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Pomeriggio a San Francisco
Duemilasedici: giovedì trentuno marzo, un pomeriggio a San Francisco, sulle tracce della propria Vita. Meta d’obbligo, la libreria City Lights Booksellers & Publishers, altrimenti identificata come City Lights Books e City Lights Bookstore, al civico 261 della Columbus Avenue, epicentro del quartiere italiano. Verso Lawrence Ferlinghetti, mancato lo scorso ventidue febbraio, poche settimane prima di compiere centodue anni. Ci sta. Pellegrinaggio individuale con altri incontri casuali. Ma il Caso… POMERIGGIO A SAN FRANCISCO
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Lawrence Ferlinghetti (1919-2021), esponente di spicco della Beat Generation, nata attorno la sualibreriadiSanFrancisco, è mancato lo scorso ventiduefebbraio,poche settimane prima di compiere centodue anni. Dal 1953, di fondazione, la City Lights Booksellers & Publishers (altrimenti identificata City Lights Books, oppure City Lights Bookstore; sulla doppia pagina precedente) si è offerta e proposta come luogo di ritrovo, casa editrice, cerchio magico che ha dato asilo a molti. Qui, Lawrence Ferlinghetti posa davanti alle vetrine al 261 della Columbus Avenue, epicentro del quartiere italiano di San Francisco (... sulla prossima doppia pagina).
di Maurizio Rebuzzini
Quando la vita scorre scandendo tempi attendibili e ammissibili, il ricordo di persone scomparse -vicine al nostro privato, come anche ai ritmi della nostra esistenza e formazione vitale- si esprime in e con toni lievi e serenamente partecipi. Lo scorso ventidue febbraio, è mancato il poeta statunitense Lawrence Ferlinghetti, figlio di genitori emigrati da Brescia (il padre morì di infarto nello stesso anno della sua nascita), uno dei protagonisti di spicco di quella stagione avviata nei secondi anni Cinquanta del Novecento (arrivata da noi un poco più tardi), identificata come Beat Generation... che tanto ha influito sulle coscienze di coloro i quali ne hanno appreso e assorbito lo spirito e la sostanza.
Lawrence Ferlinghetti è mancato all’alba dei centodue anni (che sono proprio tanti, soprattutto se raggiunti con mente lucida e interessi vivaci): era nato il 24 marzo 1919, a Bronxville, nello stato di New York, da dove tutto è cominciato (in un certo senso); è morto a San Francisco, in California, dove tutto era poi proseguito (certamente).
Non compete a noi richiamarne la personalità, peraltro accessibile da mille e mille fonti informate e attendibili, anche in Rete. Invece, per quella dote che il Ricordo occupa nelle nostre Esistenze, qui e ora, riteniamo più opportuno che, nella sostanziale serenità dei fatti (alla luce di centodue anni di vita assolta), la Memoria rievochi qualcosa di personale. Non torniamo indietro nei decenni, a quegli anni Sessanta e Settanta del Novecento, quando intuimmo valori della Vita anche attraverso le poesie e i romanzi della Beat Generation: Allen Ginsberg, Jack Kerouac, William S. Burroughs, Gregory Corso, Peter Orlovsky, Neal Cassady, Jack Hirschman, Norman Mailer e, per l’appunto, Lawrence Ferlinghetti, poeta e libraio.
Non torniamo indietro a quei momenti, comuni a molti di noi, in anni di sogni e speranze, ma ci limitiamo a un momento più prossimo. Non prima di una confessione dovuta.
Non è materia di discussione, ma riconosco e ammetto che non amo viaggiare. Di più, ancora: già i confini della città nella quale vivo e lavoro mi paiono ampi, più ampi di quanto mi interessi e serva. Di più, ancora e ancora: neppure mi allungo sul quartiere, limitandomi alla frequentazione di tre vie parallele e prossime. Dall’abitazione allo studio/redazione, al bar per l’espresso del mattino (questo, in una via milanese universalmente conosciuta... via Gluck). Da cui e per cui, esclusi gli spostamenti obbligati e vincolati, soprattutto di lavoro, cerco di evitare trasferte che mi allontanino dalle mie certezze.
