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Io sono Fotografia Io sono Leggenda

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Assedio

Assedio

IO SONO FOTOGRAFIA

IO SONO LEGGENDA

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Certamente, nessuno può muovere obiezioni alla qualità formale degli apparecchi e obiettivi (e accessori) Leica. Per contro, se servissero ulteriori attestazioni oggettive, i relativi prezzi di vendita/acquisto certificano l’assoluta assenza di paragoni tecnico-commerciali plausibili. E siamo d’accordo! Però, fedele a proprie radici consolidate nel Tempo, la personalità aziendale Leica Camera AG non si esaurisce in se stessa, ma si allarga sul comparto d’azione: la Fotografia. Vediamola e diciamola così: interpretazione etica che ha del sorprendente. Oltre che unica

IO SONO FOTOGRAFIA

IO SONO LEGGENDA

di Maurizio Rebuzzini

Lunga introduzione doverosa, per approdare con coscienza, consapevolezza e convinzione all’argomento in essere: il valore identificato e riconosciuto dell’attuale personalità aziendale Leica Camera AG, da oltre cento anni a Wetzlar, in Germania.

Magari, indipendentemente dalla prestigiosa e autorevole linea di prodotti fotografici attualmente in catalogo. Magari... no. A ciascuno, il proprio.

Per quanto, nel Mondo, si svolgano vicende che dalla cronaca approdano, poi, alla Storia, il nostro osservatorio sulla e con la Fotografia offre e propone chiavi di lettura e interpretazione privilegiate. Quantomeno, favorite: purché non si confini mai il proprio interesse al solo appagamento individuale, in sterile rapporto di Fotografia in quanto arido punto di arrivo. Detta meglio, forse: che la Fotografia sia sempre singolare s-punto di riflessione, capace di andare oltre se stesso. In questo senso, affrontare e svolgere la Fotografia in analisi e considerazioni -come da protocollo giornalistico- impone uno spirito da scienziato (addirittura!): in genere, gli scienziati nutrono un interesse onesto per i fatti e la verità o, quantomeno, un senso di curiosità innata. Inoltre, e lo affermiamo per esperienza acquisita e maturata, non sono mai insensibili all’etica.

E qui, e oggi, è proprio l’etica, in propria forma esplicita e appropriata, che fa da collante trasversale a una particolare visione della personalità Leica Camera AG, oltre la propria gamma di interpretazioni fotografiche, per quanto -comunque- da queste abbia origine.

A monte di tutto, va sottolineato come la Fotografia definisca il proprio essere autentico linguaggio visivo dal Novecento, capace di raccontare lo svolgimento della Vita, gli intrecci delle Esistenze.

In metafora, un pensiero sovrastante: qual è il rumore simbolo del Ventesimo secolo? Ci si potrebbe intavolare un lungo dibattito. Secondo alcuni, è il rombo degli aerei che solcano i cieli azzurri dagli anni Quaranta, o dei motori e clacson di automobili e camion, che percorrono le strade del mondo. Ancora, il fragore delle bombe che cadono su una città: sono tutti rumori caratteristici del Ventesimo secolo. Prima, nessuno li aveva mai uditi.

In coincidenza di intenti, qualche ottimista potrebbe preferire e indicare le melodie dei Beatles, il coro di note che sfuma, travolto dalle grida del pubblico. Pur simpatizzando con loro, non crediamo che canzoni e urla sarebbero una scelta congrua: musica ed entusiasmo sono presenti sin dall’alba dei Tempi, non sono stati inventati nel Novecento.

No -in nostro punto di vista (viziato?)-, i rumori simbolo del Ventesimo secolo sono quelli degli scatti di otturatori

Sinceramente? Viaggiando insieme ad altri, per impegni professionali -quali sono stati i giorni di Wetzlar, in Germania, a fine aprile, per la General Assembly TIPA (Technical Image Press Association), con annessi e connessi-, piuttosto che in occasioni private, raramente abbiamo visto qualcuno andare oltre il proprio piacere e interesse ricreativo ed edonistico estemporaneo: bar, aperitivi, ristoranti e dintorni. Soprattutto, non abbiamo mai visto qualcuno entrare in una libreria, curiosare nei locali di uffici turistici, interessarsi a dépliant illustrativi. Comunque, osservare, piuttosto che giudicare: a ciascuno, il proprio.

