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Di pacco in pacco

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Diversi da chi?

Diversi da chi?

Film italiano del 1993, diretto da Nanni Loy, che lo ha sceneggiato insieme a Elvio Porta, Pacco, doppio pacco e contropaccotto è scandito sulla cadenza di dieci episodi che celebrano l’arte napoletana di arrangiarsi (in forma di commedia, oltre che abito retorico). Dal nostro punto di vista viziato -per proprio statuto indirizzato alla convinta presenza della Fotografia al Cinema, soprattutto nelle sue sceneggiature-, qui e ora, ci interessa soltanto il decimo finale, che estende il proprio titolo parziale all’insieme complessivo: per l’appunto, Pacco, doppio pacco e contropaccotto, che esalta la moltiplicazione della truffa che prolifera su se stessa.

Prima di approdare a questo episodio “fotografico”, soggetto esplicito delle nostre odierne considerazioni a tema, sono necessari due preamboli: uno di fondo; l’altro di contenuto. In questo ordine.

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Dopo aver (già) annotato come e quanto la sceneggiatura del film Pacco, doppio pacco e contropaccotto sia rivestita di retorica, superficialità, convenzionalità e luoghi comuni, invitiamo a distinguere la vita vera dagli svolgimenti cinematografici, per forza di cose spesso semplificati e banalizzati, per proprio fine: in questo caso, come in altri analoghi, con intenzioni di serena commedia. In proseguo, l’insieme dei raggiri qui sceneggiati sottolinea, comunque, un aspetto intrigante della truffa, per perpetuare la quale è buona norma coinvolgere la vittima, prospettandole un ruolo protagonista. Ovvero, chi è truffato viene spesso compromesso nell’imbroglio allettato da un proprio possibile guadagno sopra le righe e fuori dalle regole e leggi; dunque, se vogliamo, è più colpevole che vittima: come è, per i due involontari (ma volontari) protagonisti della vicenda cinematografica-fotografica in soggetto attuale.

Il contenuto, come d’obbligo, prima di entrare nel nostro specifico. I dieci episodi del film Pacco, doppio pacco e contropaccotto, di Nanni Loy (ribadiamo), si snodano in crescendo. Li sintetizziamo senza indicazioni di interpreti, perché sono qui presenti come complemento oggetto e non soggetto; soltanto, per rispondere anche all’inevitabile (?) società dello spettacolo, segnaliamo almeno presenze più accreditate di altre: Leo Gullotta, Alessandro Haber, Giobbe Covatta, Enzo Cannavale, Nunzio Gallo, Angela Luce e Mara Venier.

Uno, L’esame: un truffatore si finge poliziotto per esaminare il “collega” Gennaro Apicella allo scopo di trovare un complice in affari.

Due, Non vedente: con la sua auto, un commissario di Polizia fa cadere una motocicletta, ferendo gravemente il conducente; in ospedale, scopre che il ferito è tale Rosario Aurispa, un impiegato che

per anni si è finto non vedente pur di ottenere un lavoro. Messo alle strette dalle indagini del commissario, per non essere licenziato, il truffatore Certificate come ru- ricatta alcuni colleghi, minacbate, due Nikon F4 ciando di rivelare loschi affamotorizzate sono ri nei quali sono implicati, e confezionate in un svela alla fidanzata di sapepacco di carta. Ma! re dei suoi tradimenti con i colleghi dell’ufficio. Ma! È una truffa: den- Tre, Consulenza fiscale: tro il pacco, gli acqui- dietro compenso, Gennaro renti trovano due mattoni sagomati. Apicella e un suo collega offrono consulenza fiscale alla moglie di un fruttivendolo Dal pacco originario, si passa al doppio pacco, governato dal parnei guai con l’erario; di fatto, occultano i documenti che accertano l’evasione. Quattro, Il fantasma di via cheggiatore (abusivo). Sanità: il cavalier Nicola Settimelli occupa abusivamente Al commissariato di un lussuoso appartamento, polizia, due arma- dal quale viene sfrattato, con di pieni di mattoni un grottesco stratagemma, in forma di reflex. dallo “spirito” del vero avente diritto, Alfredo Santoro, la cui moglie Maria si finge vedova. Cinque, Rientro estivo: simulandosi incaricati della compagnia marittima, e intascando il prezzo del biglietto, la solita coppia Gennaro Apicella e socio imbarcano su un traghetto ancorato per manutenzione alcune famiglie in rientro dalle ferie estive in auto. Sei, Tengo un americano: portinaio in un palazzo dove esercita una bisca clandestina, Gaetano segnala in anticipo irruzioni e perquisizioni della polizia. Per comprare l’alloggio da cui rischia di essere sfrattato, architetta una truffa ai danni del tenutario della bisca, ricavandone trenta milioni. Creditato agli attori Luigi Attrice, Tommaso Bianco, Giuseppe De Rosa, Oscar Di Maio e Luigi Petrucci, l’episodio Pacco, doppio pacco e contropaccotto è il decimo e conclusivo del film che ne riprende il titolo: reSette, Psicologia: con l’ennesima trovata, in piena estate, Gennaro Apicella e suo figlio riegia di Nanni Loy, edizione 1993. La truffa si basa su due reflex Nikon F4 scono a convincere almotorizzate, che attirano e allettano acquirenti in cerca dell’affare. cuni passanti ad acquistare soprabiti invernali.

