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Assedio
Questo intervento giornalistico è stato compilato il sedici maggio. A seguire, nelle settimane successive, ci auguriamo che la situazione di guerra sia tanto migliorata (si fa per dire), da allineare la sua pubblicazione con un clima risolto. Comunque, le considerazioni e valutazioni restano. E speriamo che servano. Per quanto la Fotografia non possa cambiare il Mondo (come, del resto, non possono farlo neppure la Poesia, l’Arte, la Narrativa...), la stessa Fotografia e la sua coincidente riflessione influiscono sulle coscienze, magari elevando l’educazione e l’evoluzione. Ammesso e non concesso che il Sapiens...
di Lello Piazza
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Parlo brevemente delle fotografie dei soldati ucraini del Battaglione Azov, intrappolati nell’assedio della acciaieria Azovstal, a Mariupol. L’assedio (adsedium per obsidium, cioè star seduto davanti, tenere il campo) è uno dei tanti e terribili momenti della guerra, che -oggigiorno- vede la Russia conquistatrice, da una parte, e l’Ucraina aggredita, dall’altra.
Nei primi ottantadue giorni di guerra (oggi, lunedì sedici maggio; l’invasione è iniziata lo scorso ventiquattro febbraio), ne sono successe di ogni. Insieme a una storia di devastazioni, le cronache di questi ottantadue giorni e di quelli che verranno / che stanno per venire contengono -in embrione- i Pulitzer, i World Press Photo, i Sipa, gli Swpa, e chissà quanti altri premi giornalistici e fotogiornalistici del 2023, sul corrente Duemilaventidue.
Probabilmente, nessuna delle fotografie tra quante in selezione su queste pagine vincerà nulla. Ma, per noi, sono notevoli, considerevoli e rilevanti. Suggeriscono una riflessione, sentimentale e non scientifica, sul rapporto tra i soldati del Battaglione Azov, presi come esempio delle centinaia di migliaia di assediati della Storia, col mondo fuori dall’assedio. Oggi, queste immagini dispongono di uno strumento, in personalità social, al quale possono accedere senza rischiare la vita, semplicemente utilizzando il campo che ogni telefonino può percepire e non può essere bloccato dal nemico. Forse, trovo finalmente una applicazione utile dei social? Hai visto mai!
Per quanto riguarda l’assedio, per immaginarne paure e speranza, cito come esempi due degli assedi più famosi, cominciando dal più famoso di tutti, il (presunto) Assedio di Troia, durato dieci anni e conclusosi in modo rocambolesco con il Cavallo inventato da Ulisse (almeno secondo Omero e la Mitologia) [Nella mitologia greca, quella di Troia fu una sanguinosa guerra combattuta tra gli Achei e la potente città di Troia, presumibilmente attorno al 1250 aC, oppure tra il 1194 aC e il 1184 aC, nell’Asia minore. Senza considerare, né approfondire
Fotografie scattate da soldati del Battaglione Azov, assediato all’interno della acciaieria Azovstal, a Mariupol, in Ucraina, dentro uno dei tanti rifugi ricavati tra le macerie. Le immagini sono senza didascalia: non servono. Si afferma il concetto di una vita disseminata di feriti senza farmaci per le cure. Pare ci sia una dichiarazione del capitano Svyatoslav Palamar, del Battaglione Azov, che afferma / avrebbe affermato: «Tra i militari, cinquecento feriti gravi. Non abbiamo abbastanza farmaci. Alcune operazioni vengono eseguite senza anestesia. Abbiamo una carenza di strumenti chirurgici. E, ogni giorno, molte persone muoiono di ferite e cancrene»
teorie storiche accreditate, a partire da quelle del tedesco Heinrich Schliemann, dal 1870, che ha accompagnato gli anni superiori della scuola dell’obbligo, due poemi attribuiti a Omero (Ottavo secolo avanti Cristo) conservano memoria dei regni e delle vicende in questione. L’Odissea parte dopo la conclusione della guerra, e narra del difficile ritorno a casa di Ulisse (Odisseo, per l’appunto); mentre l’Iliade narra esplicitamente e dettagliatamente la guerra e l’assedio].