Tra le tante opportunità offerte dal Leitz-Park, fondato attorno il nucleo principale di riferimento della sede aziendale Leica Camera AG, registriamo una quantità e qualità di opuscoli illustrati a presentazione e commento.

Uno in particolare ci ha emozionati: Leitz-Park. Architektur Fotografie / Architectural Photography, che sottotitola (in traduzione) Il Leitz-Park come ispirazione. È un folder a quattro facciate che suggerisce punti di osservazione e vista per apprezzare al meglio le moderne architetture che si alternano e accostano tra loro: consigli per inquadrature fotografiche suggestive e attraenti, capaci di registrare e testimoniare appieno lo spirito del luogo.

Le quattro facciate centrali esemplificano sette punti di vista prospettivamente significativi. Tra parentesi, per queste immagini (e altre, ovviamente), è stato incaricato un fotografo di prestigio e valore: Horst Hamann (1958-), del quale si conoscono precedenti (architettonici) più che eccellenti. Prima di tanto altro, è imposta la menzione dell’ottimo progetto New York Vertical, pubblicato in prima edizione internazionale da teNeues, nel 1997, dopo una prima selezione Edition Quadrat, del precedente 1996: in entrambi i casi, 23x49cm! A seguire, sempre teNeues ne ha pubblicate altre due versioni in dimensioni ridotte: rispettivamente, 15,5x33cm (1998) e 10,5x22cm (2000).

A parte le capacità visuali e interpretative di Horst Hamann, vanno sottolineate le sue inquadrature da negativi originari 6x17cm, che oggigiorno hanno ceduto il passo a un analogo rapporto formale, in acquisizione digitale di immagini. In altro ritmo, in questa depliantistica Leica Camera AG di suggerimenti in fotografia d’architettura al Leitz-Park, composizioni meno accelerate.

Domanda: di quante Leica M11, questo dépliant sollecita la vendita/acquisto? Zero! Dunque, dovere... etico.

fotografici (in origine, meccanici), che si possono percepire lungo la strada. Il suono della Vita, che comunica un forte senso di calda partecipazione di autori che hanno scritto capitoli fondamentali e fondanti del nostro Tempo.

Da cui, non ha senso, non ha mai avuto senso, quello sterile dibattito che, in cattiva lettura dei princìpi dell’Evoluzione (anche del Sapiens), ha deviato le considerazioni verso presunte negatività dei cambiamenti, come se non si fosse coscienti che il Tempo va avanti, sempre avanti, con o senza di noi. Le trasformazioni sono un fatto naturale, alla fine non le si possono impedire. Con ciò, è anche pur vero che pochi -in realtà- li accettano. Non è mai accaduto e non succederà neppure in futuro. IO SONO! Volendo intenderla in questo modo (Leica: Io sono Fotografia / Io sono Leggenda), possiamo perfino individuare un momento preciso: quando tutto questo è cominciato. Photokina Duemiladodici, dove, invece del solo consueto palcoscenico tecnico-commerciale, Leica Camera avviò il proprio allineamento con la Storia, non tanto della Fotografia (entro la quale ha comunque agito), ma del Mondo.

In quei giorni di autunno, a Colonia, in Germania, in occasione di un appuntamento fotografico planetario ancora denso e significante, Leica Camera allestì una propria presenza forte, con un ampio spazio non-commerciale riservato a una concentrata selezione di mostre fotografiche. Così agendo, oltre la consistenza della propria produzione per il mercato, Leica puntualizzò l’aspetto fondante della propria personalità fotografica, che affonda le proprie radici indietro nei decenni e decenni, fino al Secolo tondo: dal 1913 (o 1914) del prototipo UR-Leica, evocato in tutte le Storie, da cui è altresì partito il fotogramma 24x36mm su pellicola 35mm a doppia perforazione (va detto!). Oggi, Full Frame di sensori ad acquisizione digitale di immagini.

Ecco che, riannodando i fili che definiscono la nostra attuale considerazione su un certo stato della Fotografia nel proprio insieme e complesso, compilata a partire dall’osservazione mirata, trasversale e sottotraccia di quanto -oggigiorno- esprime l’intrepida personalità aziendale Leica Camera, in chiave addirittura etica, è giocoforza riprendere un concetto sovrastante: «in genere, gli scienziati nutrono un onesto interesse per i fatti e la verità o, quantomeno, un senso di curiosità innata».

