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I limiti più grandi stanno nella propria testa

Ho visto un tuo post su Instagram dove parlavi del fatto che siano stati i 400 metri ad ostacoli a “cercarti” e non viceversa. Cosa pensi che avresti fatto se non avessi incontrato l’atletica leggera? Cosa sognavi da piccola di fare una volta cresciuta?

Prima di incontrare l’atletica leggera ero ben lanciata verso una carriera puramente accademica e per un breve periodo ho sognato pure di fare musica. Idealmente alle superiori avrei continuato a prendere lezioni di violino perché mi piaceva (non prevedevo di fare carriera lì perché obiettivamente non pensavo di avere chissà che talento oltre al puro impegno nell’imparare). Senza atletica avrei fatto del mio meglio per vincere una borsa di studio per andare a studiare medicina all’estero, o in America o nel Regno Unito. Sognavo (e il sogno rimane tutt’ora) di fare la pediatra o la chirurga pediatrica. Mi tengo la facoltà di cambiare idea eventualmente lungo il percorso, considerando l’ampio campo della Medicina e i suoi percorsi; ma rimane una certa preferenza verso l’età pediatrica.

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Nonostante la tua giovane età ti capita mai di pensare a come continuerà la tua vita dopo la carriera da atleta?

Rispetto alla maggior parte degli atleti ho cominciato la mia carriera atletica con la nozione ben stampata nella mia testa che questa sarebbe stata solo una parentesi della mia vita. Ora mi ricredo un po’ sulla durata relativamente breve di questa parentesi in quanto al momento sono proiettata avanti verso obiettivi davvero importanti. Non ho certo l’illusione che continuerà per sempre quindi rimango motivata a conseguire la mia laurea magistrale in Medicina e Chirurgia anche se, rispetto a prima, l’arco temporale nel quale raggiungere questo obiettivo si è abbastanza dilatato.

Quanto credi che conti per una persona con difficoltà motorie lo sport nella vita di tutti giorni?

Credo sia importante che una persona con difficoltà motorie possa godere degli stessi benefici che ha una persona senza difficoltà motorie evidenti. Sono indiscutibili i benefici innanzitutto sulla salute che ha la pratica moderata dello sport nella vita di tutti i giorni. Lo sport inoltre aiuta a far crescere l’autostima, a scoprire se stessi ed interagire con l’ambiente intorno in un modo speciale. Poi lo sport a livello professionistico è un po’ diverso ed è una esasperazione che forse non fa per tutti. Ma sono convinta che sia davvero importante che tutti abbiano pari opportunità di accesso a questa sorta di medicina rigenerativa (permettimi il temine) che è la pratica moderata dello sport di qualsiasi disciplina; è un tassello molto utile nella ricerca della propria dimensione.

Conoscendoti, come credi che avresti reagito se avessi avuto una disabilità fisica? La tua forza di volontà ed il tuo carattere ti avrebbero aiutato a continuare con lo sport?

Se fossi nata con una disabilità fisica vorrei pensare che lo sport mi avrebbe aiutato nella ricerca della mia dimensione e di come andare oltre la mia disabilità. Se la disabilità fisica si fosse manifestata lungo il percorso, la mia fede innanzitutto e poi la mia voglia di continuare a giocare, vincere e ri-testare i miei limiti mi avrebbe riportato allo sport molto probabilmente.

Infine, supponiamo che io stia praticando atletica leggera da quando sono piccolo e che io abbia avuto un incidente all’età di 16 anni perdendo una gamba. Quali sono le prime raccomandazioni che un’atleta del tuo spessore farebbe ad un adolescente che rischia di subire un crollo psicologico dovuto alla sua disabilità?

Ti incoraggerei innanzitutto a non abbatterti, accettare questa nuova realtà ma guardando avanti con senso propositivo. Ti direi che la vita è un dono preziosissimo e finché c’è quello, c’è speranza e si può continuare a sognare e lavorare per realizzarli. Lo sport paralimpico è una realtà da esplorare e si può aspirare ai massimi vertici anche lì, se vedi olimpiadi paralimpiche. Una gamba in meno è solo un limite fisico; se ci si rimette in gioco (e non solo nello sport) si scopre che spesso i limiti più grandi stanno solo nella propria testa. Come prima saranno indispensabili costanza e disciplina per raggiungere i risultati in quanto su questa terra nessun bel risultato viene regalato a nessuno, né ai normo-dotati né ai paralimpici. “Devi essere tu, caro il mio ragazzo, il primo a dover scegliere: se subire passivamente gli eventi oppure cercare di esplorare questa nuova realtà davanti a te. Ti incoraggerei a scegliere la seconda alternativa perché potresti rimanere stupito di te stesso e di quante belle cose rimangono ancora all’orizzonte”. Inoltre ti incoraggerei a conoscere le storie di atleti paralimpici, soprattutto quelli dell’atletica leggera italiana, ma non solo, per cominciare a farti un’idea delle altre possibilità di cui ti parlavo appunto. Tutto questo te lo direi con il sorriso.

Data dell’intervista: 03/05/2020 Modalità di realizzazione: via mail Intervistatore: Trif Eduardo Istituto: Liceo Antonio Rosmini Rovereto Classe: 4 Sezione: DM Scienze applicate

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