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A volte, tornano

Indipendentemente dalle questioni relative alla regolazione ragionata dei corpi mobili, che è altra questione (non qui, non ora), bisogna prendere atto che nel rapporto inscindibile tra tecnica e creatività, gli apparecchi fotografici e il proprio impiego scandiscono tempi espressivi inevitabili. L’esaltante interpretazione ottica Silvestri ApoSilvetar 35mm f/5,6, con copertura di sensori medio formato ad acquisizione digitale di immagini, ri-propone pratiche fotografiche che affondano le proprie radici indietro nel Tempo, declinandole in pertinente attualità di intenti. In eccellenza di realizzazione: «La storia è ineluttabile, o per meglio dire, la storia diventa destino e viceversa» (da e con David Knowles, in I segreti della camera o[b]scura)

Eccellente progetto ottico, in certa lettura sovranità di una personalità italiana capace di risalire la corrente (Silvestri Fotocamere, di Firenze), l’Apo-Silvetar 35mm f/5,6 è un grandangolare con copertura di sensori medio formato ad acquisizione digitale di immagini. La qualità del suo disegno è tanta e tale da completare alla perfezione dotazioni fotografiche di classe superiore, per una fotografia professionale di alto profilo. Ancora oggi, come ieri.

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di Antonio Bordoni

Nato come sogno, il progetto dell’obiettivo Silvestri Apo-Silvetar 35mm f/5,6, con copertura di sensori medio formato ad acquisizione digitale di immagini (ben oltre le dimensioni Full Frame / 24x36mm), è in dirittura d’arrivo per segnalarsi (e imporsi!) come eccellenza italiana in un ambito fotografico entro il quale -ormai- si declinano soprattutto ideogrammi orientali... con poche, ma efficaci, eccezioni di vertice (Leica, per intenderci).

Ideato e concepito a Firenze, con il fattivo contributo dell’ottico russo Vladimir Bogdankov, l’efficace grandangolare viene prodotto in Russia, a Krasnogorsk, nei pressi della capitale Mosca, nella fabbrica che per decenni è stata abbinata alle reflex 35mm Zenit, e ad altre interpretazioni di spicco (Horizont / Horizon).

Vincenzo Silvestri

Nove lenti in sette gruppi compongono la raffinata ossatura ottica dell’obiettivo Silvestri Apo-Silvetar 35mm f/5,6, in procinto di arrivare sul mercato fotografico: coerente copertura di campo dal cento ai bordi e convincente restituzione cromatica, in sequenza di toni in equilibrio tra contrasto ottimale e morbidezza dei colori.

In montatura chiusa, sia per sistemi fotografici che adottino dispositivi controllati e controllabili di basculaggio e decentramento, sia da utilizzare direttamente con dorsi ad acquisizione digitale di immagini, il Silvestri Apo-Silvetar 35mm f/5,6 è congeniale anche nell’impiego con dotazioni digitali medio formato: Hasselblad X1D e seguiti e genìa Fujifilm GFX50 e GFX100. Addirittura, un altro sogno, finanziariamente più che oneroso e fuori portata, ma in nuce di progetto, è / sarebbe la versione decentrabile per gli stessi sistemi fotografici di riferimento.

Nove lenti in sette gruppi compongono una raffinata ossatura ottica, capace di interpretare la proiezione su sensore ad acquisizione digitale con doppia decifrazione fotografica: coerente copertura di campo dal cento ai bordi e convincente restituzione cromatica, in sequenza di toni in equilibrio tra il contrasto ottimale e la morbidezza dei colori. Insomma, a tutti gli effetti, si tratta di un obiettivo di qualità eccelsa, a visione angolare equivalente a quella della focale 28mm sul formato 24x36mm / Full Frame, inevitabile riferimento d’obbligo.

Ovviamente, l’entusiasmante Silvestri Apo-Silvetar 35mm f/5,6 è un obiettivo che esula dalla fotografia istantanea, quantomeno nella propria combinazione con dorsi ad acquisizione digitale di immagini che richiedono e impongono sessioni fotografiche meditate e profondamente valutate. In un certo senso, in chiave tecnologica attuale, è una compagnia che avvolge il presente con un’aura che arricchisce e impreziosisce le nostre esistenze. E questo, a ben considerare, è un mondo magico e incantato, nel quale «Quel tarlo dell’esistenza chiamato orologio non ha alcuna importanza» (in adattamento, da e con Georges Simenon, in L’enigmatico signor Owen; Adelphi, 2014).

Fino a qualche stagione fa utensile irrinunciabile del professionismo fotografico, oggigiorno, la configurazione a corpi mobili si offre con altri connotati, si ri-propone per altra personalità. In questo senso, la conoscenza di princìpi operativi è ancora utile (necessaria), per l’interpretazione attuale della fotografia a lungo meditata... qualsiasi cosa ciò possa significare per ciascuno di noi. (continua a pagina 60)

I campi privilegiati di impiego e utilizzo del grandangolare Silvestri Apo-Silvetar 35mm f/5,6 si rivolgono soprattutto alla fotografia professionale in esterni, meglio se con accomodamento ragionato e finalizzato dei corpi mobili di controllo della nitidezza e prospettiva. Si esordisce con la fotografia di architettura.

