mi fa star male...ad un trat-


Spiritualità

to inizia la vera dimensione del pellegrinaggio, si apre un sipario, inizia un qualcosa che in me opera una trasformazione; sulle note dei canti in italiano e nella lingua dei veggenti, man mano si snocciolano le preghiere sui grani del rosario, svaniscono dentro di me tutte le assurde resistenze, mi abbandono. Mi dico “Voglio vivere al meglio queste giornate”; smetto di pensare e vivo, mi offro all’esperienze che qualcuno ha pensato di offrirmi. Sono giornate di un’intensità indescrivibile, sia per le persone che incontro, sia per le esperienze che mi vengono di ora in ora proposte; ovviamente la pila di libri che ho portato da leggere non la tocco neppure, non c’è il tempo materiale per farlo e inoltre... me ne dimentico; altri sono i percorsi da affrontare, altre le riflessioni da condurre sulla vita di oggi, sul domani; sulla vita terrena e sulla dimensione dello spirito. L’eccellente organizzazione del pellegrinaggio (mi sento a questo punto di ringraziare quegli uomini e quelle donne che a vario titolo hanno collaborato per offrirci tale esperienza) ci consente di verificare e toccare con mano l’eccezionalità del luogo che andiamo esplorando. Siamo sistemati in una piccola pensione, semplice ed essenziale, gestita dai familiari di un veggente, nel villaggio di Bijakovici, ben collegato con la chiesa parrocchiale dedicata a San Giacomo, santo protettore dei pellegrini; chi vuole può scegliere di raggiungere il luogo delle celebrazioni eucaristiche anche attraverso una serie di viottoli di campagna, in terra battuta e soleggiati. Preferisco il pullman che, nonostante la calura, risulta essere il mezzo più agevole. Ecco sullo sfondo stagliarsi i due aguzzi campanili che fiancheggia-

no la facciata; all’interno non c’è posto ma lo spazio esterno è sistemato in modo tale da accogliere centinaia (o migliaia?) di fedeli. Mi colpisce il silenzio nonostante la folla accalcata in ogni angolo, la concentrazione durante la messa, il viso di tanti giovani, la presenza di famiglie con bambini, l’internazionalità delle lingue parlate. Svanisce ben presto la convinzione personale che a Medjugorje avrei trovato solo persone di una certa età, con problemi fisici, gravati dalla vecchiaia e dall’inabilità; mi devo ricredere: attorno a me tanti ragazzi e ragazze di bell’aspetto, vestiti decorosamente, ma alla moda, per nulla ai margini del flusso della vita attuale. Leggo alcune frasi stampate sul dorso della magliette di giovani e meno giovani. Le più particolari: “Salvare il mondo fu un lavoro duro...però Qualcuno ha dovuto farlo!”; oppure: “Ti amo sopra ogni cosa” e tante altre espressioni che palesano l’interesse e l’attenzione verso Dio, filtrate da una sensibilità attuale. Alla fine della celebrazione, mentre la folla si disperde per le vie d’accesso al luogo sacro, la voce di un sacerdote innalza preghiere ed

invocazioni che mi bloccano per lo stupore, tanto mi paiono diverse ed insolite rispetto a quelle comunemente recitate. Eccone alcune: “Gesù, tu che non sei colpevole, aiutaci a liberarci dal senso di colpa dal senso di onnipotenza dai rapporti umani malati da chi ci opprime dal sentirsi inferiori ed incapaci... Aiutaci a benedire gli altri a non parlare male degli altri a non far soffrire gli altri a non intrometterci nella vita altrui a non crocifiggere gli altri con la parola... Qui, mi dico, si curano le malattie non tanto del corpo quanto quelle dello spirito! Tanti sono alla ricerca del riposo dello spirito! L’ascesa alla collina del Podbrdo, (dove il 24 giugno del 1981 i giovani veggenti raccontano di aver avuto la prima apparizione della Madonna) attraverso un sentiero roccioso, accidentato e a tratti erto e faticoso da percorrere, viene intercalata con la recita partecipata e corale del rosario; il sacerdote

