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Mille strade

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Colombo

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/ VOGLIAMO PARLARNE? / MILLE STRADE

SI PUÒ APPRODARE A INCARICHI PUBBLICI PARTENDO DA BETTY PAGE

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di mFranti

Escludo che Lorenza Fruci sia stata nominata Assessora alla Cultura del Comune di Roma, guidato dalla Sindaca Virginia Raggi, per le sue qualifiche nel leggero mondo del burlesque e contorni. Penso che siano valsi altri meriti della sua carriera giornalistica, che non questi specifici e mirati, che l’hanno anche portata a una biografia di Betty Page, icona visiva spesso evocata su queste pagine, intitolata (per l’appunto) Betty Page. La vita segreta della regina delle pinup, pubblicata da Giulio Perrone Editore, nel 2013, in occasione del novantesimo dalla nascita (22 aprile 1923), cinque anni dopo la sua scomparsa (11 dicembre 2008).

Però, allo stesso momento, non posso non registrare la curiosa combinazione, che ha proiettato nel pantheon politico della Capitale la quarantatreenne Lorenza Fruci, dal 2019 delegata del Campidoglio di Roma per le politiche di genere.

Diciassettesimo assessore cambiato in giunta, oltre due vicesindaci, il capo di gabinetto e del personale e (più volte) i vertici delle municipalizzate Ama, Atac e Acea, dalla Cultura ci si aspetta ora il mantenimento del proposito che la neo-Assessora lancia dal proprio sito Internet: «La passione è il mordente della mia vita. E non l’abbandonerò mai».

Per mille e mille motivi, da tempo, sono lontano dallo svolgimento della politica italiana, e non posso rientrarvi ora, neppure in onore di Betty Page; tanto più che, ormai, le poche occasioni di mio attuale incrocio con la politica sono impoverite e penalizzate dalla perdita di connotati recenti, che mi danno solo sconforto e affanno.

Con tutto, lungo le mille strade che portano ciascuno di noi in luoghi altisonanti, magari neppure sognati in avvio di cammino, torno in accogliente compagnia di Betty Page, della cui fenomenologia sono particolarmente competenti il nostro direttore, Maurizio Rebuzzini, e Filippo Rebuzzini, che ne ha curate due mostre significative, ciascuna accompagnata da sono le “fotografie di Betty Page”; della sua esistenza, anche in racconto biografico, ci interessa poco, forse nulla: «Sempre attribuite a Irving Klaw, le più note fotografie di Betty Page (per qualcuno e in altre docu-

Sempre attribuite a Irving Klaw, le più note fotografie di Betty Page, quelle che ne hanno avviato il mito, furono invece scattate dalla sorella Paula. Ce lo ha confessato lei stessa.

seducenti volumi-catalogo: rispettivamente, Betty Page. Trentadue visioni più una, in prima esposizione alla Galleria Contemporary Concept, di Bologna (dall’11 dicembre 2010, secondo anniversario dalla scomparsa; Tipolitografia La Reclame, 2011; 88 pagine 16x23cm), e Maurizio Galimberti. Betty Page Readymade, in prima esposizione allo Spazio Kryptos, di Milano (dall’11 dicembre 2018, decimo anniversario dalla scomparsa; Unimaginable, 2018; 32 pagine 14,8x21cm; tiratura numerata in duecento copie).

Riprendo da Scabrosa e sorridente Betty, introduzione alla mostra delle conteggiate Trentadue visioni di Betty Page, più una (posato fuori scena di Betty Page con Paula Klaw, in stampa con dedica della stessa fotografa, del 7 dicembre 1992), non prima di aver sottolineato che quello che valgono e contano mentazioni “Bettie Page”), quelle che ne hanno avviato il mito, furono invece scattate dalla sorella Paula. Me lo ha confessato lei stessa, in una tiepida serata di novembre, qualche anno fa, quando a New York si registra un sostanzioso ritorno di caldo estivo: noi definiamo quei giorni “Estate di San Martino”, negli Stati uniti è l’“Estate indiana”.

«Così, complice un clima favorevole, [...], le parole tornarono indietro di decenni; con un ardito balzo temporale, i ricordi affiorarono dai primi anni Cinquanta. Quarant’anni e più furono superati in pochi istanti. Un’emozione palpitante per chi, come me, vive con il cuore cocciutamente rivolto indietro, proprio e soprattutto verso quegli anni Cinquanta, durante i quali la Fotografia [...] ha realizzato e donato fantastiche immagini, insuperate monografie e avvincenti interpretazioni tecniche.

«Senza soluzione di continuità, da Henri Cartier-Bresson (Images à la Sauvette / The Decisive Moment) a William Klein (New York), a Robert Frank (The Americans), per limitarci al minimo indispensabile; e poi, su altro fronte, dalla Leica M3 alle Nikon a telemetro (la reflex Nikon F sarebbe arrivata a fine decennio), all’Hasselblad, alle Rolleiflex più belle, alla Sinar Norma originaria. Ma anche alla fotografia a sviluppo immediato, polaroid in gergo e per tutti.

«In tempi recenti, un film indipendente, che si è imposto nella stagione cinematografica statunitense del 2006, non riuscendo poi a ripetersi oltre i confini nazionali (in Italia, è andato in onda soltanto attraverso il circuito delle pay-tv), ha dato merito a Paula Klaw, al suo essere stata fotografa capace di anticipare espressività visive che altri avrebbero abilmente messo a frutto, nei decenni a seguire. Così che, a margine e completamento di una fantasiosa e consenziente biografia cinematografica di Betty Page, il film The Notorius Bettie Page (regia di Mary Harron, su sua sceneggiatura scritta a quattro mani con Guinevere Turner; Gretchen Mol protagonista; Usa, 2005) ha rivelato e ufficializzato la distribuzione di ruoli all’interno dello studio fotografico al 212east della 14th street di New York City, ufficialmente indirizzato verso la produzione di Pinup Photos, ma più esplicitamente interprete di una pornografia a buon mercato, svolta e proposta con adeguata ingenuità fotografica [...]».

Lungo mille strade. ■ ■

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