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TRENTO FILM FESTIVAL 2020

degli adolescenti che dubitano del loro posto nel mondo, ma che sono legati da un'incrollabile amicizia, di quelle che uniscono dall'infanzia. Davanti alla camera del regista la giovinezza è eroica e lo spazio è propizio al racconto». Questa la motivazione del premio come miglior documentario assegnato a "Movida", che ha prevalso tra i sei finalisti. Il docu-film del liceo Dal Piaz è stato realizzato nell'ambito del piano nazionale cinema per la scuola, interamente finanziato dal ministero dell'Istruzione e dal ministero della Cultura. «Non ce l'aspettavamo, è stata una bella emozione», dice il regista Alessandro Padovani, che ha ritirato il premio nella capitale. «Il tema del festival era quello dell'età giovane e noi abbiamo raccontato il Bellunese tramite lo sguardo dei ragazzi, alle prese con la domanda se restare o andarsene. Né la montagna da cartolina, né attraverso una visione nostalgica, ma la montagna per come è oggi, ragionando sullo spopolamento della provincia senza auto-assolversi. Sia i bambini di Lamon, sia gli adolescenti di Feltre e il figlio del pastore transumante che abbiamo trovato, dovranno decidere se rimanere o andarsene», spiega. «Spero che magari questo progetto porti anche a ripensare la provincia come luogo che può diventare centro di opportunità».Grande la soddisfazione al liceo Dal Piaz. «Siamo tutti entusiasti», commenta l'insegnante responsabile del progetto Anna Rosa Cavallari. «Sono stati quasi due anni di lavoro tra la fase preparatoria e di ricerca e quella realizzativa. Si è trattato di una piccola produzione cinematografica a tutti gli effetti. Ci sembra importante che il linguaggio cinematografico diventi più familiare tra i ragazzi e vorremmo che il laboratorio cinema coinvolgesse sempre più classi. Siamo partiti con un gruppo di una quindicina di studenti e pian piano vorremmo allargare il numero dei destinatari», aggiunge la docente. «Pensiamo che questo progetto sia stato anche un percorso di educazione alla cittadinanza, perché con i ragazzi abbiamo visitato tanti luoghi, anche periferici, della provincia, e incontrato tantissime persone impegnate quotidianamente nella cura del territorio. Le persone che hanno permesso di realizzare questo lavoro sono state tantissime, basti dire che i titoli di coda durano quattro minuti».

Trentino | 1 Settembre 2020

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La serata dedicata a Ballard fra ricordi e imprese sulle vette

elisa salvi mazzin di fassa "I'm not alone, i'm with the mountains" ("Non sono solo, sono con le montagne"), la frase simbolo di Tom Ballard è stata il leit motiv della serata del Trento Film Festival, organizzata domenica al "PalaDolomites" di Campestrin, in collaborazione con Apt di Fassa, Comune di Mazzin e associazione Antermoia. «Siamo contenti - ha detto in apertura il presidente del Film Festival, Mauro Leveghi di rendere omaggio a Tom Ballard in Val di Fassa, dove lui aveva affetti e amicizie». Nel ricordo di Ballard - scomparso a soli 31 anni sul Nanga Parbat, il 25 febbraio 2019, assieme al compagno di spedizione Daniele Nardi - nel corso della serata (finora la più seguita del festival sui canali social) presentata da Fausta Slanzi, sono intervenuti Romano Stanchina, responsabile tavolo provinciale Dolomiti Unesco, Marcella Morandini, direttrice Fondazione Dolomiti Unesco, ma soprattutto Stefania Pederiva, compagna di Ballard che ha condiviso con lui diverse ascese sulle Dolomiti. «Con Tom ho vissuto i momenti più belli della mia vita, ho ricordi vividi che conserverò per sempre. Era una persona fuori del comune. In montagna cercava se stesso e la madre Alison Hargreaves scomparsa sul K2 quando lui era piccolo. Era il suo ambiente naturale, ecco perché tra le cime non si sentiva solo. Si era innamorato del Catinaccio, che era diventato il suo "parco giochi", in un'estate era capace di compiere oltre cento vie, senza corda, in solitaria. Quando ne apriva una, voleva sempre ripeterla con me». A ricordare Ballard, anche Bruno Pederiva (padre di Stefania), scalatore di razza, maestro di sci e guida alpina. «Tom era un fuoriclasse, gli veniva tutto naturale in parete o sul ghiaccio. Le vie che ha aperto sono difficili, mai banali, da lì si capisce la sua stoffa d'alpinista. Con Tom, nell'estate del 2018, ho ripetuto in arrampicata libera la via dei "due Toni"». A fargli eco Maurizio Zanolla, il grande Manolo: «Ammiro Tom Ballard per ciò che ha fatto e come l'ha fatto, in armonia con la montagna. Io ho dovuto superare la paura del vuoto, che poi si è trasformata in punto di appoggio fondamentale. Nelle linee delle vie di Tom ci sono i suoi sogni disegnati sulla roccia».Non solo maestri dell'arrampicata nell'incontro per Tom, ma anche i registi Elena Goatelli e Angel Esteban Vega, autori di un film su Ballard, la fisarmonicista Margherita Berlanda e la pittrice Riccarda De Eccher che dipinge le più nascoste pieghe delle Dolomiti che un tempo ha arrampicato.

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