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In seppia (!?

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Editoriale

Editoriale

di Angelo Galantini IN SEPPIA (!?)

Terzo capitolo della saga dei personaggi esorditi con La casa degli spiriti, del 1982 (La casa de los espiritus; con richiami familiari espliciti nel proprio coinvolgimento con le vicende del Cile del presidente Salvador Allende, cugino del padre della scrittrice), e proseguita con La figlia della fortuna, del 1999 (Hija de la fortuna), Ritratto in seppia, del 2000 (in Italia, dal 2001, dall’originale Retrato en Sepia), è un convincente romanzo di Isabel Allende del quale non possiamo ignorare una certa trasversalità fotografica, nostro inviolabile punto di vista, del resto espressa fin dal titolo e, in certi casi (che stiamo per visitare), anche dalle copertine.

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Prima di occuparci di questo, ovverosia della visualizzazione in richiamo, è opportuno ribadire che, come nei primi due titoli della identificata trilogia appena sintetizzata, anche qui l’intreccio di personaggi è finalizzato a una analisi familiare definita da collegamenti inevitabili con la Storia... non soltanto propria... non soltanto privata e circoscritta. Senza addentrarci nella trama, la cui sinopsi non ci compete, né ci è richiesta, è sufficiente stabilire i confini della vicenda, che già da soli lasciano trasparire la complessità delle tessere di un mosaico estremamente intrecciato.

In breve, e tanto ci basti: figlia illegittima di Lynn Sommers, a propria volta figlia di Eliza Sommers e Tao Chi’en, e di Matias Rodriguez de Santa Cruz, figlio di Paulina del Valle e Feliciano Rodriguez de Santa Cruz, Aurora non ricorda nulla dei suoi primi cinque anni di vita. Un poco per questo, un poco per altre complicazioni familiari, sia della sua originaria, sia di quella con il marito Diego Dominguez, Aurora si avvicina alla Fotografia, che intende come chiave privilegiata e concentrata di interpretazione esistenziale. La Fotografia diventa presto sua ragione di vita: attraverso le fotografie che scatta, scorge particolari che non nota nella realtà (lei, come -del resto- ciascuno di noi).

Ed è su questa cadenza che dobbiamo (dovremmo) sintonizzarci, incamminati come siamo (come dovremmo

essere) lungo l’itinerario dell’approfondimento del linguaggio fotografico e delle sue consecuzioni sociali e intime e filosofiche. Da cui, un punto di vista non inquinato da una partecipazione emotiva, che può anche rivelarsi deviante, è di tale alto valore, da elevare le osservazioni e riflessioni di Isabel Allende fino ai nostri vertici di studio, FOTOgraphia (2) analisi ed esame. Nessuna estrapolazione dal testo: infatti, la lettura (soprattutto di un romanzo) è tanto segreta, nella propria inArchivio timità, da non consentire eventuali segnalazioni e/o sottolineature che non sono necessariamente condivisibili o da condividere, quantomeno prima della lettura in proprio. Dopo, se si volesse, potremmo anche incontrarci, per parlarne insieme, per confrontarci. A differenza, un punto esclamativo inviato a freddo potrebbe influenzare la lettura e indurre considerazioni contrastanti e non consentire la benefica concentrazione con se stessi, prima che con altri. Quindi, consideriamo conclusa la presentazione di questo ottimo romanzo dell’autorevole Isabel Allende, scrittrice d’eccellenza, che non ha certo bisogno dei nostri encomi. E speriamo non abbia Edizione originaria dell’avvincente romanzo Retrato in Sepia, di Isabel Allende bisogno di alcuna altra (2000), con identica riproposizione nell’edizione tedesca Porträt in Sepia, del 2001. presentazione. Per cui, in lievità altra,

