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Trasformazioni di New York
Una delle più recenti riedizioni di Changing New York, di Berenice Abbott, è stata pubblicata da New Press, nel 1997: 400 pagine 23,5x31cm.
di Angelo Galantini
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Nel percorso fotografico della statunitense Berenice Abbott (1898-1991), la serie Changing New York, realizzata negli anni Trenta del Novecento, è considerata e conteggiata come iconica: sia della Fotografia, in quanto tale, sia della città, avvicinata e documentata in un particolare momento della Storia degli Stati Uniti, all’indomani di quel giovedì nero 24 ottobre 1929, quando il mercato finanziario subì un vero e proprio collasso, dal quale si conteggia la definita Grande depressione economica.
Curiosamente, il programma di rilancio economico guidato dalla presidenza del democratico Franklin Delano Roosevelt (1882-1945), l’unico ad essere stato eletto per più di due mandati consecutivi (1932, 1936, 1940 e 1944), in deroga per le particolari condizioni politiche e sociali del tempo -dalla crisi alla Seconda guerra mondiale-, approdò all’Esposizione Universale di New York del 1939.
Dal trenta aprile al successivo 27 ottobre 1940, la 1939 New York World’s Fair consacrò solennemente il successo del New Deal [che, tra le sue molteplici sfaccettature, ha dato vita anche al programma fotografico della FSA / Farm Security Administration, che tanto ha influito sul linguaggio, nei decenni a seguire].
Dal punto di vista fotografico, nostro microcosmo di lettura privilegiata e osservazione del macrocosmo dell’Esistenza, registriamo che la prima edizione originaria di Changing New York, illustrata con novantasette fotografie di Berenice Abbott, commentata da testi di Elizabeth McCausland e pubblicata da E.P. Dutton & Company, fu usata come volume-guida per i visitatori della stessa 1939 New York World’s Fair. A seguire, nei decenni susseguenti, sono state pubblicate tante altre raccolte omonime, con lo stesso titolo, tra le quali preme ricordare le ottime edizioni “attuali”, del 1997 (Museum of the City of New York) e 1999 (New Press), con testi di Bonnie Yochelson.
BERENICE ABBOTT Come anticipato, Berenice Abbott iniziò a documentare New York nel 1929, al suo rientro dall’Europa, dove si recò nel 1921. Qui, studiò scultura a Parigi e Berlino, prima di essere assunta da Man Ray, che, nel 1923, era alla ricerca di un assistente completamente all’oscuro della fotografia, in modo che eseguisse pedissequamente solo ciò che gli veniva richiesto.
Da garzone di camera oscura, Berenice Abbott si innamorò della materia/ disciplina, per la quale abbandonò ogni altro proprio indirizzo artistico precedente: «Mi avvicinai alla fotografia come un’anatra si avvicina all’acqua, Poi, non ho mai voluto fare niente altro».
A settant’anni dall’originaria rilevazione fotografica di Berenice Abbott, della fine degli anni Trenta del Novecento, raccolta nella monografica iconica Changing New York, documentativa dei cambiamenti della megalopoli tra le due guerre mondiali, il perspicace Douglas Levere è tornato negli stessi luoghi, per rivivere il medesimo passo fotografico. Ha ripetuto inquadrature e visioni con un rigore formale che dà spessore e valore a un progetto fotografico dai tanti meriti: in volontaria inversione di termini, New York Changing. Tutto è flusso; il cambiamento è l’unica permanenza
[Di questa esperienza parigina, oltre le prime testimonianze d’autrice, va ricordata anche, e soprattutto!, la sua scoperta della grandezza fotografica del francese Eugène Atget (1857-1927), che viveva letteralmente di stenti; ne rilevò l’archivio, che -trasferito negli Stati Uniti- fu valorizzato come la Storia registra. Ancora, va annotato che Eugène Atget è l’unico fotografo menzionato dal filosofo Walter Benjamin nella sua Piccola storia della fotografia].
Dal proprio loft al Greenwich Village, di New York City, dove viveva con la critica d’arte Elizabeth McCausland, alla quale rimase legata fino alla sua morte, nel 1965, Berenice Abbott partiva con una Century Universal 8x10 pollici (folding in legno) per le sue escursioni in città, guidata dall’intenzione di registrarne i cambiamenti avvenuti nei dieci anni di sua permanenza in Europa. Con Elizabeth McCausland, collaborò a un progetto sostenuto dal Federal Art Project, programma del New Deal roosveltiano per finanziare le arti visive negli Stati Uniti.
Con il rigore formale implicito (ed esplicito) nell’uso di un apparecchio fotografico grande formato, e applicando uno stile diretto e focalizzato, Berenice Abbott fotografò New York City con la stessa attenzione ai dettagli e la medesima diligenza che aveva appreso dalla carriera di Eugène Atget. La sua opera fotografica fornisce una cronaca storica e documentazione di molti edifici e isolati di Manhattan oggi demoliti.