C’è qualcosa che lega le fotografie di Azovstal e il Cavallo (di Troia... senza ulteriori dettagli in decrittazione), un legame tra la Vita e la Morte. Le immagini rappresentano un tentativo degli assediati di cercare salvezza (“se ci prendono vivi, ci portano in un capo di segale, qui dietro, ci decapitano e mandano la testa tagliata alla nostra famiglia”), mostrando le condizioni disumane nelle quali (soprav)vivono e sollecitando l’intervento del mondo civile in loro aiuto. Il Cavallo, al contrario, rappresenta il vittorioso espediente dei Greci, che permette loro di entrare entro le mura di Troia, inviolabili per dieci anni, e mettere in atto una carneficina peggiore, molto peggiore di quella che attende il Battaglione Azov.
Nel gran cavallo col divino Ulisse / Stavano i più valenti in mezzo ai Teucri, / Che l’avean trascinato entro la ròcca. / Vi sedevano intorno i cittadini / Con incerto consiglio: e chi volea / Che si squarciasse al cavo legno il fianco; / Altri che fosse tratto in su le mura, / E giù travolto; ed altri alfin chiedea / Che il grande simulacro ivi restasse / A placar l’ira degli avversi Numi. / Dei tre partiti l’ultimo prevalse: / Ai Troiani fatal (Odissea, Libro VIII, versi 603-614).
Proseguo con l’assedio che più assomiglia a quello attuale della acciaieria Azovstal: l’assedio di Stalingrado (oggi, Volgograd). Paradossi della Storia: nel 1942, durante la Seconda guerra mondiale, gli invasori erano i nazisti; gli assediati erano i russi (allora, sovietici). A Mariupol, secondo i russi di oggi, nell’acciaieria, si nascondono i nazisti (ucraini), e loro sarebbero i loro valorosi, coraggio-
«Probabilmente, nessuna delle fotografie tra quante in selezione su queste pagine vincerà nulla. Ma, per noi, sono notevoli, considerevoli e rilevanti. Suggeriscono una riflessione, sentimentale e non scientifica, sul rapporto tra i soldati del Battaglione Azov, presi come esempio delle centinaia di migliaia di assediati della Storia, col mondo fuori dall’assedio. Oggi, queste immagini dispongono di uno strumento, in personalità social, al quale possono accedere senza rischiare la vita, semplicemente utilizzando il campo che ogni telefonino può percepire e non può essere bloccato dal nemico».
«C’èqualcosachelegale fotografiediAzovstaleil Cavallo (di Troia... senza ulteriori dettagli in decrittazione), un legame tra la Vita e la Morte. Le immagini rappresentano un tentativo degli assediati di cercare salvezza (“se ci prendono vivi, ci portano in un capo di segale, qui dietro, ci decapitano e mandano la testa tagliata alla nostra famiglia”), mostrando le condizioni disumane nelle quali(soprav)vivonoesollecitando l’intervento del mondo civile in loro aiuto.IlCavallo,alcontrario, rappresenta il vittorioso espediente dei Greci, che permette loro di entrare entrolemuradiTroia,inviolabili per dieci anni, e mettere in atto una carneficinapeggiore,molto peggiorediquellacheattende il Battaglione Azov. Nel gran cavallo col divino Ulisse / Stavano i più valenti in mezzo ai Teucri, / Che l’avean trascinato entro la ròcca. / Vi sedevano intorno i cittadini / Con incerto consiglio: e chi volea / Che si squarciasse al cavo legno il fianco; / Altri che fosse tratto in su le mura, / E giù travolto; ed altri alfin chiedea / Che il grande simulacro ivi restasse / A placar l’ira degli avversi Numi. / Dei tre partiti l’ultimo prevalse: / Ai Troiani fatal (Odissea, Libro