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Viva Latina

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Il paradiso esiste

Il paradiso esiste

Incisione colorata, creata nel 1805 da Lorenz Adolf Schönberger (1768-1847) e Pierre Jean François Turpin (1775-1840) su disegno di Alexander von Humboldt. Opera di incisione di Louis Bouquet (17651814), 37x80,3cm, pubblicata nella prima edizione di Essai sur la géographie des plantes / accompagné d’un tableau physique des régions équinoxiales, fondé sur des mesures exécutées, depuis le dixième degré de latitude boréale jusqu’au dixième degré de latitude australe, pendant les années 1799, 1800, 1801, 1802 et 1803, par Al. de Humboldt et A. Bonpland. Rédigée par Al. de Humboldt . A Paris, chez Levrault, Schoell et Compagnie, Libraires, XIII - 1805. Profilo altimetrico che mostra la distribuzione delle piante equinoziali e la geologia dell’area, utilizzando anche la tecnica dello spaccato. Realizzato sulla base di un disegno di von Humboldt, presenta una vista in sezione dei vulcani Chimborazo e Cotopaxi, con la distribuzione in base all’altitudine delle rispettive vegetazioni. Comincio con il disegno del Chimborazo, che per me è stato il Sudamerica fin da quando, giovinetto, mi capitò di scoprirlo, forse a scuola. Un mondo con vulcani tanto fitti che ne potevo vedere due, uno in fila all’altro, incappucciati di neve, che sembravano disegnati da un bambino. Un mondo con vulcani così non poteva che essere il Paese della Magia. Più tardi, la magia del Sudamerica fu svelata al mondo dai romanzi di Gabriel García Marquez e dalle poesie di Pablo Neruda.

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VIVA

LATINA

Il programma espositivo del Festival La Gacilly-Baden Photo 2021, in cartellone in Austria, fino al prossimo diciassette ottobre, presenta fotografi e fotografie dall’America Latina che riflettono la complessità della storia del continente, travagliato da rivoluzioni e sostenuto da speranze. Il suo guazzabuglio di tradizioni, in cui convivono visioni sciamaniche e sogni più razionali dell’Occidente, conferma il fervore delle sue società, plasmate dalla violenza, ma anche da una potente gioia di vivere

BIODIVERSITÀ

Pascal Maitre (Francia, 1955)

L’odissea della farfalla monarca

Pascal Maitre è un fotoreporter francese. Per più di trent’anni, ha lavorato soprattutto in Africa, dove ogni anno realizza una decina di reportage, e dove è ambientato uno dei suoi progetti più importanti, Africa Without Electricity. Ma ha fotografato in molti, molti paesi, tra i quali l’Afghanistan, dove ha documentato la resistenza contro l’occupazione sovietica, il Medio Oriente, la Russia, l’America Latina. «Cosa potrebbe esserci di più magico della migrazione delle farfalle, per celebrare la biodiversità?», annota. «La farfalla monarca (Danaus plexippus) migra lungo una rotta di quattromilacinquecento chilometri a una velocità di quasi settantacinque chilometri al giorno, dai boschi del nord della California alle montagne del Messico centrale. Però, dato che la durata della vita di una farfalla raramente supera le cinque settimane, quelle che fanno il viaggio di ritorno sono in realtà discendenti lontane di chi ha intrapreso l’andata del viaggio!». Queste farfalle sono minacciate di estinzione a causa della deforestazione, dei pesticidi, dei terreni inquinati e dal cambiamento climatico. Dati recenti (2021) conteggiano che la loro consistenza si è ridotta del ventisei percento.

[da Wikipedia] In ecologia, la diversità biologica o biodiversità è la varietà di organismi viventi nelle proprie diverse forme, e nei rispettivi ecosistemi. Secondo il Glossario Dinamico Ispra-Catap, per biodiversità entro un determinato ambiente si intende, appunto, la varietà di organismi viventi presenti al suo interno. La biodivesità comprende l’intera variabilità biologica di geni, specie, nicchie ecologiche ed ecosistemi con le risorse genetiche considerate componente determinante della biodiversità all’interno di una singola specie. In totale, le specie descritte dalla scienza sono circa un milione e settecentoquarantamila (1,74 milioni), mentre il valore di quelle stimate oscilla da circa quattro (3,63) a oltre centoundici milioni (111); tuttavia, queste stesse stime risultano incomplete, in quanto nuove specie vengono scoperte e aggiunte continuamente al totale generale. In questo contesto, l’estinzione di specie è la minaccia principale alla biodiversità. Il 2010 è stato dichiarato Anno internazionale della Biodiversità; mentre il periodo dal 2011 al 2022 è stato, invece, dichiarato Decennio della Biodiversità [ammesso, ma non concesso, che queste ufficialità possano influenzare i comportamenti individuali].