Anche se l’insieme delle sue fotografie evita il sensazionalismo, non va sottovalutato che, nonostante la Depressione e le migliaia di disoccupati, in quegli anni, New York era comunque viva e vitale. Nel 1930 e 1931, sono stati completati il Chrysler Building e l’Empire State Building. Il Primo maggio 1939, fu inaugurato il Rockefeller Center. NEW YORK CHANGING In termini invertiti. Sedici anni fa, ormai, alla fine del Duemilaquattro, il qualificato editore Princeton Architectural Press, di New York, ha pubblicato una raccolta fotografica di prestigio assoluto e taglio incantevole: New York Changing - Revisiting Berenice Abbott’s New York, dello scrupoloso Douglas Levere (1966). Avviato a partire dalla seconda metà degli anni Novanta del Novecento, e completato nel 2003, questo convincente progetto fotografico è meritorio sotto diversi punti di vista.
Come rivela subito il titolo, conservato nell’edizione libraria, realizzata in collaborazione con il Museum of the City of New York, New York Changing è un’analisi fotografica approfondita dei cambiamenti urbani e architettonici di una delle più accattivanti e mutevoli mega-
New York Changing - Revisiting Berenice Abbott’s New York, fotografie di Douglas Levere; testi di Bonnie Yochelson; introduzione di Paul Gold berger; Princeton Architectural Press, 2004; 170 fotografie; 192 pagine 21,5x28cm, cartonato.
Wall street District, dal tetto di One Wall street: Berenice Abbott (1938) e Douglas Levere (1997).
Blossom Restaurant, 103 Bowery: Berenice Abbott (1935). Everyware Co. Inc., 103 Bowery: Douglas Levere (1998).
Henry street e Market street, verso ovest: Berenice Abbott (1935) e Douglas Levere (1998). città del mondo, in continua e sistematica trasformazione: traduciamo in libertà con I cambiamenti di New York.
Il riferimento visivo tra presente e passato non è casuale, e neppure fortuito, né marginale; il sottotitolo è esplicito: Revisiting Berenice Abbott’s New York, ovvero Rivisitando la New York di Berenice Abbott (di Changing New York).
Come abbiamo annotato, in volontaria e consapevole inversione di termini (da Changing New York a New York Changing), il progetto di Douglas Levere è esplicitamente e dichiaratamente riferito alla serie originaria di Berenice Abbott, della quale riprende e ripropone lo spirito e l’essenza. Lo abbiamo anticipato: questa attuale vicenda è meritoria per più motivi.
Anzitutto, conferma quanto e come, in altre geografie a noi lontane nello spazio e nello spirito, il discorso fotografico non si inaridisca, come accade troppo spesso nel nostro paese, attorno i “se”, le “ipotesi”, i “presupposti” e l’improvvisazione (questa senza virgolette). Negli Stati Uniti, il referente istituzionale è attento alla comunicazione visiva, così come lo è per ogni altra forma espressiva.
Quindi, l’autore Douglas Levere ha potuto vantare sostegni intelligenti, anche solo morali (ma non è così), che hanno fatto tesoro di questa ricerca, che migliora e valorizza il patrimonio fotografico di una istituzione pubblica newyorkese preposta alla propria Storia.
Ne riferiamo spesso, e la ripetizione è più che mai dovuta: non importa tanto il come (che pure è discriminante: lo stiamo per vedere), ma il perché. E così, a distanza di settant’anni, attraverso la visione e mediazione fotografica, New York riflette una volta ancora su se stessa e i propri mutamenti ambientali, che poi sono anche sociali. DOUGLAS LEVERE Come dichiarato, quello di Douglas Levere è un autentico omaggio a Berenice Abbott e alla sua Fotografia.
Invece di andare a rilevare e rivelare i più moderni e attuali cambiamenti di New York, che pure sono sostanziali, anche solo limitandoci alle trasformazioni dei più recenti decenni, Douglas Levere ha ripetuto le inquadrature di Berenice Abbott degli anni Trenta, riallacciandosi al suo percorso originario.
Materia nuova, materia moderna non gli sarebbe mancata. Infatti, è caratteristico di New York recuperare aree cittadine dismesse, riconvertite in attività redditizie e produttive. Negli ultimi decenni, i magazzini di SoHo, TriBeCa, Chelsea e attorno la Quattordicesima strada, nel West Side, da dove sono emigrati gli originari depositi delle carni, si sono sistematicamente trasformati in gallerie d’arte, ristoranti, centri della moda, attirando attorno a sé rinnovate socialità. (Attenzione: in molti casi, dati i soggetti obbligati, le visioni attuali di Douglas Levere non rivelano cambiamenti sostanziali rispetto alcune fotografie di Berenice Abbott. Addirittura, e neppure tanto paradossalmente, sono più le conferme architettoniche, a settant’anni di distanza, degli sconvolgimenti urbani. Ma questo non compromette la cifra stilistica dell’odierno progetto fotografico). Quindi, il secondo merito individuato di New York Changing, di Douglas Levere, si basa su questa prosecuzione/consecuzione fotografica ideale, a partire dalle immagini di Berenice Abbott. Il che significa che si tratta di visioni note, addirittura iconiche, che appartengono alla memoria collettiva dei newyorkesi, prima che a quella degli esperti di Fotografia, alle quali è legittimo riferirsi.
