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Noi poveri

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Spie 007 Fbi

Spie 007 Fbi

/ IN IRONIA E SARCASMO / NOI POVERI

PER SODDISFARE CHI HA BISOGNO DI “ETICHETTE”, UNA IDENTIFICAZIONE RAGIONEVOLE

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di Maurizio Rebuzzini

Una volta che noi poveri accettiamo e accogliamo la condizione sociale definita, ci incamminiamo lungo un cammino individuale luminoso e denso di istanze. Se vogliamo intenderla così, e raccontarcela, verso stati e requisiti positivi e gratificanti. Lungo un percorso di intensa qualità. Fosse anche riferita al solo mondo della Fotografia, di nostro territorio comune (forse). Diventiamo ricchi. Ricchi!

Una volta che noi poveri accettiamo e accogliamo la condizione sociale definita, cominciamo a conoscere e riconoscere le persone, e -spesso- questo è un male, un dolore. Ogni volta che le incrociamo, riscontriamo in loro componenti più profondi: e, in confronto alla loro maligna trasparenza, il nostro senso di colpa cresce. Probabilmente (? certamente!), siamo troppo bravi a capire le persone, a scorgere il volto segreto che tutti possiedono, e nascondono, la loro vera faccia.

Stante la condizione sociale di povero, in mezzo a un mondo che finge di accettarci “alla pari”, da tempo, ho imparato che ognuno è formato -in realtà- da almeno due persone: quella che (ti) mostra e l’individuo segreto che si cela (o spera di celarsi) nel profondo. Da altrettanto tempo, sono in grado di decifrare questa persona segreta, e -spesso- quella che si cela sotto amichevoli facciate di comodo e rito non è altro che una personalità insolente e irriverente che finge -magari senza sforzarsi- di essere cordiale. All’interno di questo, battono cuori aridi e spogli, determinati soltanto a edificare la propria carriera, senza troppi scrupoli.

Ancora, da tempo e tempo, non metto più in conto che qualcuno possa piacermi. Non metto più in conto che io possa piacere a qualcuno. E non ci posso fare nulla. Del resto, neppure intendo farlo.

Da e con Hanif Kureishi (in Nell’intimità; Bompiani, 1998): «Se vivere è un’arte, è un’arte strana, che dovrebbe comprendere tutto, e in particolare un forte piacere. La sua forma evoluta dovrebbe comprendere un numero di qualità fuse insieme: intelligenza, fascino, fortuna, virtù, nonché saggezza, gusto, conoscenza, comprensione, oltre all’accettazione del fatto che l’angoscia e il suo conflitto fanno parte della vita. Il benessere economico non sarebbe da stiaan Barnard (1922-2001, artefice del primo trapianto cardiaco al mondo), e negli Stati Uniti.

Nella sua vita, Enzo Jannacci è sempre stato un singolare povero: capace di capire e rispettare gli altri, come nessun non-povero è mai riuscito a fare, inabili come sono a rimuovere da se stessi la mediocrità e la miseria intellettiva che perseguono (costoro, continuano a considerare sbagliata, qualsiasi diversità -fisica, sociale e morale- dal loro binario). mandaij gh’avevi vergogna, / domandaij, saveij no a chi l’è / gh’era el Rino, l’è vera, / el Rino! soldà insema / in d’i bersaglier» (E l’era tardi; 1964);

«Come lacrime abbandonate dopo un falso perdono / che si sciolgono nella pioggia / come lacrime come fiori profumati / cui tocca d’inchinarsi a qualsiasi alito di vento / come fiori, come lacrime come guide sfortunate / cui tocca di cadere per la scemenza / di un ricco incompetente, / come gatti isolani / che

considerarsi essenziale: dovrebbe esserlo -invece- l’intelligenza per raggiungerlo, se necessario.

«Le persone di cui penso che vivano con talento sono quelle che hanno vite libere, che formulano grandi schemi e li vedono realizzati. E loro sono anche la migliore compagnia». Confermo: Intelligenza, Fascino, Fortuna, Virtù, Saggezza, Gusto, Conoscenza, Comprensione.

Ancora: Intelligenza per raggiunge il benessere economico, se necessario. Grandi schemi e li vedono realizzati.