La questione è subito rivelata: alla luce della mutevole realtà attuale, è ancora possibile intendere una sola Fotografia? Oppure, come ci pare più sensato, non è il caso di registrarne personalità diverse e proprie e autonome, ciascuna delle quali l’intende in modo personale?

TIPA WORLD AWARD 2022 PER QUANTO, LEICA M11

Non intendiamo rivelare alcun dietro-le-quinte relativo alla sessione giudicatrice con la quale i rappresentanti delle ventisei riviste fotografiche del mondo riunite nel cartello TIPA (Technical Image Press Association) hanno assegnato i propri World Awards 2022. Non intendiamo farlo per mille e mille motivi, tutti facilmente intuibili.

Però, in altra veste -semplicemente giornalistica-, non possiamo coprire, né ignorare, un pensiero individuale più che lecito: cosa significa la leadership Leica M11 nella categoria Best Rangefinder Camera, Miglior macchina fotografica a telemetro? Ce n’è forse stata un’altra, in competizione? Da una parte, l’accreditata e autorevole TIPA è più che legittimata nella propria attribuzione; dall’altra, un giornalismo garantito e indubitabile è autorizzato a rimproverarne una certa paura d’azione.

Per quanto TIPA senta l’obbligo di protocollare qualità e raffinati indirizzi tecnici, laddove il pubblico individua soltanto “macchine fotografiche”, non possiamo ignorare l’influenza e autorità teoriche delle sue indicazioni.

Ci sembra che l’attualità di queste considerazioni non sia affatto intellettuale, non sia affatto vaga, ma sia tangibilmente presente in un momento nel quale troppe influenze esterne ed estranee stanno compromettendo il cammino commerciale della fotografia attuale. Da cui, in nostra opinione, se è il caso di riconoscere la Leica M11 (e lo è, proprio!), a scelta: Best Full Frame Expert Camera, Best Full Frame Professional Camera, Best Mirrorless Camera. Oppure, più drasticamente: Best Camera... tout court!

Ufficialmente, Leica M11: Best Rangefinder Camera ai TIPA World Awards 2022. La motivazione: «Nella e con la Leica M11, il design tradizionale incontra la tecnologia avanzata. Adatto a un telemetro, c’è un mirino ottico che incorpora la compensazione automatica del parallasse con linee del fotogramma / file, oltre a un brillante display LCD touchscreen posteriore da 2,95 pollici. Sebbene la giuria di TIPA abbia ammirato la semplicità e l’eleganza del design, è rimasta molto colpita dal sensore CMOS BSI Full Frame da sessanta Megapixel, che consente la tecnologia a tripla risoluzione; da cui, un processo di binning dei pixel che offre una scelta tra tre modalità di acquisizione in gamma dinamica/risoluzione. Colore a 14bit e tutti i pixel disponibili dal sensore. Un nuovo processore Maestro III offre una gamma nativa di sensibilità equivalenti da 64 a 50.000 Iso; inoltre, può fornire un rapido avanzamento fino a 4,5 fotogrammi al secondo, con un’opzione di otturatore elettronico per tempi rapidi fino a 1/16.000 di secondo».

In ripetizione d’obbligo, Leica-con-noi. La Fotografia che proviene dal lungo e affascinante cammino del proprio linguaggio, la Fotografia inviolabilmente tale, la Fotografia che non dipende da sovrastrutture effimere e transitorie... questa Fotografia è altro. È se stessa, e continua e continuerà ad esserlo, con tragitto autosufficiente rispetto qualsivoglia altra personalità si affacci accanto alla sua ribalta, anche carpendone alcuni dei suoi tratti peculiari: quelli della sola apparenza, non certo quelli autenticamente distintivi.

Non può essere diversamente, perché il nostro cammino, fino all’attualità dei nostri giorni, è stato lungo, ma non faticoso: ci è bastato mettere un piede davanti all’altro. Come dal finestrino di un treno, il paesaggio al di là è cambiato così lentamente, da sembrare immutato; ciononostante, a questo punto del viaggio, risulta così diverso da quello iniziale. Allo stesso momento nel quale è anche e ancora uguale.

