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Alcatraz
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Su questo stesso numero, da pagina 34, censiamo e commentiamo una certa e identificata proiezione della fotografia di cronaca, soprattutto “nera”, in avanti nel Tempo. Per forza di cose, ovvero reperibilità di sintesi attendibili -sulle quali ragionare-, siamo stati obbligati a riflettere sulla base di storiografie statunitensi, che nel panorama complessivo della Fotografia, e non soltanto di questa (ahinoi, ahivoi), sono sempre più attente di altre geografie. Anche qui, come già là, non è il caso di soffermarci su questo, oltre la semplice e amara constatazione di fatto. Punto.
Anche qui, ancora, in complemento alle note alle quali ci riferiamo, attingiamo da fonti statunitensi, in racconto di una loro esperienza sociale sostanziosamente rilevante, sempre in attuale chiave “giudiziaria” e dintorni. Come giornalisti, siamo convinti che la validità delle informazioni dipenda dalla legittimità delle sorgenti da cui provengono. Le attuali credenziali sono più che attendibili. Sono assolutamente affidabili.
Due sono le sintesi “librarie” di riferimento, entrambe rivolte nella medesima direzione. Inside USP Alcatraz 1934 to 1963, che sottotitola Life Behind Bars (da All’interno del penitenziario di Alcatraz a Vita dietro le sbarre; con USP acronimo di United States Penitentiary, nel senso di penitenziario federale), è una sorta di libretto a svolgimento di dieci centimetri per quindici, con spessore di tre centimetri abbondanti, che si snodano su sessanta robuste facciate illustrate: sulla maggior parte delle quali, segnaletiche di carcerati si alternano e sovrappongono ad accadimenti nazionali e internazionali, anno dopo anno, durante la storia trentennale del celebre carcere californiano.
Quindi, Alcatraz. Prisoner Mug Shots and Records è un cofanetto 12x16,3cm che riunisce e presenta trenta segnaletiche di prigionieri efferati che sono stati rinchiusi nel celebre carcere nella baia di San Francisco, più quattordici visioni della vita della prigione, più una scheda introduttiva: per un totale di cinquanta cartoncini fronte/retro 10,8x15,1cm, alla maniera delle card statunitensi dello sport (di dimensioni inferiori, ma -soprattutto- differenti dalle “figurine” italiane in solo fronte), da conservare in apposite custodie mobili trasparenti, che consentono la consultazione frontale (ritratto dell’atleta
/ segnaletica del carcerato) e in verso (statistiche delle prestazioni nel proprio sport / storia criminale del soggetto). Nulla a che spartire, sia chiaro, con monografie storiche che raccontano nel dettaglio e ricostruiscono con minuzia di particolari quanto accaduto tra Archivio FOTOgraphia le mura di Alcatraz, che dalla sua chiusura, il 21 marzo 1963, trent’anni dopo il suo avvio come carcere federale di massima sicurezza, l’11 agosto 1934, è luogo di visite turistiche guidate. Ma, allo stesso momento, con la sola personalità della fotografia di “traverso”, soprattutto segnaletica, due sintesi che evocano più e meglio. In effetti, siamo sinceri, non è tanto l’evidenza di fatti e accadimenti che racconta la Storia, quanto, spesso, la lievità di richiami e ricordi che suscita emozioni e coltiva riflessioni. Con questo e in questo, sottolineiamo anche il valore della Fotografia, al pari di quello delle parole non dette. Altrimenti identificato come The Rock, la roccia, per il suo essere isola soltanto rocciosa, per l’appunto, oltre che impenetrabile e a prova di evasione, impedita dalle fredde correnti marine che attraversano i due chilometri di mare nella baia di San Francisco, di fronte alla città, il carcere di Alcatraz è famoso per leggende metropolitane che hanno sollecitato la fantasia popolare. Il suo fascino come ambientazione cinematografica pittoresca (appunto, cultura popolare) si basa anche sulla sua bellezza naturale, dall’isolamento e dalla sua storia di prigione (ora museo), dalla quale, ufficialmente, nessun prigioniero sarebbe riuscito a fuggire. Tra le fantasie cinematografiche lì localizzate, merita particolare attenzione l’effimera serie televisiva Alcatraz, che passa Inside USP Alcatraz 1934 to 1963. Life Behind Bars è un libretto a svolgimento di attraverso le epoche. Si dieci centimetri per quindici, con spessore di tre centimetri abbondanti; sessan- ipotizza che la chiusuta facciate illustrate; Golden Gate National Parks Conservancy, 2014; 4,95 dollari. ra non sia stata determinata da condizioni
FOTOgraphia Archivio
non più sicure per i suoi prigionieri e le guardie a sorveglianza, ma che i “residenti” siano scomparsi tutti insieme, nel 1963, a seguito di misteriosi esperimenti sul Tempo. Da cui, uno a uno, riappaiono nell’attuale San Francisco, dove vengono perseguiti da un’agenzia governativa che deve impedire loro di commettere ulteriori crimini, determinando anche le ragioni del loro ritorno.