OSSERVIAMO PER ESPERIENZA

Quando rileviamo che l’obiettivo Silvestri Apo-Silvetar 35mm f/5,6, in copertura ottica di sensori medio formato ad acquisizione digitale di immagini, è ottimale su due princìpi progettuali coincidenti, ci esprimiamo per esperienza, ovvero competenza, e non in retorica, oppure per sentito dire. Da una parte, registriamo la combinazione ottica ottimale di nove lenti armonizzate in sette gruppi; dall’altra, protocolliamo l’ideale accostamento di una costruzione meccanica efficace e proficua.

Con questo, la nostra lettura e interpretazione dei progetti tecnici, che qui e ora, per ovvia riservatezza, limitiamo all’ufficialità dello schema compendiato per la sua decifrazione di massima, senza entrare nelle tracce comprensive di “quote” e “specifiche” costruttive, si basa sulla nostra antica formazione scolastica: indirizzata alla progettazione ottica... teorica e pratica.

Così, torniamo indietro di oltre cinquant’anni, ai giorni nei quali il Disegno tecnico (professor Arturo Colombo) è stata materia fondamentale del nostro apprendimento teorico-pratico, insieme con Ottica (professor Gianmarco Reverdy) e Matematica (professoressa Elena Suglia), almeno. Più, per quanto ci riguarda direttamente, Italiano, con il professor Arturo Cannetta («Averlo incontrato in una grigia mattina di ottobre, nel 1968, ha fatto la differenza nella nostra vita»).

Da cui, in documentazione d’epoca, proponiamo due elaborati di quegli anni. In ordine di date.

1969, Itis Galileo Galilei (un destino?), di Milano, Classe IIIa, il primo dei tre anni di specializzazione, a seguito dei primi due generici per tutti gli Istituti Tecnici Industriali Statali, diciotto febbraio: rilevazione da un pezzo meccanico fisico, da decifrare in disegno tecnico di lavorazione/produzione. Le note rosse, su uno spigolo “che corre”, nell’esploso centrale, e una imperfezione nella proiezione in basso, sono dell’insegnante, capace di rilevare ogni minima svista esecutiva. 1969, Itis Galileo Galilei, di Milano, Classe IVa, nel secondo dei tre anni di specializzazione, considerato allora il più arduo, in somma di materie e relativo approfondimento (poi, in Quinta, sempre in Disegno tecnico, il progetto di un teodolite, dalla combinazione ottica ai movimenti meccanici di regolazione), dodici dicembre (venerdì, data fatidica: alle 16,37, l’esplosione di una bomba presso la sede milanese della Banca Nazionale dell’Agricoltura, in piazza Fontana, da cui “Strage di piazza Fontana”, episodio fondante della strategia della tensione di quei tormentati anni; «la madre di tutte le stragi» [La Storia d’Italia di Indro Montanelli - 10 - Piazza Fontana e dintorni] e «il primo e più dirompente atto terroristico del dopoguerra» [Marco Fossati, in Terrorismo e terroristi; Mondadori, 2003]: diciassette morti e ottantotto feriti): in due tempi, progettazione dei movimenti di accomodamento di un oculare, dato un gruppo ottico prestabilito.

Certamente, il Silvestri Apo-Silvetar 35mm f/5,6 è un obiettivo che esula dalla fotografia istantanea, quantomeno nella propria combinazione con dorsi ad acquisizione digitale di immagini che richiedono e impongono sessioni fotografiche meditate e profondamente valutate. In un certo senso, in chiave tecnologica attuale, è una compagnia che avvolge il presente con un’aura che arricchisce e impreziosisce le nostre esistenze. Mondo magico e incantato, nel quale «Quel tarlo dell’esistenza chiamato orologio non ha alcuna importanza». (continua da pagina 57)

Le stesse condizioni fisiche del lavoro, per tanti versi addirittura imposte dal mezzo, influiscono sui risultati. A questo proposito, siamo perentori: al contrario dello sguardo frettoloso delle reflex o delle macchine fotografiche a mirino, che colgono l’insieme piuttosto che il particolare, gli apparecchi a corpi mobili impongono tutt’altra attenzione. L’immagine che si forma sul vetro smerigliato obbliga lo sguardo a una composizione ragionata e attenta a ogni particolare... quintessenza stessa della Fotografia.

L’esecuzione di preliminari, il compimento di gesti accurati, che i cultori dei corpi mobili ripetono ogni volta, per ogni scatto, dispone a quella cura meticolosa che induce alla ricerca della perfezione.

Proprio in virtù dell’oggettiva laboriosità dei preparativi (che presto diventano naturali), questa dotazione tecnica genera uno stato d’animo posato e riflessivo. Infatti, come abbiamo appena annotato, i mezzi tecnici dei quali ci si avvale condizionano lo sguardo e i risultati stessi del lavoro fotografico.

Di fatto, ogni fotografia contiene in sé tutti i pensieri, i gesti, le emozioni che ne hanno preceduto e accompagnato la realizzazione: anche la fatica di trasportare l’attrezzatura e la disciplina con la quale si è allestito l’apparato di ripresa!

Il lavorio paziente di questo modo di fotografare costituisce un rito che richiama alla mente la spiritualità Zen. Daisetsu Teitarō Suzuki (1870-1966), considerato il massimo divulgatore in occidente dell’antica disciplina orientale, afferma che «Uno degli elementi decisivi nell’esercizio delle pratiche spirituali è il fatto che queste non perseguono alcun fine pratico, ma rappresentano un tirocinio della coscienza e devono servire ad avvicinarla alla realtà ultima».

Se proprio vogliamo... con l’obiettivo Silvestri Apo-Silvetar 35mm f/5,6.

Già! Con l’obiettivo. ■ ■

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