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Povera Italia

di Maurizio Rebuzzini

In anticipo su altre rivelazioni, che qui non interessano, per quanto siano di profondità fotografica assoluta -ma non importa-, in La solitudine del satiro (Rizzoli Editore, 1973; e Adelphi, dal 1996), Ennio Flaiano annota che «Queste affinità semantiche tra i personaggi e i loro nomi facevano la disperazione di Flaubert, che ci mise due anni a trovare il nome di Madame Bovary, Emma.[...] I nomi hanno un loro destino».

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Un paese che fraintende il senso e valore della democrazia, circoscrivendone i connotati alla possibilità di esprimersi periodicamente con il voto, senza rispettarne i sacrosanti princìpi di corretto e coerente rapporto Stato-Cittadino, merita la classe politica che oggigiorno lo sta rappresentando (tra l’altro, anche scomposta, cialtrona e priva di qualsiasi eleganza). In coincidenza di intenti, noi Cittadini dobbiamo subire soprusi quotidiani che contraddicono e sminuiscono la nostra esistenza di tutti i giorni, giorno per giorno. Spesso, si tende a ridimensionare le piccole cose, ma alla fine ci arrivano addosso così numerose e rapide che ci si rende conto che una valanga è fatta proprio di piccole cose. Di fiocchi di neve, giusto? Più piccole di così non diventano. E d’un tratto si capisce che le piccole cose sono in realtà grandi cose. Calpestando e umiliando i diritti dell’accreditato fotogiornalista Tony Gentile, una volta ancora, lo Stato italiano, il nostro Stato (!), ha rivelato la propria natura: parole di circostanza («difesa della legalità e rispetto delle istituzioni») e comportamenti diametralmente opposti

In allineamento, il fotogiornalista Tony Gentile (1964-) è... nomen omen. Ovvero, in traduzione plausibile: il nome è un presagio. Infatti, è persona più che gentile: di suo, non necessariamente in onore e dipendenza dal proprio cognome. Così che, come altri che conosciamo, è addirittura probabile che -alla fine della giornata- verrà anche punito per la sua gentilezza. Del resto, in cronaca di accadimenti, è già stato abbondantemente ferito nella propria professionalità fotogiornalistica.

Una sua fotografia, assunta a icona e simbolo di un certo nostro Tempo, il ritratto dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino -entrambi uccisi dalla mafia, nel 1992 (trent’anni fa), a poche settimane uno dall’altro (ventitré maggio e diciannove luglio)-, viene ampiamente usata e abusata senza che gli venga riconosciuta alcuna paternità e nessun sacrosanto diritto d’autore.

Quando questo accade in ambiti “legittimi” (si fa per dire), laddove il ritratto è elevato a simbolo di intenzioni politiche e sociali innovatrici, si potrebbe anche soprassedere, forse. Lui, Tony Gentile, lo fa in onore e merito a comportamenti sociali nobili; noi ci allineiamo.

Ma, attenzione, non si tratta soltanto di questo! La vicenda che stiamo per riferire, con commenti dovuti (osservare, piuttosto che giudicare e pensare, invece di credere), è ben altra. Se vogliamo è episodio tutto italiano: paese nel quale si urla contro, previo poi applicare linee di comportamento analoghe a quelle rimproverate.

Anticipata nelle settimane a cavallo del Duemilaventidue, con relativo avvio di speculazioni sottotraccia, magari dirette e pilotate dai protagonisti, lo scorso diciassette maggio, in moderato anticipo di trentennale, il Poligrafico e Zecca dello Stato (azienda che supponiamo pubblica, sperando che il conio di valuta e monete non venga demandato ad altri) ha ufficializzato l’emissione della moneta commemorativa dedicata ai giudici (Giovanni) Falcone e (Paolo) Borsellino, nel trentesimo anniversario dalla scomparsa. È una moneta da due euro, a corso legale in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea e circolazione ordinaria, coniata per ricordare il sacrificio dei due magistrati nella lotta alla mafia.

Ancora dalle note ufficiali, anche in forma di comunicato stampa: «La moneta, emessa dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, è stata realizzata dall’artista della Zecca italiana Valerio De Seta, che ha reso nell’opera, ispirata [?!] a una famosa fotografia di Tony Gentile, un’immagine realistica e quanto mai vivida dei due magistrati, simboli della difesa della legalità e del rispetto delle istituzioni».