Ovvero, se le fotografie di Berenice Abbott fossero conosciute soltanto dagli addetti, e non dalla gente comune, l’intero richiamo di Douglas Levere non avrebbe avuto senso. Invece, si tratta di una confortante conferma di una consistente quotidianità della Fotografia d’autore, presente nella socialità statunitense.
A seguire, un altro merito: nel completo spirito della riproposizione, Douglas Levere ha agito replicando i modi originari di Berenice Abbott, fino ad arricchire l’odierno perché di un identico come operativo, dal quale dipende lo stile narrativo dell’attuale progetto fotografico. Distribuendo le proprie sessioni fotografiche dal 1997 al 2003, prima di tutto, Douglas Levere è tornato nei luoghi originariamente fotografati da Berenice Abbott, negli stessi giorni dell’anno e alla medesima ora, ripetendone così perfino le condizioni luminose. Però, ha soprattutto individuato il punto di vista originario e realizzato inquadrature pressoché identiche, appunto comparabili a distanza di settant’anni abbondanti.
Panificio (A. Zito Bakery e A. Zito & Sons Bakery), 259 Bleecker street: Berenice Abbott (1937) e Douglas Levere (1998).
ALTRI DOPPI
Nel proprio svolgimento, così rigoroso e rispettoso del riferimento alle visioni originarie di Berenice Abbott, New York Changing, di Douglas Levere, richiama alla memoria altri esempi di comparazioni fotografiche. Medesimi soggetti visti da fotografi diversi, in tempo congiunto o in separazione di anni, composizioni fotografiche analoghe (casuali o volontarie) e richiami espliciti arricchiscono la Storia della Fotografia. I casi sono così tanti, da poter essere anche raccolti in uno studio a tema. Ci limitiamo a segnalarne qualcuno, tra quanti ne ricordiamo a memoria.
Timothy H. O’Sullivan: Canyon de Chelly (1873). Ansel Adams: White House Ruin, Canyon de Chelly (1942).
Ansel Adams: St. Francis Church, Ranchos de Taos, New Mexico (1928 circa). Paul Strand: Church, Ranchos de Taos, New Mexico (1931). Dai film I gemelli (Twins), di Ivan Reitman, del 1998, e Ore contate (Catchfire) [con monografia di Georgia O’Keeffe], di e con Dennis Hopper, del 1990.
Ancora meritoriamente, per quanto possibile, Douglas Levere ha lavorato con una Century Universal 8x10 pollici identica a quella usata da Berenice Abbott negli anni Trenta. Lo certifica nel suo testo introduttivo, dando così immediato valore e consistente ragion d’essere a quella mediazione tecnica che noi consideriamo influente sul linguaggio fotografico. In chiusura di libro, Douglas Levere torna sull’argomento, specificando di aver anche usato, in pochi casi, una folding Linhof 4x5 pollici.
Comunque, in relazione alle inquadrature, la Century Universal 8x10 pollici, mutuata dalla dotazione tecnica originaria di Berenice Abbott, è stata usata con obiettivi Goerz Dagor di diverse lunghezze focali: 7 pollici f/5,6 (175mm), 9,5 pollici f/6,7 (240mm), 10,75 pollici f/6,8 (275mm), 12 pollici f/6,8 (300mm) e 14 pollici f/7,7 (355mm).
In particolare, la dote tecnica discriminante dell’antico disegno ottico Dagor, una delle sicurezze senza Tempo, riguarda il suo ampio cerchio immagine, che consente significativi movimenti dei corpi dell’apparecchio grande formato. In inquadrature dal basso verso l’alto, ne consegue una consistente possibilità di controllo degli spigoli verticali, grazie a generosi decentramenti dei piani. RI-FOTOGRAFIA Così, in conclusione, ancora registriamo il cambiamento architettonico e urbano di New York, al quale conseguono mutamenti di ordine e carattere sociale, andando a confrontare tra loro documenti fotografici distanti nel tempo. Una singola fotografia dà l’illusione che il Tempo si fermi. Come in questo caso, una ri-fotografia solleva quell’illusione. In questo intreccio tra vecchio e nuovo, diverso e uguale, sta la verità che Berenice Abbott ha ben compreso. Tutto è flusso; il cambiamento è l’unica permanenza. Anche in Fotografia.
Questo progetto di Douglas Levere, in coppia ricercata con Berenice Abbott (?), rappresenta un invito nuovo non solo ai ri-fotografi del presente e futuro, ma a chiunque sia interessato alla vita urbana. In gran parte, il futuro delle nostre città dipende dalla comprensione dell’andamento delle decisioni del passato, come anche del presente.
Forza e potere della Fotografia, che consente riflessioni personali grazie alle quali si approfondiscono gli approcci individuali all’Esistenza.
A ciascuno, le proprie. ■ ■