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che ci fa da guida spirituale, don Pietro Zorza, ci consiglia di non pregare a voce troppo alta, ma quasi sussurrando per rispettare gli altri gruppi, ma (io penso) per togliere quell’aspetto meccanico ed inconsapevole della recita, che stanca e stona con la volontà del comunicare con Dio e smuovere la nostra parte interiore. Imparo il senso della preghiera con il cuore. La bellezza della natura circostante, l’aria frizzante dell’alba, il silenzio di centinaia di persone salite faticosamente anche a piedi nudi, ci lascia attoniti, ci inginocchiamo attorno alla statua candida della Madonna (innalzata da persone che sostengono di aver ricevuto un miracolo), quasi sulla cima tondeggiante del colle. Chi vuole può portarsi via i fatidici cinque sassolini che a pellegrinaggio ultimato, quando torneremo alle nostre case, rappresenteranno la memoria degli impegni che la Madonna caldeggia nei suoi mes-

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saggi: la preghiera quotidiana, la confessione frequente, la partecipazione alla messa e all’Eucarestia, il digiuno ed il sacrificio, la lettura della Sacre Scritture. Il tutto per uscire dal “coma spirituale” in cui siamo precipitati. Un’altra fatica del pellegrinaggio, che si configura già dal suo inizio intriso di una certa e, per alcuni, anacronistica “fatica” tipica dell’antico pellegrino che a piedi raggiungeva i luoghi del culto, ci aspetta alle prime ore del mattino: la salita lungo l’impervio Krizevac, ovvero il Monte della Croce, dominato dalla sagoma biancastra di un’ imponente croce innalzata nel lontano 1933, in pieno regime comunista, ateo ed anticlericale, dai fedeli del posto, in ricordo della morte del Cristo. Percorro il sentiero cosparso dalle ormai note pietre rosse, aguzze e infide, che mi costringono a dei balzi esagerati per le mie possibilità; percepisco

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una sorta di sofferenza fisica, ma con l’aiuto di chi mi è vicino e di un vigoroso bastone, ce la faccio; si celebra la “via crucis” commentata e arricchita da riflessioni importanti per la vita di un cristiano. La mia testa vola via: penso a questo percorso come metafora della vita, ogni sasso un ostacolo alla meta, una preoccupazione, un inciampo; cosa fare? quale via o scorciatoia prendere? Scorrono davanti alla mente le decisioni attuate grandi e piccole, importanti e banali, in famiglia... al lavoro... con i parenti... con gli amici... un vero ed inaspettato esame di coscienza; ogni pietra un passaggio della mia vita. Sto vivendo ancora con la mia testa, fatico ad abbandonarmi! Tra sassi aguzzi e pietre levigate si aprono piccoli pianori battuti; il piede si appoggia guardingo per evitare le asperità e trovare sicurezza nell’avanzare: tutti vanno alla ricerca del passaggio più age-


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vole e sicuro, con la testa bassa per evitare il peggio. A tratti perdiamo di vista il cielo... la meta... Con lo sguardo inchiodato a terra, arranchiamo. Ci piacerebbe che tutto fosse spianato e semplificato in modo da arrivare veloci a gustare il traguardo...ma la gioia della conquista faticosa non ce la toglie nessuno! Pare che le cose che contano costino sempre fatica ed impegno. Viviamo altre coinvolgenti esperienze: l’incontro con la comunità di recupero per giovani in difficoltà, “Il Cenacolo”, gestito da una suora e la visita alla confraternita delle “Sorelle missionarie della famiglia ferita” che raccolgono i bambini abbandonati (ultimamente anche gli anziani soli) fondata dalla ormai defunta suor Josifa Kordiè, a cui è succeduta la sorella. Mi sento viva e partecipe. Tante intense emozioni...tante riflessioni... tanti propositi... Il momento forte del pellegrinaggio, e senza dubbio il più atteso, è l’incontro programmato con i tre veggenti: Ivan parla dall’altare ad una folla che lo attende silenziosa sotto un sole cocente e le cui parole vengono tradotte in simultanea, Jakov si presenta a noi del gruppo bresciano in una chiesetta vicina alla pensione, non in veste ufficiale, ma quasi amichevole; l’ultimo è quello con Marija, proprio nell’ora dell’apparizione della Madonna. Non ho parole adeguate per esprimere ciò che ho vissuto in quei momenti. A chi incontro e mi chiede come è andata a Medjugorje... se è vero che la Madonna si manifesta a queste persone...se il sole veramente oscilla nel cielo all’ora dell’apparizione...se ho potuto verificare dei segnali di presenza mistica...rispondo semplicemente di andarci, di recarsi personalmente in quel luogo che per me è stato