Così che, rinuncio sempre / quasi sempre alle opportunità di viaggio, anche a quelle in ospitalità. Poche le eccezioni che mi concedo, per motivi che mi paiono degni di attenzione. La mia.
Nella primavera Duemilasedici, partecipai volentieri all’Assemblea annuale della Technical Image Press Association (TIPA), del cui cartello di trenta riviste internazionali di fotografia fa parte la nostra FOTOgraphia. A parte il diritto/ dovere di dire la mia in quella occasione, soprattutto in relazione all’assegnazione degli ambìti e prestigiosi TIPA Awards, la sede di San Francisco mi stimolava per due motivi, che rivelo in successione invertita: l’opportunità di andare sull’isola di Alcatraz, oggi in visita guidata al carcere federale, da tempo dismesso; il pellegrinaggio alla City Lights Booksellers & Publishers, la leggendaria libreria di Lawrence Ferlinghetti. Tralasciamo subito l’esperienza ad Alcatraz, che ha soddisfatto momenti di quell’interesse per la fotografia giudiziaria che frequento da tempo, per limitarci alla mitica libreria e al suo fantastico proprietario.
Ovviamente, una volta arrivato in albergo, avendo il pomeriggio libero, la prima destinazione fu proprio City Lights Booksellers & Publishers, altrimenti identificata come City Lights Books e City Lights Bookstore. Con piacevole sorpresa, scoprii che l’indirizzo (261 Columbus Avenue) si trovava a un paio di chilometri soltanto dall’hotel: una passeggiata, in un bel giorno di sole e clima favorevole. JOE DiMAGGIO Caso? Destino? Lungo la strada, un ulteriore incontro inaspettato: il Joe Di Maggio Playground, al 651 di Lombard street, presso la chiesa del quartiere, soprattutto italiano, dove è vissuto l’epico esterno centro dei New York Yankees, noto al grande pubblico per essere stato anche marito di Marilyn Monroe, per nove mesi, dal 14 gennaio 1954. A me interessa l’eroico baseball statunitense degli anni a cavallo della Seconda guerra mondiale, entro il quale la personalità di Joe DiMaggio fu folgorante, degna del sogno americano che premia un umile figlio di immigrati: tredici stagioni nei New York Yankees dal 1936 al 1951, con intervallo negli anni di guerra (sette stagioni da 1936 al 1942; sei stagioni dal 1946 al 1951); millesettecentotrentasei partite giocate (1736); seimilaottocentoventuno volte alla battuta (6821); media battuta .325; duemiladuecentoquattordici battute valide (2214 / media .398); trecentottantanove battute da due basi / doppie (389); centotrentuno da tre basi / triple (131); trecentosessantuno fuoricampo (361); millecinquecentotrentasette punti battuti a casa (1537). (continua a pagina 36)
L’interno della libreria City Lights Booksellers & Publishers (City Lights Books / City Lights Bookstore) è particolare, almeno tanto quanto lo è la sua personalità “commerciale”. In un paese, quali sono gli Stati Uniti, dove ogni libreria presenta e offre una propria personalità distinta e unica (visitare per credere), l’eccellenza di quanto creato da Lawrence Ferlinghetti, anche come editore, stabilisce i termini di una Storia che ha influenzato la cultura planetaria. In dettaglio, qui visualizziamo la targa “via Ferlinghetti”, e non “Ferlinghetti street”, in sua doppia intenzione: ubicazione della libreria nel quartiere italiano storico della città; richiamo ai natali dei genitori di Lawrence Ferlinghetti, nativi di Brescia (altre fonti, Chiari, in provincia di Brescia).
La libreria City Lights Bookstore è localizzata là dove, nel primo Novecento, agiva lo studio fotografico Vitalini: da qui verso la pagina a fronte.
