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L’ALLARME DEL 2014

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di Giulio Forti

Non ha stupito il comunicato della Koelnmesse del ventisette novembre. Che il vento non fosse più quello di una volta era chiaro, e vari espositori discutevano la vaga idea di lasciare la fiera di Colonia. Una operazione impossibile, perché “se ci vanno loro, non possiamo non esserci noi”. Così, Koelnmesse e la German Photo Industry Association hanno tenuto duro e sono riuscite ad attrarre ancora una volta i grandi marchi agli appuntamenti del settembre 2016 e 2018.

Nonostante la folla dei soliti centottantacinquemila visitatori ufficiali (185.000) e -addirittura- di cenonovantunomila, nel 2016 (191.000), l’edizione 2018 accoglie il pubblico, ma i padiglioni ridotti e gli ampi spazi non sono un buon segno. Mai come prima, i dirigenti dei grandi marchi ammettono apertamente che non ha più senso partecipare a Photokina (fiera biennale della tecnologia fotografica, nell’autunno degli anni pari, a Colonia, in Germania), spendendo tre o quattro milioni di euro tra progetto, trasporti, allestimento, spazio e centinaia di addetti da pagare. Gli affari non si fanno più in fiera; comunicazione e pubblicità sono cambiate; gli stessi siti aziendali e i social annunciano le novità in diretta; che senso ha viaggiare fino a Colonia, dall’Asia o dall’America?

Nel 2019, la direttrice di Photokina è licenziata in tronco; poi, a tempo debito, Koelnmesse annuncia che la nuova fiera aprirà ai primi di maggio del 2020: durerà quattro giorni e sarà annuale, come la prima edizione del 1950. Una scelta schock, che la degrada a livello di fiera nazionale, almeno secondo molti operatori. Addirittura, Fujifilm, Nikon e Sony fanno sapere che non vi parteciperanno; Canon, invece, ci sarà. Il consiglio dell’organizzazione cerca di recuperare, trattando con i clienti più importanti, e invita la stampa di settore ad Amsterdam, lo scorso quindici gennaio, per (Photo Marketing Association) attira l’interesse dei maggiori produttori esteri, e quando scrissi che era diventata sem-

In una fiera, quello che conta è ciò che gli espositori propongono; in mancanza, giovani uomini di marketing parlano di nuova cultura, ma senza chiarire di che si tratti.

una conferenza sulla Photokina 2020, prevista dal ventisette al trenta maggio. Il progetto è ambizioso, forse un po’ troppo ottimista; tuttavia, sarà l’orribile Coronavirus a decidere. Tutto è annullato e rinviato al 2022; quindi, c’è più tempo per ragionare. Ma cosa puoi fare quando il mercato crolla e i conti non tornano? Di fronte alla cruda realtà, il ventisette novembre l’annuncio che l’edizione 2022 è cancellata e Photokina sospesa fino a nuovo avviso. Come ho già rilevato, non stupisce. Come mezzo mondo, l’anno scorso, Koelnmesse aveva sofferto, ma dalla primavera avrebbe perso circa venti milioni al mese.

Nel numero di novembre 2014 di Fotografia Reflex, ho riferito degli operatori che ritenevano Photokina superata. Del resto, non si può essere ottimisti quando, nel periodo 2010-2014, hai visto precipitare macchine fotografiche e compagnia da centoventicinque milioni di unità a quarantatré milioni (da 125 a 43). Per anni, Photokina ha combattuto per la sua leadership mondiale con un’agguerrita concorrenza. Negli Ottanta, la potente PMA americana pre più importante e internazionale ricevetti una letteraccia dalla Germania. Nel tempo, la Fotografia -sempre più digitale- trova spazio nelle fiere dell’informatica, alla IFA di Berlino e poi al CES, che, nel 2012, a Las Vegas, ospita un PMA ormai perduto. Nel 2010, in Giappone, il CIPA+, di Yokohama, prende il posto dell’itinerante Japan Camera Show, che cresce dichiarando di essere oggi il maggiore Camera Video Show del mondo.

Ho rispolverato il 2014, perché quella edizione fu un allarme preoccupante, come ammette la stessa Koelnmesse nel proprio comunicato. In una fiera, quello che conta è ciò che gli espositori propongono; in mancanza, giovani uomini di marketing parlano di nuova cultura, ma senza chiarire di che si tratti. Nelle conferenze stampa si vola alto, con visioni e sogni poco convincenti; si svelano nuove market strategy, tra le quali il progetto di aprire propri negozi online a livello europeo per unificare i prezzi. Alcuni, invece, professano che il crollo delle vendite è un’opportunità, ma non proiettano più su schermi giganti i dati sulle rispettive quote di mercato: chi poteva aver voglia di proiettare grafici in precipizio?

Quell’anno, alla fiera di Colonia, debuttarono Blackmagic, Google e GoPro, il fortunato prodotto della action-camera per definizione, e Lytro, con sensore light field che seziona la profondità delle inquadrature in quaranta piani di messa a fuoco. Come altre meraviglie, sparirà velocemente, ma c’è comunque ottimismo tra gli informatici più visionari. Per loro era meraviglioso sapere che su Facebook e Instagram venivano caricate miliardi e miliardi di fotografie, perché “è lì che stanno maturando i nostri clienti”. Evidentemente, non sapevano che bello era quando miliardi di stampe cartacee a colori producevano milioni di utili e non milioni di like.

Tutto ciò dava la sensazione di una incertezza generale. Finite anche le compatte digitali, si punta su modelli di fascia medio-alta come le “ognitempo” indistruttibili o quasi. Oppure, le bridge con zoom esagerati, che non avranno grande fortuna. Le reflex digitali soffrono meno. Alcune confidenze fanno intendere che ci saranno novità sostanziali con nuovi sensori organici e magari la realizzazione del vecchio sogno (!?) del sensore intercambiabile o qualcosa di demenziale del genere.

Oggi, nessuno può dire se Photokina tornerà tra di noi o sparirà per sempre. La sua storia, però, resterà, perché invenzioni, sviluppo e futuro hanno attraversato le sue stanze per settant’anni. Ho avuto la fortuna di assistere a una consistente parte di questo processo, dal 1968, quando la Cofas, allora importatore di Nikon, con la quale collaboravo, mi spedì a Colonia per ricevere i visitatori italiani nello stand di Nippon Kogaku.

Sì, il tempo passa. ■ ■

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