6 minute read

Il paradiso esiste

Next Article
Memoria

Memoria

In occasione delle attuali edizioni standard e Sumo, ciascuna per sé in dimensioni librarie generose, della monografia Amazônia, di Sebastião Salgado, riprendiamo e adattiamo da un autorevole commento giornalistico redatto dall’accreditato critico d’arte inglese Jonathan Jones per The Guardian, in Rete dallo scorso ventuno giugno

(di Antonio Bordoni)

Advertisement

Il viaggio gli ha distrutto il ginocchio, ed è quasi costato un occhio, ma ha portato Sebastião Salgado in un mondo di sciamani, tribù nascoste e foreste pluviali infinite, dove ha rivissuto un’odissea unica e irripetibile.

«Il capitano del battello non ci ha permesso di nuotare nel fiume», ha rilevato il fotografo brasiliano. «C’erano molti caimani in giro. In Amazzonia, sono grandi; hanno le dimensioni di coccodrilli. Ci sono anche molti serpenti costrittori. Non sono velenosi, ma sono enormi. Quando uno ti agguanta, sei finito. Ti spezzerà tutte le ossa e si ciberà di te. Poi, ci sono i piranha».

Per condurci in una ricerca senza fiato nell’Amazzonia, la foresta pluviale più

estesa del mondo, Sebastião Salgado introduce così. Chiaramente divertito, rivela che i suoi momenti preferiti, nella vita, sono quando si mette in viaggio. «Sono dentro il mio mezzo di trasporto -un aereo o una barca-: tutto ciò che mi porta in qualche luogo. Vado a incontrare qualcosa!».

Sta parlando della sua più recente corposa monografia fotografica, Amazônia, una appassionante successione di panorami in bianconero. Osservando attraverso le sue immagini, si prova lo stesso stupore che si potrebbe provare di fronte a dipinti sublimi: fiumi serpentini scorrono attraverso foreste apparentemente illimitate, scarpate rocciose a strapiombo svaniscono nei cieli, e nuvole apocalittiche incombono sulle

cime degli alberi. Eppure, e legittimamente, Sebastião Salgado non si riferisce alla sua Fotografia come arte. Espone un viaggio, una storia d’avventura, una storia del mondo. Ed è anche questo che ci piace, indipendentemente dagli autori, indipendentemente dai contesti: Storia dell’Uomo, Storia della Vita.

Sebastião Salgado ha fotografato i più splendidi e incantevoli palcoscenici che la Terra offre: minatori d’oro che strisciano come termiti sui lati fangosi di un pozzo gigante; rifugiati aggrappati alla vita in polverose lande desolate; pozzi di petrolio in fiamme nei deserti del Kuwait. Ma esplorare la regione amazzonica del suo Brasile natale, con i suoi affluenti difficili da navigare, è stata una nuova sfida. Per due incidenti successivi, ha quasi perso un occhio, e ora ha un impianto al ginocchio. Per quanto quelle acque scure possano sembrare calme -nelle sue fotografie-, non ci si può fidare di loro. A un certo punto, ha noleggiato un grande battello fluviale in grado di trasportare cento persone, anche se era solo per lui, la sua squadra, le attrezzature e le scorte di cibo. Acque infestate (abitate?) da pesci lunghi tre metri, pesanti duecentocinquanta chili; acque profonde oltre ottanta metri; in alcuni punti, il fiume è largo venti chilometri.

Quel viaggio in battello fluviale è stato un tentativo, destinato a fallire, di trovare la sorgente di uno dei fiumi dell’Amazzonia, nonché un’occasione per scattare fotografie delle sponde del fiume, che si presentano come enormi muri di alberi. Ma, per raggiungere la destinazione finale -le comunità che vivono nel pro-

Sebastião Salgado. Amazônia, con il contributo di Lélia Wanick Salgado; Taschen Verlag, 2021; 528 pagine 30,8x26cm (4,29kg); 100,00 euro. ▶ Sebastião Salgado. Amazônia, con il contributo di Lélia Wanick Salgado; edizione Sumo; Taschen Verlag, 2021; 472 pagine 70x50,5cm (24,9kg), più libro aggiunto di trentadue pagine con le didascalie; leggio in acciaio 90x38,5x113,5cm (46kg), con verniciatura a polvere; 3000,00 euro.