VIII, versi 603-614). Nella mitologia greca, quelladiTroiafuunasanguinosa guerra combattuta tra gli Achei e la potente cittàdiTroia,presumibilmenteattornoal1250aC L’Odissea parte dopo la conclusione della guerra, enarradeldifficileritorno acasadiUlisse(Odisseo, perl’appunto);mentrel’Iliade narra esplicitamente e dettagliatamente la guerra e l’assedio». si ed eroici nemici. La somiglianza sta nel fatto che l’acciaieria Azovstal è un groviglio di tunnel, nascondigli, trincee, labirinti, quasi inespugnabili. Nel Quarantadue, dopo i bombardamenti tedeschi, da terra e dal cielo, Stalingrado era -a propria volta- diventata un groviglio di tunnel, nascondigli, trincee, labirinti, edifici semidemoliti, rovine dell’acciaieria Ottobre Rosso, della fabbrica di trattori Dzeržinskij (che, nel 1942, costruiva carri armati), della fabbrica di armi Barrikady, che, nelle fotografie storiche, appariva come le immagini di oggi della acciaieria [ed è lo stesso nelle scenografie cinematografiche più attente, sopra tutte quella del film Il nemico alle porte / Enemy at the Gates, di Jean-Jacques Annaud, anche sceneggiatore, insieme con Alain Godard, del 2001].
Dal ventitré al ventotto agosto 1942, Stalingrado fu bersagliata dagli aerei della Luftwaffe, soprattutto micidiali Junkers Ju 88, che fecero uso anche di bombe incendiarie. Nella sola giornata di domenica ventitré agosto, sulla città, furono sganciate circa mille tonnellate di bombe, in milleseicento missioni. Nel corso della battaglia di Stalingrado, fino alla fine del 1942, i tedeschi effettuarono settantamila missioni sulla città, sganciando oltre un milione di bombe.
Non ho altro da dire.
Ho riportato una decina di versi dell’Odissea. Ora, cedo la parola all’autorevole Vasilij Semënovič Grossman (Vasily Semyonovich Grossman / Василий Семёнович Гроссман; 1905-1964) nato a Berdyčhiv, in Ucraina, centottanta chilometri a ovest della capitale Kiev. Corrispondente di guerra per il quotidiano dell’esercito Krasnaja Zvezda (Кра́сная звезда́, traslitterato in Stella Rossa), seguì l’Armata Rossa fino a Berlino, raggiungendo un primato per un giornalista civile: quello di passare più di mille giorni al fronte e, secondo alcuni, il corrispondente più ascoltato da Stalin.
Il brano che vi presentiamo, Un giorno nella vita di Stalingrado sotto i bombardamenti tedeschi, è tratto da Vita e destino (Adelphi, 2008).
Per qualche strano motivo, ora che il suo cuore era colmo di speranza e di giubilo, la vista di quel corpo lo scosse. Aveva visto molti cadaveri, non gli facevano più effetto. E invece in quel momento sentì un brivido: quel corpo ormai abitato da morte eterna giaceva inerme come un passero, le gambe strette contro il petto, quasi fosse infreddolito.
«Certo che avete una bella faccia tosta!».
Un sibilo nell’aria e una bomba esplose presso un angolo della fabbrica. Le schegge rimbalzarono sulla parete. Il mitragliere si girò a guardare se Krymov era ancora vivo. Lo aspettò e gli disse:
«Non si preoccupi, compagno commissario. Per noi questa è la seconda linea, sono le retrovie».
Di lì a poco, anche Krymov constatò che quel cortile era davvero un posto tranquillo.
Dovettero correre e buttarsi faccia a terra, poi corsero di nuovo e di nuovo si gettarono a terra. Per due volte si trovarono a saltare nelle trincee della fanteria, poi corsero tra le case bruciate dove non si vedeva più anima viva, dov’era solo il piombo a fischiare...