Lois Lammerhuber (Austria, 1952)

Trilogia Latino Americana

«Il 15 maggio 1978, sono partito per circumnavigare entrambe le Americhe, in auto. La spina dorsale del mio viaggio è stata l’Autostrada Panamericana, un sistema di strade collegate tra loro, quarantottomila chilometri, che va da Prudhoe Bay, in Alaska, a Ushuaia, nella Terra del Fuoco. Dal 1950 al 1954, il tratto messicano fu teatro della Carrera Panamericana, una gloriosa corsa automobilistica tipo Mille Miglia, cancellata per la sua pericolosità, dopo la quinta edizione. «Lungo questo viaggio, durato quasi due anni, sono arrivato in America Latina. Rimasi quindici mesi e finii per sentirmi a casa. E fu quella esperienza a trasformarmi in fotografo. Per Geo France [mensile simile ad Airone originario], per alcuni anni, fui addirittura “il nostro uomo per l’America Latina”. «Perciò, per la mia storia personale, il Festival 2021 è ancora più vicino al mio cuore. Tra le fotografie che presento, ci sono un paio di ritratti di Julius Caesar, un curandero che vive nel villaggio andino di Ilumán, Ecuador, lungo l’Autostrada Panamericana, novanta chilometri a nord dalla capitale Quito. Uomo di medicina, mago, visionario e psicologo, conosce il potere curativo di piante e animali. La sua competenza è tenuta in alta considerazione dall’Organizzazione Mondiale della Sanità».

Pedro Pardo (Messico, 1974)

Orizzonti oscuri

Con questa fotografia di un gruppo di migranti latinoamericani che scalano il muro tra Messico e Stati Uniti, Pedro Pardo ha ricevuto il terzo premio nella categoria Spot News / Singles, all’edizione 2019 del World Press Photo. Fotogiornalista dell’Agence France-Presse (Afp), una delle più importanti e prestigiose agenzie di informazione a livello mondiale, è convinto che il giornalismo possa cambiare la Storia. Per questo, continua a documentare lo stato del suo paese, che sprofonda sempre più nella violenza.

di Lello Piazza

Viva Latina! è l’esclamazione di esultanza con la quale il Festival La Gacilly-Baden Photo 2021 saluta i lavori di selezionati fotografi sudamericani esposti in questa edizione (fino al prossimo diciassette ottobre). Viva la Fotografia latina! diremmo noi con minore sintesi; viva la Fotografia che viene dal Sudamerica.

Ma allora, perché questo servizio apre con un disegno 3D del vulcano Chimborazo, apparso in Essai sur la géographie des plantes, un volume pubblicato a Parigi, nel 1805, a firma del grande scienziato e viaggiatore tedesco Alexander von Humboldt (1769-1859) e del suo compagno di esplorazioni, il francese Aimé Bonpland (1753-1858)?

Chiedo a coloro i quali vivono una “passionaccia” per la Fotografia, e che vorrebbero che si scrivesse subito delle immagini di Baden, di avere pazienza. Come si potrebbero gustare, capire o persino rifiutare le fotografie di Latina se non si sapesse prima, a grandi linee, approssimativamente, cosa evoca l’immagine del Sudamerica?

Mi limito a suggerire un plausibilissimo legame tra Fotografia e Umanità. A questo proposito, mi sia concesso un po’ di sarcasmo. Certamente, non intendo iniziare nessuno alle teorie sublimi di un noto “critico” fotografico e direttore di riviste del settore (si fa per dire): anzi, invito a starne ben lontani. Costui ha preteso di convincere gli ascoltatori di una autorevole trasmissione radiofonica che, poiché Abbas è musulmano, e i musulmani scrivono da destra a sinistra, per leggere e capire le sue immagini, bisogna guardarle riflesse in uno specchio (che scambia, per l’appunto, destra e sinistra).

Sebastião Salgado (Brasile, 1944)

Oro

«La prima volta che ho visto la miniera di Serra Pelada, sono rimasto senza parole. Davanti a me c’era una enorme fossa, quasi duecento metri di diametro e altrettanto profonda, brulicante di decine di migliaia di uomini seminudi, metà dei quali trasportava pesanti sacchi di terra su traballanti scale di legno; l’altra metà precipitava giù per pendii fangosi verso l’abisso. Cercavano l’oro». Sebastião Salgado ha scoperto per la prima volta questa scena dantesca nel settembre 1986. Il Festival offre l’opportunità al grande pubblico di vedere alcune delle immagini inquietanti e ipnotiche di questo inferno, ormai chiuso.