Curiosamente, in sguardo zenitale sul mercato, una rilevazione si innalza sopra tutte: tra i marchi oggi protagonisti, Leica è anagraficamente il più antico, forte di una presenza tecnico-commerciale centenaria. Ed è l’unico... etico. Per quanto!

Infatti, all’indomani della rivoluzione digitale (evoluzione?) -non soltanto fotografica, in senso stretto-, la definizione Fotografia (coniata nel 1839 da sir John Frederick William Herschel, che combinò i termini greci Phos / luce e Grapho / scrittura, per unificare tra loro l’eliografia di Joseph Nicéphore Niépce, il dagherrotipo di Louis Jacques Mandé Daguerre e il disegno fotogenico di William Henry Fox Talbot, offrendo una casa comune entro la quale convivere), la definizione Fotografia, da capo, comprende oggi applicazioni e utilizzi disparati, che spesso hanno poco in comune tra loro.

Ammesso e non concesso che ancora se ne declini la definizione ufficiale, ciò che è Fotografia per i giovani nativi digitali di Facebook e social in parata non è la Fotografia che racconta le vicende del Mondo. Ancora, ciò che è Fotografia nel senso di serena e avvincente fotoricordo non è la Fotografia della moda e pubblicità, e, men che meno, della progettualità espressiva.

In tutto questo, con personalità perentoria, l’affermazione di princìpio di Leica è assoluta e inderogabile: Io sono Fotografia; io ho contribuito a scrivere capitoli fondamentali della sua Storia evolutiva, che a propria volta si sono proiettati anche in capitoli altrettanto capitali e nodali della Storia del mondo contemporaneo. Nello spirito che ci è particolarmente caro del come e quanto la Fotografia influenzi e abbia influenzato la Vita, il fotogiornalismo del Novecento è stato scritto in punta di Leica (soprattutto!).

Dunque, si lasci pure che l’idea fotografica venga anche declinata altrove e altrimenti. Si prenda atto che oggigiorno esistono e si manifestano anche applicazioni dell’immagine (in forma oggettivamente fotografica) che esulano dai princìpi originari della fotografia canonica, dal proprio lessico implicito ed esplicito e persino dalla sua Storia. Si accetti di buon grado che la Fotografia non appartenga più e soltanto a suoi convinti e consapevoli interpreti. Ma!

Ma! Ma, la Fotografia che proviene dal lungo e affascinante cammino del proprio linguaggio (dalle origini, nel 1839, ai giorni nostri), la Fotografia inviolabilmente tale, la Fotografia che non dipende da sovrastrutture effimere e transitorie... questa Fotografia è altro. È se stessa, e continua e continuerà ad esserlo, con tragitto autosufficiente rispetto qualsivoglia altra personalità si affacci accanto alla sua ribalta, anche carpendone alcuni dei suoi tratti peculiari: quelli della

In un proprio dépliant promozionale della metà degli anni Cinquanta, in avvio di sistema M con innesto a baionetta degli obiettivi intercambiabili e mirino comprensivo della scomposizione del telemetro di messa a fuoco (e fu questa la nota distintiva dell’evoluzione: “M”, dal tedesco Messucher, ovvero telemetro), Leica si fece onore di visualizzare una serie di propri apparecchi fotografici illustrati in copertine di periodici internazionali; altri tanti (e di più) sono arrivati negli anni a seguire. Lo certifichiamo e assicuriamo con cognizione di causa.

In quel lontano opuscolo, tra queste raffigurazioni spicca(va) la copertina del settimanale Life, del 26 novembre 1951, con una Leica IIIc con Summitar 5cm f/2 rientrante, impugnata per l’inquadratura verticale, se vogliamo autentico soggetto principale della rappresentazione. Apparecchio Leica a parte, oppure apparecchio Leica (convenientemente) compreso, questo numero di Life è sostanzialmente particolare, tanto da poter essere conteggiato tra quelli epocali della nobile e influente testata fotogiornalistica, che proprio nell’occasione certificò la propria circolazione di cinque milioni di copie abbondanti (più di 5.200.000 copie!).

Oltre a precisare il soggetto in copertina (Regina Fisher), viene certificata l’edizione del quindicesimo anniversario, conteggiato dal fatidico Numero Uno, del 23 novembre 1936, con copertina di Margareth Bourke-White. Ancora, in traduzione: «Trentadue pagine di immagini premiate al Concorso per giovani fotografi [fotografi giovani]». Già... proprio di questo si tratta. E il casellario si impone, giusto ancora oggi, quando le rispettive vicende hanno calcato la Storia. Incontriamoli.

Picture Story Division: Primo premio, Dennis Stock (1928-2010), la cui fama pubblica è legata a doppio filo all’amicizia con l’attore James Dean [da cui, anche il recente film Life, di Anton Corbijn, del 2015, appositamente sceneggiato; con Robert Pattinson nella parte del fotografo] e, anche, al celebre ritratto-icona The Photojournalist, di Andreas Feininger, dello stesso 1951, del quale è soggetto [anche lui con Leica impugnata per l’inquadratura verticale, ancora IIIc, ancora con Summitar 5cm f/2 rientrante, e ampio mirino esterno di inquadratura]; secondo premio, Elliott Erwitt (1928-), uno dei grandi del secondo Novecento; terzo premio, Esther Bubley (1921-1998), meno riconosciuta, ma altrettanto presente, impegnata soprattutto con agenzie del governo statunitense; quarto premio, Alfred Gescheidt (1926-2012), i cui fotomontaggi hanno attraversato la fotografia commerciale e pubblicitaria americana; quinto premio, Regina Fisher (1928-2021), con suo ritratto in copertina di questa edizione di Life, eccellente street photographer della lunga stagione statunitense.

Individual Picture Division: primo premio, Carroll Seghers II (1924-2004), fotografo di spicco della rivoluzione fotografica creativa negli anni Sessanta e Settanta, ha realizzato consistenti campagne pubblicitarie di quegli anni (tra i clienti, anche Eastman Kodak Company); secondo premio, Robert Frank (1924-2019), per il quale non aggiungiamo nulla a quanto ciascuno dovrebbe sapere; terzo premio, Ruth Orkin (1921-1985), una delle perle del fotogiornalismo internazionale del secondo Novecento; quarto premio, Louis Stettner (1922-2016), la cui fotografia della vita nel proprio svolgersi si è basata su un filtro di intensa umanità; quinto premio, John Goeller, del quale si sono perse le tracce (se non che, viene ricordato nella biografia Vivian Maier: A Photographer’s Life and Afterlife, di Pamela Bannos, del 2017).

Commercializzata attraverso Leica Store selezionati, convenientemente ubicati, in base al nostro attuale Pensiero, la linea Leica Watch esprime l’apice e apoteosi della filosofia tecnica dell’azienda, addirittura in lettura etica. A differenza delle dotazioni fotografiche, che possono vantare prerogative proprie, quanto può essere più efficace/preciso un orologio Leica? (!).

«Il look è stato ispirato dal professor Achim Heine, che -avendo disegnato per anni una varietà e quantità di prodotti Leica- ha una profonda comprensione dei princìpi estetici dell’azienda» (Andreas Kaufmann, Presidente del consiglio di sorveglianza e principale azionista di Leica Camera AG, Wetzlar). sola apparenza, non certo quelli autenticamente distintivi. Non può essere diversamente, perché il nostro cammino, fino all’attualità dei nostri giorni, è stato lungo, ma non faticoso: ci è bastato mettere un piede davanti all’altro. Come dal finestrino di un treno, il paesaggio al di là è cambiato così lentamente, da sembrare immutato; ciononostante, a questo punto del viaggio, risulta così diverso da quello iniziale. Allo stesso momento nel quale è anche e ancora uguale. LA FOTOGRAFIA LEICA Se, fino a qualche stagione fa, si è potuto identificare come “Leica” una fotografia composta con garbo e riflessione, di soggetti avvicinati quasi in punta di piedi, inquadrati con la solennità e delicatezza del mirino esterno (con inviolabile accoppiamento alla messa a fuoco a telemetro), all’indomani del balzo in avanti ideologico dell’attualità aziendale Leica, dobbiamo aggiungere altro ancora.

Sì, certo, ammesso e concesso che esiste (ancora!) una imperterrita Fotografia Leica, definita dai connotati appena richiamati, esiste ora un’altra Fotografia Leica che attraversa con piglio deciso e consapevole la Storia della stessa Fotografia e del Mondo. Entrambe queste Fotografia Leica sono realizzate e interpretate da autori capaci di raccontare la vita nel proprio svolgersi, capaci di trasmettere emozioni e sentimenti, capaci di cogliere quell’attimo decisivo che Henri Cartier-Bresson (inviolabile testimonial Leica, mancato il 3 agosto 2004, ricordato e celebrato da Le Monde come L’occhio del secolo e da Il Manifesto come Lo scatto del secolo) ha motivato e teorizzato fin dalla sua epocale raccolta fotografica originaria.

Da Images à la Sauvette, del 1952, con edizione statunitense coeva e coincidente The Decisive Moment: «Nella fotografia esiste un nuovo genere di plasticità prodotta dalle linee istantanee, composte dai movimenti del soggetto. Noi lavoriamo all’unisono con il movimento, come se fosse un presentimento del modo in cui si svolge la vita. Ma all’interno del movimento esiste un momento in cui gli elementi dinamici si equilibrano. La fotografia deve fissare questo istante e mantenerne immobile l’equilibrio. L’occhio del fotografo deve sempre vagliare [...]. Avvicinando o allontanando la macchina fotografica dal soggetto, estrae un dettaglio che può essere subordinato, o che, a propria volta, può invece opprimerlo. [...] Aspettate e aspettate, e allora finalmente scattate: ve ne andate con la sensazione (sebbene non sappiate perché) di aver realmente realizzato qualcosa. [...] Se l’otturatore ha scattato nel momento decisivo, avete istintivamente fissato uno schema geometrico, senza il quale la fotografia sarebbe risultata informe e senza vita».

Già: il coraggio di Ernst; la sua lungimiranza sociale, radice fertile di un pensiero etico che ancora oggi caratterizza e definisce l’identità aziendale Leica.

Ecco qui la nobile vicenda del produttore tedesco di apparecchi fotografici (e ottica di precisione) Ernst Leitz II (1871-1956), e famiglia, che -dal 1933 di salita al potere di Hitler- ha messo in salvo circa trecento propri dipendenti di religione ebraica e negozianti e amici, trasferendoli all’estero, allontanandoli dalle persecuzioni naziste.

Questa storia è raccontata dal rabbino Frank Dabba Smith (1955-) in Ernst Leitz of Wetzlar: Helping the Persecuted, del 2010. Nel 2007, a Ernst Leitz II -il cui motto fu “Dire poco, fare molto” (!)- è stato conferito il riconoscimento Courage to Care Award (19 febbraio 2007), riservato ai protettori e soccorritori di ebrei durante l’Olocausto.

Negli stessi anni Trenta, la figlia Elsie Kühn-Leitz (1903-1985) aiutava le donne-prigioniere inviate ai lavori forzati in fabbrica, fornendo loro cibo e generi di conforto. Addirittura, nel 1943, fu incarcerata per questo suo impegno. Ancora in testimonianza dello stesso Frank Dabba Smith: Elsie’s War. A Story of Courage in Nazi Germany, del 2005, in edizione di dimensioni generose, ampiamente illustrata. Con introduzione di Henri Cartier-Bresson!

Entrambe queste vicende sono raccontate anche con parole e illustrazioni rivolte all’infanzia: Dr. Ernst Leitz II and the Leica Train to Freedom. Defying the Nazis with a Camera (Dr. Ernst Leitz II e il treno Leica della libertà. Sfidando il nazismo con una macchina fotografica), delle sorelle Taylor e Samantha Beitzel, del 2015. Titolo della collana Holocaust Series Book, delle edizioni A Book by Me, il libro racconta a proprio modo come Ernst Leitz II e sua figlia Elsie Kühn-Leitz abbiano salvato dallo sterminio centinaia di propri impiegati ebrei e fotonegozianti ebrei tedeschi (da cui, si è soliti richiamare il parallelo con Oskar Schindler, reso celebre dal film di Steven Spielberg, del 1993).

In semplificazione: «A volte c’è un’unica immagine la cui struttura compositiva ha un tale vigore e una tale ricchezza, e il cui contenuto irradia a tal punto al di fuori di essa, che questa singola immagine è in sé un’intera narrazione». È il momento decisivo, che Henri Cartier-Bresson ha fatto proprio, riprendendo un pensiero del Cardinale di Retz (Jean-François Paul de Gondi; 1613-1679): «Non vi è alcunché a questo mondo che non abbia un momento decisivo».