Due approfondimenti sulla Beat Generation in forma di libro, distanti nel Tempo, ma prossimi nello Spirito. In ordine anagrafico. ▶ C’era una volta un beat. 10 anni di ricerca alternativa, di Fernanda Pivano; fotografie di Ettore Sottsass; Arcana Editrice, 1976 (poi, 1988). In copertina: cena a San Francisco, nel 1965 (da sinistra: Lawrence Ferlinghetti, Allen Ginsberg, Bob Dylan, Peter e Julian Orlovsky). Più recente riedizione: Sperling & Kupfer, 2003. ▶ Beat & Pieces; testi di Fernanda Pivano, fotografie di Allen Ginsberg [del quale ricordiamo anche la monografia Allen Ginsberg Photographs, del 1991]; in inglese e italiano; Photology, 2005, in occasione dell’omonima mostra allestita alla Galleria Photology, di Noto, dal 12 settembre al 15 novembre 2005. In copertina: davanti alla libreria City Lights, a San Francisco, nel 1955 (da sinistra: Bob Donlin, Neal Cassady, Allen Ginsberg, Robert LaVigne e Lawrence Ferlinghetti).
Esauriti (?) i richiami e riferimenti alla libreria City Lights Booksellers & Publishers, di Lawrence Ferlinghetti, il nostro punto di vista mirato e viziato si allunga sulla testimonianza tangibile dello studio fotografico Vitalini (Vitalini Fotografia Italiana), localizzato nello stesso edificio di San Francisco, attivo nei primi decenni del Novecento. Questo mosaico a terra, che oggi collega il piano a terra della libreria al primo piano, è stato l’ingresso dello studio fotografico “Mr. & Mrs. Vitalini & Daughter Adele”, ovvero “Signor [Charles H.] e Signora [Mary] Vitalini e figlia Adele”.
In allungo sul cammino seminato dalla libreria di San Francisco City Lights Booksellers & Publishers, di Lawrence Ferlinghetti, sull’angolo opposto (circa) un’altra libreria completa idealmente il percorso: The Beat Museum, al 540 della Broadway. Ovviamente, il sito Internet della libreria, con rimando alle iniziative ulteriori, sempre a tema, è www.kerouac.com, nume tutelare della Beat Generation. (continua da pagina 33)
Figlio di Rosalia Mercurio e Giuseppe, entrambi di Isola delle Femmine, in provincia di Palermo, Joe DiMaggio è un’icona americana (nato Giuseppe Paolo, poi convertito in Joseph Paul; Martinez, nella baia di San Francisco, 25 novembre 1914 - Hollywood, 8 marzo 1999).
Nel film Manhattan, del 1979, Joe Di Maggio viene conteggiato dal regista e sceneggiatore Woody Allen tra le ragioni per le quali vale la pena vivere.
Nel brano Mrs. Robinson, dalla colonna sonora del film Il laureato / The Graduate, di Mike Nichols, del 1967, Simon & Garfunkel cantano «Where have you gone, Joe DiMaggio? / Our nation turns its lonely eyes to you. / [...] / What’s that you say, Mrs. Robinson? / Jolting’ Joe has left and gone away» («Dove sei andato, Joe DiMaggio? / Il paese volge i suoi occhi desolati verso di te. / [...] / Cosa dici, signora Robinson? / Il Grande Joe ha lasciato ed è andato via»).
Allo scrittore Ernest Hemingway, Joe DiMaggio confessò di non aver mai imparato un mestiere serio, ma di essere stato pagato per colpire una stupida pallina con uno stupido bastone. Quindi, lo stesso scrittore lo elevò a simbolo. Il miglior esempio possibile di eroe: caduto e rialzatosi tante volte. Nato povero e cresciuto pescatore sulle banchine della baia di San Francisco, figlio di generazioni di pescatori siciliani emigrati in America alla ricerca della libertà e del sogno americano.