Nella propria vita, Enzo Jannacci (1935-2013) ha raggiunto traguardi professionali eccelsi. Universalmente riconosciuto come cantautore, è stato chirurgo di esperienza e valore. La Laurea in Medicina è stata seguìta e completata da una specializzazione in Chirurgia, svolta in due tempi: in Sudafrica, alla corte del cardiochirurgo ChriDa e con Enzo Jannacci:

«Soldato Nencini, soldato d’Italia / semianalfabeta, schedato: “terrone”, / l’han messo a Alessandria perché c’è più nebbia; / ben presto ha capito che a volergli bene / c’è solo quel cane che mangia la stoppa / fra i vecchi autoblindo, pezzato marrone» (Soldato Nencini; 1966);

«E io ho visto un uomo, / per caso, una sera, / svuotarsi di tutto / il suo dolore: / rumore di neon / che c’era in vetrina / si udiva soltanto, / in via Lomellina» (E io ho visto un uomo; 1966);

«Che bel ch’el ga de vèss / èss sciuri, cunt la radio / noeuva e, in te l’armadi, / la torta per i fieu / che vegn’in cà de scola... / e tocca dargli i vizi: / “...per ti, un’altra vestina! / A ti, te cumpri i scarp!...”» (Ti te sé no; 1964);

«E l’era tardi, l’era tardi / in quèla sera straca che m’è vegnù el bisogn’ / d’on mila franch’ / per quattà ‘na trata, / donon conoscono tutti gli odori marci del continente» (Come gli aeroplani; 2001);

«“Cosa portavi, bella ragazza, / cosa portavi al tuo primo amore?” / “Portavo in dote quelle parole / che lui non seppe mai dire a me!”» (Cosa portavi bella ragazza; 1966);

«El me indiriss de doe son nassuu / Me l’han ricordà ier, dentr’in Comun / Cercavi un documént de residénza / E mì, m’è vegnuu in ment tutta l’infanzia» (E me indiriss; 1975).

Noi poveri, in visione personale, proiettata oltre. Del resto...

«L’utopia è come l’orizzonte: cammino due passi e si allontana due passi. / Cammino dieci passi e si allontana dieci passi. L’orizzonte è irraggiungibile. / E allora a cosa serve l’utopia? A questo: serve per continuare a camminare» (Eduardo Hughes Galeano; 1940-2015).

A camminare. ■ ■

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Subito interpretato per ciò che effettivamente è, con scarto a lato soltanto apparente rispetto lo stato attuale dell’arte ottica riferita alla fotografia. Slittamento intenzionale, volontario e consapevole: in conciliazione di forma (esteriore) per il contenuto (di sostanza). Progettualità e realizzazione in equilibrio gerarchico paritetico tra prestazioni fotografiche ottimali e foggia... estetizzante, L’affascinante e convincente TTartisan M 28mm f/5,6 ripropone il design che ha caratterizzato, fino a definirli -addirittura-, gli obiettivi Leitz/Leica delle origini. Nello specifico, per focale, disegno ottico e costruzione riprende parametri grandangolari che decenni e decenni fa furono coraggiosi, perfino clamorosi. Con questo, allo stesso tempo e momento, l’obiettivo soddisfa appieno esigenze irrinunciabili di alta qualità formale della ripresa fotografica (la creatività dipende, poi, dalle intenzioni dell’autore, dalla sua progettualità, dalle sue capacità). Ovviamente, sia in acquisizione digitale di immagini, sia nella fotografia chimica, con pellicola 35mm.

TTartisan M 28mm f/5,6

Per Leica M. Scala dei diaframmi da f/5,6 a f/22; sette lenti in quattro gruppi; ghiera dei diaframmi a sei lamelle; angolo di campo di 72 gradi (Full Frame); a fuoco da 100cm; 151 grammi di peso; diametro filtri 37mm; con paraluce dedicato. Con adattatori “M-”, può essere utilizzato anche con: Canon RF (M-RF), L-Mount (Leica, Panasonic, Sigma; M-L), Nikon Z (M-Z), Sony E (M-E). Ampia gamma di anelli adattatori Mirrorless.

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