«In mezzo all’asfalto divelto da una granata, accanto a quello che era stato un mortaio giaceva un soldato russo morto. Per qualche strano motivo, ora che il suo cuore era colmo di speranza e di giubilo, la vista di quel corpo lo scosse. Aveva visto molti cadaveri, non gli facevano più effetto. E invece in quel momento sentì un brivido: quel corpo ormai abitato da morte eterna giaceva inerme come un passero, le gambe strette contro il petto, quasi fosse infreddolito. «Gli passarono accanto un istruttore politico con l’impermeabile grigio spiegazzato e il tascapane stretto a una tempia e alcuni soldati che trascinavano mine e filoni di pane su un unico telone. «Al morto non servivano né gli uni né le altre, e nemmeno si aspettava lettere dalla moglie fedele. La morte non era la sua forza; era debole, il più debole, un passerotto morto che non spaventerebbe nemmeno mosche e farfalle. «Gli artiglieri cercavano di sistemare un cannone nella breccia di una parete della fabbrica e intanto inveivano contro gli addetti a un obice. Dai gesti dei contendenti era facile capire cosa stessero dicendo. “Lo sapete da quanto tempo è qui? Mentre voi vi giravate i pollici sull’altra riva, noi eravamo già qui a sparare!”. «Un sibilo nell’aria e una bomba esplose presso un angolo della fabbrica. Le schegge rimbalzarono sulla parete. Il mitragliere si girò a guardare se Krymov era ancora vivo». Vasilij S. Grossman (da Un giorno nella vita di Stalingrado sotto i bombardamenti tedeschi).
Parallelo dovuto e doveroso, in richiamo dalla Seconda guerra mondiale, fronte sovietico. «Dal ventitré al ventotto agosto Millenovecentoquarantadue, Stalingrado fu bersagliata dagli aerei della Luftwaffe, soprattutto micidiali Junkers Ju 88, che fecero uso anche di bombe incendiarie. Nella sola giornata di domenica ventitré agosto, sulla città, furono sganciate circa mille tonnellate di bombe, in milleseicento missioni. Nel corso della battaglia di Stalingrado, fino alla fine del 1942, i tedeschi effettuarono settantamila missioni sulla città, sganciando oltre un milione di bombe».
«Questo è niente» disse ancora il mitragliere per rassicurarlo. «L’essenziale è che non vengano giù in picchiata».
«Arriviamo fino a quel cratere laggiù» gli propose poi.
Krymov scivolò in fondo alla fossa e guardò su: l’azzurro del cielo era ancora sulla sua testa e la sua testa era ancora attaccata al collo. Era strano sentire la presenza dell’uomo soltanto nel fischio e nel canto della morte che altri esseri umani ti scagliavano contro da entrambi i lati. Era strano sentirsi al sicuro in una buca scavata dalla morte.
Il mitragliere non gli lasciò nemmeno riprendere fiato:
«Dietro di me!» disse, e si infilò in un passaggio scuro sul fondo di due buche. Krymov lo seguì. Il passaggio stretto si allargò, il soffitto diventò più alto e si ritrovarono in una galleria.
Il rombo della tempesta in superficie giungeva anche là sotto, la volta tremava e un boato scuoteva in continuazione le viscere della terra. Là dove i tubi di ghisa si moltiplicavano in diramazioni di cavi scuri grandi quanto un braccio, su una parete era scritto col minio: «Machov è un somaro». Il mitragliere fece luce e disse:
«Ci sono i tedeschi, sopra di noi».
Di lì a poco, svoltarono in un passaggio stretto, diretti verso una macchia grigio chiaro appena visibile in fondo al passaggio, e tanto più la macchia si schiariva e diventava luminosa, tanto più furiose erano le esplosioni e le raffiche di mitra.
Il patibolo, pensò Krymov per un istante. Ma poi uscirono in superficie, e la prima cosa che vide furono dei visi che sembravano esprimere una calma olimpica.
Krymov fu preso da una sensazione indescrivibile: era gioia, leggerezza. Persino la guerra che imperversava tutto intorno non era più il limite fatale tra la vita e la morte, ma un semplice temporale sulla testa di un viandante giovane, forte e pieno di energia.
Una serie di situazioni e pensieri che può vivere anche un soldato di Azov.
Oggi. ■ ■