il luogo in cui hanno perso valore gran parte delle certezze costruite razionalmente nel tempo. Medjugorje elargisce frutti in modo diversificato per ciascuna persona; considero un grande dono quello della pace interiore che i fedeli chiedono intensamente a Maria, invocata qui come Regina della pace, quella pace che “deve regnare tra Dio e gli uomini, e tra gli uomini” (invito contenuto nel messaggio del terzo giorno delle apparizioni). Quindi pace interiore alla persona quale condizione indispensabile per attuare la pace nel mondo intero. Lì si cura una malattia molto diffusa oggi, che non riguarda tanto il corpo quanto lo spirito. Il miracolo? Non ho visto miracoli se non la fede di migliaia di persone e la generosità di tanti individui impegnati nel propagandarla in diverse modalità! Nulla è stato banale e inutile: neppure il momento tradizionale dello shopping per portare a casa un piccolo ricordo dei posti visitati. La corona del rosario, lì portata al collo o avvolta a mo’ di braccialetto al polso, sfavillante di tutti i colori, i ceri di varia foggia da accendere per invocare la pace interiore, la

guarigione dello spirito, alla Madonna della pace. Oltre a tutto ciò, mi sono portata a casa due semplici parole, note da tempo, ma raramente usate: grazie e scusa; il grazie che la Madonna utilizza ripetutamente per aprire i suoi messaggi “Cari figli, grazie per aver risposto alla mia chiamata.” E scusa, la parola con cui dovremmo rivolgerci a Dio ed al prossimo prima di ogni contatto. Prima di avviare ogni forma di preghiera, è indispensabile chiedere il perdono e offrire generosamente il proprio perdono agli altri. Mi riprometto di ricordarmi di questi semplici gesti che non possono far altro che migliorare la qualità della nostra vita di relazione con gli altri e quindi rinforzare la nostra spiritualità. Mi rendo conto,adesso, che il vero pellegrinaggio inizia quando si torna a casa, dove la quotidianità potrebbe soffocare le conquiste interiori attuate durante il viaggio.

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Silvana Brianza

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Calendario liturgico pastorale Ottobre

Novembre

2 Domenica XXVII Tempo Ordinario 4 San Francesco d’Assisi 7 Beata Vergine del Rosario. Supplica alla Madonna di Pompei 9 Domenica XXVIII° Tempo Ordinario Battesimi. 10 S.Daniele Comboni Vescovo missionario. 15 S.Teresa d’Avila. 16 Domenica XXIX° Tempo Ordinario ore 15 Celebrazione dell’Unzione dei malati ( in chiesa parrocchiale) 17 S.Ignazio di Antiochia 18 S. Luca evangelista 23 Domenica XXX° Tempo Ordinario Giornata missionaria mondiale 28 S.S. Simone e Giuda Apostoli. 30 Domenica XXXI° Tempo Ordinario 31 Vigilia dei Santi. ore 18 S Messa festiva vigiliare.

