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In ricordo
/ VOGLIAMO PARLARNE? / IN RICORDO
A FEBBRAIO SONO MANCATI I FOTOGRAFI PEPI MERISIO E EFREM RAIMONDI
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di mFranti
Da e con Marco Tullio Cicerone, nelle Philippicae (Filippiche XI. 10): Mortuorum in memoria est posita vivorum. Traducibile in La vita dei morti è riposta nel ricordo dei vivi. E questo è uno degli aspetti più sconfortanti e deprimenti del mio impegno giornalistico. Per quanto rivolto soltanto alla Fotografia e suoi infiniti aspetti, questo obbligo -altrove anche gradevole- diventa scoraggiante quando registra la scomparsa di compagni di cammino, sia in età accettabile (ma non lo è mai), tantopiù in età precoce e anticipata rispetto norme accolte.
Ora e qui, registro e comunico che a febbraio sono mancati due “amici” (in scarto di significato), con i quali abbiamo condiviso passi, riflessioni, parole e dei quali abbiamo apprezzato le rispettive personalità fotografiche, per quanto diverse tra loro, per quanto svolte con intenzioni e finalità diverse, ma non certo divergenti.
In ripetizione d’obbligo da analoghe considerazioni già esposte in occasioni precedenti, abbiamo (avuto) opinioni diverse da quelle di Pepi Merisio, mancato il tre febbraio, a novant’anni, e Efrem Raimondi, prematuramente scomparso il sedici febbraio, a sessantadue anni (ma gliene accreditavamo di meno), riguardo ciò che è degno di Memoria. Però, insieme a loro, siamo stati coscienti che se riusciamo a cogliere un istante dall’aria, magari con una Fotografia, altrettanto possiamo crearne uno tutto nostro, magari con una Fotografia.
Nel rispetto degli affetti a loro vicini, che sollecitano altre considerazioni che non le nostre, sostanzialmente esterne (ma non lontane, ma non distaccate), questo dovere professionale di ricordo vale per quanto pensiamo (laicamente) che la vita di chi ci ha lasciato non è finita: continua in coloro che lo hanno amato, perché l’Amore è l’essenza stessa della Vita. Per quanto...
Anni fa, in un libro che -ahimè- è stato smarrito in uno dei tanti traslochi della vita, ho letto un passaggio che spesso mi torna in mente, soprattutto in occasioni dovute, come è questa di oggi. Vado a memoria: chi viepositivo 665, registro (lo statunitense) Will McBride, allora residente in Toscana, Gian Paolo Barbieri e Oliviero Toscani, che si cimentarono con la novità tecnico-commerciale Polacolor 808 in sostanziose dimensioni 8x10 pollici (20,4x25,4cm). In altra aggiunta personale, il ricordo delle frequentazioni con Efrem Raimondi, fotografo
ne a mancare, in realtà, non se ne va del tutto, ma continua a vivere fino a quando qualcuno ne ricorda il nome, ne ricorda l’opera, ne celebra l’esistenza... anche solo in un breve richiamo temporaneo.
Eccoci qui, Pepi Merisio e Efrem Raimondi lasciano talmente tante fotografie di alta qualità, non certo soltanto formale, ma nei contenuti, che non sarà certo possibile scordarne il passaggio terreno.
In aggiunta personale, il ricordo dell’incontro con Pepi Merisio (nato a Caravaggio, nella provincia di Bergamo, come fosse un predestino) torna al 1978 di curatela della partecipazione di fotografi italiani alla monografia di autoritratti in polaroid che l’autorevole periodico svizzero Camera, diretto da Allan Porter, realizzo quel lontano autunno: oltre a Pepi Merisio, che agì a Bergamo Alta, con l’austero negativo/ capace anche di riflettere sulla materia (disciplina, arte...), dipende anche dalla doppia vicinanza, anagrafica e geografica. Quante le dispute che ci hanno unito/diviso/riunito. Quante le considerazioni che ci siamo scambiati. Quanta la stima che ci ha congiunti.
Così che, una volta ancora, di fronte all’immutabile, ma non più per dovere professionale, viene da pensare al senso delle Esistenze. In domanda lecita, mi chiedo cosa ne sia -a questo punto- delle esperienze e dei pensieri che hanno guidato le vite terrene nel proprio cammino. Con la fine, tutto questo si perde, oppure, come suggerito, persiste e continua effettivamente nel ricordo dei vivi? Oltre che desiderio e sostegno, questo valore dovrebbe essere effettivamente reale, sì da comporre tessere di quel mosaico complessivo e globale che sovrintende l’evoluzione della specie, che distingue il Sapiens da ogni altro animale del pianeta.
Negli affetti vicini, sia familiari sia di frequentazione e coinvolgimento, questo effetto è forte e diretto; in quelli acquisiti, attraverso vite in qualche modo pubbliche, come sono quelle dei fotografi (per quanto ci riguarda e interessa da vicino), l’influenza è “di rimando” e “in rimando”, vediamola e diciamola così. Da cui, in ogni caso le conseguenze di ogni vita sono influenti su quelle altrui. Ancora di più, se pensiamo a quanto di “fotografico” lasciano oggi Pepi Merisio e Efrem Raimondi, non possiamo ignorare la sostanza di immagini che, ognuna a modo proprio, sono arrivate, ancora arrivano, e ancor più arriveranno, avanti nei prossimi anni, nel cuore di ciascuno di noi.
Sì, la scomparsa conclude un ciclo. Altrettanto sì, ogni scomparsa non è necessariamente fine, ma avvio di un percorso ulteriore la proiezione verso gli altri. Da cui, vite risolte e vite proiettate. Ne siamo convinti.
Ancora da e con altro. In libero e consapevole adattamento da Sant’Agostino: «Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora. Il tuo nome sia sempre la parola familiare di prima: lo pronuncio senza la minima traccia d’ombra o di tristezza. Perché dovresti essere fuori dai miei pensieri e dalla mia mente, solo perché sei fuori dalla mia vista? Non sei lontano, sei dall’altra parte, proprio dietro l’angolo».
Ovviamente, invito ciascuno a rintracciare da sé le fotografie di Pepi Merisio e Efrem Raimondi. Se non le conoscete, avrete la piacevole e sorpresa di due scoperte più che gratificanti.
Nessuno è quello che fa; ognuno fa quello che è.
Sempre, nel Ricordo. ■ ■