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“Il successo del Pnrr si vedrà solo nel lungo periodo” pag
Cottarelli è ottimista sull’efficacia del Piano nel breve, ma avverte: “il problema sarà più in là, quando i soldi saranno finiti”. L’obiettivo è lavorare per una crescita che sia sostenibile
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Gabriele Petrucciani
“L
> Carlo Cottarelli
direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici a strada è quella giusta, ma è necessario capire se gli effetti del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza, ndr) saranno sostenibili nel lungo periodo”. Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici, esprime un giudizio positivo sul piano del governo Draghi che a fine aprile ha ottenuto il via libera di Camera e Senato: “il problema dell’Italia è sempre stata la crescita e la produttività. E con il Pnrr si cerca di porvi rimedio con investimenti e riforme sia nelle infrastrutture disponibili sia nelle condizioni del privato, così che possa crescere meglio. Inoltre, è molto importante anche l’arricchimento del capitale umano, che serve per aumentare una produttività italiana che negli ultimi 20 anni pre-Covid è stata mediamente a zero”.
Nessuna criticità, dunque?
In realtà, se analizziamo il piano nel dettaglio ci sono tante cose che andrebbero capite meglio, a partire dalla mancanza, per ora, delle cosiddette schede, che riportano le date di scadenza dei progetti e i soldi dell’Unione europea assegnati. Inoltre, alcuni progetti sono ancora delineati in maniera piuttosto generale. Ma la preoccupazione principale riguarda, la qualità degli investimenti, ovvero se sono davvero in grado di dare un boost alla crescita. E poi c’è il grosso punto di domanda sulla capacità di fare riforme sulla giustizia e sulla pubblica amministrazione che durino nel tempo.
Ritiene realistiche le stime sull’impatto in termini di Pil?
Vista la quantità di soldi a disposizione, la crescita dell’Italia non può essere messa in discussione, almeno fino al 2023. Il problema sarà più in là, nel senso che il successo del piano si vedrà veramente quando i soldi saranno finiti. L’Italia sarà in grado di continuare a crescere anche senza deficit? Nell’immediato anche il debito cattivo produce crescita. Ma nel medio-lungo periodo sarà importante verificare se le opere pubbliche saranno in grado di aumentare la produttività.
Rispetto al piano targato Conte ha visto un miglioramento?
Con il riconoscimento che il problema principale è nella crescita, alla base del piano targato Draghi c’è un’evidente impostazione filosofica differente. In linea generale, comunque, analizzando i singoli progetti, non è estremamente diverso rispetto a quello di Conte. Sicuramente è molto più preciso, ma va anche detto che nel nuovo Pnrr ci sono circa 32 miliardi in più a disposizione.
Dove si poteva fare di più?
A mio avviso, c’è un settore dove c’è ancora tanta incertezza ed è quello degli asili nido, che sono fondamentali da punto di vista della parità di genere e delle opportunità per i bambini che nascono. In totale sono stati stanziati 4,6 miliardi per asili e materne, ma tra i due c’è una bella differenza. Sugli asili siamo molto indietro rispetto all’Europa e a questo settore nel Piano sono state dedicate solo 7 righe su 277 pagine. Questa parte avrei voluto svilupparla di più, e poi avrei messo più soldi nella pubblica istruzione.
Rischi all’orizzonte?
Il rischio principale è che da un punto di vista macroeconomico non riusciremo ad alzare in modo permanente il tasso di crescita e a rendere sostenibile il nostro debito pubblico, con la possibilità quindi che tra qualche anno si innescherà una nuova crisi finanziaria. Anche la pandemia può essere un freno, ma penso che grazie anche alla campagna vaccinale, e sempre se non ci saranno sorprese in termini di nuove varianti del virus, in autunno usciremo da questo tunnel.