1 Solennità di Tutti i Santi. Orario festivo ore 14,30 Processione al Cimitero partendo dalla chiesa. ore 15 S. Messa al Cimitero (pro populo). 2 Mercoledì Commemorazione di Tutti i Defunti. Sante Messe in Parrocchia: ore 8 e 9,30 - Al Cimitero: ore 15 e 20 - Alla cappella della Casa di Riposo: ore 16. 3 Inizio dell’Ottavario dei Morti che dura fino all’11 novembre Sante Messe al Cimitero: ore 15 e 20. 4 S. Carlo Borromeo vescovo. 5 S. Guido Maria Conforti vescovo. 6 Domenica XXXII del Tempo Ordinario ore 11 Commemorazione del IV Novembre. 9 Festa della Dedicazione della Basilica Lateranense. 10 S. Leone Magno Papa 11 S. Martino di Tours 13 Domenica XXXIII del Tempo Ordinario Festa del Ringraziamento. 15 S.Alberto Magno vescovo. 17 S. Elisabetta di Ungheria, religiosa. 20 Solennità di Gesù Cristo, Re dell’Universo. Celebrazione della S. Cresima ed Eucaristia insieme. 21 Festa della Presentazione della B. Vergine al Tempio 22 S. Cecilia martire. 23 S. Clemente I° martire/ S.Colombano Abate 25 S. Caterina d’Alessandria. 27 Domenica I° di Avvento. Giornata del pane. 30 S. Andrea apostolo.

AVVISO Lunedì 7 novembre alle ore 20,45 in Oratorio, Mons. Cesare Polvara, provicario generale, viene a parlare a tutti i parrocchiani sulle Unità Pastorali e sul prossimo Sinodo. Siamo tutti invitati.

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Camminiamo insieme


Anagrafe Lettera parrocchiale del Parroco

Anagrafe parrocchiale Rinati in Cristo (battesimi) Danesi Fabio di Roberto e Zani Marzia Libretti Benedetta di Amedeo e Baresi Serena Minelli Lorenzo di Piermarco e Orizio Sabrina Tonni Matteo di Fabio e Minelli Mariagrazia Zammarchi Veronica di Marco e Berardelli Debora Boateng Reyoyce di George e Bonney Thersa Borghesi Mattia di Luca e Profumo Valentina Casali Azzurra Teresa di Sergio e Machina Bianca Ferrari Andrea di Gianluca e Coffetti Gloria Brevi Viola di Manuel e Piatti Carlotta Grasso Andrea di Luca Giuseppe e Scalvini Erminia Vezzoli Mattia di Eros e PetralĂŹa Gabriella Cazzago Annalou di G.Pietro e Olmi Mara Casaletti Luca di Mauro e Begni Paola Carolina Migliorini Alessandro di Kesava e Colasuonno Alice Ricca Camilla di Diego e Mombelli Sonia Ferrari Giulia di Marco e Lancini Eleonora Sergi Natale di Domenico e Zogoturhina Inna Cadeo Mirko di G.Pietro e Zotti Valeria Barra Marta di Marco e Gallerini Valentina

Goffi Michele di Alessandro e Noci Chiara Alvioli Matilde di Elia e Bodini Daniela Bianchi Gianluca Romano di Fabio E Noli Donatella Vagni Benedetta di Claudio e Bianchi Serena Nella luce di Cristo (defunti) Machina Teresa di anni 61 Vermi Anna Maria di anni 62 Cavalli Antonio di anni 62 Perego Augusta di anni 72 Grazioli Natale di anni 80 Ghizzardi Velia di anni 92 Sala Ettelvina di anni 84 Pagani Aurelia di anni 70 Vezzoli Carlino di anni 63 Lancini Santina di anni 83 Buffa Pierantonio di anni 74 Cristinelli Pasqua di anni 79 Orizio Lorenzo di anni 58 Fogliata Michele di anni 69 Pedrali Girolamo di anni 80 Mingotti Paolo di anni 63 Cavalli Battista di anni 96 Betella Vittoria di anni 73 Gallerini Vincenzo di anni 76 Matrimoni Maggi Yari con Valotti Paola Fogliata Simone con Nicolini Stefania Brevi Manuel con Piatti Carlotta Domeniconi Stefano con Buffoli Michela Paccani Luigi con Machina Marina Barbareschi Damiano con Bertassi Paola Della Monica Giuseppe con Sala Laura Ricchiuto Piero con Buffa Laura Raccagni Alessandro con Zanini Marika

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don Luciano Baronio, don Sandro, Mons. Luigi Montabilini e Pierino Magoni ai Festoni del 1974


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