Tutto questo, solo questo, a certificazione e testimonianza di una interpretazione leggendaria di un’epoca, per evocare la quale le due selezioni appena accennate -e tanto basta- forniscono evidenze fotografiche delle quali fare prezioso tesoro: in merito e onore della missione della Fotografia, raffigurativa per natura, ma rappresentativa per mandato.
In particolare, una volta ancora, una di più, mai una di troppo, prima di tutto è obbligatorio (oltre che perentorio) stabilire un parametro, un valore, un assioma: come e quanto la Fotografia influenza la nostra Vita. Autentico linguaggio del Novecento, non soltanto visivo, la Fotografia appartiene tanto alla vita quotidiana attuale, da suggestionarla: dalle pagine dei giornali, come anche dalle affissioni pubblicitarie lungo la strada. Da e con Paul Valéry (da Scritti sull’arte La conquista dell’u
biquità; 1934): «Come l’acqua, il gas o la corrente elettrica entrano grazie a uno sforzo quasi nullo, provenendo da lontano, nelle nostre abitazioni per rispondere ai nostri bisogni, così saremo approvvigionati di immagini e di sequenze di suoni, che si manifestano a un piccolo gesto, quasi un segno, e poi subito ci lasciano». Tra tanto altro, senza alcuno spirito di qualsivoglia antagonismo o contrapposizione, la Fotografia dà spessore a una propria caratteristica, che la distingue dalla pittura. Mentre i dipinti, Alcatraz. Prisoner Mug di ogni epoca, sono sempre Shots and Records; co- e soltanto attribuiti al profanetto 12x16,3cm che ri- prio autore, e compongono unisce e presenta trenta segnaletiche di carcerati, con altri quattordici/quini tratti della sua Arte, la Fotografia (del vero, dal vero) rimane vincolata al soggetto rappresentato. E su quedici accompagnamenti sto si basa il suo valore dofotografici; Golden Gate cumentario ed esistenziale. National Parks Conser- Certo, non siamo così invancy, 2005; 12,95 dollari. genui da non conoscere le insidie del linguaggio fotografico, e degli stereotipi che l’accompagnano. Per cui, sappiamo bene come sia soprattutto occidentale l’idea secondo la quale ciò che si trova davanti all’obiettivo debba essere vero, deve essere la realtà (tanto che, nel Diciannovesimo secolo, la gente aveva l’abitudine di posare con oggetti personali appartenuti a familiari, assenti o deceduti, per poterli includere, emotivamente, nella fotografia). Ancora: l’effetto di realtà della Fotografia riguarda innanzitutto la propria aderenza formale a ciò che rappresenta; il suo contenuto può essere manipolato e selezionato, senza invalidare, screditare o sminuire il suo supposto valore di verità documentaria fondato sulla tecnica. Da cui: la grande rivoluzione della Fotografia è stata quella di mostrare la realtà senza apparenti mediazioni e da qui, forse, è nata la sua diffusione e popolarità anche come documento inoppugnabile (?).
Magari, la Fotografia ha assolto la condizione che il filosofo inglese sir Francis Bacon espresse nel 1620, in The new organon or true directions concerning the interpretation of nature: «The very contemplation of things as they are, without superstition or imposture, error or confusion, is in itself more worthy than all the fruit of inventions» (La semplice contemplazione delle cose così come sono, senza superstizioni o inganni, errori o confusioni, vale più di tutti i frutti dell’invenzione).
Già: le cose così come sono, in visione scientificofilosofica di un pensatore coetaneo a Galileo Galilei, il quale -però- aveva a disposizione strumenti ottici per osservazioni ingrandite e dettagliate dell’Universo.
Ma! ■ ■
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