Tanto che lo stesso Ernest Hemingway eleva Joe DiMaggio a compagno invisibile, esempio e modello per Santiago, pescatore cubano, protagonista del suo romanzo breve Il vecchio e il mare (The Old Man and the Sea), del 1951, pubblicato su Life, nel 1952, sua ultima grande opera narrativa: Premio Pulitzer, nel 1953, e racconto che contribuì a fargli ottenere il Premio Nobel per la Letteratura, nel 1954, venendo citato tra le motivazioni del comitato selezionatore.
Evocazione colta e raffinata del romanzo nel film The Equalizer, di Antoine Fuqua, del 2014, dove e quando l’ex agente Cia Robert McCall, interpretato da un coinvolgente Denzel Washington, lo conteggia nei cento libri che si debbono leggere nella vita. Ma, soprattutto, trasposizione cinematografica del 1958, con la regia di John Sturges, con protagonista Spencer Tracy.
Mancato all’inizio di marzo del Novantanove, qualche settimana prima dell’avvio del campionato di baseball, per tutta la stagione, conclusasi con
la vittoria nelle World Series di ottobre (le ultime del secolo; quattro a zero sugli Atlanta Braves), Joe DiMaggio è stato ricordato dai giocatori dei New York Yankees con il suo numero “5” (tra quelli ritirati dalla squadra, in onore e merito) sul braccio della casacca.
Ha sempre continuato ad amare Marilyn Monroe: all’indomani della sua scomparsa, ha stipulato un accordo con un fioraio, affinché tre volte la settimana sulla sua tomba venissero deposte sei rose rosse (altre fonti, una rosa rossa ogni mattina). THE BEAT MUSEUM Destino? Caso? Dopo la visita alla nostra meta, City Lights Booksellers & Publishers / City Lights Books / City Lights Bookstore, che lasciamo per ultima, sovvertendo consapevolmente e volontariamente l’ordine temporale di quel pomeriggio di fine marzo Duemilasedici, proprio uscendo dalla libreria, guardando lungo la via in incrocio, ho intravisto un’insegna adeguatamente allettante: The Beat Museum, al 540 della Broadway, di San Francisco. Evidentemente, lì collocato in allungo ideale su quanto si respira tra gli scaffali della mitica libreria di Lawrence Ferlinghetti, riferimento apprezzato e ben frequentato (da coloro i quali...).
Anche qui, spira il vento di esperienze passate che si proiettano in avanti, che appartengono ancora oggi a identificate esistenze: vento tiepido e confortante. Per il vero, la sezione propriamente “Museum” non è certamente coinvolgente, ma la selezione libraria è di prima scelta. Tutta declinata attorno i tempi e modi della Beat Generation, si apre a eccellenti proposte selezionate e mirate. Soprattutto, in rispetto e ripetizione dello spirito di tempi durante i quali la curiosità, la voglia di sapere e capire e la comprensione degli altri (in modo particolare, di quelli che la società neurotipica, altrimenti autodefinitasi “normale”, considera ed etichetta diversi) furono parole d’ordine irrinunciabili e non negoziabili.
Per esempio, è proprio su quegli scaffali che ho individuato una preziosa copia di Life, quantomeno “preziosa” in base a una scala di valori personale, non neurotipica. Quella del 10 gennaio 1955, con in copertina Greta Garbo in precisazione inequivocabile: Garbo in 1928, by Steichen. Ovvero, il fotografo autore, Edward Steichen (1879-1973), elevato a richiamo assoluto e implicante. Con franchezza, un caso quantomeno unico nell’editoria internazionale di tutti i tempi: il fotografo di pari richiamo al proprio soggetto! CITY LIGHTS Alla meta. Finalmente! Con doppio riferimento: il principale, all’atmosfera della leggendaria libreria di Lawrence Ferlinghetti, al civico 261 della Colum-
A parte l’area propriamente “Museum”, la proposta libraria di The Beat Museum, di San Francisco, verte soprattutto attorno alla Beat Generation di richiamo ufficiale. Nonostante questo, si possono individuare edizioni librarie e riviste di particolare valore storico. Per quanto ci riguarda, è qui che abbiamo individuato (e acquistato), una preziosa copia di Life: del 10 gennaio 1955, con in copertina Greta Garbo in precisazione Garbo in 1928, by Steichen.