Marcos López (Argentina, 1958)

Pop Latino

Personalità di spicco della fotografia argentina, Marcos López ha iniziato la professione dopo la Coppa del Mondo di calcio del 1978, dove aveva incontrato una serie di fotografi che seguivano l’evento. La sua serie Pop Latino lo ha reso famoso. Composte come dipinti, le fotografie hanno colori che ricordano quelli dell’inglese Martin Parr (Magnum Photos), un umorismo ispirato ai lavori di Peter Dench (fotogiornalista del mondo della pubblicità) e uno spirito pop che richiama Andy Warhol. Marcos López critica in modo caustico la società dei consumi e dei tempi moderni, della quale e dei quali offre una interpretazione kitsch personale e divertente.

Ne abbiamo parlato e riferito in occasioni precedenti, dove e quando è stato opportuno farlo. Qui e ora ripetiamo, in richiamo all’immagine-simbolo del Festival La Gracilly-Baden Photo 2021, dedicato alla fotografia del Sudamerica. L’intelligenza è materia soggettiva.

Volente o nolente, quando si sintetizzano programmi fotografici, per quanto culturali possano essere, è sempre e comunque indispensabile visualizzare con un richiamo esplicito: la macchina fotografica.

Quindi, il legame sarebbe tra Fotografia e scrittura, non tra Fotografia e Umanità. Vi prego, non guardate le fotografie allo specchio, anche perché -se fosse vero quello che dice l’“esperto” [e le virgolette sono d’obbligo]- io non saprei come guardare le fotografie scattate dai giapponesi, che scrivono dall’alto verso il basso.

Tornando alla realtà seria, confesso che riesco ancora a provare interesse per la Fotografia solo se la stessa Fotografia si intreccia con la cultura, la natura, la storia, i sentimenti degli Uomini, cioè solo se arrivo a colloquiare con ogni scatto come se parlasse, come se fosse un cittadino col proprio vissuto, con la propria storia, come un essere vivo.

Perciò, comincio con il disegno del Chimborazo, che per me è stato il Sudamerica fin da quando, giovinetto, mi capitò di scoprirlo, forse a scuola. Un mondo con vulcani tanto fitti che ne potevo vedere due, uno in fila all’altro, incappucciati di neve, che sembravano disegnati da un bambino. Un mondo con vulcani così non poteva che essere il Paese della Magia.

Più tardi, la magia del Sudamerica fu svelata al mondo dai romanzi di Gabriel García Marquez, soprattutto Cent’anni di solitudine, e dalle poesie di Pablo Neruda (Riempivano gli illustri pappagalli / la profondità del fogliame / come lingotti d’oro verde / da poco usciti dall’impasto / delle paludi inabissate).

A proposito di pappagalli, mi ricordo le prime immagini nelle quali vidi stormi di grandi pappagalli ara rosso e verde (Ara chloropterus) fotografati da Frans Lanting lungo le sponde del Rio Manu, in Perù, che alla fine non riuscii a pubblicare su Airone [come photo editor della testata]. Quelle fotografie, come altre della Penisola di Valdés (Penísula Valdés), in Argentina, una rilevante riserva naturale, dal 1999 entrata nell’elenco Unesco del Patrimonio dell’Umanità, svelarono il Sudamerica per la sua immensa natura selvaggia.

A proposito della natura selvaggia del Sudamerica, cito le fondamentali Isole Galapagos (Ecuador). Queste isole hanno ispirato a Charles Darwin la stesura di L’origine della specie / On the Origin of Species, del 1859, un’opera che ha sconvolto la consapevolezza di Homo sapiens sulle vere origini sue e di tutte le altre specie viventi. Per quelle isole e per il resto dell’Ecuador, anni fa, il governo ha organizzato una missione, Descubriendo Ecuador (Alla scoperta dell’Ecuador), nella quale ha coinvolto alcuni photo editor (New York Times, Geo France, National Geographic Magazine, Airone) e una cinquantina di fotografi da tutto il mondo.