Sebastião Salgado. Amazônia, con il contributo di Lélia Wanick Salgado; Taschen Verlag, 2021; 528 pagine 30,8x26cm (4,29kg); 100,00 euro. ▶ Sebastião Salgado. Amazônia, con il contributo di Lélia Wanick Salgado; edizione Sumo; Taschen Verlag, 2021; 472 pagine 70x50,5cm (24,9kg), più libro aggiunto di trentadue pagine con le didascalie; leggio in acciaio 90x38,5x113,5cm (46kg), con verniciatura a polvere; 3000,00 euro. fondo della foresta-, Sebastião Salgado ha navigato in ruscelli più piccoli, su barche più strette. La monografia illustrata Amazônia contiene una inquadratura di una decina di piccole imbarcazioni ormeggiate all’alba: scure e ben a fuoco, si stagliano dal paesaggio nebbioso e anonimo sullo sfondo; le loro panche catturano il sole mattutino e l’argento splendente. Di chi sono?

«La maggior parte, sono barche che ho noleggiato. Non è permesso cacciare il cibo degli indiani o catturare i loro pesci. In quella parte del viaggio, tutto ciò di cui ho avuto bisogno, cibo compreso, ho dovuto portarlo con me: dalla mia attrezzatura, il mio studio, alla farmacia. Mi hanno accompagnato dodici assistenti, soprattutto ragazzi che sanno manovrare le barche. Il grande fiume non è un problema, ma si deve fare attenzione nei piccoli fiumi o si distrugge la barca. E ho dovuto avere quello che in Brasile chiamiamo Capitano della Giungla: un ragazzo che conosce la giungla, sa cacciare e pescare, come camminare nella giungla, come allestire il campo. Quindi, il mio assistente di Parigi, due traduttori, un antropologo e un agente di Funai».

Funai è l’Associazione Nazionale Indiana del Brasile, che supervisiona tutti i contatti tra gli estranei e le comunità indigene. «Quando si osserva la mappa dell’Amazzonia, tutte le riserve indiane sono intatte. Non permettono la distruzione all’interno della loro terra. La terra indiana, in Amazzonia, è circa il venticinque percento di tutta l’area. Prima dell’attuale presidente Jair Bolsonaro, il Brasile ha tenuto un comportamento ammirevole; ha riconosciuto il territorio indigeno e i loro diritti. Quando si incontrano comunità indiane negli Stati Uniti e in Canada, o gli aborigeni in Australia, si rileva come abbiano perso la propria terra. In Amazzonia, no».

La preparazione della spedizione è stata onerosa anche dal punto di vista politico e burocratico. Tramite il Funai, è stato chiesto alle diverse collettività se intendevano accettare un fotografo come ospite; da cui, ulteriori autorizzazioni a livello governativo. Quindi, lo staff è stato messo in quarantena sanitaria, per proteggere le tribù dai germi moderni. Tutto questo per raggiungere comunità che hanno pochi contatti con il mondo esterno, o -addirittura- nessuno del tutto: in Brasile, si conteggiano più di cento gruppi tribali che non sono mai stati contattati.

I problemi dell’Amazzonia sono ben noti e urgenti: incendi, deforestazione, agricoltura invadente, costruzione di strade. Ma Sebastião Salgado -che con la moglie Lélia ha trasformato la fattoria di famiglia, ad Aimorés, in una riserva naturale che è un modello di riforestazione- rivela e mostra che c’è ancora molto per cui lottare. Con tutta la propria rapacità, il mondo moderno, ha distrutto solo «un pezzetto di periferia. Il cuore è ancora lì. Per mostrare questo luogo incontaminato, fotografo l’Amazzonia viva, non l’Amazzonia morta».

Le sue immagini di paesaggi divulgano la vastità del cuore ancora incontaminato di questa natura selvaggia. Allo stesso momento, i suoi ritratti rivelano in profondità i mondi di chi considera la Terra come linfa vitale. Posano per lui in copricapi di piume con facce dipinte, o disadorni e nudi.

Paradiso in Terra. ■ ■

Oltre le attuali edizioni librarie Taschen Verlag, la mostra Amazônia, di Sebastião Salgado, a cura di Lélia Wanick Salgado, è allestita al Maxxi - Museo nazionale delle arti del XXI secolo, di Roma (via Guido Reni 4a; www.maxxi.art). Dal Primo ottobre al 13 febbraio 2022; martedì-domenica, 11,00-19,00. La mostra è accompagnata da una colonna sonora originale: un “mondo sinfonico” creato da Jean-Michel Jarre utilizzando suoni concreti della foresta. Attraverso le loro testimonianze, questa combinazione dà voce alle comunità indigene fotografate.

This article is from: