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Il viaggio tra i Nenets
Secondo tempo redazionale autonomo, ma conseguente e collegato al primo/precedente (in forma di portfolio). Dopo la presentazione, considerazioni sul progetto fotografico che l’autorevole e talentuoso Valter Bernardeschi ha realizzato condividendo momenti di vita con i Nenets. Ancora: cosa attira la nostra attenzione fotografica? Parecchi elementi; nessuno dei quali è significativo di per sé, ma tutti sommati hanno ed esprimono senso
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Essential Life, di Valter Bernardeschi; Bandecchi & Vivaldi, (www.bandec chievivaldi.com), 2022; bilingue, in italiano e inglese (traduzione di Douglas Macrae Brown); 172 pagine 25x21,5cm, cartonato: 35,00 euro (il dieci percento del prezzo di copertina è devoluto in assistenza ai Nenets).
Il viaggio tra i Nenets
Valter Bernardeschi inizia a fotografare negli anni Settanta. Affascinato dal mondo degli animali e dalla bellezza dell’ambiente naturale, si è dedicato alla Natura, fotografando in circa quaranta paesi nel mondo. Le sue fotografie sono state pubblicate sulle più autorevoli riviste di settore, come National Geographic, Bell’Europa, Oasis, Asferico; e sono state presentate in consistenti mostre, personali e collettive.
Vincitore di autorevoli premi e riconoscimenti nazionali e internazionali, collabora da anni con la prestigiosa agenzia fotografica francese Bios Photo. Nel 2013 e nel 2018, è stato premiato al Wildlife Photographer of the Year, del Natural History Museum, di Londra.
Non solo il mondo animale. L’interesse per la natura ha indirizzato Valter Bernardeschi anche verso la fotografia di popolazioni indigene, in Africa e nella Tundra Artica siberiana, che vivono in stretto contatto col mondo naturale. Per questo, vanno ricordati il suo lavoro fotografico The Last Africa, dedicato alle popolazioni dell’Omo River, in Etiopia e Sudan, e l’attuale Essential Life, dedicato ai Nenets, qui e oggi in presentazione raddoppiata.
di Valter Bernardeschi, Lello Piazza e Niccolò Piazza
È strana la percezione della perdita dei confini del mondo che ci circonda, quando si è nella tundra artica. I contorni del paesaggio sfumano nel nulla a causa di quella tipica nebbiolina gelida che, a -35°C, inghiotte tutto e dà la sensazione di essere come sospesi in una nuvola bianca.
Prima di partire, ero in ansia per le incognite del viaggio. Mi chiedevo come sarebbe stato affrontare la notte a temperature così basse. Non sapevo quale sarebbe stata l’alimentazione. Ma -una volta arrivato al campo dei Nenets- ogni ansia è progressivamente sparita. Da una parte, mi sentivo vinto dalla ineludibile sensazione di sentirmi in balìa di una dimensione vasta e selvaggia; dall’altra, i Nenets mi infondevano sicurezza con la loro solida tranquillità. I Nenets cordiali e generosi, aperti all’amicizia.
Ho condiviso con loro trenta metri quadrati del chum in cui ogni nucleo famigliare vive, una tenda rimovibile, pali di legno eretti intorno a una stufa e poi ricoperti di pelli di renna. Sono stato ospite di una famiglia che mi ha offerto con semplicità tutto ciò di cui avevo bisogno. Senza più contatti col mondo, ho riscoperto il valore del Tempo: giorni, ore e minuti, che scandiscono il ritmo naturale di una vita quotidiana libera. Poi, c’è l’allegria dei bambini Nenets nei loro giochi in mezzo alla neve: contagiosa. Ci si dimentica il freddo e ci si lascia coinvolgere dalla loro gioia di vivere.
Le renne pascolano sulle colline che chiudono a nord la catena degli Urali. I forti venti artici spazzano le colline dalla neve, portando in superficie i licheni di cui le renne si nutrono. Gli accampamenti dei pastori, invece, si trovano al riparo dai venti vicino alle aree boschive. D’inverno non c’è l’orso, ma ci sono ghiottoni e volpi che rappresentano una minaccia potenziale. Gli accampamenti sono -però- ben difesi dai fantastici cani Laika di razza Samoiedo.