In Sudamerica, sfortunatamente, non c’è solo natura. Ricordo le dittature. La cilena, con la famosa fotografia di Serge Plantureux che mostra il presidente cileno Salvador Allende in fuga dal Palazzo della Moneda, di Santiago del Chile, attaccato dall’esercito agli ordini

del generale fascista Augusto Pinochet. Era l’11 settembre 1973. Piuttosto che arrendersi, il presidente Allende si sparò.

Tra i tanti esuli di quella dittatura, ricordiamo il coinvolgente gruppo musicale Inti-Illimani, stabilitosi in Italia, col loro canto di speranza ¡El pueblo unido, jamás será vencido!

E, poi, c’è stata la dittatura argentina, con migliaia e migliaia di Desaparecidos. E, poi, ancora, c’è l’assassinio del brasiliano Francisco Alves Mendes, noto come Chico Mendes, raccoglitore di gomma, leader sindacale e ambientalista, assassinato da un allevatore di bestiame, il 22 dicembre 1988. Combatteva per preservare la foresta pluviale amazzonica, sostenendo i diritti umani dei contadini e delle popolazioni indigene. Fu il novantesimo attivista rurale assassinato quell’anno in Brasile. Quella impresa in difesa dell’Amazzonia, delle popolazioni indigene, dei contadini, è senza fine. E, apparentemente, senza speranza.

Basti pensare a cosa è successo negli ultimi mesi nel Brasile guidato da Jair Bolsonaro, sotto gli effetti del Covid 19. Con più di sedici milioni di casi e quasi mezzo milione di morti (dati al Primo giugno 2021), il Brasile risulta essere lo Stato del Sudamerica più colpito.

Ma, inaspettatamente, con una grande speranza. Soprattutto alimentata dal progetto di Sebastião Salgado, un grande tra i grandi della fotografia mondiale, anche presente a Baden 2021. Con la moglie Lélia e un gruppo di amici sta ripristinando la foresta tropicale il cui manto un tempo copriva circa il sessanta percento l’ecosistema originario dell’azienda agricola di famiglia, copertura ridottasi a un misero Zero-cinque percento all’inizio degli anni Novanta.

Pablo Corral Vega (Ecuador, 1966)

Inno alle Ande

Questo è il titolo del gruppo di immagini di Pablo Corral Vega, maestro della fotografia a colori, in mostra al Festival. «Ho sempre voluto testimoniare al mondo tutta la diversità e bellezza delle Ande. Mettere in relazione cultura e vita quotidiana, esseri umani nella propria condizione più semplice e nobile. Queste fotografie mostrano persone schiacciate da secoli di oppressione, che sono state sfruttate e poi dimenticate, condannate a vivere in condizioni pietose, con la costante consapevolezza della morte. Eppure, nonostante tutto, nulla è riuscito a opprimere il loro amore per la vita».

Nel 1998, ha ottenuto per quell’area la qualifica di riserva naturale, nella quale -a oggi- è stato piantato qualche milione di alberi di oltre trecento specie botaniche diverse. [Sebastião Salgado, Amazônia, in duplice edizione: su questo stesso numero, da pagina 40].

È quasi giunto il momento di lasciare (finalmente?) la parola a Lois Lammerhuber, brillante e geniale direttore del Festival La Gracilly-Baden Photo.

Ma ancora un appunto. Mi preme ricordare due giovani speranze della fotografia sudamericana, che non sono presenti nel palinsesto di Baden 2021.

Il primo è Pablo Albarenga (Montevideo, Uruguay; 1990), fotografo dell’anno ai Sony World Photography Awards 2020, raro esempio di fotogiornalista poetico, che si occupa di diritti umani e di protezione dell’ambiente in Sudamerica (https://pabloalbarenga.com).

L’altro è Pablo E. Piovano (Buenos Aires, Argentina; 1981), che collabora con media internazionali: Geo, Stern, National Geographic; in Italia, con L’Espresso e Internazionale. Ricordo il suo lavoro sui problemi dell’inquinamento da prodotti chimici per l’agricoltura raccolto in una coinvolgente monografia (El costo humano de los agrotóxicos; Kehrer Verlag, 2017).

Il Festival La Gacilly-Baden Photo 2021 è in cartellone fino al prossimo diciassette ottobre, in Austria, nei pressi della capitale Vienna. Oltre trenta mostre, con più di milleottocento fotografie, alcune allestite con ingrandimenti di dimensioni generose: fino a duecentottanta metri quadrati. Nel 2020, le mostre del Festival sono state visitate da più di trecentomila persone. Quindi, anche e ancora: lezioni, seminari e altri eventi. Aggiornamenti in tempo reale sul sito dedicato http://festivallagacilly-baden.photo/en/ events/festival-la-gacillybaden-photo-2021. ▶ Ufficio del Festival: Festivalbüro La Gacilly-Baden Photo (+43 [0] 2252 42269; festival@lagacillybaden.photo).

