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Quello che posso fare da sola non fa niente contro la barriera che ho davanti

Quando sei arrivata qui in Italia ci sono stati problemi di razzismo o di esclusione nei tuoi confronti?

Quando sono arrivata, ormai quasi 16 anni fa, l’Italia era un po’ diversa almeno economicamente: quando le persone stanno abbastanza bene di solito non cercano capri espiatori per il loro disagio. Ho conosciuto/vissuto indirettamente episodi di razzismo già allora, ma sono sempre stata fortunata di vivere in una realtà tutto sommato protetta: una piccola cittadina e la realtà sportiva abbastanza accogliente. Se fossi arrivata in Italia di questi tempi credo che la mia storia sarebbe stata un po’ diversa. Non mi ricordo episodi di esclusione o di razzismo particolari, ma sicuramente ci sono state situazioni spiacevoli dovute all’ignoranza rispetto alla mia cultura; l’ho presa abbastanza con filosofia, con il sorriso e molta autoironia.

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Ma non ti arrabbi quando non capiscono neppure come chiamarti? Come pronunciare il tuo nome?

Qualche volta sì ma solo se sono già di malumore; spesso non ho proprio energie da sprecare in tal senso ed anzi ci rido su. Così va il mondo: come il mio nome può risultare difficile da pronunciare per qualcuno, così il nome di qualcun altro può risultare difficile anche per me. Cerco di usare questa sensibilità verso gli altri. Quello che mi dà molto fastidio è certamente quando si persiste volutamente, in cattiveria, a storpiare il mio nome, ma questo capita molto raramente per fortuna: ho un bel nome e spesso uso l’abbreviativo “Ayo” che va bene per tutti in qualsiasi salsa di accento.

Che cosa significa per te marginalità? Quando ti senti fragile?

Marginalità è quando si è esclusi da certe cose, a priori, perché qualcuno ha deciso di scegliere per te in base a dati non oggettivi, senza darti alcuna voce in capitolo o considerazione, soprattutto se, questa cosa da cui si viene esclusi, potrebbe dare un qualche beneficio. È un atto estremamente ingiusto. Mi sento fragile quando mi accorgo che il mio potere o le mie competenze, da soli, possono fare ben poco contro la barriera che mi trovo dinanzi. Allora cerco di appellarmi ad un potere superiore, può essere un’altra persona che ha maggiori capacità di me che può aiutare ma spesso e volentieri entra in gioco la mia fede e mi appello a Gesù Cristo. Di solito uso entrambe le strategie. L’unione fa la forza.

Cosa vogliono dire per te le parole sacrificio; volontà; difficoltà?

Sacrificio vuol dire farmi una lista di priorità e rinunciare a cose che mi distolgono o non mi aiutano a realizzare il mio obiettivo al di là della piacevolezza della cosa. Volontà è un muscolo che si allena ogni volta che si sceglie qualche cosa rispetto ad un’altra, va di pari passo con disciplina.

Difficoltà è un ostacolo davanti a me, posso ignorarlo e rimanere dove sono oppure affrontarlo e cercare modi di superarlo ed andare oltre... verso il prossimo ostacolo.

Hai raggiunto degli importanti e gratificanti obiettivi. Ma quando il sogno diventa realtà, che si fa?

Penso che in realtà sia un momento delicato perché dopo grandi alti si può avere anche un momento di piccola depressione. Bisogna scendere necessariamente dal picco euforico e ritrovare uno stato di calma e ri-motivarsi per il prossimo obiettivo.

Data dell’intervista: 03/05/2020 Modalità di realizzazione: via mail Intervistatori: Alion Aliraj, Andrea Consolati Istituto: Liceo Antonio Rosmini Rovereto Classe: 1 Sezione: EM Scienze applicate

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