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MONTAGNA SICURA

a zero emissioni, ndr ), il rafforzamento della mobilità pubblica, dell’intermodalità, della mobilità ciclopedonale, passando attraverso la digitalizzazione e la realizzazione di infrastrutture sicure e in grado di resistere ai cambiamenti climatici». Il prossimo passo inizia oggi: l’avvio di un ampio processo di partecipazione, in modo da coinvolgere cittadini e realtà locali nel piano provinciale attraverso la partecipazione a un sondaggio online per rilevare abitudini ed esigenze legate alla mobilità. Lo si potrà fare da oggi e fino al 22 maggio, all’indirizzo 2030.altoadigemobilita.info. Stefano Ciurnelli, coordinatore del piano, insiste sull’importanza della partecipazione nella fase di stesura del piano. «Quando si parla di mobilità — spiega — bisogna tener presente che sono molti i fabbisogni che si intrecciano. Con tre livelli territoriali: quello degli stakeholder, come A22, Rete ferroviaria italiana, comprensori e Comuni, quello dei cittadini e quello degli operatori economici. La sostenibilità è sia ambientale, sia economica, sia sociale: basta che manchi anche solo una di queste tre “gambe” che il sistema non regge». La mobilità di domani, chiosa Vallazza, «sarà sostenibile e in rete, sia in termini di procedimenti (digitali) che di accessibilità (europea)».

Corriere delle Alpi | 12 aprile 2022

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Dotazioni d'obbligo da inizio anno Ma bisogna saperle utilizzare

il vademecum «Dal primo gennaio di quest'anno è di fatto obbligatoria la dotazione dell'artva, della sonda e della pala non solo per chi pratica lo scialpinismo, ma pure per chi fa sci fuoripista o attività escursionistiche in particolari ambienti innevati, anche mediante le racchette da neve, laddove sussistano rischi di valanghe». Lo ricorda Rodolfo Selenati, a capo del Cnsas, il soccorso alpino regionale. Fino allo scorso anno la strumentazione era obbligatoria solo per gli scialpinisti. «E' una necessità data anche dall'autosoccorso, anche per il semplice ciaspolatore». Per il set si parte da 280/300 euro e, per la verità, il peso non è trascurabile. Chi fa escursioni saltuarie, può valutare la possibilità di affittare l'attrezzatura. Ma l'acquisto dà maggiori garanzie di confidenza con l'apparecchio.«Ovviamente questi strumenti non basta portarseli appresso, ma anche saperli usare - insiste Selenati -. E a questo riguardo ci sono i corsi del Cai, svolti da parecchie sezioni. Si tratta dei corsi di scialpinismo, con esperienze in campo. C'è infatti chi carica lo zaino della strumentazione, ma si dimentica, ad esempio, di accendere l'Artva in funzione trasmittente, non appena calza lo sci o le ciaspe. L'Artva (la sigla sta per Apparecchio Ricerca Travolti in VAlanga) dispone infatti di due modalità, entrambe legate alla capacità di mandare e ricevere segnali su una frequenza standard, che per l'Europa è 457kHz. La trasmittente permette di essere sempre individuabili, ad una distanza massima di qualche decina di metri. La ricevente permette invece di intercettare un segnale: è la funzione che va attivata nel momento in cui occorre cominciare a cercare qualcuno finito sotto la neve. È consigliabile indossarlo sotto lo strato esterno dei vestiti, vicino al busto, e non riposto in uno zaino perché la forza della neve potrebbe sfilare il sacco ed allontanarlo dal corpo anche di decine di metri, rendendo inutile la ricerca. Alcuni usano portare il ricetrasmettitore in tasca, ma questo si può fare - consiglia l'esperto - solo in una tasca con cerniera, idealmente fissata tramite il cordino del ricetrasmettitore a un anello interno. «I dati ci dicono che i tassi di sopravvivenza diminuiscono notevolmente dopo che si rimane sotto la neve per più di dieci minuti, quindi - afferma Selenati - è fondamentale essere veloci. Proprio per questo motivo bisogna imparare a conoscere l'Artva come i nostri computer o cellulari. E, dunque, è fondamentale sapere che questo strumento va mantenuto attivo in modalità di invio/trasmissione, fino a quando non è necessaria una ricerca». Nei moderni dispositivi basta osservare lo schermo per farsi un'idea da dove arriva il segnale: la direzione viene indicare da una freccia, con tanto di metri di distanza stimata. --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 20 aprile 2022

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Lago di Misurina, allarme rosso «Non si va sul ghiaccio in aprile»