Carolina Arantes (Brasile, 1980)

La corsa all’oro verde

Brasiliana, oggi residente in Francia, Carolina Arantes non è rimasta insensibile alle fotografie dell’Amazzonia devastata da enormi incendi, che hanno fatto notizia in tutto il mondo. Per contribuire con proprie immagini alla cronaca del disastro, si è recata nel suo paese d’origine e ha trascorso settimane ad Altamira, nello Stato del Pará, dove gli incendi sono divampati maggiormente. Altamira è la città-simbolo dalla distruzione della foresta, una sorta di selvaggio West moderno, che ha attratto avventurieri di ogni genere, soprattutto dopo la costruzione dell’enorme diga di Belo Monte. Nelle ultime stagioni, l’elezione di Jair Bolsonaro a presidente ha peggiorato la situazione: in Brasile, la deforestazione è raddoppiata in un solo anno, devastando diecimila chilometri quadrati di terreno. La fotografia che qui proponiamo dipinge il cupo spettacolo degli alberi di un paradiso bruciato e sacrificato.

Emmanuel Honorato Vázquez (Ecuador, 1893-1924)

Il fotografo dimenticato degli anni Venti

Uno dei più grandi fotografi dell’Ecuador. Quasi sconosciuto fino a poco tempo fa, fino a quando non c’è stato alcun tentativo di resuscitare le sue immagini, principalmente perché la società bigotta conservatrice locale avrebbe preferito che il suo lavoro cadesse nell’oblio. Emmanuel Honorato Vázquez proveniva da una famiglia benestante, ma era un iconoclasta ribelle, anticlericale, bohémien ed epicureo. Fu uno scrittore e fotografo decisamente moderno; mancato troppo giovane, ha comunque lasciato (inconsapevolmente?) la sua impronta nella storia del suo paese.

Ed eccoci (finalmente?!) a Lois Lammerhuber. Con mirabile sintesi, ci ha dichiarato: «Il Festival La Gacilly-Baden Photo 2021 presenta fotografi e fotografie dall’America Latina che riflettono la complessità della storia del continente, travagliato da rivoluzioni e sostenuto da speranze... fervore delle sue società, plasmate dalla violenza, ma anche da una potente gioia di vivere.

«Tutti i fotografi del Festival sono radicati nella vita quotidiana. Registrano la diversità delle genti di questo continente, esplorano il caos urbano, lamentano i danni arrecati alla natura. Lo fanno in modo poetico, creativo e divertente.

«Il Festival celebra anche l’importanza della biodiversità del nostro pianeta, presentando lavori di alcuni importanti fotografi e degli studenti di sedici scuole di fotografia della Bassa Austria.

«Viene assegnato anche Il Global Peace Photo Award come riconoscimento alle immagini che celebrano l’anelito umano verso un mondo pacifico e la ricerca di bellezza e bontà nella nostra vita.

«Un ultimo pensiero. Dedichiamo questa edizione del Festival a Thomas Jorda, nostro amico e co-fondatore di questo appuntamento. Purtroppo, non è più con noi. Il motto della sua vita è stato un pensiero del musicista Gustav Mahler (1860-1911), “La tradizione non è adorazione della cenere, ma conservazione del fuoco”. Ci manca tanto». ¡Que viva Latina! ■ ■

Il Festival La Gacilly-Baden Photo 2021 è in cartellone fino al prossimo diciassette ottobre, in Austria, nei pressi della capitale Vienna. Oltre trenta mostre, con più di milleottocento fotografie, alcune allestite con ingrandimenti di dimensioni generose: fino a duecentottanta metri quadrati. Nel 2020, le mostre del Festival sono state visitate da più di trecentomila persone. Quindi, anche e ancora: lezioni, seminari e altri eventi. Aggiornamenti in tempo reale sul sito dedicato http://festivallagacilly-baden.photo/en/events/festival-la-gacillybaden-photo-2021. ▶ Tourist Information Baden, Brusattiplatz 3, A-2500 Baden bei Wien; da lunedì a venerdì, 9,00-18,00; sabato, domenica e festivi, 10,00-18,00 (+43 [0] 2252 86800 600; info@baden.at). ▶ Ufficio del Festival: Festivalbüro La Gacilly-Baden Photo (+43 [0] 2252 42269; festival@lagacilly-baden.photo).

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