In quell’area, i Nenets, divisi a gruppi di due o tre tende per campo, sono tutti parenti. Sono sparsi nella tundra, ma uniti sotto il nome di una sola grande famiglia, padrona per diritto di nascita di quei territori. Cariche e pronte per ogni necessità, per ogni stagione, le slitte sono lasciate quasi abbandonate lungo i percorsi della migrazione, per chilometri. Ma lì tutto è di tutti.
Valter Bernardeschi
da Aria, primo capitolo di Essential Life
I Nenets (il loro nome significa Uomini) sono un popolo nomade di pastori-allevatori, circa diecimila individui che -insieme a trecentomila renne semi selvatiche- costituiscono il sistema socio-ecologico Jamal-Nenets. Vivono da più di mille anni nella Russia nordoccidentale, oltre il Circolo Polare Artico, sulla penisola di Jamal (che vuol dire “fine del mondo”, nella lingua dei Nenets).
A sud e a est, le acque poco profonde del lunghissimo fiordo creato dal fiume Ob’ (il settimo del mondo per lunghezza e il quarto per estensione del bacino idrografico) separano la penisola dalle propaggini settentrionali degli Urali. A ovest, le coste di Jamal sono bagnate dal Mare di Kara (parte del Mar Glaciale Artico), entro il quale la penisola si protende per circa settecento chilometri.
Jamal è una vasta pianura di permafrost e torbiere, grande un terzo dell’Italia, battuta da venti polari. La vegetazione è costituita soprattutto di muschio e licheni, di cui le renne si cibano. Pensando a questa selvaggia penisola, viene in mente che possono esistere due tipi di viaggio. Il primo, “alla Goethe” (Johann Wolfgang von Goethe [vissuto a Wetzlar, in Germania... Leica], poeta, drammaturgo, romanziere, scienziato, statista e critico), alla ricerca delle vestigia di gloriose civiltà del passato. Il secondo, “alla Humboldt” (Alexander von Humboldt, grande scienziato ed esploratore tedesco vissuto tra il Settecento e l’Ottocento), alla ricerca degli ambienti naturali del mondo e delle strategie di sopravvivenza degli esseri che li abitano. Questo che ci porta dai Nenets è un viaggio del secondo tipo.
Attraverso le splendide immagini di Valter Bernardeschi, scopriamo che questo popolo è custode di una pratica di allevamento millenaria e immutata; una pratica che dovrebbe essere riconosciuta dall’Unesco patrimonio immateriale dell’Umanità. Una pratica condivisa solo coi Saami di Lapponia. Lungo Jamal, dai pascoli estivi del nord a quelli invernali del sud, dove Valter Bernardeschi li ha incontrati, effettuano migrazioni annuali di oltre mille chilometri, spostando avanti e indietro mandrie di renne che paiono gigantesche. In inverno, col terreno innevato, lo spostamento giornaliero può coprire otto-venti chilometri; mentre in estate, quando le renne faticano a tirare le slitte sull’erba, i chilometri percorsi vanno da tre a undici.
Lello e Niccolò Piazza
da Il popolo delle renne, in Bell’Europa, febbraio 2022 ■ ■
«La loro forte identità culturale è riuscita a farli sopravvivere per dieci secoli in un ambiente molto ostile per l’Uomo, permettendo loro di superare minacce che non vengono solo dalla natura. Il regime del terrore di Stalin, per esempio, e i tentativi del regime sovietico di trasformare l’allevamento delle renne in un’azienda di Stato. Alla fine del Ventesimo secolo, sono arrivate altre minacce. Da una parte, il cambiamento climatico, che trasforma il permafrost in una palude impraticabile, causando la sparizione dei piccoli laghi della tundra, riserve di pesce e di acqua dolce per i Nenets. Dall’altra, la scoperta, sotto i pascoli di Jamal, di enormi giacimenti di gas, quasi un quarto delle riserve conosciute del Pianeta. Oltre al gas, è stato trovato petrolio. Se gli impianti di estrazione, già al lavoro da anni, interrompessero le rotte migratorie, i Nenets potrebbero semplicemente scomparire. Ma queste risorse di Jamal sembrano destinate a esaurirsi entro la fine del Ventunesimo secolo o anche prima. I Nenets esistono su Jamal da più di mille anni. Se li aiutiamo, siamo sicuri che riusciranno a superare anche questo secolo».