AURONZO

Non solo Braies. Attenzione a dove mettete i piedi anche sul lago di Misurina. Il monito arriva dal soccorso alpino di Auronzo: il divieto di avventurarsi a piedi sulla superficie del lago ancora ricoperta di bianco è tassativo. Ma c'è come sempre chi se ne infischia beatamente.«È stato solo per puro caso se quanto successo a Braies non è sfociato in tragedia», rammenta Giuseppe Zandegiacomo Sampogna, storico capo del Soccorso alpino di Auronzo, «muoversi su un lago ghiacciato d'alta quota in un mese come gennaio non reca alcun pericolo anche se l'attenzione dev'essere ugualmente massima. Farlo di questi tempi non è solo imprudente. Si tratta di un vero e proprio azzardo al massimo grado. Un gesto che va condannato».Dopo i fatti di Braies, sul lago di Misurina è stato alzato ancora il livello di attenzione.«Misurina si presta a situazioni di quel tipo perché è molto frequentata dai turisti ed anche perché è uno dei laghi situati ad una quota dove la neve è ancora ben presente», prosegue Zandegiacomo Sampogna, «ma il problema naturalmente riguarda tutti i laghi, soprattutto se soggetti alle attenzioni dei turisti. È a loro che va rivolto l'invito, accorato, di evitare movimenti sulla superficie ghiacciata. Anche solo per scattare una fotografia. In questo periodo l'innalzamento delle temperature è repentino. Lo scioglimento del ghiaccio sfugge all'occhio inesperto. Perciò è bene evitare azzardi come quelli registrati a più riprese durante le festività pasquali a Braies».C'è un modo per capire se la coltre ghiacciata sotto i piedi potrebbe cedere da un momento all'altro?«Gli indizi si trovano a riva», risponde Zandegiacomo Sampogna, «ma bisogna saperli leggere. La parte più vicina alla terraferma è la prima a cedere perché più soggetta alle temperature in rialzo. Mettendo in maniera circospetta un primo piede sul ghiaccio si capisce subito la situazione. In caso anche solo di minima spaccatura l'unica cosa da fare è tornare indietro. Ci sono poi altri accorgimenti. Se lo strato di ghiaccio è sottile, ad esempio, mette in evidenza l'acqua sottostante. Ci sono casi in cui l'acqua si mischia al ghiaccio. Sono tutti segnali che quel ghiaccio è instabile. La parte ghiacciata nella parte centrale del lago è certo più solida, ma in caso di incidente i rischi sono altissimi. La temperatura dell'acqua vicina allo zero e l'impossibilità di muoversi agevolmente per via dell'abbigliamento ingombrante e delle scarpe diventano, insieme, una "zavorra" per un essere umano comunque non pronto a gestire una situazione del genere. In certi casi viene a mancare un appiglio perché il ghiaccio circostante continuerebbe a frantumarsi. Tutti elementi che, come successo a Braies, rischiano di mettere a repentaglio la vita umana, salvata stavolta solo dall'intervento tempestivo delle forze competenti». --Gianluca De Rosa© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere del Trentino | 20 aprile 2022

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«I turisti inesperti vanno guidati. Si faccia sistema, serve chiarezza» L’appello di Failoni: «Niente allarmismi». I rifugisti: «Poca preparazione nei nuovi escursionisti»

TRENTO Non dovrebbero servire divieti per impedire di inoltrarsi su un lago ghiacciato mentre ci si gode un piacevole tepore primaverile. Eppure è evidente come il buonsenso a volte possa mancare, dato che nel weekend pasquale ben 14 persone hanno dovuto essere salvate dall’annegamento nelle gelide acque del lago di Braies, in Alto Adige. Nessuno si è fatto troppo male, ma quanto successo ha rilanciato il tema di frequentatori della montagna, spesso turisti, non del tutto consapevoli dei pericoli in cui potrebbero incappare. «Non penso sia corretto fare allarmismi, specie alle porte di una stagione turistica estiva che si annuncia finalmente normale. Tuttavia è anche vero che andare in montagna è diverso dal recarsi in spiaggia o visitare una città. Penso che tutto il sistema turismo trentino debba fare squadra per consigliare e aiutare i visitatori più inesperti, senza presunzione ma anche senza imbarazzi» afferma l’assessore al turismo Roberto Failoni. «Tra accompagnatori, guide alpine, la Sat, il Soccorso alpino in Trentino — prosegue — non mancano certo grandi esperti di montagna che da sempre si prodigano in appelli all’attenzione e alla consapevolezza dei propri limiti e capacità. In questi ultimi due anni poi il turismo montano gode di un nuovo appeal perché può offrire spazi aperti e libertà a chi viene da lockdown e restrizioni. Si può quindi immaginare che accoglieremo anche molti “novizi” che scelgono la montagna per la prima volta. A questi e a chiunque ne abbia bisogno il mondo del turismo deve all’unisono parlare chiaro e dire senza farsi problemi dove possono andare e anche dove non possono andare con le loro capacità, dove occorre fare attenzione, quale attrezzatura serve». Alcuni lamentano anche che forse i turisti in montagna sono proprio troppi, al di là del comportamento dei singoli. «Non è facile dopo due anni di pandemia dire che ci sono “troppi” visitatori — risponde Failoni — ma prima del Covid era un discorso molto attuale. La nostra strategia, insieme a Trentino marketing e alle Apt, è di allargare il più possibile le stagioni. Anziché avere dei periodi di pienone e altri con stanze libere, vogliamo distribuire il carico di turisti in maniera più uniforme su più mesi. Ne avrebbe vantaggio anche l’offerta turistica stessa, potendo garantire un territorio più godibile e meno affollato». Che in Trentino stia arrivando tanta gente che non è habitué della montagna lo ha notato anche Roberta Silva, gestrice del rifugio Roda de Vael sul Catinaccio e da dicembre scorso presidente dell’Associazione che riunisce la categoria. «L’anno scorso abbiamo assistito a un incremento notevole di nuovi escursionisti, i quali a volte scontavano poca preparazione e scarse informazioni. Questo li portava a scegliere mete non alla loro portata, a partire troppo tardi o con il maltempo in arrivo oppure senza l’attrezzatura necessaria» spiega Silva. «E in certi casi — aggiunge — hanno dovuto ricorrere all’aiuto del Soccorso alpino. Purtroppo non è facile gestirsi se non si ha alcuna esperienza. Per esempio un nuotatore può essere in ottima forma, ma scoprire che si stanca in fretta

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