Joe DiMaggio... una leggenda. Novembre 1989, New York: affissione The Bowery Saving Bank con richiamo alla casacca con l’inequivocabile numero “5” sulla schiena (We take our pinstripes just as seriously as Joe did hits / A noi interessano i nostri gessati almeno quanto a Joe interessano i suoi hit [colpi]). Novembre 1989: esposizione libraria per gli Albums di ricordi. Ottobre 1999: con gli autografi dell’intera squadra, la divisa dei New York Yankees per le World Series (vinte per quattro a zero sugli Atlanta Braves), nell’anno in cui Joe DiMaggio è mancato poco prima che iniziasse la stagione, giocata con un “5” sul braccio, in onore e ricordo. 1986: rievocazione dell’amore per Marilyn (Joe & Marilyn. A Memory of Love, di Roger Kahn; edizione William Morrow and Company); ovviamente, la grafia di “Joe” con le caratteristiche pinstripes.
Negli anni a cavallo della Seconda guerra mondiale, Joe DiMaggio fu entusiasmante: tredici stagioni nei New York Yankees dal 1936 al 1951, con intervallo negli anni di guerra; millesettecentotrentasei partite giocate (1736); seimilaottocentoventuno volte alla battuta (6821); media battuta .325; duemiladuecentoquattordici battute valide (2214 / media .398); trecentottantanove battute da due basi / doppie (389); centotrentuno da tre basi / triple (131); trecentosessantuno fuoricampo (361); millecinquecentotrentasette punti battuti a casa (1537).
Dal 24 maggio al 25 luglio 1941 realizzò una striscia di cinquantasei partite con almeno una battuta valida (altre fonti, conteggiano sessantuno); nella Hall of Fame del Baseball, dal 1955. Figlio di pescatori siciliani emigrati, rappresentò la realizzazione del sogno americano.
bus Avenue; il secondario, ma per noi avvincente, all’ubicazione della City Lights Booksellers & Publishers, identificata anche City Lights Books e City Lights Bookstore, nell’edificio che nel primo Novecento fu sede di un rilevante studio fotografico gestito dalla famiglia Vitalini, in esplicito riferimento al corpus di una clientela locale del quartiere italiano di San Francisco. In questo ordine. Per descrivere il clima della libreria occorre anticipare che nelle grandi città degli Stati Uniti, New York in testa, ogni libreria presenta e offre una propria personalità particolare. A parte le strutture “supermercato” (ma anche queste...), del tipo che ormai condizionano la distribuzione libraria in Italia, ogni libreria statunitense ha individualità proprie: sia in relazione alla tipologia dei libri in vendita, sia in merito formale dell’ambiente. Non solo libreria, ma soprattutto luogo di ritrovo, casa editrice, cerchio magico che ha dato asilo a molti, City Lights Booksellers & Publishers è stata creata, nel 1953, da Lawrence Ferlinghetti e dal professore universitario Peter D. Martin (1923-1988). Volendolo fare, quel giorno, a quell’ora, che non conosco, che nessuna Storia ha registrato, potremmo stabilire la data di nascita della Beat Generation. Meglio, dovremmo andare al 1955, quando Lawrence Ferlinghetti, rimasto il solo proprietario della libreria, in agosto, avviò la propria casa editrice, che esordì con la collana di tascabili di poesia Pocket Poet Series.
Meglio ancora, dovremmo andare al 1956 di prima edizione della raccolta Howl and Other Poems, di Allen Ginsberg (oggi quotata circa tremila dollari), per la quale l’editore Lawrence Ferlinghetti fu arrestato e incriminato per “distribuzione di materiale osceno”. La sua assoluzione rappresentò una grande vittoria per la libertà di stampa negli Stati Uniti, che in base al Primo emendamento della Costituzione garantisce (garantirebbe?) la terzietà della legge rispetto al culto della religione e il suo libero esercizio; nonché la libertà di parola e stampa, il diritto di riunirsi politicamente e il diritto di appellarsi al governo per correggere i torti.