Da cui, anche una responsabilità, più che etica, perfino morale: la Fotografia, questa Fotografia, fissa indelebilmente nel Tempo istanti di Esistenza che avrebbero dovuto (potuto?) restare effimeri.

Adesso, nonostante quanto di terribile accade ancora attorno a noi, nel nostro quotidiano, viviamo un esaltante periodo di grande sicurezza e potere (in noi stessi, perfino). Siamo tutti prodotti di quest’epoca, per quanto qualcuno sappia di non farne parte (noi, tra i tanti). Probabilmente, c’è anche chi prova nostalgia per qualcosa che non ha mai sperimentato. Comunque, questa strada diritta, che attraversa da nord a sud, e viceversa, ma anche da est a ovest, altrettanto e viceversa, è baciata da un sole splendente, tanto che l’aria è sempre calda. Abbiamo chilometri alle spalle e chilometri davanti, e molto tempo a disposizione. Qualcuno ha ben poche esigenze e nessuna ambizione (per esempio, noi). Costoro si sentono sempre bene, qualsiasi cosa possa succedere più in là. Del resto, non abbiamo scelta: dovremo trovarci bene per forza. ETICA! Inseguendo la Vita (non soltanto la nostra), come l’avessimo sempre capita. Come qualcosa capito per sempre.

Al culmine di tanti segni, di numerose circostanze presto riconosciute, l’attualità aziendale Leica Camera AG esprime tutta la propria filosofia con l’autorevole saggezza della sua dimora a Wetzlar, dove la sede è tornata nel Duemilaquattordici, in centenario di date, ai confini della cittadina che ne ha stabilito i passi ottici, prima, e fotografici, a seguire: Optischen Institut von Ernst Leitz, dal 1870, sulla base dell’originario Optical Institute Kellner (e Belthle), quando il giovane Ernst Leitz (1843-1920), prima socio, ne divenne unico proprietario, alla morte di Friedrich Belthle.

Quest’area è identificata Leitz-Park. In origine, solo sede amministrativa, con raffinate isole produttive di alto lignaggio. Ora, a distanza di otto anni, il Leitz-Park si propone e offre come «luogo esclusivo, entro il quale gli appassionati Leica, gli amanti della fotografia e gli ospiti di tutto il mondo possono esplorare l’universo del marchio, e trovare ispirazione nelle innumerevoli e affascinanti sfaccettature della fotografia Leica».

8mm

12,7mm Leica M? di Giolina e Angelo personalizzata MR

Quante-tante Leica d’oro, celebrative e commemorative, lungo il cammino di una storia fotografica centenaria che ha del sorprendente! Ne registriamo una in più, estranea al consueto racconto antiquario: quella che sta al nostro polso. Piccina-piccina per proprie dimensioni (12,7x8mm), è eccellente per manifattura.

È nata sui singolari banchetti di lavoro di Giolina e Angelo (via Solferino 22a, a Milano, accanto la redazione del Corriere della Sera), ed è personalizzata “MR”. Il suo valore non è solo materiale e tangibile, come pure è (forse, certamente), ma dipende e si basa sulla filosofia di generosità e partecipazione che definisce la personalità di Angelo Mereu... anche abile fotografo.

Leica in filatelia, complice (involontaria?) Elizabeth II, regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e degli altri reami del Commonwealth, recentemente celebrata per la monarchia più longeva (per esempio, Saint Kitts, 26 maggio 2016). A sinistra, dall’alto al basso, fogli Souvenir per gli ottant’anni (Solomon Islands, Ascension Island e Pitcain Island; 21 aprile 2006), con la medesima immagine in francobollo o evocazione... Leica M3. Quindi, stessa (?) Leica M3 sui due valori britannici da 17p e 34p per il sessantesimo compleanno, del 21 aprile 1986.

L’imponente immobile originario è stato affiancato da edifici che ospitano altre suddivisioni operative, in minimo comun denominatore: Ernst Leitz Werkstätten (laboratori), per la divisione orologi; Leitz Cine Wetzlar, esplicito; Leica Welt (Mondo), con il Museo, un’ampia sede espositiva per mostre di prestigio e valore, shop commerciale, bookstore e archivi aziendali (uno di prodotti; l’altro di documenti). Ancora: su tutto si allunga l’elegante Ernst Leitz Hotel.