Già: legalità e rispetto delle istituzioni. Se non che, lo stesso Ministero, per bocca della Zecca dello Stato, non ha riconosciuto alcun diritto d’autore al fotografo (Tony Gentile), per un conio in tre milioni di esemplari (per un valore complessivo di sei milioni di euro), esauriti in un lampo... ovviamente finiti nel vortice delle speculazioni numismatiche.

Ha disatteso unilateralmente un accordo preventivo -già negoziato-, per un compenso formale e simbolico (se riveliamo la cifra, c’è da impallidire, prima di indignarsi [Indignatevi!, da e con Stéphane Hessel; su questo stesso numero, a pagina 24]), peraltro da devolvere in beneficenza! Motivazione ufficiosa, mai ufficializzata: data la sua presenza nel-

Venti anni fa, il 23 maggio 2002, le Poste Italiane hanno emesso un francobollo commemorativo di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, in occasione del decimo anniversario dalla Strage di Capaci, sull’autostrada A29, nella quale perse la vita il magistrato antimafia. Oltre Giovanni Falcone, la carica esplosiva -con potenza pari a cinquecento chilogrammi di tritolo- uccise altre quattro persone: la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Per Paolo Borsellino, si storicizza la Strage di via D’amelio, di domenica diciannove luglio, dello stesso Novantadue, all’altezza del civico Ventuno della strada palermitana, dove viveva la madre del magistrato antimafia, in visita. Anche qui, altre vittime; cinque agenti di scorta: Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina e Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta di Stato; prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio).

Questa emissione filatelica richiama il ritratto dei due magistrati accreditato a Tony Gentile. Ma si tratta di un’altra fotografia, scattata nella stessa occasione. Anche in questo caso, è stata percorsa una scorciatoia per aggirare i diritti di riproduzione.

Il bollettino ufficiale di emissione dell’Officina Carte Valori dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, che riporta sia i dati tecnici del francobollo, sia le eventuali attribuzioni, sia un commento sul contenuto (a firma del senatore Roberto Centaro, allora Presidente della Commissione Antimafia), non certifica il fotografo autore e, ovviamente!, si guarda bene dall’entrare nello specifico dell’icona nota e riconosciuta. Soltanto, è attestata la bozzettista Tiziana Trinca.

Buffa vicenda: come se un’altra fotografia, realizzata nella medesima occasione, possa sostituire quella assunta come simbolo e segno visivo. Ribadiamo in un altro riquadro, pubblicato sulla prossima pagina 66.

NON È LA STESSA COSA!

Certamente, tutti coloro i quali frequentano con consapevolezza la Fotografia conoscono il bacio in Times Square, a New York City, tra il marinaio e la crocerossina (infermiera), durante gli esuberanti festeggiamenti spontanei lungo la strada, per la fine della Seconda guerra mondiale: martedì 14 agosto 1945.

Ovviamente, in Times Square, erano presenti anche altri fotografi. Uno di questi, Victor Jorgensen (1913-1994) ha scattato simultaneamente a Alfred Eisenstaedt, da un punto di vista leggermente diverso... ma!

Ma, da e con Henri Cartier-Bresson [anche in altra parte della rivista, su questo stesso numero]: «Nella fotografia esiste un nuovo genere di plasticità prodotta dalle linee istantanee, composte dai movimenti del soggetto. Noi lavoriamo all’unisono con il movimento, come se fosse un presentimento del modo in cui si svolge la vita. Ma all’interno del movimento esiste un momento in cui gli elementi dinamici si equilibrano. La fotografia deve fissare questo istante e mantenerne immobile l’equilibrio. [...] Aspettate e aspettate, e allora finalmente scattate: ve ne andate con la sensazione (sebbene non sappiate perché) di aver realmente realizzato qualcosa». In semplificazione: «A volte c’è un’unica immagine la cui struttura compositiva ha un tale vigore e una tale ricchezza, e il cui contenuto irradia a tal punto al di fuori di essa, che questa singola immagine è in sé un’intera narrazione».