A parte un’offerta generale, ma non generica, ancora oggi, l’attuale personalità di City Lights Booksellers & Publishers vanta selezioni mirate per argomenti specifici, come la poesia (prima di tanto altro), la saggistica antigovernativa, le rievocazioni storiche e altro ancora. Dall’esterno, richiami sulle quattro finestre del primo piano (secondo, per gli americani) esortano a: Open Door, Open Mind, Open Books, Open Heart. Nello stesso ordine: porta aperta, mente aperta, libri aperti, cuore aperto. Ma, forse, anche: apri la porta, apri la mente, apri i libri, apri il cuore.
E tutto questo stabilisce un modo di affrontare l’Esistenza individuale declinata lungo un canale che esula dall’interpretazione neurotipica della Vita, ma abbraccia ben altri Valori. (Nota parallela, orgoglio italiano. L’unica altra sede, in “succursale”, ulteriore all’indirizzo di San Francisco, è stata City Lights Italia, creata a Firenze, nel 1996, dal poeta, scrittore e uomo di teatro Antonio Bertoli, prematuramente mancato il 24 ottobre 2015, a cinquantasette anni).
Comunque, tornando in mia cronaca, approdato alla della City Lights Booksellers & Publishers, mantenendo la definizione ufficiale, abbiamo subito risolto un’apprensione: Lawrence Ferlinghetti non era in sede. Se lo fosse stato, si sarebbe prestato a quella società dello spettacolo che gli imponeva di affacciarsi a una finestra per essere fotografato. Oppure, avrei dovuto contattarlo, per conversare con lui: con inevitabile posa davanti alle vetrine della libreria. Confessione d’obbligo e necessaria: per quanto la mia professione sia esordita con l’essere fotografo, ho sempre avuto disagio e imbarazzo a fotografare le persone, per quanto -se mai l’ho fatto-, sono scaturiti ritratti a dir poco orrendi. Da cui, sono presto passato allo still life.
Dunque, sola documentazione del luogo, senza obblighi che mi sono estranei. Soltanto, ho chiesto (e ottenuto) un ritratto di Lawrence Ferlinghetti in posa davanti alle vetrine della sua City Lights Booksellers & Publishers, che qui riproponiamo, e tanto mi basta.
Seconda vicenda, dal nostro punto di vista tale non in misura graduatoria: la libreria è allestita nei locali che dai primi decenni del Novecento ospitarono un avvincente studio fotografico, Vitalini Fotografia Italiana. L’identificazione professionale, riportata sui supporti delle carte de visite e dei ritratti confezionati in ogni altro formato del tempo (Margherita, Gabinetto…) certificava “Mr. & Mrs. Vitalini & Daughter Adele”, a testimonianza di una gestione familiare... nel quartiere italiano di San Francisco.
Tanto che ancora oggi, in personalità City Lights Booksellers & Publishers, un mosaico a terra, davanti all’ingresso di allora, attualmente inglobato nel passaggio dall’esposizione libraria di piano terra a quella al primo piano (secondo, per gli americani, che conteggiano il piano terra come primo), verso la sessione di poesia, ricorda l’antica origine.
E qui finisce il pomeriggio del trentuno marzo del Duemilasedici, negli Stati Uniti, a San Francisco, in California, il cui ricordo è stato sollecitato dalla scomparsa di Lawrence Ferlinghetti, a centodue anni, in tempi e modi di vita attendibili e ammissibili.
Di più, ancora. ■ ■
In cammino verso la libraria City Lights Booksellers & Publishers, un incontro inaspettato, identificato in base al nostro interesse personale per il baseball americano dei decenni a cavallo della Seconda guerra mondiale: Joe DiMaggio Playground, presso la chiesa del quartiere italiano dove è vissuto l’epico esterno centro dei New York Yankees (dal 1936 al 1951).