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Grande per sempre

Bellezza, fascino ed eleganza senza Confini hanno definito il cammino fotografico di Isa Stoppi, modella iconica degli anni Sessanta, mancata a settantaquattro anni. Il suo volto è simbolo e immagine di un Tempo e di Modi che hanno caratterizzato e definito stagioni che ricordiamo per la propria esuberanza e proiezione in avanti. Ha consegnato alla Storia, fosse anche solo del costume, un portamento tanto signorile da essere traccia indelebile di sogni avvincenti

di Maurizio Rebuzzini

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Nella difficoltà, e forse impossibilità, di rintracciare e ricostruire la personalità di Isa Stoppi, ipermodella che ha definito gli anni Sessanta, e oltre, dei quali ha rappresentato una incancellabile e indimenticabile icona, si può colmare la lacuna con una esaltante edizione libraria del 2016: per l’appunto, Isa Stoppi, a cura di Adriana Glaviano (editing e art director), con testi di Casare Cunaccia e contributi della stessa modella e Gian Paolo Barbieri, una coppia dei quali (testi) in combinazione... l’uno scrive dell’altra e viceversa.

In quarta di copertina, elegantemente in tela nera, l’elenco dei fotografi con i quali ha lavorato: tutti di alto prestigio, tutti di eccellenza. Scorriamoli insieme, nel rigoroso alfabetico con cui sono rubricati, che è poi anche uno dei passi con i quali si possono evocare fantastiche stagioni della Moda, con propria proiezione sul costume sociale (ci piaccia o meno che così sia e sia stato): Neal Barr, Gian Paolo Barbieri, Alfa Castaldi, Henry Clarke, Hiro, Horst P. Horst, Jacques Henri Lartigue, Saul Leiter, Johnny Mocada, James Moore, Ugo Mulas, Helmut Newton, Fiorenzo Niccoli, Irving Penn, Gösta Peterson, Bob Richardson, Bill Silano, Oliviero Toscani e Chris von Wangenheim.

Dall’autorevole elenco, ne manca uno, magari fondamentale: Richard Avedon, al quale -in consueta declinazione spettacolare (da La società dello spettacolo, al solito, con la complicità di Guy Debord)-, si sono riferite alcune rievocazioni giornalistiche italiane della metà dello scorso novembre, all’indomani della scomparsa di Isa Stoppi (sedici novembre, a settantaquattro anni; era nata a Tripoli, in Libia, nel 1946). Per esempio, dal sito di Il Giornale.it, complementare al quotidiano omonimo: «Per il celebre maestro della fotografia mondiale Richard Avedon era “la donna più bella del mondo, con due laghi al posto degli occhi”» [è successo in un ristorante newyorkese, dove Isa Stoppi indossava una pelliccia di lince bianca: affermazione rievocata anche da Gian Paolo Barbieri nella sua presentazione di Isa Stoppi, in monografia, dalla quale riprendiamo più avanti].

Per conoscenza diretta, a proposito di Richard Avedon, possiamo riferire un altro aneddoto spesso ricordato dalla stessa Isa Stoppi; dunque, raccontiamo di prima mano, senza alcuna altra intermediazione. Anni Sessanta, la sua

carriera fu avviata dalla folgorante affermazione al concorso di bellezza Miss Italia Universo, nel 1962, a sedici anni. La sua partecipazione alla selezione planetaria di Miss Universo, a Miami, in Florida, il quattordici luglio dello stesso anno, fu notata dalla leggendaria Diana Vreeland, icona del giornalismo di moda, ai tempi caporedattrice di Vogue. Da cui, qualche tempo dopo, consistente portfolio sotto il braccio, Isa Stoppi predispose un proprio tour newyorkese, di presentazione ai fotografi allora in vista.

Ricevuta da Richard Avedon, nel leggendario studio sulla Fifth Avenue, fu ben accolta... ma! Ma il celebre fotografo scostò la propria poltrona, per mostrarle un pannello pieno di fotografie ritagliate da giornali, appuntate ognuna accanto alle altre. Testuale, circa, indicando un suo ritratto (suo di lei) realizzato da Gian Paolo Barbieri: «Io non riuscirò mai a realizzare una fotografia tanto bella, come questa; per cui, non penso che potremo lavorare insieme. Il confronto è fuori dalla mia portata».