Ovvero: passi commerciali e tempi in accompagnamento. Tessere di un mosaico: spesso, si tende a minimizzare le piccole cose, ma alla fine ci arrivano addosso così numerose e rapide che ci si rende conto che una valanga è fatta proprio di piccole cose. Di fiocchi di neve, giusto? Più piccole di così non diventano. E d’un tratto si capisce che le piccole cose sono in realtà grandi cose.

Da cui, si impone una nostra riflessione, in divulgazione d’obbligo, oltre che anagraficamente motivata (âgé?).

Questo va detto. Questo va rilevato. Questo va rivelato. Personalmente, siamo testimoni del fatto che c’è stato un tempo “fotografico” durante il quale, equamente distribuite lungo tutta la filiera, le redditività di impresa erano così confortanti da consentire a ciascuno investimenti finanziari oltre lo stretto indispensabile alla sola e semplice promozione del prodotto in quanto tale. Per conseguenza, sono state realizzate campagne pubblicitarie affidate a professionisti di spessore, che hanno lasciato traccia nella cultura visiva. Per altrettanto effetto, sono state promosse iniziative editoriali di rango e qualità, non fossero altro -sia il rango, sia la qualità- che in relazione all’ambito di appartenenza: la Fotografia.

In base a legittimi conteggi finanziari, oltre la sola e semplice redditività di impresa, ci sono state aziende che hanno agito a favore e in merito del proprio ambito di riferimento e anche oltre. Senza alcun timore per l’uso di certi termini, in chiave etica è quanto sta oggi facendo

ancora Leica (in beata solitudine... fotografica), che accompagna le proprie eccellenze produttive con visioni fotografiche svincolate da quanto possa apparire superficialmente conveniente: stentare sui prezzi di vendita, per edificare competizione soltanto sui denari, è pratica indegna per qualsivoglia concetto industriale di capitalismo. Ovvero, non soddisfa che il solo presente effimero, senza lasciare traccia del nostro passaggio sulla Terra: il rispetto alla Creazione, qualsiasi questa sia stata, e indipendentemente da approcci di Fede, esige ben altro.

Se questa non è etica (per quanto, “del capitalismo”, in abbattimento di ossimoro), diteci voi, allora, cos’altro è!

Ancora oggi, Leica Camera AG interpreta un esercizio di impresa che non si conclude con le sole banconote contate ogni sera nel cassetto di cassa. Da cui, unica nel proprio cammino fotografico, esprime un Valore con il quale è doveroso confrontarsi. Non tanto per preferire un apparecchio fotografico Leica a uno di altra produzione, ma per dialogare con un interlocutore cosciente di propri doveri, consapevole di propri obblighi e responsabile oltre il solo quotidiano.

Sia in personalità produttrice, sia in interpretazione più ampia, si tratta di un’etica che non ammette compromessi. A questo proposito, richiamiamo un pensiero espresso dallo scrittore, filosofo, critico d’arte e poliedrico intellettuale inglese dell’era vittoriana John Ruskin (1819-1900), curiosamente anche abile dagherrotipista [I dagherrotipi della collezione Ruskin; Venezia, 1986]: «Tutti i lavori di qualità devono avere un prezzo proporzionato all’abilità, al tempo, al costo e ai rischi inerenti la propria preparazione. I buoni prodotti non si ottengono mediante compromessi o attraverso modificazioni, e non si possono realizzare con piccola spesa. Qualunque sia il procedimento usato per la loro fabbricazione [creazione!], fruttano all’artefice assai meno di quelle cosiddette “a buon mercato”».

Perfino, in senso etico. ■ ■

Il 30 giugno 1978, di primo giorno di emissione del francobollo italiano dell’Informazione fotografica, Ippolito Cattaneo SpA, editò una cartolina personalizzata: qui, in ulteriore esclusività per i quarant’anni di Federico Forti, interista a Roma, con annullo 15 ottobre 2021 (di compleanno) e 30 luglio 2021 (di scudetto 2020-2021). Quindi: Leica 0 (Micronesia; 13 marzo 2000); pseudo-Leica M3 da shopping bag; Leica M3 tra le mani dell’attore Lee Marvin (Grenada - Carriacou & Petite Martinique, per i cinquant’anni del Berlin International Film Festival; 13 maggio 2000).

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