Otto, Cuore di mamma: un severo e integerrimo professore di matematica s’invaghisce di Pupella, avvenente ballerina di night club, che un suo studente sull’orlo della bocciatura gli presenta come mamma, allo scopo di corromperlo. L’anno scolastico successivo, con un ricatto, il professore obbliga il ragazzo a fargli incontrare la madre; all’appuntamento, si presenta invece il padre avvocato (in realtà l’autista personale del ricco e furbo studente), che minaccia legalmente e fisicamente il professore, obbligandolo a promuovere a pieni voti l’alunno. E altro, ancora. Nove, Corruzione: (ancora) Gennaro Apicella e socio riescono a compiere una truffa ai danni di un estorsore. Dieci (ed eccoci qui!), Pacco, doppio pacco e contropaccotto, sul quale ci soffermiamo, una volta approdati, per la componente “fotografica” della truffa in tre tempi successivi e consequenziali. Due ricchi fratelli, con tanto di Porsche, sono allettati da un paio di Nikon F4 motorizzate rubate, del valore commerciale evocato di quattro milioni di lire ciascuna (?), che mercanteggiano da tre milioni di richiesta originaria a un milione “sull’unghia”. Ovviamente, dopo aver accertato il contenuto del “pacco”, rientrando in auto, scoprono che racchiude -invece- due mattoni sagomati a macchina fotografica. Un parcheggiatore (abusivo) si offre per far recuperare il maltolto. Rintracciato il venditore, si avvia una seconda negoziazione per un altro milione di lire; la compravendita viene disturbata da un litigio tra

Per certi versi, la Fotografia è ancora coprotagonista di un’altra, precedente, frode in forma cinematografica nel film Totòtruffa ’62, del 1961, diretto da Camillo Mastrocinque. La coppia di truffatori Antonio Peluffo e Camillo -rispettivamente interpretati da Totò (in richiamo di titolo) e Nino Taranto- agisce per “nobili” fini: mantenere in un collegio esclusivo Diana (l’attrice Estella Blain), figlia di Antonio, che lo crede ricco diplomatico sempre in giro per il mondo.

Tra i tanti raggiri della sceneggiatura, c’è quello della vendita della Fontana di Trevi a un ingenuo turista italo-americano (l’attore Ugo D’Alessio, nei panni di Decio Cavallo), che crede di investire su un reddito costante e continuo: la tariffa per fotografarla e il recupero quotidiano delle monete lanciate nell’acqua.

Altro rimando fotografico ovvio per la stessa Fontana di Trevi, a Roma, celebrata da uno dei passaggi cult del film La dolce vita, del 1960, di Federico Fellini, uno dei principali per la combinazione Fotografia-Cinema, dal quale è nato il neologismo di “Paparazzo”. Con quanto ne è conseguito.

una coppia, che si conclude con un inseguimento dal primo piano, lei nuda. Ancora ovviamente, i due scoprono che anche il secondo “pacco”, da cui il doppio pacco, contiene altrettanti due mattoni sagomati. Non resta che denunciare al Commissariato di Polizia, dove l’agente di servizio ammette l’impossibilità di rintracciare i truffatori: e mostra due armadi pieni di identici mattoni camuffati da macchina fotografica. Uscendo dagli uffici, in corridoio, i fratelli incappano in un personaggio che si presenta come ex agente, in pensione. La sa lunga sulla truffa subìta, per la quale propone una strada da perseguire. Arrivati sul luogo dei misfatti originari, nascosti in un androne, i tre assistono all’inizio di una identica truffa.

Il finto ex poliziotto interviene e recupera quello che sarebbe il pacco contenente le due agognate Nikon F4 di base. Sollecita i due fratelli a tenersele, previa mancia per il suo interessamento: le ultime trecentomila lire (forse), che hanno nel portafogli.

È scontato: dopo il pacco e il doppio pacco, si approda al contropaccotto: per la terza volta, ancora mattoni sagomati.

Scena finale in trattoria, dove stanno mangiando tutti i personaggi della sceneggiata in truffa. Le due Nikon F4 tornano in campo. Il cameriere propone di venderle a un fotografo lì vicino, che sarebbe disposto a pagarle in contanti. No, neanche a parlarne: «Noi a queste [Nikon F4] teniamo... Con queste qua dobbiamo vivere in tre famiglie!».

Avanti un altro. ■ ■

Ancora un complice della elaborata truffa, per approdare al contropaccotto conclusivo. Ancora abile sostituzione che delude le aspettative dei due acquirenti. Ancora niente Nikon F4. Comunque, le due Nikon F4 motorizzate non sono in vendita, perché sono preziosa fonte di reddito: «Noi a queste teniamo... Con queste qua dobbiamo vivere in tre famiglie!». Se vogliamo vederla così, questo è il lato “buono”, perché folcloristico, della truffa... della stereotipata “arte di arrangiarsi”.

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