Tre edizioni Feltrinelli successive di Ritratto in seppia, di Isabel Allende: l’origi- ma pur sempre connaria del 2001, cartonata con sovraccoperta; la successiva nella Collana Univer- centrata, come stimola sale Economica, con copertina dall’originaria in spagnolo, dallo stesso 2001; la la nostra consueta atpiù recente rinnovato e edizione (Quindicesima), dallo scorso ottobre 2020, con ammodernato (?) di una macchina fotografica a soffietto. richiamo Tutto qui. tenzione fotografica... perfino trasversale, approdiamo a quanto pro-

In ogni caso, affinità e/o divergenze tra le copertine del romanzo Ritratto in seppia, di Isabel Allende, noi privilegiamo quella originaria, proposta anche nell’edizione tedesca e nella Collana Universale Economica Feltrinelli (dal 2001 al 2020). messo in avvio riguardo le copertine delle edizioni, cominciando dalle italiane, alle quale ac-

Non ci convince la trasformazione Feltrinelli dallo scorso ottobre, pur consape- costiamo altri esempi voli che la nostra preferenza identifica più un Autoritratto che un Ritratto. Ma! internazionali. Parole e considerazioni che, una

volta ancora, una di più, speriamo mai una di troppo, definiscono quelle presenze della Fotografia al proprio esterno, oltre i richiami da addetti, che ce ne fanno considerare la partecipazione anche nel cinema (sceneggiature e scenografie), nei fumetti, in narrativa (eccoci qui), in filatelia e ovunque.

Quindi, in attualità di intenti, la/le copertina/copertine di edizioni successive di Ritratto in seppia, di Isabel Allende: in ordine sparso, magari perfino casuale, dall’originaria in lingua spagnola a edizioni italiane, a una testimonianza tedesca. Cominciamo con l’originale, del 2000, che in copertina evoca didascalicamente il titolo, con un’immagine di donna in posa davanti a una macchina fotografica di spessore con in mano la pompetta ad aria per autoscatto, ripresa anche dall’edizione tedesca, dell’anno dopo, Porträt in Sepia. Forse. In ogni caso, se anche così vogliamo vederla, più Autoritratto che Ritratto.

Invece, le edizioni italiane Feltrinelli hanno avuto vita alternata. La prima del 2001, cartonata con sovraccoperta, si è limitata a un ritratto femminile in toni delicati: per l’appunto, seppiati, in evocazione della protagonista Aurora.

In contemporanea e a seguire, le riedizioni nella Collana Universale Economica Feltrinelli, dallo stesso 2001, hanno riproposto la visualizzazione originaria in spagnolo (già richiamata anche per il tedesco), fino allo scorso anno, quando la Quindicesima edizione, dall’ottobre 2020, ha optato per un altro richiamo: in illustrazione, una anonima macchina fotografica a soffietto, evocativa degli anni fino ai Quaranta del Novecento.

Da cui, come è intuibile, sono state sollecitate queste nostre note attuali, in consueta frequentazione convinta e consapevole delle trasversalità della Fotografia. In effetti, a ben considerare, per mille e mille motivi, il richiamo “Fotografia” è spesso meglio assolto dai propri strumenti -inconfondibili- che dalla propria applicazione... generalizzabile. Ovvero, e con amarezza, riconosciamo che è più “Fotografia” una macchina fotografica, di quanto non lo sia un’immagine, che rimanda a se stessa e non certo alla propria appartenenza.

L’amarezza di questa constatazione accresce se e quando, come in questo caso, l’intenzione non è indirizzata a un pubblico ammaliato dalla società dello spettacolo, ma si rivolge a una élite... alla quale appartengono i lettori di libri.

Come al solito, e per indirizzo irrinunciabile, non giudichiamo e non esprimiamo sentenze definitive; per quanto, siamo convinti che la visualizzazione originaria sia molto più lieve e adeguata. Allo stesso momento, siamo altrettanto consapevoli delle esigenze di richiamo in libreria, che può richiedere rinnovamenti e ammodernamenti. Se non che non tutto ciò che è nuovo è altrettanto (né necessariamente) progresso.

Come tutto, del resto. ■ ■

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