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Dal tormento / 2

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Sullo scaffale

Sullo scaffale

/ RIFLESSIONI / DAL TORMENTO / 2

ESTRATTI COERENTI DA RIFLESSIONI ESTRAPOLATE DA TESTI E LEZIONI

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di Diane Arbus

La cosa che preferisco è andare dove non sono mai stata. Per me c’è un che di speciale nell’entrare a casa di altri. Quando arriva il momento di andarci, che debba prendere un bus per una qualche destinazione o un taxi per i quartieri alti, è come se avessi un appuntamento al buio. Mi ha sempre fatto questo effetto. A volte, provo una sensazione opprimente, e penso “Mio Dio, è ora, ma non voglio proprio andare”. Poi, una volta partita, qualcosa di grande subentra al posto di questa specie di inquietudine ed è una sensazione che non posso controllare.

Ho fotografato tantissimo i fenomeni da baraccone. Sono stati uno dei primi soggetti che ho fotografato. Esercitavano su di me una grande attrazione. Semplicemente, li adoravo e continuo ad adorare alcuni di loro. Non dico che fossero i miei migliori amici, ma mi facevano provare un misto di vergogna e timore reverenziale. I fenomeni da baraccone possiedono un’aura leggendaria. Come un personaggio di una favola che ti ferma e ti pone un indovinello. Molte persone vivono nel timore che gli possa capitare un’esperienza drammatica. I fenomeni da baraccone sono nati nel loro trauma. Hanno già superato la loro prova nella vita. Sono degli aristocratici.

I campi nudisti erano per me un soggetto grandioso. Nell’arco di alcuni anni, ho visitato tre campi. La prima volta che ci sono andata è stato nel 1963; ci rimasi un’intera settimana, e fu veramente affascinante. Era il campo messo peggio. e per questo, per qualche ragione, era anche il più straordinario. Andava letteralmente a pezzi. Il posto era pieno di muffa e l’erba non cresceva.

La macchina fotografica [Mamiya C33] possiede una specie di forza intrinseca. Voglio dire che tutti sanno che hai una certa superiorità. Hai con te un piccolo strumento magico che gli fa qualcosa. In un certo modo li fissa.

Pensi che ti sentirai un po’ ridicola a girare con addosso solo la macchina fotografica, ma questo in realtà fa parte del divertimento. Basta un minuto per capire come comportarsi e già sei un nudista. Potresti pensare di non esserlo e invece lo sei.

Ho fotografato tantissimo i fenomeni da baraccone. Sono stati uno dei primi soggetti che ho fotografato. Esercitavano su di me una grande attrazione. Semplicemente, li adoravo e continuo ad adorare alcuni di loro. Non dico che fossero i miei migliori amici, ma...

In effetti, una delle prime foto che ho fatto in vita mia doveva avere a che fare con quel racconto, perché ritraeva un cane. È stato circa vent’anni fa, quando d’estate abitavo sull’isola di Martha’s Vineyard. C’era un cane che arrivava tutti i giorni al tramonto. Un cane grande. Un bastardo. Aveva gli occhi dei weimaraner, di color grigio. Ricordo soltanto che era molto inquietante. Veniva lì, e si limitava a fissarmi in un modo che mi pareva quasi mitico. Insomma, un cane che non abbaiava, non ti leccava, ma che ti guardava solo molto intensamente. Penso di non essergli piaciuta. Gli feci una foto, ma non riuscì granché bene.

Di solito, sopraggiungeva quell’attimo di panico, che ancora ogni tanto mi assale, in cui guardo attraverso il vetro smerigliato e tutto mi sembra brutto, ma non riesco a capire cosa ci sia di sbagliato. A volte, è come guardare in un caleidoscopio. Per quanto lo scuoti forte, non prende mai la forma che vuoi. Allora pensavo che se avessi potuto buttare tutto per aria, me ne sarei finalmente liberata. Ma non potendo, tornavo sui miei passi o cominciavo a parlare oppure, non so, andavo altrove. Comunque non credo che si possa avere un controllo su queste cose, perché nel processo c’è sempre un che di misterioso.

Suppongo che molte di queste osservazioni siano destinate a valere a posteriori. Intendo dire che non puoi applicarle a te stesso per convincerti a metterti al lavoro. Non è che ti metti a lavorare perché hai appeso qualcosa di bello alla parete, oppure perché conosci te stesso. Molto spesso, conoscere se stessi non porta proprio da nessuna parte. Talvolta, ti lascia persino un po’ vuoto. Del tipo, eccomi qui, io esisto, ho una storia, ci sono cose nel mondo che mi sembrano misteriose, altre che mi irritano. Ma in certi momenti tutto questo non sembra servire a molto.

Dopo un po’, cominci a porti domande. C’è una bottiglietta vuota o una forcina arrugginita sotto i piedi, il fango trasuda dal fondo del lago in modo particolarmente sgradevole, il bagno emana un cattivo odore, i boschi hanno un aspetto squallido. È come se ai tempi del Giardino dell’Eden, dopo la Caduta, Adamo ed Eva avessero supplicato il Signore di perdonarli e Lui, nella sua infinita esasperazione, avesse detto: “E va bene. Restate. Restate nel Giardino. Civilizzatevi. Procreate. Sporcatelo”. E loro l’hanno fatto.

Una prostituta che conoscevo mi mostrò un album di istantanee a colori raffiguranti alcuni uomini che aveva rimorchiato. No, non fotografie spinte. Solo fotografie di uomini seduti sui letti in camere di motel. Ne ricordo una di un uomo con indosso un reggiseno. Era soltanto un uomo, del tipo più comune, dall’aspetto quasi banale, che si era semplicemente provato un reggiseno. Così come uno qualunque che si prova un reggiseno, come uno che vuole provare una cosa di un altro che lui non ha. Era straziante. Era davvero una bellissima foto. ■ ■

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