Per quanto poco abbia frequentato personalmente Richard Avedon, che ho incontrato soltanto in tre occasioni immediatamente conseguenti, venticinque anni fa, riconosco questa sua intima serenità che ha attraversato tutta la sua parabola esistenziale. Tanto che, in appoggio all’episodio di Isa Stoppi, è doveroso riprendere un’altra vicenda che lo riguarda. È raccontata in Evidence 1944-1994, catalogo ragionato dell’omonima mostra itinerante, che arrivò a Milano all’inizio del 1995, dall’amico Adam Gopnik (dal 1986, redattore del prestigioso The New Yorker; vincitore plurimo ai National Magazine Award for Essays and for Criticism e George Polk Award for Magazine Reporting).

Attraversando con Richard Avedon il Central Park, di New York, i due incontrano un ambulante che realizza fotobottoni immediati con ritratti polaroid (il fotobottone ha vissuto anche una propria effimera stagione italiana, all’alba degli anni Novanta del Novecento: qualcuno può ricordarlo ancora). Se ne fecero uno insieme, da regalare a una co-

mune amica e poi coinvolsero l’ambulante in una ulteriore sessione operativa con due ragazze di passaggio. Di fronte alla perplessità dell’artigiano, Richard Avedon fu esplicito. Lo tranquillizzò, affermando «anch’io sono fotografo».

In estratto ragionato, leggiamo dal mirabile testo Una su un milione, rievocazione di Gian Paolo Barbieri per l’autorevole monografia Isa Stoppi: «Negli anni Sessanta, la mia carriera era agli inizi e cercavo di trovare modelle che mi aiutassero. In quegli anni, non era facile, perché la moda italiana praticamente non esisteva ancora; e, quindi, c’erano solo ragazze che facevano sfilate nei piccoli atelier. Mio fratello Renzo, sempre attento alla bellezza femminile, mi presentò Isa Stoppi. Feci con lei un servizio di costumi da bagno per la Standa, con un risultato mediocre. La “vera” Isa doveva ancora uscire dal bozzolo. Si presentò con una frangetta e un taglio di capelli molto comune. Inoltre, era paffuttella; e io le consigliai di perdere qualche chilo per avere un volto più fotogenico.

«In quel periodo, Pablo [Manzoni], il famoso make-up artist di Elizabeth Arden, era mio ospite a Milano. Gli chiesi di rendere l’aspetto di Isa più interessante, perché avevo intuito le sue potenzialità. [...] Facemmo un esperimento; Pablo utilizzò per il trucco dei minuscoli fiori e io mi feci prestare dallo Zoo di Milano un boa constrictor: ne uscì una fotografia bellissima.

«Quando Isa andò a New York, Diana Vreeland sventolò questa immagine davanti agli occhi dei suoi collaboratori, dicendo: “I want this”. [...] Il suo volto si illuminò fino sprigionare il lusso, l’eleganza, la qualità, l’allure e lo charme che possedeva. Era diventata di una fotogenia estrema. Di lato, dal basso, dall’alto, di fronte, era sempre meravigliosa. Isa era intelligente, a differenza delle maggior parte delle modelle poco acculturate; e aveva il dono di dare un tocco personale a tutto ciò che indossava, dote anche questa molto rara. Era diventata una tigre bionda dagli occhi color acqua marina. [...] (continua a pagina 34)

ISABELLA

Come riportato nel corpo centrale dell’attuale intervento redazionale, là dove si richiamano testi in accompagnamento e introduzione alla autorevole monografia Isa Stoppi, pubblicata da Silvana Editoriale, nel 2016, sia Gian Paolo Barbieri sia la stessa Isa Stoppi riferiscono coerentemente il loro incontro a Renzo Barbieri, fratello di Gian Paolo. A questo proposito, in ulteriore celebrazione trasversale della fantastica modella, mancata lo scorso sedici novembre, è opportuno (doveroso?) ricordare una ulteriore trasversalità con lo stesso Renzo Barbieri, che aggiunge un pizzico contorno alla personalità di Isa Stoppi, la cui bellezza esteriore ha dato volto e corpo (e richiamo?) al fumetto Isabella, nato nel 1966 sull’onda lunga dei periodici in formato tascabile in evidente richiamo erotico. Isabella (Isabella de Frissac) è stata un personaggio creato da Giorgio Cavedon e Renzo Barbieri con i disegni di Sandro Angiolini, declinato nel genere erotico/storico/avventuroso, inizialmente pubblicato da Editrice 66 (poi ribattezzata Erregi) e infine dalla Ediperiodici. Antesignana di una serie di eroine procaci e disinibite, che -negli anni Sessanta- divennero autentico fenomeno di costume, è la protagonista del primo fumetto erotico-avventuroso pubblicato in Italia, che fece da apripista a un nuovo genere. Dal 2 aprile al 20 dicembre 1966 fu pubblicata una prima serie di diciannove titoli, a partire dal primo originario La duchessa dei diavoli; quindi, immediatamente a seguire, dal 3 gennaio 1967 al 10 ottobre 1976, arrivarono altri duecentoquarantaquattro (244) titoli, per un totale di duecentossantatré (263) storie. A margine, e in ulteriore trasversalità a noi congeniale, va ricordato che, tra le sue tante serie a fumetti, la Ediperiodici di Renzo Barbieri, che per anagrafe e frequentazioni giovanili (magari, in caserma) qualcuno può ricordare/individuare per lo squalo stilizzato visibile sulla costa dei fascicoli, ha avuto anche Jacula, altrettanto nel filone erotico/storico/avventuroso.

Da cui, dal nostro punto di vista mirato, richiamo al numero 207, del 30 marzo 1977, intitolato Dagherrotipi, che ha come coprotagonista Louis Jacques Mandé Daguerre, al quale si accredita l’invenzione della Fotografia, con tanto di visualizzazione esplicita in copertina.

n; Linea Italiana , 1967 © Gian Paolo Barbieri / Per Mila Sch Ö

Panorama , 1968 © Gian Paolo Barbieri / Coppola e Toppo;

, 1967 n; Linea Italiana Ö © Gian Paolo Barbieri / Per Mila Sch

(continua da pagina 31)

«Isa Stoppi: posso solo dire, citando Baudelaire, che “la bellezza è una promessa di felicità”. E chi non è felice di ammirare il volto di Isa? Come affermano gli antichi filosofi greci, “dove esiste la ragione nasce la bellezza”. Isa sarà sempre grande. È la moda che è diventata piccola».

Risponde (?) Isa Stoppi, nella stessa monografia, rivolgendosi a Gian Paolo: «L’incontro che ha determinato il mio destino è stato senza dubbio quello con Gian Paolo Barbieri, uno dei più grandi fotografi italiani, colui che ha saputo cogliere ed esaltare non solo la mia bellezza esteriore, ma anche la mia sensibilità e sensualità. Con Gian Paolo, ho costruito un rapporto di amorevole amicizia e di complicità che mi ha accompagnato per tutta la vita. A presentarci fu Renzo, il fratello di Gian Paolo, anche lui un amico insostituibile, sempre vicino e presente attraverso i successivi tornanti della mia esistenza. A lui, che non c’è più, voglio dedicare un ricordo particolarmente affettuoso».

All’indomani dello scorso sedici novembre, ho ripreso tra le mani la monografia Isa Stoppi. Lo ripercorsa più e più volte, continuando sempre a stupirmi ed emozionarmi di fronte a nuove scoperte, nuovi richiami, nuove curiosità. Non tanto paradossalmente, perché è vero l’esatto contrario, il contenuto di questa raccolta di interpretazioni di Isa Stoppi supera quelli che sono alla portata di collezioni di autori fotografi. È un viaggio attraverso i modi della nostra collettività; addirittura, sarebbe un casellario da adottare in una Facoltà universitaria che dalle Scienze Sociali potesse includere Studi Umanistici.

È una evocazione di un Tempo che c’è stato. Di un Momento in cui, soprattutto a e da Milano, tutto poteva accadere... e tanto è successo: il Derby Club, Enzo Jannacci, Giorgio Gaber, Dario Fo, Linus, il Capolinea, il Movimento Studentesco, gli ideali, le intolleranze, i sogni, le speranze, la curiosità, la voglia di sapere e capire.

Insomma, la Vita. ■ ■

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