Dunque, non necessariamente è tanto e solo il soggetto, quanto è fondante la sua Fotografia. Da cui, altri due esempi, tra i tanti e tanti possibili: uno serioso, l’altro meno. (Serioso, e serio) Diversi fotogiornalisti hanno scattato l’immagine dell’anonimo cittadino con sporte di plastica che si oppone all’avanzata dei carri armati che stanno raggiungendo la piazza Tienanmen, a Pechino, nella primavera Ottantanove di proteste popolari di massa. Ma una è ufficialmente “la” fotografia: quella di Charlie Cole (1955-2019) per Newsweek, elevata a tale rango dalla sua affermazione World Press Photo of the Year 1990. Punto, e basta. (Non serioso, ma serio) Analogamente, in molti furono altrettanto presenti al Discorso della Montagna, sermone rivolto da Gesù ai propri discepoli e a una grande folla, riportato nel Vangelo Secondo Matteo (5,1 - 7,29). Da cui, nella fantasia del fantastico Georges Wolinski, Giotto ne avrebbe realizzata una raffigurazione/rappresentazione (ironica e sarcastica) da un punto di vista infelice.

Tanto è.

V-J Day; 1945. Da sinistra: negli archivi Time-Life, New York, 3 aprile 1992 (mani di Alfred Eisenstaedt; da Celebrating the Negative, di John Loengard; Arcade Publishing, 1994); fotografia di Victor Jorgensen; The New Yorker, 17 giugno 1996.

Comunicazione ufficiale della World Press Photo of the Year 1990: Charlie Cole per Newsweek. 5 giugno 1989, un manifestante affronta un convoglio di carri armati dell’Esercito Popolare di Liberazione su Chang’an Avenue, a Pechino, durante le proteste per la riforma democratica, in piazza Tienanmen. Questo riconoscimento, tra i più qualificati e prestigiosi del fotogiornalismo, anno dopo anno dalla metà del Novecento, stabilisce una paternità inviolabile di una Fotografia iconica. Le altre simili, riprese nella stessa situazione, nel medesimo momento, non hanno la stessa valenza e autorità. Se non lo si capisce... pace.

Georges Wolinski: Le sermon sur la montagne (vu par la face Nord) (da Les Aventures du Petit Jesus, di Cavanna; Éditions du Square, 1973).

la memoria collettiva, l’immagine non è di proprietà dell’autore ma è pubblica; e, poi, è anche “semplice fotografia”. Peccato che nel mondo numismatico, parallelo a quello filatelico che da tempo frequentiamo per nostri interessi mirati e finalizzati, circoli la storia (storiella?) di un analogo tentativo precedente con caratterizzazioni Walt Disney, potente azienda più che attenta ai propri diritti di riproduzione. Manovra in corso, è intervenuto un pool di avvocati, talmente agguerriti da indurre chi di dovere a una precipitosa marcia indietro. Si vocifera che nel pool di legali ci fosse anche il mitico e leggendario Perry Mason (per coloro i quali, soprattutto per anagrafe, capiscono a chi ci stiamo riferendo). In dovere di informazione, certifichiamo che «I dettagli e le caratteristiche tecnico-artistiche di questa, come delle altre opere della Collezione Numismatica 2022, sono pubblicati sul Catalogo della Collezione 2022, disponibile sul portale shop.ipzs.it»: segnalazione ufficiale.

Per diritto di formazione, ci auguriamo che questa storia venga percepita per quanto sia rappresentativa di un paese disonesto e fraudolento, consapevole di essere tale. Un paese nel quale qualcuno si arroga il privilegio di certificare alcune immagini come “semplice fotografia”, i cui diritti di legge sono attivi per vent’anni dalla propria realizzazione (quelli della definita “opera fotografica” si allungano a settant’anni dalla scomparsa dell’autore).

Spesso, si tende a minimizzare le piccole cose, ma alla fine ci arrivano addosso così numerose e rapide che ci si rende conto che una valanga è fatta proprio di piccole cose. Di fiocchi di neve, giusto? Più piccole di così non diventano. E d’un tratto si capisce che le piccole cose sono in realtà grandi cose.

Piccole... grandi cose. ■ ■

Alla faccia dell’uso (abuso?) di immagine. Il ritratto dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, vittime di mafia, finalizzato al conio celebrativo della moneta italiana da due euro, nel trentennale 1992-2012, non compare solo sulla facciata della valuta, ma illustra anche le consuete iniziative commemorative di contorno e accompagnamento (e speculazione?). Come raccontato, tutto questo è stato confezionato in barba ai più elementari diritti di immagine (di Tony Gentile). È stato condotto da una istituzione pubblica italiana.

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